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L'immagine stampata. Questo, tradotto, è il titolo della mostra di stampe giapponesi aperta fino al 30 settembre 2018 presso il Museum für Ostasiatische Kunst di Colonia. Dopo un lungo periodo di relativo silenzio in questo anno le mostre dedicate all'arte dell'ukiyo-e sembrano essersi improvvisamente moltiplicate, e la cosa non può che far piacere ma rende difficile una scelta. Contrariamente ad altre mostre, anche prestigiose e imperdibili, quesa esposizione non è itinerante: il museo ha attinto alle sue collezioni, iniziate nel lontano 1909 ma raramente esposte in precedenza.
Circa 20 anni fa, nel momento in cui assieme agli amici Giovanni Granone e Giancarlo Pezzulli ero impegnato nella creazione del sito internet dell'Aikikai d'Italia, si venne a un punto in cui decidemmo di ricercare una veste più personalizzata per la home page e alcune mie proposte vennero accolte. O forse, ma questo è il senno di poi, in qualche modo le imposi pur senza rendermene conto.
Campeggiava al centro della pagina la parola BENVENUTO. Un augurio a tutti i praticanti di aikido e a quanti aspirassero a diventarlo, ovvero semplicemente fossero mossi dal desiderio di saperne qualcosa, a trovarsi a loro agio. A casa loro. Nel loro dojô.
Scritto diversi anni fa, rileggendolo a bocce ferme questo articolo si è dimostrato ancora attuale. Anzi, forse, a maggior ragione. La generalizzazione delle ricerche on line, che ormai si fanno pure sul tram per sapere a quale fermata scendere, tende a dar loro l'attendibilità di un oracolo. Attenzione però; è relativamente facile scoprire se per andare al Colosseo dobbiamo andare a destra o a sinistra, esplorare fatti e misfatti del genere umano non è altrettanto semplice. Forse però è più divertente. A volte addirittura più proficuo.
Tsukahara Bokuden (1489-1571)
The hundred rules of war
Traduzione di Eric Shahan
Createspace Indipendent Pub, 2017
Tsukahara Bokuden è una figura per molti versi leggendaria, eppure ha lasciato immortali e tangibili tracce nella vita di molti praticanti di arti marziali. Fu infatti praticante di Tenshin Shōden Katori Shintō-ryū, considerata la più antica scuola di spada tuttora praticata e una delle più diffuse al giorno d'oggi, e fondò più tardi una sua scuola che chiamò Kashima Shintō-ryū, anchessa sopravvissuta ai secoli e tuttora fiorente.
Da alcuni anni Tada sensei a conclusione dei suoi seminari propone una forma di allenamento non precisamente denominata. In termini materiali si tratta di una tecnica in ushirowaza, ossia tesa ad affrontare una ipotesi di minaccia alle proprie spalle. Si pratica in kakari geiko, quindi affrontando più praticanti che si susseguono afferrando tori in ushiro ryotemochi (presa a un avambraccio con entrambe le mani). Le prese devono susseguirsi velocemente e senza interruzione mentre tori deve mantenere la propria postura e limitarsi a ruotare sistematicamente le braccia a ritmo più sostenuto possibile, proiettando ogni uke senza curarsi di controllarne l'azione, né visivamente né in altro modo. Il movimento di tori infatti prescinde in un certo senso dalla presenza o meno di uno o più uke.
Endo Shusaku
Il Samurai
Luni Editrice 2006
Traduzione dal giapponese: Van C. Gessel
Traduzione dall’inglese: Anna Solinas
Iniziamo dall’autore, Endo Shusaku (1923 - 1996), le sue vicissitudini e le sue conseguenze. È un libro del 1980 e narra una vicenda che si sviluppa tra il Giappone e lo Stato del Vaticano, passando per la Nueva España (Messico), la Spagna e Saint Tropez. Ripropone ancora una volta - dopo il suo romanzo Silenzio del 1966, recentemente riadattato per il pubblico cinematografico (Silence) da Martin Scorsese - il tema del cristianesimo e del suo approdo in Giappone per l'opera di evangelizzazione. È un romanzo che fedelmente segue la storia riprendendone anche personaggi veramente esistiti. Ma contestualizziamo l’opera:
Louis Frédéric
Vita quotidiana in Giappone al tempo dei samurai (1185-1603)
Rizzoli, 1987-2018
Nel 1940 lo studioso corso Jérôme Carcopino pubblicò il testo La vita quotidiana a Roma all'apogeo dell'impero che per la prima volta proponeva anche al grande pubblico, in linguaggio accessibile per quanto rigoroso, una visione del mondo dell'antichità non limitata alla illustrazione di manufatti artistici ma che tentasse di immergere il lettore nell'atmosfera, nel profumo, di quella cultura. L'esempio ha fatto scuola. Purtroppo - come spesso accade - più nelle fantasiose "traduzioni" del titolo tanto care alle case editrici che nella realtà. Abbiamo quindi dovizia di testi intitolati Vita quotidiana a .... ma ben raramente si avvicinano alla qualità raggiunta da Carcopino e sono anzi molto spesso testi dimenticabili. Non è il caso di questo in esame. Lo raccomandiamo.
A volte passano anni e anni prima di poter tornare ad ammirare gli immortali capolavori dell'arte giapponese, in altri periodi l'offerta è ricca, e a volte addirittura talmente ricca da rischiare lo sconcerto del pubblico. Si è infatti da poco chiusa la mostra di Hokusai all'Ara Pacis di Roma, e già abbiamo una nuova mostra dedicata a Hiroshige alle Scuderie del Quirinale, sempre in Roma. Quale visitare? Ma tutte e due perbacco: è una occasione non diciamo unica ma perlomeno rara di poter confrontare il ricordo ancora fresco delle opere di un sommo maestro con quelle di un emulo della generazione successiva, considerato allo stesso livello.
Nei primi anni del secolo, o se volete del millennio che figura ancora meglio, il sottoscritto si impossessò di uno dei primi smartphone, che per la verità all'epoca venivano definiti computer palmari. Da cui il nome dell'oggetto in questione: Palm. Dopo il Palm 600 ci furono il 630, il 680 e infine la piccola ditta che aveva inventato questo prodotto di successo venne fagocitata da un gigante del'informatica, HP. E sparirono... La ditta e il prodotto. La scomodità di trasferire quanto fatto sul Palm in altri dispositivi ha fatto sì che molto materiale giacesse nell'oblio, finché spigolando nell'archivio digitale mi sono imbattutto nella cartella col contenuto del Palm. Ed ecco cosa ne è uscito fuori.
Premessa
L’amico Paolo mi lusinga chiedendomi questo articolo. Rileggendolo a distanza di diversi anni mi sono reso conto di avere cambiato visione sull’aikido, senza per questo rinnegare il passato e meno che mai dolersene. Quella qui avanzata è un’idea estetica dell’aikido, non sfuggono all’occhio attento le influenze nietzschiane di La nascita della tragedia e forse il contrasto tra apollineo e dionisiaco. Ma, si dice, c’è un periodo nella vita nel quale siamo necessariamente seguaci del filosofo tedesco. Dal lato aikidoistico vi è un certo ascendente della ricerca del maestro Fujimoto del “Fare la tecnica più bella!”, uno studio finalizzato ad una forma di benessere psicologico: l’arte è anche catarsi. Le arti hanno infatti tecniche diverse ma tratti comuni, l’ispirazione che è l’inizio di ogni cosa e forse il fine che è la bellezza (a meno che essa non sia uno strumento per qualcos’altro). Oggi sono portato a vedere altri aspetti, forse, e sono parole del maestro Tada, l’aikido è un’arte per vivere. Sarà effetto dell’età?