Testi

Chamberlain: Moeurs et coutumes du Japon (Things Japanese)

B.H. Chamberlain

Moeurs et coutumes du Japon

Payot, Paris, 1931

 

Questa edizione dell'opera fondamentale di Basil Hall Chamberlain (1850-1935), Things Japanese, riveste particolare importanza. Non si tratta infatti di una semplice traduzione in francese, venne curata dall'autore stesso che ci tiene a precisarlo al punto da iniziare così la sua prefazione:

Quelques souvenirs personnels en maniêre de préface

Né de parents anglais, je fus élevé en France et, sans parler de brefs séjours en Italie, en Grèce, en Allemagne, je passai toute ma dix-huitième année en Espagne, vivant exclusivemente dans la société d'Espagnols. Ainsi mon adolescence m'avait fourni un arrière-plan d'expériences cosmopolites, et, lorsqu'en mai 1873, alors dans ma vingt-troisième année, j'abordai au Japon, j'etais assez bien préparé à étudier en toute liberté d'esprit un nouveau pays étranger.

Chamberlain, figlio di un ammiraglio e quindi abituato da presto ad un ambiente cosmopolita e a frequenti spostamenti, non si adattava facilmente alla vita sedentaria in Inghilterra, e dopo un crollo nervoso aveva intrapreso per rimettersi in salute un lungo viaggio senza una meta precisa. Nel 1873 abbiamo già visto che arrivò in Giappone, dove decise di fermarsi. Già nel 1874 ottenne un incarico di insegnamento dell'inglese presso l'Accademia Imperiale Navale in Tokyo. Nel 1886 la sua padronanza dei costumi locali era tale da ottenere una cattedra di lingua e letteratura giapponese presso l'Università Imperiale, sempre in Tokyo.

Nel corso dei suoi studi fu il primo occidentale a effettuare ricerche sulla cultura Ainu, e sulla lingua parlata nelle isole Ryukyu (Okinawa). Iiniziò ben presto una importante produzione letteraria: E' del 1882 la sua traduzione in inglese del Kojiki, del 1888 A Handbook of Colloquial Japanese e Aino Folk-Tales, del 1905 A Practical Guide to the Study of Japanese Writing.

Conobbe però fama mondiale soprattutto con Things Japanese, apparso nel 1890 e che continuò ad arricchire e perfezionare nel corso del resto della sua vita, pubblicandone cinque edizioni.

L'edizione francese, che abbiamo ritrovato per caso tra le bancarelle dell'usato, ad un prezzo irrisorio, è in realtà la vera sesta edizione. Contiene probabilmente delle parti inedite nelle varie versioni inglesi, forse anche nella sesta, che potrebbe essere identificata con quella curata dall'editore nel 1936 quando Chamberlain era scomparso da un anno. La maggior parte delle edizioni moderne infatti su basa su quella del 1905 e non sull'ultima.

L'edizione che stiamo esaminando, che si distacca dalle precedenti già nel titolo, uscì quando Chamberlain aveva già 81 anni, e in queste circostanze:

La derniière edition anglais parut en 1905. [Quindi Chamberlain nemmeno menziona una edizione inglese del 1927 di cui si hanno notizie] Le manuscrit d'une nouvelle édition considérablement rajeunie, envoyé à Yokohama pour y être imprimé, périt dans le grand tremblement de terre du 1er septembre 1923. Cela me découragea pour un temps; mais enfin je me remis au travail C'est alors que je fuis sollicité de donneur le primeur du livre au public français. Mon traducteur prit pour base l'édition de 1905, mais j'eus à intervenir pour maints remaniements dde détails qu'exigeaient les changements domestiques et sociaux survenus au cours d;un quart de siécle.: parfois ce ne furent que quelque mots, parfois tout un paragraphe qu'il fallait ou modifier, ou omettre ou rajouter. Des articles entiers durent disparaitre, ayant perdu de leur intérêt. [Naturalmente per lo studioso nulla perde mai d'interesse, anzi proprio l'analisi delle modificazioni occorse nelle varie edizioni potrebbe fornire preziosissime informazioni] Par contre, il parut utile d'intercaler dans le texte primitif trois articles inèdits su le Boushidô, Lafcadio Hearn et la secte désignée sous le nom d'Ômoto-Kyô. Il conviendra donc de regarder cette traduction comme un ouvrage en partie nouveau.

L'opera è una sorta di dizionario enciclopedico, in ordine alfabetico, avente come oggetto quanto indicato dal titolo francese, Usanze e costumi del Giappone e specificato ma non esplicitamente anche nel sottotitolo delle edizioni inglesi: Being Notes On Various Subjects Connected With Japan.Di conseguenza è un'opera destinata più ad una frequente consultazione che alla lettura, che rimane comunque pienamente godibile.

Impossibile citare tutti gli articoli, che vanno dalla semplice curiosità - vedi quello dedicato ai jinrikisha, carretti tirati da un uomo che per un breve periodo sostituirono le portantine e che vennero conosciuti da noi col termine di ricsciò - all'acuto approfondimento sociologico come quello ben più esteso che tratta della condizione della donna in Giappone.

Abbiamo scelto di commentare qui i capitoli aggiunti da Chamberlain in questa edizione, poiché non si ritrovano nella maggior parte delle altre ma anche perché si sposano felicemente con gli interessi culturali di chi gestisce questo sito e, ci auguriamo, di chi lo legge.

P.B.

Boushidô, ou l'Invention d'une Religion Nouvelle (p. 70-83)

 

Chamberlain avverte che la natura di questo articolo, destinato in origine ad essere pubblicato a parte in un opuscolo, oltrepassa la natura e lo scopo dei brevi e succinti articoli dell'opera, ma ha deciso di proporlo ugualmente a causa dell'importanza dell'argomento. Ricordiamo che il termine bushidô iniziò ad essere conosciuto ed utilizzato solamente dopo la pubblicazione nel 1899 dell'omonimo libro di Inazo Nitobe, e questo giustifica il titolo scelto da Chamberlain. Dopo averci ricordato che il popolo giapponese era tendenzialmente agnostico o perlomeno portato a non dare soverchia importanza ai problemi religiosi, spiega che la nuova religione incentrata sulla venerazione per il Mikado e per il Giappone non è nata spontaneamente ma è stata decisa a tavolino a livello istituzionale. In questo contesto va anche inserita la riscoperta e la rilettura, sotto il nome di bushidô, via del guerriero, della tradizione marziale e dell'etica samurai.

L'entusiasmo incondizionato con cui il Giappone si apriva al mondo "moderno" dopo le feroci resistenze iniziali aveva infatti destato l'allarme della classe dirigente, che aveva avvertito il bisogno di unire la nazione intorno ad un ideale comune arrestando gli eccessi della modernizzazione che annullavano di colpo tradizioni millenarie. Gli strumenti scelti furono la riscoperta della tradizione religiosa shintoista, che attribuiva carattere straordinario al Giappone ed ai giapponesi, come del resto la religione cattolica di molti dei paesi scelti a modello lo attribuiva ai soli credenti, e della tradizione samurai di aderenza fedele ed incondizionata ad un progetto collettivo.

All'epoca in cui scriveva Chamberlain sembrava però che il processo di riscrittura del pensiero attraverso una "rilettura" della storia avesse incontrato imprevisti ostacoli che pur senza arrestarlo ne avevano limitato l'impatto e ritardato i tempi di attuazione. Il primo ostacolo era l'attaccamento al buddismo dimostrato dalla gente del popolo, legata anche alle cerimonie buddiste che scandivano la loro vita (matrimoni e funerali inziarono solo a fine 800 ad essere celebrati da preti shintô). Iil secondo, l'obiettiva difficoltà di creare praticamente dal nulla, sia pure basandosi su elementi culturali preesistenti e ben consolidati, un sistema complesso, efficiente e coerente in ogni sua parte. Il giudizio di Chamberlain è che soprattutto sotto il secondo aspetto la rivoluzione culturale fosse ben lungi dall'essere stabile e completa, tantevvero che i maggiori canali di trasmissione, scuole ed esercito, diffondevano versioni adattate della storia e dei fenomeni culturali per celare l'insufficiente elaborazione teorica. Ad esempio accreditando la leggenda di una assoluta ed incondizionata fedeltà del popolo giapponese e della classe dirigente ai rispettivi superiori e all'imperatore, quando la cruenta storia del Giappone, fitta di guerre intestine e rivolgimenti di stato, dimostra esattamente il contrario.

Quant au boushidô, c'est un produit si moderne que ni Kaempfer, ni Siebold, ni Satow, ni Rein - tous hommes connaiisant pourtant leur Japon par coeur - ne font une seule fois allusion à lui dans leurs volumineux écrits. La cause de leur silence est facile à trouver: le boushidô était encore inconnu au siècle dernier!

Naturalmente questo non vuol dire i concetti richiamati dalla dottrina cosidetta del bushidö non siano mai esistiti, ma sono stati indubbiamente riassemblati a scopi diversi da quelli originari per permetterne l'utilizzo ai fini di un inquadramento della società giapponese moderna. Tantevvero che, e il corsivo è di Chamberlain: "Le mot même ne parait dans aucun dictionnaire, indigène ou étranger, avant l'année 1900".

Da quanto predetto possiamo tirare questa conclusione: è essenziale studiare la cultura tradizionale giapponese attingendo ai testi originali e non a rielaborazioni o compendi risalenti all'età moderna.

 

Lafcadio Hearn

Questa biografia per quanto breve - nemmeno due pagine - riveste grande importanza perché Chamberlain non solo conosceva Hearn ma per qualche tempo ne fu intimo amico, e il loro successivo allontanamento non ne incrinò che in parte il legame. Quindi le sue informazioni, ad esempio riguardo alla insofferenza di Hearn verso la rigida educazione cattolica ricevuta, sono di prima mano. Non dobbiamo infine dimenticare che furono colleghi nella carriera universitaria, ambedue professori di inglese.

Acutamente Chamberlain, prendendo spunto da una caratteristica fisica di Hearn, ne definisce il carattere ed in un certo senso i limiti: essendo fortemente miope, e avendo anche perduto la vista da un occhio, Hearn aveva bisogno di esaminare da vicino, e toccare fisicamente, tutto quanto vedeva, e procedeva a minuziose ispezioni di ogni nuovo ambiente che conoscesse. Gli era probito per contro vedere lontano, ignorava l'orizzonte e le stelle. Passando dalla metafora all'esempio concreto, era completamente sprovvisto di senso pratico, e la sua vita fu un susseguirsi di sogni che si tramutavano in incubi.

Lo stesso governo giapponese fu deluso dalla sua opera, in quanto era finalizzata a far conoscere ed apprezzare ai governi e all'opinione pubblica europea le riforme del Giappone ma riusciva soprattutto a farne rimpiangere il glorioso passato.

L'allontanamento tra i due fu voluto dallo stesso Hearn, che dopo aver attribuito virtù quasi sovrannaturali ad ogni suo amico ne veniva sempre atrocemente deluso quando si rivelava - immancabilmente, un semplice essere umano. Chamberlain commenta con dolore che "Ce ne fut plus qu'à une respectueuse distance que nous pûmes continuer à admirer l'écrivain et à aimer l'homme".

Ômoto-Kyô

E' un capitolo estremamente breve, una mezza pagina, ma testimonia della risonanza che ebbero tra gli anni venti e quaranta del XX secolo le vicissitudini di questa setta, fondata nel 1892 dalla veggente Nao Deguchi e che ebbe poi come capo carismatico Onisaburro Deguchi e tra gli adepti, nella fase intermedia della sua vita prima di dedicarsi definitivamente all'insegnamento delle arti marziali il fondatore della disciplina dell'aikido, Morihei Ueshiba.

Qui Chamberlain dimostra una volta tanto di non essere infallibile. Dapprima cita la causa del pirmo Ōmoto jiken, l'edificazione del mausoleo funebre di Nao Deguchi in uno stile riservato alle tombe imperiali. Di conseguenza nel 1921 le autorità intervennero pesantemente distruggendo il mausoleo ed imprigionando i maggiorenti della setta. "Alors tout rentra dans l'ordre dans ce pays où regne encore, quoique'on dise, une soumission instictive à l'autorité suprème". Per quanto giustificate all'epoca in cui vennero scritte, queste parole vennero radicalmente smentite nel corso del secondo incidente di Ōmoto nel 1935, quando la sede della setta venne rasa al suolo e Onisaburo Deguchi imprigionato per diversi anni.

 

Being Notes On Various Subjects Conneced With Japan

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