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Masato Harada,2017: Sekigahara
Junichi Okada, Kasumi Arimura, Koji Yakusho, Takehiro Hira
Parlare di sé è un'arma a doppio taglio: può sembrare presuntuoso farlo, ma può apparire anche più presuntuoso non farlo. Da qui la decisione di limitarmi al minimo indispensabile ma ogni regola ha le sue eccezioni, per non parlare di quei non pochi casi in cui ogni eccezione ha la sua regola.
Innanzitutto, voglio augurare a chiunque si trovi a navigare su queste pagine un periodo sereno assieme ai propri cari e alla proprie cose care, intendendo con esse attività appaganti, non tanto beni materiali. Per poi iniziare un nuovo anno 2022 di grande prosperità, terminato il periodo buio che tutti stiamo vivendo. Devo poi scusarmi per il lungo periodo di apparente immobilità. Si lavorava più del solito in realtà, ma su altri fronti. Ve ne darò brevemente conto.
Nel 1997 assieme a Giancarlo Pezzulli e Giovanni Granone iniziai la creazione del sito ufficiale dell'Aikikai d'Italia (www.aikikai.it). Una avventura durata per me più di 10 anni e che mi ha dato molto, un molto che ho cercato di restituire nei limiti delle mie capacità ai lettori. Sono tornato anche negli anni seguenti a collaborare, ma adesso come alcuni sanno ho preso strade apparentemente diverse pur considerandomi ancora sullo stesso cammino. Ma nonostante non sia più presente da molti anni, Wikipedia alla voce aikido continua ancora a citare tra le fonti la mia biografia del fondatore dell'aikido Ueshiba Morihei, che molti amano chiamare o sensei (grande maestro). Fu pubblicata su aikikai.it oltre 20 anni fa ma da molto tempo è stata tolta. Ritengo giusto ripubblicarla, con qualche aggiustamento, correggendo i refusi sopravvissuti fino ad oggi e i palesi errori scoperti nelle ricerche successive. Ma lasciando ove possibile il testo originale, con tutti i suoi difetti e - se ce sono - pregi.
P.B.
La cultura giapponese viene spesso considerata ostica, difficile da comprendere e soggetta a complicate regole ancora più ardue da decifrare. Ma c'è, ci può essere, la più semplice delle soluzioni. Viene in nostro aiuto l'arte dell'ikebana.
Ancora un Musashi? Sì e stanno molto bene assieme, trovandosi agli estremi opposti. Prima le recensione di una serie televisiva del 2003 di 50 puntate, distribuite nell'arco di un anno, e ora una pellicola del 1944 di 55 minuti. E diretta da Kenji Mizoguchi... Andiamo avanti?
Musashi (2003) è una serie televisiva della NHK. I cosiddetti serial, ossia racconti a puntate trasmessi in televisione, sono sempre stati un punto di forza di questo mezzo di diffusione. Inclusa l'Italia dove fin dai primi anni di trasmissioni alcuni pezzi forti erano quelli che si chiamavano allora sceneggiati televisivi. Erano prevalentemente ambientati nel 1800, forse per riutilizzare più volte costumi e scenografie, articolati di solito in 4 o 5 puntate, seguiti e apprezzati da milioni di spettatori.
Gli antichi dicevano conosci te stesso. Il motto della società moderna assomiglia piuttosto a un scegli te stesso. Si sono persi gli ausili all'orientamento dell'essere umano, che si sorprende spesso a chiedersi chi sia, e quale sia lo scopo della sua esistenza. Si ritrova allora in una sorta di supermercato, spingendo il carrello lungo interminabili corsie, i cui scaffali offrono ogni sorta di identità e di missione di vita. Non ha importanza se sia o meno congruente con la persona: in quanto essa ignora tutto di sé stessa. Non ha importanza se sia funzionale: si potrà sempre sostituire in seguito la merce.
Prologo….
Dal Dizionario TRECCANI: “pellegrinàggio (ant. peregrinàggio) s. m. - der. di pellegrino (ant. peregrino) - Pratica devozionale consistente nel recarsi, da soli o in gruppo, a un santuario o a un luogo sacro per compiervi speciali atti di religione, sia a scopo di pietà, sia a scopo votivo o penitenziale...; fare un p. (o andare in p.) a Lourdes, a Pompei, alla Mecca. Per estens., viaggio compiuto per re luoghi considerati significativi dal punto di vista culturale, politico, storico: un p. alla tomba di Dante, a Montecassino, al cimitero di Redipuglia……”
Molti anni fa una "lezione" del Dojo Centrale di Roma si tenne al cinema... andammo in massa a vedere Kagemusha, uno dei capolavori di Akira Kurosawa. Hosokawa sensei per la verità criticò un po' l'eccessiva spettacolarizzazione della trama ma rimarcò che la scena che ci aveva lasciato più perplessi era quella dove emergeva in modo più palese la tradizione giapponese: la scena ove Oda Nobunaga, informato della morte di Takeda Shingen, estrae il suo ventaglio e canta.