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Molti si sono avvicinati alla cultura giapponese attraverso la pratica delle arti marziali, comprendendo ben presto che era solo un punto di passaggio, una porta aperta anzi spalancata verso un mondo magico ed affascinante. E' il percorso della maggior parte di quelli che si sono lanciati nell'avventura di questo sito, provenienti dall'aikido. Questa la ragione per cui troverete sempre che abbiamo un occhio di riguardo per questa disciplina.

 

Le arti marziali di cui si hanno notizie più remote risalgono all'VIII secolo circa. Da una di esse, codificata nel XII secolo dal signore di Daito, Minamoto Yoshimitsu, deriva il daito ryu aikijujutsu che a sua volta all'inizio dell'epoca Showa (1921-1989) diede origine all'aikido.

 

Le arti della spada sono probabilmente coeve se non ancora anteriori e probabilmente cominciarono ad assumere una fisionomia autoctona col prevalere col modello di spada conosciuto come nihonto. Tuttavia la frammentazione in numerosissimi feudi spesso apertamente ostili tra di loro fece sì che ognuno avesse la sua scuola pressoché segreta. Solo nel XVI secolo si svilupparono delle scuole a diffusione più vasta, che si sono tramandate fino ai nostri giorni col nome di koryu (scuole antiche).

 

Tsukioka Yoshitoshi. Duello tra Goto Mototsugu (1565-1615) e Okubo Tadataka (1560-1639). Particolare

 

L'aikido è la più nuova tra le più antiche arti marziali giapponesi: venne fondata intorno al 1925 dal grande maestro Morihei Ueshiba (1883-1969) che vedete nella immagine, ma affonda radici ultramillenarie in una arte conosciuta come Daito ryu aikijujutsu, codificata nel XII secolo dal principe Minamoto Yoshimitsu.

Agli inizi del 1900 Morihei Ueshiba apprese il daito ryu dal maestro Sokaku Takeda, all'epoca caposcuola. e nel decennio successivo sentì il bisogno di adattare quanto aveva appreso alla sua personalità e ai suoi scopi profondi. Iniziò così la nascita dell'arte denominata nel 1942 aikido, che il fondatore continuò ad elaborare e perfezionare fino al momento della sua scomparsa.

In Italia l'aikido venne prima saltuariamente insegnato da alcuni maestri provenienti dalla Francia e più raramente dal Giappone, si diffuse poi dal 1964 dopo l'arrivo del maestro Hiroshi Tada, inviato dallo Zaidan Hojin Aikikai di Tokyo che fondò alcuni anni dopo l'Aikikai d'Italia, organizzazione non come gruppo o federazione sportiva, ma come associazione culturale senza fini di lucro. Col passare degli anni altre associazioni hanno assunto rilevanza, venendo anche riconosciute dallo Zaidan Hojin Aikikai.

 

 

 

Morihei Ueshiba, il fondatore dell'aikido, nacque il 14 dicembre 1883 a Tanabe. Dopo aver seguito numerose discipline marziali si dedicò prevalentemente al daito ryu aikijujutsu ma intorno al 1926 intuì che doveva seguire una nuova strada più consona alle sue inclinazioni personali. Pochi anni dopo si trasferiva a Tokyo ove fondava il nucleo di una nuova scuola, tuttora conosciuta come Hombu Dojo, ove si praticava e si insegnava l'aikido. A partire dalla fine degli anni 40 la disciplina si trasformava per poter essere aperta ad una platea di praticanti più vasta, e si formavano i grandi maestri che ebbero poi a partire dagli anni 50 e 60 il compito di farla conoscere e praticare all'estero. L'obiettivo di questa sezione del sito è di rendere possibile la conoscenza delle vite e degli studi di questi maestri: dei nostri maestri.

Nella foto, scattata all'Hombu Dojo di Tokyo il 1. gennaio 1960, da sinistra a destra: Masamichi Noro, Kisshomaru Ueshiba, Morihei Ueshiba, Koichi Tohei, Hiroshi Tada

 

L'aikido è una affascinante arte, che si apprende per trasmissione diretta e richiede continue ricerche, dentro e fuori di se stesso.

Uno dei momenti più significativi del percorso è il seminario, un piccolo o grande tatami dove un numero di praticanti che va dalle poche unità alle diverse migliaia conviene per la gioia di praticare assieme a vecchi amici e a perfetti sconosciuti, sotto la guida di un maestro di cui si sono seguite per anni ed anni le indicazioni, o con un insegnante che si incontra per la prima volta, e che forse non sarà più dato di incontrare.

Sono momenti magici, o perlomeno possono esserlo: tutto dipende da noi... come sempre. Cercheremo di trasmettere non solamente informazioni tecniche, ma di restituire se possibile anche la particolare atmosfera che regna in ogni singolo seminario, la magia - una magia che non si esaurisce in un colpo di bacchetta magica ma richiede impegno e sacrificio - che riesce a trasmettere un maestro dell'arte.

 

Tecnica e cultura sono secondo noi strettamente ed indissolubilmente legati, sia nella pratica delle arti marziali sia nella pratica delle altre meravigliose arti tradizionali giapponesi.

Lo ricordano costantemente i grandi maestri, quando ci fanno presente che la spada deve essere impugnata con la stessa delicatezza, la stessa sensibilità e la stessa disponibilità a rappresentare l'armonia del creato che spingono il pittore ad impugnare il pennello o il violinista il suo strumento.

Tecnica quindi, ma anche e soprattutto ricerca del giusto e del bello. In altre parole, cultura.

 

 

Il randori è una forma di allenamento informale, ove l'attaccante o gli attaccanti sono liberi di fare quello che credono più opportuno, e lo stesso fa il difensore.

La parola ran in giapponese indica genericamente confusione, ma viene anche utilizzata spesso per definire dei periodi di guerre civili; infatti Aikira Kurosawa intitola Ran una delle sue opere più famose, in cui narra la lotta per il potere all'interno della famiglia degli Ikimonji.

Il randori dunque può essere una proficua forma di allenamento, ma può sconfinare quando male interpretato in una rissa senza regole.

Qui le regole verranno mantenute, poche e ci auguriamo chiare per tutti: nella sezione Randori del nostro sito si tratterà liberamente di ogni argomento che possa contribuire ad accrescere la conoscenza dell'arte, esplorando territori sconosciuti ma anche riscoprendo quelli domestici, avendo come unico filo conduttore il piacere della ricerca.

 

Perchè questa sezione del sito porta il nome di quel bastone di legno assomigliante ad una lunga spatola che ben conosce chi pratica zen? Il kyosaku viene utilizzato per vibrare vigorose piattonate sulle spalle del meditante che a giudizio del roshi non riesce a trovare la giusta concentrazione, o che richieda la "medicina" di sua iniziativa. Nel corso della vita ci si imbatte spesso in episodi apparentemente non significativi che pure incidono sulla nostra persona in modo non decifrabile, che in qualche modo sentiamo importante. Come una bastonata... Che scuote, che testimonia la necessità immediata di uscire dal proprio torpore e fare "qualcosa", ma lasciandoci di fronte all'evidenza che quel qualcosa che manca o che dorme è dentro di noi e là dobbiamo cercarlo, trovarlo, riconoscerlo. Il lettore non si attenda quindi spiegazioni, approfondimenti, sviluppi. Saranno brevi, secchi, colpi di kyosaku. Non legati da alcun apparente progetto logico.

Ogni attività umana ha un suo linguaggio e un suo vocabolario specifico. Troverete in un glossario - ossia dizionario specialistico -  le parole che difficilmente si trovano in un dizionario generico o che difficilmente vi vengono interpretate correttamente.

All'interno della cerchia inevitabilmente ristretta degli addetti ai lavori le parole si trasformano, si trasfigurano come se assumessero le caratteristiche dell'ambiente in cui vengono pronunciate, rivestendosi di significati specifici che sfuggono o possono sfuggire sia all'osservatore esterno che a coloro che muovono i primi incerti passi nell'arte.

 

 

 

Di solito la raccolta di prime notizie utili viene in rete chiamata FAQ, acronimo inglese che sta per Frequently Asked Questions (Domande poste spesso). Si usa raccogliervi tutte le informazioni di base che si pensa siano utili alla persona che si introduce per la prima volta in un ambiente a lui nuovo. Cose che è bene sapere: di conseguenza troverete qui alcune succinte schede che tenteranno di dare una prima idea ed un primo orientamento a tutti coloro che iniziano a conoscere il mondo dell'aikido. Potrebbero tornare utili come piacevole ripasso periodico anche a chi questo mondo lo conosce bene e già lo apprezza come merita.

 

 

 

testiLa tecnica non è tutto nell'aikido, nessun genere di arte si esaurisce in un mero gesto tecnico. Tuttavia la tecnica non solamente è necessaria ma è propedeutica al raggiungimento di un livello tale che si possa definire artistico. Senza tecnica non solo non si va lontano, non si è nemmeno in grado di iniziare. Non saranno però privilegiati in queste recensioni solamente i testi che spiegano o tentano di spiegare come praticare aikido, ma piuttosto di preferenza quelli che proporranno risposte a un quesito più importante: perché praticare aikido, e verso quali mete tendere attraverso la pratica dell'arte.

 

 

 

L'aikido è una disciplina affascinante quanto complessa, non a caso è classificata da molti come una attività culturale più - o in più - che una disciplina per l'allenamento psicomotorio.

Per padroneggiarla a pieno non è quindi sufficiente consultare dei buoni testi sull'aikido, è necessario avere nozioni in svariati altri campi, ed adeguarle man mano che crescono il livello di preparazione e le aspirazioni.

E' bene accrescere il proprio livello di conoscenza delle fondamenta teoriche delle altre discipline marziali, approfondire la tematica della psicologia del confronto, apprendere i metodi basilari di condizionamento fisico o di mantenimento della condizione fisica ottimale anche nell'alternarsi delle stagioni e nel susseguirsi degli anni, e applicare sistematicamente  quanto appreso in questi viaggi ideali fuori del proprio dojo.

 

NumicumMarco Porcio Catone nacque a Tusculum nel III secolo a.C.. Scrisse in tarda età le Origines, partendo dal mitico sbarco di Enea nel Lazio per poi descrivere paulatim (sommariamente) gli avvenimenti della storia romana fino ai suoi giorni. Condotto a Roma già adulto da uno sponsor che lo sottrasse a una quieta vita di agricoltore, divenne strenuo difensore delle tradizioni di quella cultura, per lui non nativa. Guerriero, politico, uomo di stato e di governo, instancabile fustigatore della decadenza della morale, al punto di passare alla storia come Catone il censore e di ottenere fama non sempre benevola, lo testimonia l'epigramma di un anonimo contemporaneo: «Rosso. Mordace. Occhi cerulei. Neanche morto Persefone accoglie Porcio nell'Ade». Costante il suo richiamo - anche fra le righe - a non disperdere l'incommensurabile patrimonio dei fondatori ma nemmeno tramandarlo come mera curiosità storica: assumerlo a stile di vita. Piuttosto ritornarvi che parlarne. Le Origines andarono perdute, ci rimangono per conoscere sia lo stile letterario di Catone che la sua filosofia di vita il De agricultura e soprattutto la cronistoria del suo incessante impegno sociale protrattosi fino alle soglie della morte in tardissima erà. E scarsi frammenti delle Origines tra cui: «Non interessa scrivere quanto sia nella tavola del pontefice massimo, quante volte siano rincarati i viveri, quante volte il sole o la luna siano stati oscurati da una caligine o da qualcos'altro». Le Origines intendevano trasmettere ai successori più che il racconto degli episodi lo spirito dei padri fondatori di quella cultura cui i romani avrebbero dovuto ispirarsi e attenersi nella vita quotidiana.

Nella immagine a lato (Museo Lavinium): la laguna costiera ove approdò Enea al termine della sua ricerca di vita, negli stessi luoghi ove si concluse con la morte in battaglia. Lì sono le origines di Roma. E' attualmente una oscena distesa di cemento.

La spada è acuta, pungente, affilata, forbita, fatale, formidabile, lucida, nuda, fina, forte, ben temprata, nobile, perfetta”

Agesilao Greco, La spada e la sua disciplina d'arte, 1912

Nel corso dei millenni si sono sviluppate in Giappone molte scuole di arte marziale ad opera dei samurai, guerrieri paragonabili all'immagine dei nostri cavalieri medioevali, che rifiutarono di arrendersi al "progresso" e decisero di tramandarle fino ai nostri giorni, mettendole però a disposizione di obiettivi da tutti condivisibili e rifiutando confronti inutili e sanguinosi.

Tutte le arti marziali antiche (koryu) richiedono la padronanza delle armi tipiche del samurai: la lunga spada ricurva (katana), la daga da fianco (wakizashi) da cui mai si separava, il pugnale, tanto, da portare in battaglia come estrema risorsa. Anche in aikido, l'arte da cui questo sito è nato, si studia l'uso delle armi ma solo come completamento di una complessa ed affascinante serie di tecniche - originalmente di difesa - da eseguire a mani nude.

Tuttavia per il proprio approfondimento culturale molti praticanti di aikido si dedicano alla cultura delle armi tradizionali, viste non come strumenti per offendere ma come strumenti per la costruzione ed il mantenimento del proprio livello interiore.

Dietro ogni scuola c'è un personaggio chiave che ha avuto l'intuizione e la forza di crearla o di renderla grande: un maestro. E ci sono i maestri suoi discepoli, che ne hanno trasmesso il messaggio.

Il Giappone ha avuto grandi maestri di arti marziali o cerimoniali, di arti applicative o di arti figurative. Qui troverete, in ordine cronologico, le biografie di grandi maestri di arti marzial ma quasi tutti loro hanno praticato anche altre arti tradizionali.

Studiare le vite, i pensieri, le opere e i percorsi di formazione e di approfondimento dei grandi maestri del passato, i loro metodi di vita e di studio, è quanto raccomandano incessantementei dai grandi maestri contemporanei.

Attraverso il loro insegnamento ognuno può arricchire la propria cultura ed allargare verso nuovi orizzonti la propria visione del mondo.

La tradizione marziale del Giappone è oltremillenaria, ed i primi guerrieri di cui sia pervenuta memoria storica risalgono al VII - VIII secolo della nostra era.

Da allora una catena ininterrotta di figure eroiche si è proungata fino al XIX secolo.

Le scuole che hanno trasmesso la loro conoscenza fino ai giorni nostri ed i testi classici a noi pervenuti sono comunque risalenti perlopiù ad epoche successive al XV secolo.

Avere una visione d'assieme della cultura marziale giapponese non è assolutamente facile, visto l'arco di tempo coinvolto e la molteplicità di scuole, spesso divise in varie branche (ha) seguendo le vicende personali ed i cambi di residenza di questo o quel maestro.

Ci auguriamo che la possibilità di consultare un congruo numero di schede di approfondimento aiuti i ricercatori ed i praticanti nel loro percorso.

Circostanze straordinarie hanno fatto sì che l'insegnamento di grandi maestri giapponesi del passato sia giunto fondamentalmente intatto fino a noi.

Attraverso le loro opere, attraverso i loro esempi di vita, attraverso le scuole che hanno fondato, su basi così solide da sfidare i secoli.

Dovremmo definirli maestri di ieri oppure maestri del passato, ma la statura di questi personaggi li eleva al rango di maestri di sempre. Le loro storie, le loro scelte possono risentire dei tempi in cui vissero, esserne condizionate.

I principi che ci hanno lasciato sono invece senza tempo e senza luogo, rimarrranno con noi per sempre a patto di accostarvisi col dovuto rispetto ai testi che ci hanno trasmesso, studiandoli al fine di metterli in pratica, col massimo impegno.

La nuova settima musa, come viene talvolta chiamata da noi (rivelando una certa conflittualità con la mitologia, visto che le muse, dee greche dell'arte,  erano già nove), ha avuto immediato successo in Giappone, come ricorda Kurosawa nella sua autobiografia.

Si è poi affermata a livello mondiale grazie anche ad una formidabile generazione di artisti che ha avuto il suo massimo esponente in colui che veniva chiamato l'imperatore, il grande regista Akira Kurosawa, ma che ha contato anche altri grandi maestri come Kon Ichikawa (L'arpa birmana), Kei Kumai (Morte di un maestro del te) o Kenji Mizoguchi (La spada Bijomaru), scomparso prematuramente.

Puo' sembrare strano che per approfondire lo studio di una cultura profonda e complessa come quella giapponese si consigli di andare al cinema. Eppure molte opere, sia quelle del genere jidai, in costume oppure d'epoca, che quelle del genere gendai o moderno, ci possono restituire informazioni non altrimenti disponibili.

Solo un film ben ambientato ci può rendere l'atmosfera di quei tempi, governati da una etichetta formalmente rigida quanto finalizzata ad uno scopo e quindi non gratuita ma comprensibile e condivisibile, o farci apprezzare attraverso la ricostruzione di episodi famosi. Spesso reali, come quello dei fedeli 47 ronin che dedicarono la vita alla vendetta contro chi aveva oltraggiato il loro signore, talvolta non reali ma molto realistici come la saga dei 7 samurai, portata sullo schermo da Kurosawa.

Shiro Mifune impersona il signore Shigeaki in Ame Agaru, opera ideata da Akira Kurosawa e portata a compimento da Takashi Koizumi

 

 

Il cinema jidai è paragonabile al nostro cinema "in costume", con sfumature che vanno dal genere "cappa e spada" (chambara) a quello "storico". L'epoca di elezione per il jidai geki è quella Edo. Va dal 1600, l'anno della battaglia di Sekigahara che pose fine alla lunga guerra di successione consegnando il potere nelle mani degli shogun Tokugawa, che lo avrebbero perso solo nel 1868.

E' un'epoca di cui si può dire non solo che quasi tutto vi successe ma anche che tutto sarebbe potuto succedere, un'epoca di frontiera come fu negli Stati Uniti d'America quella del Far West. E non è infatti un caso che spesso le trame dei più grandi film jidai siano state adattate a film western, da I sette samurai a Rashomon e Yojimbo.

Una menzione a parte va fatta al periodo Meiji, contrassegnato dal breve ma quanto mai cruento e contrastato passaggio dall'epoca Edo a quella moderna. Anche alcuni maestri del cinema, oltre ad onesti mestieranti, hanno scelto di trarre ispirazione alle loro opere dalle vicende di quel tormentato periodo.

Nella foto. I sette samurai (A. Kurosawa): la bandiera del drappello di guerrieri che difese un villaggio in cambio di un pugno di riso.

Il cinema giapponese d'ambientazione moderna, gendai geki, si è sempre distinto per il suo forte impegno sociale e la sua capacità di denuncia, è tuttavia meno conosciuto rispetto al genere jidai, più epico e spettacolare.

Basti citare il caso di Akira Kurosawa, celeberrimo per opere come Rashomon, I sette samurai e tante altre che sarebbe troppo lungo elencare, mentre non hanno avuto lo stesso successo opere come L'angelo ubriaco e Dodes'ka-den, quando non sono state addirittura dei clamorosi fallimenti.

Ormai scomparsa la generazione dei grandi maestri del dopoguerra, ultimamente molti registi si dedicano a descrivere, talvolta caricando le tinte e talora fino all'eccesso, la vita, i problemi e le aspirazioni del giapponese moderno. Meriterebbero di essere conosciuti meglio, e le loro opere meriterebbero qualche riflessione, che cercheremo di proporre od alimentare da questo sito.

Nella foto: il grande Takashi Shimura, attore icona di Aikira Kurosawa, l'indimenticabile Kanbei che comandava I sette samurai, è anche il protagonista del capolavoro gendai del maestro: Ikiru (Vivere).

La parola giapponese chanbara (チャンバラ), che accettiamo di trascrivere chambara in ossequio alla ortografia italiana, può essere tradotta alla lettera come combattimento alla spada ma nella terminologia del mondo del cinema ha il suo equivalente nel nostro cappa e spada o nell'inglese swashbuckler, che in origine identificò soldati di rango inferiore armati di scudo (buckler) e più tardi personaggi vanagloriosi pronti alla parola quanto a disagio con le armi in pugno.

Sono opere che non necessariamente raccontano una storia, sono talvolta solo un pretesto per mostrare delle scene di azione, ma questo non esclude che spesso meritino di essere viste ed apprezzate come testimonianza di una cultura, sia pure popolare, che è rimasta viva solo nel ricordo, e alcune nutrono ulteriori ambizioni.

E' un genere artistico che è stato anche accostato a quello a tutti noto come western. Le affinità sono indiscutibli, al punto che vi sono state frequenti commistioni. Dobbiamo però dire che da occidente si sono sovente degradate opere jidai di notevole spessore, privandole in chiave western - in nome dell'azione - di ogni spessore psicologico e di ogni implicazione morale. A volte succede invece che le trasposizioni giapponesi di opere occidentali tentino non solo di rispettarne lo spirito ma di accrescerne i contenuti: avremmo naturalmente per loro un occhio di riguardo.

 

 

L'arte del cinema lascia l'impressione di essere facilmente fruibile: basta sedersi al buio nella sala e lasciarsi sommergere dalle immagini, e da quando si sono diffusi i lettori domestici sono al contrario i film a venire addirittura da noi.

Comprendere cosa c'è dietro è ovviamente molto meno immediato. Dal punto di vista tecnico dobbiamo considerare che un film è una impresa collettiva che richiede il lavoro di centinaia e a volte migliaia di persone, per un tempo che arriva anche a misurarsi in anni.

Per le opere jidai dobbiamo anche ricordarci che si riallacciano ad una tradizione secolare di rappresentazioni, più o meno fantastiche ed elaborate, ad opera di attori o di marionette, e che il cinema giapponese non può essere totalmente compreso se non si cogliono questi legami, e per coglierli è necessario approfondire.

 

Il set di Tora no ofumu otokotachi, con gli attori che impersonano Benkei (Denjirô Okochi) e Togashi (Susumu Fujita). In alto una bambola moderna nel tradizionale costume di Benkei, leggendario monaco guerriero vissuto nel XII secolo.

Quando si parla di arte giapponese immediatamente vengono alla mente di tutti, o quasi, alcuni nomi: Hiroshige, Kuniyoshi, Utamaro, Hokusai...

 

Produssero prevalentemente stampe; sarebbe estremamente riduttivo dire o pensare che l'artista giapponese abbia preferito esprimersi nelle stampe, dobbiamo comunque riconoscere che è in questa espressione artistica che il Giappone ha manifestato una assoluta originalità e ha prodotto varie generazioni di artisti incomparabili.

 

A differenza dell'arte nostrana che si esalta nella rappresentazione di temi alti, basti pensare alla Cappella Sistina, al David o al Mose di Michelangelo, l'artista giapponese ama rappresentare la realtà; sia esaltandola ed idealizzandola, sia caricandola fino a farla diventare appunto caricatura, sia rappresentandola fedelmente, o andando a cercare in fenomeni apparentemente trascurabili come lo scorrere di un ruscello di montagna, le tracce dell'armonia dell'universo. Le stampe giapponesi avranno quindi una parte molto importante nel nostro sito. La nostra ambizione è di allargarci man mano a macchia d'olio fino a ricoprire tutti i campi, certamente non pochi, in cui l'artista giapponese ha scelto di esprimersi.

 

Vi consigliamo anche la lettura di Matsu-Kaze (Vento tra i pini): le poesie dei maggiori artisti haiku vengono accompagnate dalle stampe di Utamaro, Hokusai e Hiroshige, i tre indiscussi maestri dello ukiyo-e.

 

Hiroshige: Sumidagawa Sujijin-no mori Massaki
(Il quartiere Massaki e il santuario Sujiin-no mori sul Sumidagawa)
Dalla serie Cento vedute di Edo.
Un albero di sakura, il cui fiore è simbolo del Giappone e del samurai serve da quinta al paesaggio. I fiori, doppi, sono della varietà yaezakura che fiorisce più tardivamente del sakura. L'opera è inserita nella sezione dedicata alla Primavera.
 
 

 

Quando si pensa all'arte giapponese è difficile che non vengano in mente le incredibili stampe a colori che hanno stupito il mondo sul finire dell'800, quando per la prima volta sono state aperte le frontiere del Giappone.

Gli artisti che hanno fatto grande l'arte dell'ukiyo-e sono innumerevoli, ed alcuni di loro sono di statura mondiale, paragonabili alle grandi figure del nostro rinascimento o a maestri comunque di eccelsa levatura.

Renderemo loro omaggio in queste pagine, nella convinzione che la conoscenza delle loro vite aiuti a comprendere meglio anche il valore delle loro opere.

Katsushika Hokusai (1760-1849), autoritratto

L'arte dell'ukiyo-e, nacque in epoca Edô (1603-1868), dal nome dalla nuova capitale (l'odierna Tokyo). Devastata dalle fiamme nel gennaio del 1657, la ricostruzione fu rapida ed altrettanto radicale quanto la distruzione: interi quartieri vennero ricostruiti da zero, ed il distretto dei divertimenti, Yoshiwara, dove vennero trasferiti teatri e case a luci rosse, riaprì i battenti nell'agosto dello stesso anno.

La sottocultura degli abitanti e frequentatori di questi quartieri, definita ukiyo ossia oscura dalle autorità, si appropriò con un moto di ribellione titanica della parola, attribuendole il significato di fluttuante: il fluttuante mondo del piacere.

La millenaria arte della stampa venne utlizzata sempre più spesso per accompagnare recensioni e critiche degli artisti attivi nel mondo fluttuante: uno dei primi  a impegnarsi in questo campo fu nel 1672 Hishikawa Moronobu. Era nato un genere artistico destinato ad allargare i suoi orizzonti fino a descrivere con occhio a volte poetico, a volte sarcastico, a volte crudemente realistico, luoghi personaggi, usanze e anima del Giappone.

Hishikawa Moronobu: l'eroe Yorimitsu mostra all'imperatore la testa del demone Shuten Doji da lui ucciso

L'ukiyo-e è come noto la rappresentazione del mondo fluttuante. Difficile quindi ridurlo a schematismi, difficile circoscriverlo e limitarlo in generi.

Certamente ci sono fonti di ispirazione che hanno inciso più di altre, che hanno riscontrato un maggiore interesse da parte del pubblico e su cui di conseguenza si sono ripetutamente cimentati i maggiori maestri.

Come le rappresentazioni delle stazioni di sosta e dei luoghi notevoli delle due principali vie di comunicazione del paese che univano la capitale imperiale Kyoto a quella amministrativa Edo (Tokyo): il Tokaidô che seguiva la linea della costa ed il Kikosaidô che passava attraverso le montagne.

Anche episodi della vita di tutti i giorni ispiravano gli artisti, resi talvolta con sottile senso dell'umore, talvolta con crudo realismo, e queste stampe venivano raccolte in pubblicazioni chiamate manga, in cui eccelse sopra ogni altra figura quella del sommo Hokusai. Questo ma anche altro vi proporremo nelle nostre schede.

Nella stampa monocroma di Katsushika Hokusai: Vento improvviso.

L'arte della stampa giapponese, non si esaurisce certamente con il tema dell'ukiyo-e, il mondo fluttante, che ne costituisce tuttavia il tema più noto, ed attraverso il quale venne conosciuta ed ammirata nel mondo occidentale. L'apertura del Giappone risale alla seconda metà dell'800, ma già pochi anni dopo le stampe giapponesi arrivavano in quantità, conquistando l'ammirazione non solamente degli intenditori e del grande pubblico, ma anche quella dei maggiori artisti dell'epoca, ricordiamo Van Gogh fra tutti. Essendo la produzione dei maggiori artisti veramente sterminata, non sono mai mancati i testi dedicati all'ukiyo-e, principalmente antologie per autore o per tematica. Accanto ad essi ovviamente le monografie dedicate ai maggiori artisti, ed infine le versioni occidentali delle più celebri serie, come Le 100 vedute di Edo di Hiroshige o Le 53 stazioni del Tokaido di Hokusai.

Trattando della cultura tradizionale giapponese ci si trova ad affrontare numerosi argomenti "trasversali"

Parlando ad esempio della celeberrima saga dei  47 ronin, non sapremmo bene dove collocarla per dargli maggiore visibilità e facilitarne il ritrovamento all'interno del sito .

Si tratta infatti di un episodio storico ma che ha influenzato grandemente anche l'arte, venendo raffigurato in innumerevoli stampe, la letteratura l'ha proposto più volte in romanzi e novelle, è stato periodicamente riproposto al cinema sia da onesti artigiani che da grandi maestri del cinema e viene frequentemente citato anche trattando di argomenti apparentemente lontani, avendo fortemente influenzato la psicologia del popolo giapponese.

Ci è sembrato opportuno collocare in una sezione dedicata tutte le varie schede di approfondimento che possano ricadere in questa casistica: interesse generale che ricopra differenti settori, o difficoltà di collocazione in una categoria precisa, che abbiano avuto influenza nella formazione della cultura giapponese, elevata o popolare che sia.

Troverete anche articoli dedicati ai pionieri della scoperta del Giappone da parte del mondo occidentale, e alcuni moderni pionieri tenteranno di guidarvi alla scoperta del Giappone di oggi.

 

 

 

 

 

Gli eventi dedicati alla cultura giapponese si sono via via intensificati nel corso degli ultimi anni. E' certamente una buona cosa, ma non pretenderemo certamente di darne un panorama esaustivo su queste pagine, sarebbe una impresa superiore alle nostre forze. Renderemo conto di una ristretta selezione di eventi, quelli cui avremo la fortuna di partecipare, come spettatori ma anche talvolta con una partecipazione più attiva, o che verranno segnalati e llustrati dagli amici interessati ad approfondire la loro conoscenza della cultura tradizionale nipponica.

 

Nella immagine: la maestra Michiko Nojiri, Urasenke, che insegna da molti anni chanoyu a Roma. Dimostrazione presso l'Archivio Centrale dello Stato, ottobre 2016.

Dietro un costume sicuramente c'è una storia, e dalla storia derivano i costumi di un popolo. Questo è particolarmente vero nel caso del Giappone

In seguito all'isolamento in parte volontario in cui la cultura nipponica è rimasta a lungo i costumi, pur influenzati dalla civiltà cinese, si sono forgiati e consoldati nel corso dei secoli soprattutto sulla base della travagliata storia locale.

Una storia soprattutto bellica, prima dell'avvento della pax Tokugawa, che durata dal XVII al XIX secolo era paradossalmente affidata alle cure della classe dei guerrieri.

 

Utagawa Hiroshige: Il principe Genji, protagonista del Genji Monogatari, poema epico dell'XI secolo (particolare).

Il Giappone, per quanto abbia bruciato le tappe della modernizzazione arrivando a superare troppo spesso i suoi modelli occidentali anche nel degrado ambientale e sociale, rimane tuttavia una nazione tradizionalmente legata alla natura, che ha saputo ammirare e rappresentare con una delicatezza e profondità che raramente ha trovato l'eguale in altre civilità. In ogni aspetto della cultura giapponese si notano quindi frequenti ed importanti riferimenti al ciclo delle stagioni, alle bellezze della natura incontaminata, alla gioia che scandisce con grandiose feste, familiari o collettive, i maggiori momenti di passaggio da un ciclo temporale all'altro.

 

 

Personaggi in cerca di lettore

Dietro ogni arte c'è un maestro, e a volte ce ne sono tanti. Certamente ci sono anche artisti, allievi, estimatori, ammiratori. Ma nessuno può percorrere la strade dell'arte senza che altri abbiano aperto la via.

Vorremmo qui raccontare le vite e le opere appunto dei pionieri, di coloro che hanno aperto la via, rendendo possibili e proficui i rapporti tra Giappone ed Occidente; vogliamo rendere omaggio a questi uomini e a queste donne, raccontando le loro vite e riportando i loro pensieri.

Ci sembra una necessità impellente, poiché la memoria di questi personaggi chiave eppure spesso semisconosciuti sembra affievolirsi ancora di più, e in maniera inspiegabile: rileggendo le loro testimonianze ci rendiamo conto non solo di avere avuto bisogno di loro, ma che ne abbiamo ancora e ne avremo sempre bisogno.

 

Yoshiiku: Makoto no tsuki hana no sugata-e (La vera luna con l'ombra di un fiore). Ritratto dell'attore Nakamura Icho - autore della poesia che dà il titolo all'opera - intento a prepararsi per andare in scena (1875 circa

L'ammirazione per la cultura giapponese ha come suo sbocco naturale una o più visite del Giappone.

Il luoghi, le opere d'arte e le usanze da ammirare sono innumerevoli, la lunga distanza e il non indiferente impegno economico suggeriscono di programmare attentamente il proprio viaggio.

Ma non è facile: i motivi di attrazione verso il Giappone sono tanti, e le barriere di lingua e scrittura non aiutano la ricerca, non agevolano le scelte.

Per fortuna vengono in nostro aiuto alcune persone che hanno avuto modo di esplorare, e non sempre dalla limitata visuale che può avere il classico turista, l'affascinante paese del Sol Levante.

Ci propongono le loro osservazioni, mai banali, sempre stimolanti.

Katsushika Hokusai: suonatore di flauto in contemplazione del monte Fuji. 1839, Pittura su seta (particolare). Free Gallery of Art, Washignton

In Giappone la cultura del fare è improntata all'amore: è difficile vedere oggetti tradizionali realizzati con sciatteria e senza tentare di raggiungere un risultato allo stesso tempo esteticamente gradevole e funzionalmente adatto allo scopo.

E' innegabile che senza amore per l'arte o anche semplicemente per il mestiere questi risultati sono impensabili.

E' evidente che l'utilizzo di strumenti che manifestano un senso di armonia aiuta l'artefice o l'utilizzatore a rendere il meglio di sé..

Gli esempi sono troppo numerosi per essere semplicemente elencati, sarà un piacere presentarli in queste pagine e ci auguriamo che sia un piacere per voi scoprirli.

La cultura giapponese, oltre ad essere oggetto di studio - e naturalmente di pratica - da oltre un millennio, ha anche conosciuto una affascinante ma complessa varietà di forme espressive e di campi di applicazione.

Non sempre è quindi possibile classificare esattamente in una categoria ben precisa non solo i testi fondamentali ma anche quelli semplicemente raccomandabili.

E' ovvio che un testo che parli della cultura guerriera dell'epoca Edo potrebbe indifferemente esssere considerato un libro "storico", un libro specialistico da recensire nella sezione riservara alle arti marziali, ovvero un testo necessario per comprendere gli usi e costumi attuali del popolo giapponese ricostruendone il percorso attraverso i secoli.

Allo stesso modo, episodi di vita vissuta anche recenti, come le numerose memorie del tempo di guerra (intendiamo la seconda guerra mondiale) non sono interpretabili se non ricercando le condizioni culturali che hanno determinato le azioni dei protagonisti, e diventano di conseguenza anche efficaci strumenti di indagine sociologica.

Questa è la ragione per cui potrete trovare qui dei testi che apparentemente hanno poco in comune tra di loro.

Sono 400 anni circa che si scrive sul Giappone, ma per certi versi sembra di essere appena agli inizi e che i piatti forti debbano ancora venire. Cercheremo di orientarci in questo mare magnum destinato a crescere ancora, innanzitutto suddividendo le opere in un numero ragionevole di categorie: opere letterarie storiche come il Genji Monogatari, o Racconto del Principe Splendente, opere di saggistica storica come i vari compendi di principi morali o tecnici ad uso del samurai: dal Budo Shoshinshu (codice del giovane samurai) di Daidoji Yuzan al Gorin no sho di Miyamoto Musashi, per fare solo due esempi. Appartenendo a un ramo specifico della cultura vengono recensiti in Arti Marziali -- Koryu - Testi..

I libri di chi in passato ha scritto del Giappone visto con gli occhi di un occidentale sono forse stati ingiustamente trascurati fino ad adesso: hanno il vantaggio incommensurabile di essere molto più vicini alle fonti di quanto potremo essere noi: quale dotta ricostruzione bibliografica della cerimonia del seppuku può uguagliare il racconto di testimoni oculari come Lord Redesdale (Racconti dell'antico Giappone) e B.H. Chamberlain (Things Japanese), chi può illluminarci sulla nascita ed evoluzione del judo meglio di E.J. Harrison, che ebbe la ventura di praticarlo in Giappone nel 1800? Trovate queste recensioni nella sezione Cultura Tradizionale - Testi. Altri testi tecnici che aiutano ad entrare, timorosi, nel mondo dell'arte e della cultura giapponese, e più avanti a trasformare i primi passi incerti in quelli decisi dell'esploratore sono nelle rispettive sezioni.

Ci sono poi, e li trovate qui assieme ad altri i libri degli scrittori giapponesi moderni, e ce n'è per tutti i gusti: da Yukio Mishima a Kenzaburo Oe o Yasunari Kawabata (Il maestro di go), da Banana Yoshimoto a Ryunosuke Akutagawa, l'uomo che indirettamente ha spalancato alla letteratura giapponese le porte del mondo occidentale: sua è la storia che venne portata sullo schermo da Akira Kurosawa in Rashomon, film che fece scalpore quando presentato al festival di Venezia.

 

I classici della letteratura giapponese suonano familiari a molti (il Kojiki, il Genji Monogatari) ma sono pochi quelli che hanno avuto occasione di leggerli essendo rare le traduzioni nella nostra lingua, spesso di seconda mano in quanto ricavate dalle edizioni inglesi o francesi, e spesso pesantemente condensate.

Quindi non sempre sarà possibile proporre opere nelle loro versioni integrali, ma per fortuna qualcosa sta cambiando anche qui, l'offerta si fa interessante. Dovremo ancora spesso ricorrere ad edizioni inglesi o francesi, e l'impegno richiesto per accostarsi a questi classici non è dappoco.

Dovrete avere ancora un po' di pazienza per vedere questa sezione popolata di titoli; ma abbiate anche fiducia!

 

Kikuchi Yosai (1781-1878): Murasaki Shikibu, autrice del Genji Monogatari

La letteratura giapponese contemporanea ha fatto molto parlare di se, e molto ha dato da leggere. Basterà citare i nomi di Yasunari Kawabata, Kenzaburo Oe, Yukio Mishima, Banana Yoshimoto, sicuramente familiari anche a molti che ancora non hanno affrontato la loro lettura.

Accanto a questi moderni scrittori ci auguriamo di poter scoprire o riscoprire anche gli autori dei periodo precedenti, fino ad oggi inspiegabilmente trascurati dalle nostre case editrici, eppure testimoni del periodo irripetibile in cui il Giappone tentava di guadagnarsi un posto tra le nazioni moderne senza rinunciare tuttavia alle sue tradizioni.

Abituatevi quindi anche qui come nella sezione cinema di questo sito, a condividere le ambientazioni gendai (moderne) con quelle jidai(d'epoca).

 

Katsushika Hokusai (1760-1849): Dalla serie Hyakunin isshu uba ga etoki, 1835 (Cento poemi di cento poeti narrati dalla nutrice). Il poeta Abe no Nakamaro (particolare). L'opera è di formato oban (24,8 x 37cm) ed è riprodotta in stampa con tecnica policroma (nishiki-e).

Abe no Nakamaro (阿倍仲麻呂), 698–770, nativo di Nara, fu uno studioso, uomo politico e poeta, celebre per le sue composizioni waka. Non si conosce molto della sua vita, sappiamo in ogni caso che dopo il suo trasferimento in Cina nel 717, ove ricoprì importanti incarichi di governo, non ebbe più occasione di tornare in patria e sempre lo accompagnò la nostalgia del suo paese natìo. L'opera di Hokusai lo mostra nel momento di comporre la sua composizione più famosa:

天原ふりさけ見れば春日なるみかさの山に出し月かも。

ama-no-hara furisake mireba kasuga naru Mikasa no yama ni ideshi tsuki kamo

All'orizzonte, non è quella la stessa luna che sorge in primavera tra i monti di Mikasa?

Hokusai non mostra la luna nel cielo, con uno dei suoi poetici espedienti propone solo la sua immagine riflessa nell'acqua.

La cultura guerriera del Giappone trova la sua massima espressione materiale nella spada: allo stesso tempo strumento di combattimento e di formazione interiore, il nihontô, la spada giapponese, è anche apprezzata come opera d'arte.

Ha una storia più che millenaria, che per quanto complessa merita di essere conosciuta e studiata, e alcune "regole del gioco" che occorre conoscere.

Utilizzeremo la terminologia giapponese, rimandando al futuro glossario la descrizione dettagliata del significato letterale dei termini.

I termini giapponesi identificano in maniera univoca ogni particolare od ogni elemento di studio, e l'utilizzo di un linguaggio comune permette agli studiosi di intendersi anche quando divisi da distanze di lingua, di cultura, di epoca.

I praticanti di arti marziali ad esempio sono in grado di capirsi ed allenarsi assieme condividendo termini come ippon seoi nage (judo), kataterori gyakuhamni (aikido) o inyo shintai (iaido). Allo stesso modo termini come nagasa, yasurime o sori non possono e non debbono essere sostituiti da traduzioni più o meno fedeli.

Ogata Gekkô (尾形月耕, 1859-1920). Il mitico spadaio Munechika forgia con l'aiuto del dio Inari, raffigurato in sembianze di volpe, una spada per l'imperatore Ichijo.

Introdotte probabilmente in Giappone nei primi secoli di quella che è per noi l'era volgare ed ispirate ai modelli cinesi e coreani le prime lame giapponesi furono lunghe, diritte e ad un solo taglio (chokuto). A partire dall'ottavo secolo cominciano ad apparire le prime lame con le peculiarità che renderanno leggendario il nihonto: la lama si incurva, e soprattutto appare un sistema di tempra differenziato che esalta le caratteristiche del tagliente e lo differenzia anche esteticamente dal resto della lama, dando alla spada giapponese un aspetto inconfondibile. L'era della spada classica (koto) termina con i grandi cambiamenti epocali del periodo Edo (1600) ed inizia l'era della nuova spada (shinto). Divenuta soprattutto oggetto di culto od opera d'arte, la spada rischia di perdere le sue caratteristiche funzionali, finché alla fine del XVIII secolo il rinascimento della spada (shinshinto) riscopre ed esalta le tecniche e le scuole del passato.

Oltre 1000 anni di arte non possono essere compresi se non attraverso un lungo ma non spiacevole percorso di ricerca. E' indispensabile per una piena comprensione dei capolavori poterli conoscere, ammirare direttamente, ma per ricostruire la loro storia, per poter usufruire del prezioso ausilio degli studiosi, è necessario leggere molto. La letteratura sulla spada giapponese è sterminata, come merita del resto l'importanza del soggetto: il nihonto viene considerato da molti la spada per eccellenza, l'esempio insuperato e forse insuperabile di una cultura nazionale che si appoggia fortemente, per millenni, al culto della spada. Le opere italiane in materia erano fino a poco tempo fa praticamente assenti, solo di recente si è iniziato a pubblicare qualcosa in merito. Ma si tratta di eccezioni, saremo obbligati a citare e recensire quasi sempre opere in lingua straniera.

La base di questo glossario, che è in preparazione, è quello reperibile on line sulla Japanes Sword Guide curata da Richard Stein, cui hanno collaborato molti esperti e che costituisce un ottimo punto di riferimento. I termini sono però suddivisi per argomenti: sono accorpati, a titolo di esempio  i termini ato mei, dai-mei, gaku mei ed altri ancora sotto l'ombrello della tipologia mei (firma), in modo da avere una panoramica dei vari tipi di firma che si possono incontrare in una lama giapponese. Allo stesso modo sono raggruppati i termini che riguardano il nie (trama dell'acciaio), lo ha (tagliente a tempera differenziata) e così via.

Non sempre i termini vengono elencati in ordine alfabetico, seguendo a volte logiche differenti: le tipologie di lama ad esempio vengono elencate in ordine crescente di dimensioni, dal piccolo pugnale da nascondere nelle vesti alla grande spada da combattimento; sono divise in tipologie di pugnali e spade e poi di armi in asta o di uso particolare.

Alla maggior parte dei termini sono associate immagini esplicative, che non sempre però riteniamo necessarie. Può essere il caso di una incisione sulla lama di tipo atobori (apposta in secondo tempo) o di una firma dai mei (apocrifa ma autorizzata). In questi casi è difficile fornire esempi: solo un esame diretto approfondito permette all'esperto di distinguerli dalle incisioni apposte in corso di fabbrica o dalla firma originale.

Nel corso degli anni accade di segnalare questo o quell'avvenimento o ricorrenza. Passata l'attualità si decide normalmente di sopprimere la segnalazione senza lasciarne traccia. Eppure conservare se non tutto perlomeno qualcosa conduce a una sorta di diario di bordo, o semplice agenda. Quella che ritrovi per caso in un cassetto e sicuro che sia ora di gettarla scorri invece tuo malgrado, con un misto di curiosità, piacere, rimpianto,

Proviamoci.

 

 

 

 

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