Romanzi
Endo Shusaku: Il samurai
Endo Shusaku
Il Samurai
Luni Editrice 2006
Traduzione dal giapponese: Van C. Gessel
Traduzione dall’inglese: Anna Solinas
Iniziamo dall’autore, Endo Shusaku (1923 - 1996), le sue vicissitudini e le sue conseguenze. È un libro del 1980 e narra una vicenda che si sviluppa tra il Giappone e lo Stato del Vaticano, passando per la Nueva España (Messico), la Spagna e Saint Tropez. Ripropone ancora una volta - dopo il suo romanzo Silenzio del 1966, recentemente riadattato per il pubblico cinematografico (Silence) da Martin Scorsese - il tema del cristianesimo e del suo approdo in Giappone per l'opera di evangelizzazione. È un romanzo che fedelmente segue la storia riprendendone anche personaggi veramente esistiti. Ma contestualizziamo l’opera:
Prologo
L'inizio della evangelizzazione del Giappone sembra si possa far risalire esattamente al 15 agosto 1549, giorno in cui lo spagnolo Francisco Javier, fondatore insieme a Ignazio di Loyola dell'Ordine dei gesuiti, approda sul territorio nipponico, e fonda la prima “colonia” sull’isola di Kyushu; ai gesuiti seguirono presto i frati francescani.
Ben presto malvisti dal regime, vennero identificati come una minaccia alla “stabilità” politica. Ciò portò ad un editto di espulsione per tutti i missionari nel 1587 e in seguito, data la loro permanenza in clandestinità, all’inizio delle prime persecuzioni e alla crocifissione il 5 febbraio 1597, di ventisei cristiani (6 francescani, 3 gesuiti e 17 giapponesi). Ostilità che continuò in maniera più “soft” ma che sfociò a una seconda violenta persecuzione nel 1613 dopo la conquista da parte dei Tokugawa del titolo di shogun. Le chiese furono successivamente demolite ma i cristiani continuarono a professare la propria fede in modo sotterraneo. Nacque l'epoca dei kakure kirishitan ("cristiani nascosti").
L’opera
Siamo nei primi anni del 1600, dopo il 1610... In Giappone lo shogunato Tokugawa ha avuto inizio da poco (1603 - 1868) allorché il 107° Imperatore del Giappone Go-Yōzei (1572 - 1607) concede a Tokugawa Ieyasu il titolo di shogun dopo che Toyotomi Hideyori si è ritirato nel castello di Osaka essendo stato sconfitto da Ieyasu nella battaglia di Sekigahara (21 Ottobre 1600). Lo shogun ufficialmente in carica non è più Ieyasu ma suo figlio Hidetada per il quale ha abdicato nel 1605, anche se in realtà è sempre Ieyasu che mantiene il potere con il suo governo ombra e con il titolo di Naifu. In Nueva España (Messico) siamo ancora sotto la dominazione spagnola con un governatorato del vicerè Diego Fernández de Córdoba (1578 - 1630).
La Spagna è sotto il Controllo di Filippo III (1578 – 1621). Lo Stato Pontificio è governato, politicamente e spiritualmente da Paolo V, alias Camillo Borghese (1522 - 1621) e il suo operato è “cristianamente” suggerito da suo nipote Scipione Caffarelli, adottato (e quindi prende anche il nome Borghese) e contestualmente nominato cardinale direttamente da Paolo V nel 1605.
La storia si articola intorno a due figure chiave: il samurai Hasekura Rokuemon e padre Velasco, francescano di origine spagnola. I possedimenti della famiglia Hasekura, in seguito alla sconfitta del nobile Ishida da parte di Hideyoshi sono stati molto ridimensionati e ora vive modestamente sempre al servizio dello stesso daimyo, il nobile Ishida. Il samurai vive con la famiglia, moglie due figli e l’anziano zio, con il ricordo dei fasti passati e la speranza che i suoi possedimenti nella zona di Kurokawa (prefettura di Sendai) gli vengano restituiti. A dire il vero questa è l’unica ragione che ancora tiene in vita l’anziano zio: spronare il nipote a convincere il loro signore alla restituzione delle terre, e quando gli verrà negata ogni speranza di riaverle, al ritorno del nipote dal suo viaggio diplomatico, si lascerà morire di li a poco.
Padre Velasco alterna la sua opera di evangelizzazione - nelle zone dove ciò è ancora consentito - ai suoi servigi in qualità di traduttore dove e quando è richiesto. Di temperamento latino, deve spesso contenere la sua rabbia e il suo biasimo nei confronti dei gesuiti, colpevoli a suo vedere di aver forzato tropo la mano degli ospiti nipponici e di aver causato la reazione di intolleranza nei confronti dei cristiani. Data la situazione precaria per i missionari e in assenza di un unico punto di riferimento ecclesiastico, Velasco ritiene che la sua nomina a vescovo da parte di Paolo V potrebbe tenere a bada i gesuiti e offrire un “sincero e cristallino” interlocutore allo Shogun:
“Gente sciocca e arrogante.”
“I gesuiti dimenticano che la colpa delle persecuzioni contro i cristiani è tutta loro. Farebbero bene a ricordare chi è stato a suscitare la collera del defunto Taiko (n.d.r Toyotomi Hideyoshi). “
“.... con la costruzione di chiese con indipendenza amministrativa e giudiziaria, piantando in tal modo il seme della diffidenza e del sospetto nell’animo delle autorità giapponesi. Al posto del Vescovo io non avrei permesso una sciocchezza simile. Se io fossi Vescovo del Giappone....”
Velando efficacemente, secondo la normale indole nipponica, il desiderio di conoscenza delle tecniche di costruzione di potenti navi e di navigazione in alto mare, che non erano nella disponibilità dei giapponesi fino a quel momento, la nobiltà giapponese finge di voler mandare un’ambasceria fino in Spagna per chiedere rafforzamento e maggiore diffusione degli scambi commerciali. Sotto la guida di padre Velasco, naturalmente.
“Il missionario intuì che poteva servirsi della loro avidità a vantaggio della causa missionaria.”
Su suggerimento di padre Velasco, a Edo viene stilata una lettera da inviare al Pontefice Paolo V affinché questi interceda con la sua potente autorità spirituale presso la casa reale spagnola (molto credente) per un benigno accoglimento della richiesta. Si promette in cambio la possibilità di erigere chiese (a spese del contribuente locale) e di praticare l’evangelizzazione. In tal maniera lo stato del Vaticano avrebbe nuova linfa e terreno su cui coltivare la parola di Dio, la Spagna avrebbe pressoché l’esclusività del commercio con il Sol Levante escludendo nazioni come Inghilterra Olanda e Portogallo molto attive nel sud est asiatico. E l’avidità nipponica verrebbe soddisfatta. Il tutto per intercessione del missionario che salirebbe così agli onori della cronaca, oggetto di riconoscenza spirituale e commerciale, e forse chissà, potrebbe essere infine nominato Vescovo.....
“....Se io fossi Vescovo del Giappone....”
Figura molto discussa quella di padre Velasco. La nobiltà giapponese gioca con lui, ignaro o non del tutto cosciente della profondità e imperscrutabilità dell’animo nipponico...
“.... Da quanti anni vive in Giappone?” - ”Dieci anni credo” - ”Dieci anni ? e crede di averci in pugno ?”
Pur di vedere esaudita la loro assetata voglia di commercio, molti, tra commercianti e marinai si fanno battezzare. Gli stessi samurai, incaricati e rappresentanti della missione, sia pure tra mille dubbi, accorgendosi che la causa potrebbe non risolversi positivamente, e sempre su suggerimento di padre Velasco, chiedono a quest’ultimo di essere battezzati pur di non subire l’onta e il disonore di tornare a casa a missione fallita, senza aver fatto tutto quanto possibile per realizzarla.
“Abbandona i costumi giapponesi, se saranno di ostacolo alla tua missione..... Anche se dentro di te non sarai convinto , dovrai fare in modo di sembrarlo. “
Un ambasciatore fa ritorno anticipatamente in Giappone una volta arrivati in Nueva España. Isolato e non compreso appieno dai suoi connazionali, è l’unico ad aver capito che Velasco li sta usando per le sue aspirazioni cardinalizie, decidendo di coseguenza di affrontare in patria il rischio del disonore per aver abbandonato la missione.
La missione fallirà. All’arrivo a Roma ne viene data comunicazione a padre Velasco, in udienza privata con il Cardinale Borghese.
“ .... Sappiamo con quanta solerzia lei e il suo ordine avete operato in Giappone... Ma ora le ordino di attendere. La invito a pazientare... il Vaticano non può più promuovere l’invio di missionari in una terra che è teatro di violente persecuzioni... “
Apriamo una parentesi: si trattava in realtà della seconda ambasceria inviata a Roma da feudatari giapponesi (non fu mai inviata una ambasceria dallo shogunato, riservandosi così la possibilità di accettare o ricusare eventuali accordi). Il 23 marzo del 1584 faceva il suo ingresso trionfale in Roma una ambasceria inviata dai signori di Bungo, Arima e Omura. I rappresentanti ufficiali erano il principe Mancio-Ito nipote del re di Bungo, che aveva circa 16 anni, e il suo coetaneo Cingiva per Arima e Omura. Erano accompagnati da negoziatori, che vengono nominati come Julien de Nacaura e Martin de Fara (probabilmente Hara).
Era sul soglio di Pietro all'epoca Gregorio XIII e le attività di evangelizzazione in Giappone erano seguite in quel periodo dal visitatore gesuita Alessandro Valignano, nativo di Chieti. Il suo nome nei testi dell'epoca viene però spesso riportato come Valegnano e la sua nazionalità indicata come portoghese.
In seguito alla morte di Gregorio XIII le trattative proseguirono col successore Sisto V, che avrebbe prodigato agli ambasciatori supporto e promesse. La delegazione attraversò in seguito tutta l'Italia, seguita dalla curiosità popolare, per fare ritorno a Lisbona dove si sarebbe imbarcata il 13 aprile 1586 per fare ritorno in Giappone, portando 17 gesuiti assegnati dal papa alle missioni in Giappone.
E' superfluo ricordare che nel 1587 iniziò invece la prima vera e propria repressione del cristianesimo, su disposizione del dittatore Toyotomi Hideyoshi.
Così veniva descritto l'ingresso degli ambasciatori in Roma in Histoire et description du Japon d'après le P. De Charlevoix, Bruxelles, 1849, da cui proviene la stampa a lato:
«Les autres ambassadeurs firent leur entrée solennelle avec la plus grande pompe. Les chevalégers et la garde suisse du papa ouvraient la marche du cortége, puis venaiente les voitures des ambassedeurs de France, d'Espagne et de Venise; toute la noblesse de Rome à cheval marchait précédée de trompettes et de timbales. Le camériers du pape et les officiels du palais, tous en robes rouges, précédaient immediatement les ambassedurs, qui taient à cheval et vêtus à la japonaise.»
P.B.
Purtroppo nessuno sa fino al momento di arrivare a Roma, e i giapponesi non lo sapranno mai, che dopo la partenza degli ambasciatori dal porto di Tsukinoura, nel nord del Giappone, lo shogun Tokugawa Hidetada aveva emanato (1613) un secondo decreto di espulsione per tutti i cristiani e aveva dato il via a una seconda violenta ondata di persecuzione. Con queste premesse il Vaticano non poteva che ritenere senza valore la lettera letta dall’ambasciatore Hasekura di fronte al Santo Padre e affidare il loro destino nella mani del Signore. Una lettera letta per concessione del Cardinale Borghese e intercessione di padre Velasco, per dare ai giapponesi l’illusione di una ultima possibilità di riuscita ma che il Papa diplomaticamente affonda...
“Io.. Vi prometto che per cinque giorni pregherò ad ogni messa... per il Giappone e per tutti voi. Credo che Dio non abbandonerà il Giappone”
Sulla via del ritorno, un samurai si toglie la vita, secondo copione... padre Velasco si ferma a Manila per obbedire all’ordine ricevuto dai suoi superiori e i giapponesi fanno ritorno in terra patria. Dopo qualche tempo il francescano farà ritorno in Giappone clandestinamente e verrà martirizzato, bruciato sul rogo.
“ Ho confuso la mia volontà con la volontà di Dio.... Non vedevo il mio orgoglio e la mia sete di conquista.... “
Hasekura viene giustiziato quando si scopre che padre Velasco ha fatto ritorno in Giappone.
“Non portarmi rancore” disse il nobile Ishida “Ci sono nuovi ordini dal Consiglio”
“Io non porto rancore a nessuno”
Hasekura, che si era convertito al cristianesimo solamente per assolvere alla sua missione, è sempre rimasto interrogativo nei confronti di questa nuova religione e nei confronti di quell’uomo emaciato morto coscientemente pur di salvare tutti gli uomini. Il suo servo al contrario, aveva abbracciato coscientemente e appieno il nuovo percorso.
“D’ora in poi... egli baderà a voi”. Il samurai si fermò, si voltò e annuì energicamente con il capo. Poi si avviò lungo il freddo e lucido corridoio verso la fine del suo viaggio.
Il samurai: in tutto e per tutto fedele all'immagine e al ruolo di devoto servitore del suo signore, incapace per natura acquisita di chiedere ma sentendosi sempre obbligato a dare, personalità di poche parole, dedito al suo lavoro e con desiderio di tranquillità.
Padre Velasco: missionario convinto, ma non si sa quanto per la natura del ruolo o non piuttosto per smania di grandezza.
Entrambi si ritrovano al centro di un calcolo politico più grande di loro, vittime inconsapevoli e sacrificali. Inconsapevolmente perché non hanno previsto (e non avevano possibilità di capirlo) il fine ultimo della nobiltà giapponese. Naturalmente perché ognuno vittima della propria natura: il samurai per dovere, il francescano per indole sanguigna.
Note storiche
La vicenda è effettivamente accaduta e i personaggi sono veritieri, anche se non nella loro interezza.
Tsunenaga Hasekura Rokuemon è stato un samurai vissuto dal 1571 al 7 agosto 1622, servitore di Date Masamune, il daimyo di Sendai. Effettuò veramente una missione diplomatica in Vaticano, fu ricevuto a corte in Spagna e parlò con il Santo Padre.
Al suo ritorno in Giappone se ne persero le tracce, morì nel 1622 e la sua tomba è ancora oggi visibile nel tempio buddista di Enfukuji nella prefettura di Miyagi
Louis Sotelo ha fornito il modello per la figura di Padre Velasco. Nacque il 6 Settembre 1574 e arrivò in Giappone nel 1608. Fu bruciato sul rogo il 25 agosto 1624 insieme ai suoi proseliti. Fu beatificato da Pio IX il 7 Luglio 1867.
Della vicenda si sa per via di un archivista italiano, Scipione Amati, che viaggiò con gli ambasciatori in qualità di traduttore e che annotò tutto in un resoconto intitolato Historia del Regno di Voxu. Potete trovarlo al seguente link
I ritratti di Hasekura Tsunenaga e Luis Sotelo provengono da Wikipedia.