Tecnica/Cultura
Lo spigolatore di Palm
Nei primi anni del secolo, o se volete del millennio che figura ancora meglio, il sottoscritto si impossessò di uno dei primi smartphone, che per la verità all'epoca venivano definiti computer palmari. Da cui il nome dell'oggetto in questione: Palm. Dopo il Palm 600 ci furono il 630, il 680 e infine la piccola ditta che aveva inventato questo prodotto di successo venne fagocitata da un gigante del'informatica, HP. E sparirono... La ditta e il prodotto. La scomodità di trasferire quanto fatto sul Palm in altri dispositivi ha fatto sì che molto materiale giacesse nell'oblio, finché spigolando nell'archivio digitale mi sono imbattutto nella cartella col contenuto del Palm. Ed ecco cosa ne è uscito fuori.
Era il novembre del 2006 quando, alle prese con le molteplici necessità di allenarsi, prendere foto e memorizzzare quanto Tada sensei andava dispensando ai suoi discepoli durante il consueto seminario d'autunno, mi venne in mente che nella borsa della fotocamera avevo depositato anche il Palm. E c'era dentro un clone di Word, con cui avrei potuto darmi da fare. Detto fatto.
Quello che non avrei mai e poi mai immaginato era - mentre stavo frettolosamente a bordo tatami pestando sul minuscolo tastierino per correggere uno svarione - di sentirmi improvvisamente osservato. Sapete, una di quelle sensazioni vaghe ma inequivocabili, non ignorabili e a volte, specialmente per chi segue la via della sensibilità o perlomeno questo si spera, perfino misteriosamente esatte. Mi guardai intorno...
Alle mie spalle, che sbirciava divertito e l'ordigno col suo minuscolo contenuto e l'ordignatore, c'era lui: Tada sensei. Ma non disse nulla. Si limitò dopo aver letto qualcosa a replicare il suo immancabile sorriso di divertimento. E si sa che quel sorriso può avere molte interpretazioni, e non tutte in accordo tra loro.
Mi guarderò bene di conseguenza dal dire che le mie note fossero azzeccate, tantomeno approvate ove si puote ciò che si vuole. Sono semplici spigolature, riemerse dall'oblio - non vi so dire se meritato o meno - non per un caso fortuito ma quasi: sono state casualmente ritrovate ma deliberatamente ristudiate, senza però uno scopo preciso in mente. E' venuto dopo: pubblicarle, senza nemmeno gli aggiustamenti che richiederebbero forzatamente note frettolose e spesso enigmatiche riguardate a distanza di 12 anni. Senza tentare di abbellirle e interpretarle.
Accompagnandole però con alcune immagini, queste sì scelte con qualche criterio - giusto o sbagliato che sia - riprese in quei giorni. In quei momenti irripetibili, come del resto ogni momento della nostra vita, eppure ancora presenti.
Prima cosa cercare di comprendere le regole, non memorizzare le forme
Muovere lo sguardo poi agire in sincronia col movimento di mani e piedi come fossero collegati tra loro
I taisabaki servono ad evitare la linea di attacco: mano, spada, pallottola, malattia
L'intenzione di evitare pero' e' separata dall'ashisabaki che deve essere automatico
Lo yudansha deve creare intorno a sé un cono protettivo
In iriminage tagliare al momento del contatto; kotegaeshi è gedan, ikkyo jodan, udekimenage chudan
Shihonage ura: ossia linea esterna, evitando l'attacco, mantenendo uke sulla propria linea; tagliare dritto e col corpo diritto come usando la spada; difficile per principianti...
Ripararsi dietro le mani per una maggiore efficacia; più aperto per i principianti
Ikkyo omote e ura: i principianti facciano attenzione nell'osae a portare le mani di uke oltre la sua testa
Nikyo ura: mantenere una posizione molto bassa ma non è sufficiente abbassare le mani: corpo basso; muovere le mani a 180 gradi e ruotare l'anca, caricando kokyu e poi scaricando
Non alzare i gomiti, lasciando scoperte le ascelle; chiudere e far scendere uke infine spingere o tirare per tagliare
Anche questo, come l'altro articolo pubblicato solo pochi giorni prima, Aikido come arte della rappresentazione, è un ritorno al passato.
Evidentemente esiste al momento un bisogno diffuso di ricordarlo, a volte di ripensarlo. Ma se le riflessioni cambiano o perlomeno possono cambiare col passare degli anni, se talvolta è necessario che cambino, la dottrina è invece immutabile.
Non trovo oggi assolutamente nulla di nuovo e nulla di diverso rispetto agli insegnamenti che il maestro diede 12 anni fa.
Sto tentando in questo momento di immaginare la reazione di Tada sensei se leggesse quanto ho confusamente tentato di rendere chiaro. Ma penso in definitiva che anchessa sarebbe immutabile. Muta eppure eloquente. Come tutte le cose fondamentalmente, nativamente, giuste.
Paolo Bottoni