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Yasujirō Ozu: 1953 - Viaggio a Tokyo
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Viaggio a Tokyo: la biografia dell'autore, Yasujirō Ozu (1903-1963) ci direbbe immediatamente che non gli fu facile trovare una sua collocazione nella società moderna. Rifugiatosi nell'alcol per sfuggire alle sue frustrazioni, forse anche il mondo del cinema rappresentò per lui perlomeno all'inizio una evasione. Ma venne il momento del redde rationem: "Come aiuto regista potevo bere quanto mi pareva e parlare tutto il tempo. Come regista mi sarebbe toccato lavorare di continuo e stare in piedi anche la notte". Cosa ancora lo spinse a quel passo? La risposta la troveremo nelle sue opere. Forse soprattutto in questa.
Veniamo al dunque: poiché, lo ricordo a me stesso, non si vive di sola materia...debbo condividere l'emozione che ha suscitato la visione dell'opera più apprezzata di uno dei più grandi registi giapponesi,Yasujirō Ozu appunto. La biografia dettagliata di Ozu la potrete leggere su moltissime fonti, fatti i pochi cenni di prima è inutile annoiarvi con altre note didascaliche.
Vi annoieremò invece con l'emozione che vi darà la visione di una pellicola che è considerata un capolavoro di tutti i tempi: Viaggio a Tokyo. Tōkyō monogatari (東京物語), letteralmente Una storia di Tokyo.è un film diretto nel 1953, 71 anni fa nel momento in cui scriviamo, dal maestro Ozu. Ed è la storia di due anziani genitori che vivono a Onomichi, una città non grande vicino Hiroshima, che decidono di far visita ai loro figli che vivono a Tokyo ed a Osaka. La trama nel suo dettaglio la leggereto dopo, ora una premessa...
La storia s’impernia e ruota sulle diverse dinamiche familiari e i loro livelli di profondità e articolazione: il rapporto genitori-figli, la vecchiaia, la stima reciproca nella famiglia, il denaro, le relazioni parentali estese. E infine la morte. Non è un film facilmente "digeribile", si esce dalla sala con una strana sensazione di vuoto con la quale ognuno farà i propri conti, ma anche con l'eccezionale percezione di aver visto e, quasi, toccato, l'Arte allo stato puro. La recitazione degli attori e i dialoghi non lasciano sbavature, ogni parola ha un suo significato e anche i silenzi hanno il loro peso, nella scia della più classica cinematografia (e cultura) giapponese, e anche la fotografia è essenziale, quasi "scarna", ma proprio per questo mirabile perchè riesce a rendere tutto quello che deve. Proprio come per l’uso dei dialoghi e dei silenzi. Ogni sentimento che il regista ha voluto trasmettere arriva puntuale e diretto, come un "atemi" (per rimanere in una chiave "marziale").
Peraltro i sentimenti e le sensazioni che trasmette quest'opera sono graduali. Si parte con un ritmo lento per poi affondare nel vivo delle relazioni e delle reazioni, andando sino alle viscere, lasciandoci immobili sulla poltrona del cinema, come sul tatami nella veste di uke, bloccati dalla tecnica di qualcuno più avanti di noi. Il film è ambientato nel Giappone dell'immediato dopoguerra, con una bellissima ricchezza di dettagli delle tradizioni, usi e costumi giapponesi. Una vera miniera d’informazioni e conoscenze sul Giappone e non solo quello di un preciso periodo, sulla mentalità e sul vivere quotidiano, sul cibo e sulle usanze più comuni.
Tokyo monogatari risale al 1953 e precede di 10 anni non solo la morte dell'artista, portato via da un tumore, ma anche la sua tardiva fama in occidente: le sue opere iniziarono infatti a essere distribuite solo negli anni 60 ma incisero profondamente se non a livello di pubblico sicuramente nella comunità artistica internazionale. Wim Wenders non solo ispirandosi a Ozu diresse negli anni 80 il documentario Tokyo ga, considerato da molti tra le sue opere maggiori, ma ne trasse un profondo amore per la cultura giapponese, ben percebile anzi evidente anche nella esposizione delle sue foto di viaggio organizzata alcuni anni fa nella natìa Dusseldorf.
Il percorso artistico di Ozu è, come talvolta avviene, monotematico: la perdita dei valori tradizionali, non solo quelli elevati dell'arte e della cultura ma anche e forse soprattutto quelli della vita quotidiana, quelli che veramente danno una solida base alla vita dell'essere umano permettendogli se ne ha la forza e la volontà di elevarsi.
Visibilmente a disagio nel mondo moderno anche quando credono di esservi perfettamente integrati i suoi personaggi aprono inquietanti ma necessari scenari nella mente dello spettatore più cosciente. E Tokyo monogatari è forse l'opera più compiuta di Ozu, quella che maggiormente sfugge alla contingenza della trama, la difficile ricostruzione di una vita normale dopo la tragedia della guerra, per trasmettere valori universali e senza tempo, che trascendono anche la permeante giapponesità delle abitudini e dei costumi, pur fedelmente resi. Ozu era infatti considerato in patria «il più giapponese dei registi giapponesi», al punto da ritenere improbabile che le sue opere venissero comprese e apprezzate all'estero eppure nel 1992 nel decennale referendum indetto tra i critici dalla rivista Sight and Sound per identificare le 10 maggiori opere della storia del cinema, questa si classificò terza alle spalle di Quarto potere, di Orson Welles, e di La regola del gioco, di Jean Renoir.
Interpretato da Chishū Ryū - attore coetaneo di Ozu, che ha recitato in circa 150 film e che compare anche in Tokyo ga di Wenders - e da Chieko Higashiyama il film narra il viaggio a Tokyo di una anziana coppia che vive al sud nella città portuale di Onomichi, che va a trovare figli e nipoti che vivono nella lontana capitale..
L'incomunicabilità e la stessa obbligata distanza fsica tra le differenti generazioni, la perdita di identità e di senso della vita nelle nuove, l'impossibilità per le vecchie di adattarsi a una società disumanizzata, costituiscono il motivo fondamentale.
E' la stessa tematica che ricorre nelle altre opere di Ozu, quasi che avesse voluto raccontare da angolazioni e punti di vista diversi sempre la stessa storia, lo steso viaggio. O non avesse potuto farne a meno. Era infatti noto come dedito soprattutto allo shomingeki un genere artistco il cui protagonista è il giapponese medio, il cosidetto "uomo della strada" alle prese con i problemi della vita quotidiana.