Mostre
2017: Hokusai a Roma
Nell'autunno del 2017 è stata inaugurata presso l'Ara Pacis di Roma una mostra dedicata a quello che è forse il più grande degli artisti ukiyo-e, sicuramente il più conosciuto: Hokusai. Al momento in cui scriviamo è ancora aperta la prima parte della mostra: sul finire di novembre le opere verranno infatti ritirate, per non esporle troppo a lungo alla luce, e sostituite con altre. La mostra chiuderà definitivamente i battenti il 14 gennaio 2018.
Innanzitutto alcune parole sull'Ara Pacis.La "teca" progettata dall'architetto Morpurgo, risalente al 1937 e costruita in gran fretta per inaugurarla alla data prefissata, obiettivamente risultava mal collocata e insufficiente a valorizzare il monumento: l'altare dedicato dall'imperatore Augusto alla restaurazione della pace in Roma. Agli inizi del XXI secolo l'amministrazione capitolina affidò a una gara internazionale la progettazione di un nuovo "contenitore" e risultò vincente il progetto dell'architetto Richard Meier. Sono stati versati fiumi di parole per contestarne il risultato, e non è il caso qui di insistere. Risulta indiscutibilmente estraneo all'ambiente, ugualmente mal collocato e con palesi dimenticanze in fase di esecuzione, ma permette una migliore esposizione dell'Ara - prima la si doveva guardare praticamente da sotto con grave deformazione della rappresentazione - e nei locali al di sotto l'allestimento di mostre temporanee.
Tra cui appunto quella dedicata a Hokusai. Lo spazio a disposizione nella nuova "teca" non è però in fin dei conti molto esteso, e chi si aspetta una grande esposizione dovrà ridimensionare le sue aspettative. Tenendo pur sempre presente che di Hokusai si tratta, e anche per ammirare una singola sua opera varrebbe la pena di attivarsi.
Non ce la sentiamo di spendere lodi a proposito dell'allestimento. Apprezzabile l'intento di preservare le stampe ai posteri non esponendole troppo a lungo alla luce, che tende inesorabilmente a sbiadirne i colori.
Ma basta confrontare l'allestimento di questa mostra con quella dedicata a Hiroshige , allestita alcuni anni fa a Roma, o con quella recente di Bruxelles, per rendersi conto che alcuni timori sembrano avere inciso decisamente troppo.
L'ambiente tenebroso dovuto alla scelta della tappezzeria, l'insufficiente illuminazione, la protezione infine di molte opere con vetro traslucido fonte di riflessi riducono e non di poco la fruibilità delle stampe.
Ci ha accompagnato in questa visita il maestro Hideki Hosokawa, che ne aveva espresso desiderio. Essendo il maestro purtroppo disabile, abbiamo anche dovuto constatare di persona quando incidano alcune delle dimenticanze di cui abbiamo parlato prima. Non è previsto nelle vicinanze alcun parcheggio per disabili, e per una sede museale è una mancanza grave. I percorsi predisposti non sono collegati tra di loro: è possibile accedere con rampe alle sale superiori dedicate all'Ara Pacis ove è collocata la biglietteria ma non è possibile da là spostarsi nelle sale inferiori ove era allestita la mostra di Hokusai se non uscendo di nuovo dal complesso, percorrere un tratto di alcune decine di metri, scendere dal marciapiede e percorrere un tratto sulla sede stradale, sul selciato. Fortunatamente la gentilezza di alcuni sorveglianti ha limitato gli inconvenienti, permettendo di accedere all'ascensore interno.
Ma ora non parliamo più di queste mancanze, sia pure gravi e che non possono essere omesse, e occupiamoci di Hokusai.
In realtà la mostra espone non solamente sue opere, erano presenti per esempio diverse stampe di Keisai Eisen (1790-1848) che conobbe grande fama nel campo del bijinga (ritratti di bellezze femminili, spesso idealizzate).
Eisen ha saputo magistralmente associare le richieste del pubblico e le sue aspirazioni artistiche.
Avendo riscosso molto successo le stampe a soggetto paesaggistico, anche a Eisen vennero richieste.
Con geniale innovazione egli scelse di raffigurare delle bellezze ideali, all'interno del loro ambiente abituale, intente alle loro incombenze quotidiane e circondate dai loro oggetti d'uso consueto. Ma collocando sullo sfondo dell'ambiente una finestra aperta sul paesaggio.
Non grande, non evidente, non esibita.
Non mancavano quelli che vengono considerati, nella immensa produzione di Hokusai, di cui si contano oltre 7000 opere, dei caposaldi irrinunciabili: i manga.
Si tratta di album a stampa di formato tascabile e con un numero di pagine non elevato, difficilmente superano la trentina, attraverso i quali gli acquirenti potevano non solo ammirare in una sala d'esposizione ma anche portare con sè in viaggio le opere degli artisti da loro prediletti.
Nati come schizzi di vita quotidiana, e anche per questo importanti come testimonianze di epoche lontane, anche i manga tornano spesso alle tematiche delle grandi stampe: la bellezza muliebre, la bellezza della natura, l'attività umana in armonia con l'ambiente.
E' un peccato che anche qua si sia costretti a muovere un appunto: i manga erano collocati all'interno di teche di cristallo, ad altezza tale da renderne impossibile la visione non solo ai disabili ma anche ai bambini, che probabilmente li avrebbero apprezzati ancor più degli adulti,
Non mancavano naturalmente le più celebrate opere di Hokusai, e tra queste l'immortale "onda di Kanagawa", che rappresenta in realtà il monte Fuji, sullo sfondo, e di cui Hokusai nel corso della sua vita d'artista elaborò numerose versioni, anche con tecniche differenti.
Sfortunatamente proprio le opere maggiormente conosciute dal pubblico erano collocate in posizione particolarmente infelice, rendendo impossibile riprenderle come meritavano: la foto che vedete proviene infatti dalla già citata mostra tenutasi a Bruxelles a cavallo tra il 2016 e il 2017.
Al tirar delle somme? Pur tenendo conto degli inconvenienti che abbiamo avuto il dovere di menzionare, una mostra importante e che merita sicuramente anzi forse esige la visita. E' sperabile che si abbia la possibilità di tornarvi quando sarà avvenuta la rotazione delle opere, in modo da poter visionare anche quelle che saranno esposte in seguito.