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Akira Kurosawa: 1963 - Anatomia di un rapimento
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Akira Kurosawa: Anatomia di un rapimento
1963
Toshiro Mifune, Tatsuya Nakadai, Takashi Shimura
L'opera è tratta da un romanzo giallo dell'autore italo-americano Salvatore Lombino, più noto al pubblico più colto col nome di Evan Hunter. Le sue opere più note sono il Seme della violenza e Gli amanti ma firmò anche la sceneggiatura del film Gli uccelli di Alfred Hitchkock. Gli appassionati del genere poliziesco lo conoscono col nome di Ed McBain con cui firmò una serie di romanzi imperniati sulle vicende dell'87° Distretto di Polizia di una immaginaria città che ricorda New York.
Uno di questi romanzi, il cui titolo originale è King's ransom (il riscatto di King, il protagonista della vicenda) fu pubblicato nella serie dei Gialli Mondadori nel 1964 col titolo di Due colpi in uno, e poi negli Omnibus nella raccolta Quelli dell'87° distretto (4 edizioni dal 1964 al 1975). Tratta appunto di un rapimento: quello di un bambino per cui viene chiesta una forte somma come riscatto. Kurosawa sentì l'impulso di girare quest'opera dopo che la famiglia di un suo amico era rimasta vittima appunto del sequestro di un bambino.
Il nome del protagonista di Tengoku to jigoku, ossia Tra cielo ed inferno, titolo giapponese del film, ricalca quello del protagonista del romanzo di McBain: Gondo Kingo, e anche la trama non presenta sostanziali variazioni: è un industriale delle calzature, che ha accumulato una grossa somma per portare a compimento un acquisto di azioni che gli permetterà il controllo della ditta di cui detiene un pacchetto di minoranza. Sventerà così le manovre di un gruppo di affaristi che invano cerca di attirarlo dalla sua parte per passare da una produzione di qualità a quella di merce scadente ma più lucrosa, supportata da pubblicità ingannevole.
La richiesta del riscatto lo pone di fronte ad una drammatica alternativa: dopo il primo comprensibile orgasmo si accorge che per errore non è stato rapito suo figlio ma quello del suo autista. Pagare nonostante tutto ed essere rovinato per sempre, o dichiararsi estraneo a tutta la vicenda e rifiutare? McBain e Kurosawa scelgono soluzioni diverse per sviluppare questo "canovaccio", ed è quanto andremo a vedere.
Douglas (Doug) King ci viene presentato da Ed McBain come una persona tendenzialmente sana: i loschi affaristi di cui abbiamo già parlato intendono sottrarre al maggior azionista, ormai vecchio e considerato incapace, la fabbrica. King, partito dalla gavetta, possiede il 13%: una percentuale che sommata alle altre già in loro possesso consentirebbe agli speculatori il controllo della ditta.
King rifiuta sprezzantemente: aveva accumulato all'insaputa di tutti un altro consistente gruppo di azioni, ed ultimamente ha realizzato una forte somma liquida vendendo praticamente tutto quello che possiede. Intende usarla per acquistare un altro pacchetto azionario di cui solo lui conosce la disponibilità, assumendo il controllo da solo.
Quando una telefonata arriva nella sua casa, e una voce ignota gli comunica di avere rapito suo figlio Bobby, che gli sarebbe stato restituito solo dopo il pagamento di un ingente riscatto, si vede perduto, ridotto sul lastrico e alla mercé dei suoi nemici. Dopo i primi frenetici momenti, in cui non si sa se prendere una iniziativa e quale, Bobby tra la sorpresa di tutti ricompare nella stanza: stava giocando a nascondino in giardino con Jeff, il figlio dell'autista. Ma ora non lo trova più, e stancatosi di aspettare è rientrato in casa.
E' subito evidente che i banditi, traditi dalla somiglianza tra i due bambini, entrambi biondi e della stessa età, e dal maglione di Bobby che Jeff indossava per proteggersi dal freddo, si sono ingannati. La reazione di King è sofferta ma decisa ed irremovibile: non pagherà. Non solo perché il bambino non è suo figlio, ma anche perché è un combattente irriducibile che quando viene aggredito non riesce a resistere all'impulso di ribellarsi, anche quando sa che sarebbe più logico arrendersi.
La posizione di Gondo (Toshiro Mifune) è molto più sofferta, Kurosawa decise di tratteggiarlo con una personalità più complessa, meno titanica e probabilmente più umana.
Stranamente, mentre era suo costume mettere in evidenza il lavoro di squadra dei componenti dell'87° distretto, in King's ramson Ed McBain mantiene la sordina su questo aspetto, e le indagini vengono condotte soprattutte dal protagonista principale della serie dell'87°, il detective italo americano Steve Carella. Per per molti anni venne chiamato Carell nelle edizioni della Mondandori, un nome troppo italiano in un giallo americano sembrava fuori posto.
Evidentemente si giudicava il pubblico italiano non ancora pronto ad accettare un protagonista "anomalo", abituato come era a poliziotti e investigatori privati statunitensi al 101%.
In Tengoku to Jigoku la folta squadra degli investigatori è guidata dall'investigatore capo Tokura (Tatsuya Nakadai) e coordinata dal capo della sezione investigativa (Takashi Shimura).
Kurosawa descrive accuratamente la loro meticolosità, la loro tenacia ed il loro spirito di corpo, evidentemente memore delle descrizioni delle indagini sviluppate da McBain negli altri libri della sua fortunata serie.
Come in altri fiilm di ambientazione contemporanea Kurosawa propone nelle immagini di apertura delle panoramiche di una grande città (Tokyo). Non sono più le desolazioni del dopoguerra: ora mentre scorrono i titoli di testa ci appare una metropoli in chiara crescita, ove si scorgono fitte qua e là le gru delle nuove costruzioni.
Nota: purtroppo l'edizione italiana è di qualità veramente scadente, ed è una sorpresa in quanto una copia reperita in Inghilterra, visionata in precedenza, era invece molto buona. Inoltre il formato Tohoscope - estremamente largo - costringe a tagliare le immagini oppure a mantenere integre le inquadrature a discapito della resa dei particolari. Abbiamo dovuto scegliere questo secondo sistema, l'altro avrebbe evidenziato ancora di più i difetti visivi di cui abbiamo parlato.
Appaiono gli immancabili palazzoni anonimi e scadenti dell'edilizia popolare, che ha fatto i suoi danni ovunque nel mondo negli anni 50 e 60 del secolo XX. Non mancano numerosi edifici di notevole altezza, che dominano dall'alto l'aggolomerato urbano.
Sono sormontati dagli enormi cartelloni pubblicitari che paradossalmente sono inequivocabili indicatori del buono stato di salute, perlomeno mercantile, della società: ove ci sono cartelloni pubblicitari ci sono affari, si può vivere "bene".
Le prime sequenze dell'azione sono traumatiche. Le ragioni ce le spiega lo stesso Kurosawa:
I miei film cominciano bruscamente con una dissolvenza. L'inizio è "drammatico", annuncia un racconto. Ho un soggetto che arricchisco piano piano ma lo sviluppo sotto forma di racconto. Insomma, mi piace raccontare. In generale, conosco già lo sviluppo generale della trama ma il più difficile è trovare il punto di partenza.
Il brano è tratto da una intervista di Yoshio Shirai, Hayato Shibata e Koichi Yamada ad Akira Kurosawa. Pubblicata in Cahiers du Cinema 182, tradotta e pubblicata in italiano in Akira Kurosawa, opuscolo redatto dall'Istituto Giapponese di Cultura in Roma per accompagnare il ciclo di proiezioni del febbraio-maggio 1980. Dal contesto si deduce che Kurosawa intendeva riferirsi soprattutto all'incipit di Vivere (1952) in cui le prime inquadrature mostrano la radiografia di un uomo affetto da un tumore intestinale, mentre una voce fuori campo informa che a quell'uomo restano solamente pochi mesi di vita.
In questo caso abbiamo invece un bambino vestito da cow boy che imperversa nei suoi giochi, armato di un enorme fucile con cui "uccide" tutti quanti gli capitino davanti, con una ingenua violenza che colpisce e traumatizza lo spettatore.
Una immensa vetrata, dall'interno di quella casa che sembra sospesa nel cielo, permette una visione dominante delle degradate borgate sottostanti.
Facciamo poi conoscenza col padre del bambino, l'industriale Kingo Gondo (Toshiro Mifune): sta comunicando al suo braccio destro i particolari del programma di azione che lo porterà ad assumere il controllo della fabbrica.
Ha impegnato tutto quanto aveva per racimolare la cifra necessaria: 50 milioni di yen, che il suo uomo di fiducia dovrà recapitare al destinatario prendendo un aereo per Osaka in mattinata.
L'autista è stato già allertato per accompagnarlo all'aeroporto, ma mentre si prepara è un po' preoccupato per suo figlio, che sta giocando con quello di Gondo: non prenderà freddo? Reiko, la moglie di Gondo (Kyoko Kagawa) lo rassicura: gli presterà un maglione.
Gondo si preoccupa invece di dare ai piccoli, che stanno uscendo per andare a giocare in giardino, la sua lezione di vita giornaliera: anche quando si tratta di un gioco, devono uccidere, od essere uccisi: è la sua filosofia di vita.
Poco dopo arriva una telefonata, cui Gondo risponde inizialmente con la noncuranza dell'uomo d'affari che fa uso ininterrotto del telefono.
E' invece la telefonata che cambierà il corso della sua vita.
Il figlio è stato rapito: per riaverlo dovrà pagare un riscatto di 30 milioni di yen in contanti di vario taglio, che deve iniziare immediatamente a preparare.
Gondo dichiara subito, anche per tranquillizare la moglie che è in preda al panico, che darà ai rapitori tutto quello che vogliono e che non intende chiamare la polizia, per non prendere il minimo rischio. Ma la vicenda prenderà immediatamente una piega diversa.
Inaspettatamente ricompare Jun, il figlio, sorpreso dalla confusione che trova e dalla reazione emotiva dei genitori non appena lo vedono: non è stato rapito, lì per lì si pensa ad uno scherzo di pessimo gusto.
Ci vuole poco però perché si capisca cosa è successo veramente: è stato rapito per errore Shinichi, il figlio dell' autista.
L'atteggiamento di Gondo cambia di colpo: si precipita a chiamare la polizia, la sola cosa che vuole ora è di vedere i responsabili catturati ed assicurati alla giustizia.
Probabilmente non prevede che insistano nelle loro richieste, né che Shinichi possa essere in pericolo.
Inizia una lunga, nervosa, attesa dell'arrivo delle forze di polizia; tutti rimangono perplessi quando di fronte all'abitazione si arresta un camion di aspetto anonimo, che porta sulle fiancate le insegne di una ditta di traslochi.
Ne escono diversi uomini in tenuta da lavoro, che suonano alla porta ed entrano nella casa.
Qui iniziano velocemente a togliersi le trasandate tute da operai: sono una squadra specializzata della polizia, guidata dall'ispettore capo Tokura (Tatsuya Nakadai), che indossa sotto il rude travestimento abiti impeccabili, e che si presenta a Gondo.
Il travestimento era necessario: l'abtazione, in cima alla collina nel paradiso - tengoku - può essere sorvegliata dalla umanità brulicante che si trova in basso nell' inferno del degrado urbano - jigoku.
Non è escluso che il rapitore o i suoi complici siano di guardia muniti di binocolo, meglio non far loro comprendere che è stata chiamata la polizia.
Sarà Tokura che da quel momento assumerà l'iniziativa dando una caccia senza tregua ai rapitori, che si riveleranno diabolicamente abili e pronti a prevenire e sventare ogni mossa delle forze dell'ordine.
Il gruppo di investigatori si organizza immediatamente per essere in grado di ascoltare e registrare ogni conversazione telefonica, e i preparativi terminano appena in tempo.
Non appena arriva una seconda telefonata dai rapitori Tokura si mette in ascolto dalla cuffia, e allo stesso tempo aziona il registratore.
Per molto tempo ancora, dopo che la telefonata si è conclusa, il gruppo delle persone coinvolte nel rapimento e i poliziotti continuano ad ascoltare e riascoltare quanto detto dall'anonima voce al telefono.
I rapitori si sono resi conto dell'errore, ma non per questo hanno intenzione di cambiare nulla al piano originario.
Rimane la richiesta di riscatto: per riavere indietro il figlio del suo autista Gondo dovrà pagare 30 milioni di yen, riducendosi praticamente alla rovina proprio nel momento in cui pensava di avere coronato con successo gli sforzi di tutta la sua vita.
Gondo non sa più cosa dire.
Non ha nemmeno più il coraggio di fissare in volto Aoki, l'autista, che appare annientato, distrutto.
McBain, che lo chiama Reynolds, ce lo descrive come un trentacinquenne invecchiato precocemente e con un atteggiamento rinunciatario e pavido di fronte alla vita, che infierisce su di lui. Ha perso la moglie l'anno precedente, e il figlio è tutto quanto gli rimane al mondo.
Kurosawa sorvola sui particolari, ma chiede all'attore (Yutaka Sada) di rendere visivamente inequivocabile, pur apparendo in poche sequenze, quanto dettagliato per iscritto da McBain.
Il contrasto e l'inconciliabilità tra Gondo, che si riteneva al sicuro dall'alto del suo tengoku, e gli esseri pavidi che popolano il jikogu, da lui disprezzati platealmente, si ripresentano anche all'interno del suo stesso mondo ed incrinano le sue certezze.
Un messaggio inquietante gli arriva anzi proprio dall'inferno che pensava di dominare dall'alto, impermeabile alle tensioni ed alle passioni della "gente comune", invulnerabile nei loro confronti.
Un'altra telefonata del rapitore gli chiede ragione della strana chiusura delle tende nel salone. Quale ne è la ragione, è stata per caso chiamata la polizia?
Gondo non ha altra scelta che aprire le tende per mostrare che nel soggiorno vi sono solo lui, sua moglie e l'autista. La squadra di investigatori si è nel frattempo occultata sotto un tavolo per non farsi scorgere.
Le certezze di Gondo cominciano ad incrinarsi, e lo sconosciuto rapitore sembra avere il pieno controllo della situazione. In realtà ha commesso un passo falso, rivelando che si trova nei paraggi, in grado di controllare con un binocolo cosa succede nel paradiso di Gondo, permetterà alla polizia di mettersi sulle sue tracce con qualche indizio in mano.
Ma questo avverrà più tardi: al momento, la chiamata del rapitore inquieta. Trascorre una notte agitata, per tutti gli abitanti della casa.
La mattina, Gondo si risveglia già definitivamente sconfitto: accetterà di pagare il riscatto, costi quello che costi.
Il suo braccio destro lo affronta rudemente: non può permettersi né lo scandalo di lasciar morire un bimbo innocente né di veder sfumare assieme al denaro tutti i suoi piani: è in trappola.
Gondo capisce di essere stato tradito: l'uomo ha già contattato i suoi avversari, li ha messi al corrente di tutto ed è passato dalla loro parte. Gondo può solo cacciarlo di casa, ma rimane un uomo sconfitto.
Le istruzioni del rapitore sono precise, indicano un piano premeditato da tempo. Deve procurarsi due valigette, di cui indica le dimensioni, che conterranno esattamente la somma di denaro richiesta, se suddivisa nei tagli indicati.
La polizia prenderà tuttavia le sue precauzioni: sia le banconote che le valigette verranno marcate in modo indelebile ma discreto.
Per la consegna del riscatto Gondo deve salire su un treno rapido ed attendere: gli verranno date ulteriori istruzioni durante il percorso.
Lo seguono discretamente, seduti nello stesso scompartimento in modo da poter tenere d'occhio lui e chiunque gli si avvicini, l'ispettore Tokura ed un altro poliziotto.
Durante l'attesa Tokura confida al suo sottoposto di non essere capace di reprimere un moto di ammirazione verso Gondo.
A dispetto della sua fama di uomo d'affari senza scrupoli, a dispetto dei suoi modi bruschi, si sta dimostrando malgrado sé stesso un uomo sensibile, corretto e coraggioso.
Il rapitore ha fatto bene i suoi conti, e riuscirà ad eludere ogni tentativo di intercettarlo.
Durante il viaggio Gondo viene chiamato al telefono: il treno, all'avanguardia per quei tempi, è infatti uno dei primi ad essere dotato di cabina telefonica.
I poliziotti accorrono immediatamente, ma non possono fare nulla: sono bloccati dentro al treno, che non prevede fermate per molti chilomentri ancora.
Non rimane loro che mettersi ai finestrini, muniti di macchine fotografiche e cineprese, e riprendere accuratamente tutto quello che sarà possibile vedere dal treno in corsa.
Le istruzioni sono chiare: all'approssimarsi di un ponte, che apparirà a minuti, Gondo deve guardare attentamente dal finestrino: prima del ponte vedrà il bambino, incolume, ai bordi del binario.
Avrà nel frattempo socchiuso un finestrino: solo quelli delle toilette possono aprire un sottile spiraglio, dove passeranno esattamente le due valigette che contengono il denaro del riscatto.
Devono essere lasciate cadere all'uscita del ponte, dove verranno raccolte.
Gondo si separa materialmente dal sogno della sua vita: era già preparato, aveva già accettato.
Eppure esce dalla prova stravolto.
Riuscirà a superare la crisi, rendendosi conto di non essere stato sconfitto ma di avere in realtà vinto se stesso e superato la prova, quando la polizia lo scorta - appena possibile - nel luogo dove i rapitori hanno abbandonato Shinichi.
Non riesce a trattenersi dal correre verso il bambino, abbracciondolo come se non volesse più abbandonarlo.
I poliziotti si tengono a distanza ed assistono. Muti, commossi.
La trama comincia ora a discostarsi notevolmente dal romanzo di McBain, che si concludeva con un feroce corpo a corpo tra il rapitore e Douglas King.
Questi durante la consegna del riscatto decideva di risolvere la questione direttamente a tu per tu con il suo avversario, cosí come si era abituato a risolvere ogni problema che incontrasse nel corso della sua vita.
Kurosawa dedica questa parte del film al lavoro di squadra degli investigatori. Ormai liberi di agire, iniziano a setacciare la città alla ricerca di ogni indizio utile che li possa portare sulle tracce del rapitore.
Hanno già in mano qualcosa su cui lavorare: la cabina telefonica da cui chiamava il rapitore, si udiva chiaramente in una registrazione la caduta del gettone, doveva necessariamente essere nelle vicinanze della casa di Gondo, e in posizione tale da poter osservare con un binocolo quanto vi succedesse oltre le grandi vetrate.
Non tardano ad identificare le due o tre che rispondono a tutti i requisiti, e poi finalmente quella giusta.
Situata nel cuore del jigoku, l'inferno, permette di controllare quanto accade nel tengoku, il paradiso.
Il rapitore deve necessariamente appartenere a quel quartiere, abitarvi o lavorarvi.
Kurosawa finalmente ce lo mostra ora, per la prima volta.
Come già in alcune opere precedenti, L'angelo ubriaco (in cui il giovane ribelle era proprio Toshiro Mifune), e poi Cane randagio, non ha affatto l'aria di un malvivente.
Si tratta di un giovane medico di nome Ginjiro Takeuchi (interpretato da Tsutomu Yamazaki)
Anche lui è alla ricerca di qualcosa.
Consulta affannosamente tutti i giornali che trattano del caso: si aspettava di leggere feroci critiche al comportamento di Gondo, che viene invece trattato benevolmente dalla stampa.
In fin dei conti ha accettato di rovinarsi per sempre pagando il riscatto per il figlio del suo autista: la sua decisione viene considerata coraggiosa e meritevole di rispetto.
La polizia continua le sue meticolose ricerche.
Tokura, con l'avallo del Capo della Sezione Investigativa (Takashi Shimura) dichiara di voler richiedere a tutti un impegno superiore al normale.
Per onorare la difficile scelta operata da Gondo nulla deve essere tralasciato pur di assicurare il rapitore alla giustizia e recuperare il riscatto.
La folta squadra di investigazione riferisce periodicamente i risultati di ogni singolo settore di indagine.
Man mano che le informazioni affluiscono l'impeccabile Tokura, impassibile ed elegantemente inappuntabile anche quanto tutti intorno a lui boccheggiano per il gran caldo, aggiusta il tiro: il cerchio intorno al rapitore si restirnge velocemente.
Viene rintracciata, setacciando con l'aiuto della polizia stradale tutte le Toyota di caratteristiche corrispondenti, la macchina utilizzata dai rapitori per trasportare il bambino verso la ferrovia.
La polizia scientifica la prende in consegna per esaminarla attentamente, alla ricerca di ogni possibile indizio. Degli schizzi di fango sulla portiera, contenenti reisidui di pesce, fanno pensare che la macchina sia stata utilizzata nei dintorni di un mercato ittico.
E un ascolto meticoloso dei nastri permette di ricostruire la natura dei rumori di fondo: la casa da dove chiamavano i rapitori per far ascoltare la voce del bambino doveva trovarsi vicino ad una linea tranviaria.
Infine, un disegno eseguito da Shinichi indica inequivocabilmente che si deve trovare vicino al mare, in un punto caratteristico dal panorama inconfondibile, in cui l'isola di Hinoshima, seminascosta da una collina, sembra un promontorio.
Sommando tutti gli indizi, due investigatori riusciranno ad identificare la casa. Si preparano a farvi irruzione, ma non troveranno quello che immaginavano.
Anche Aoki, l'autista, è riuscito a rintracciare il posto: ha portato con sé il figlio nel tentativo - riuscito - di fargli ricostruire il percorso. I due poliziotti li raggiungono proprio quando stanno indugiando intorno alla casa, non rendendosi conto del pericolo che corrono nel caso che i rapitori li vedano.
In realtà non corrono alcun pericolo, ma la ragione è tragica: all'interno della casa ci sono solo i cadaveri di un uomo ed una donna, i guardiani della villa.
L'autopsia rivela che sono morti per una overdose di eroina quasi pura, e il ritrovamento di una parte del riscatto conferma l'ipotesi investigativa.
E' difficile pensare che abbiano commesso l'imprudenza di iniettarsi una dose sicuramente mortale, e su un taccuino ritrovato nella casa è rimasta l'impronta di quanto scritto sull'ultimo foglio strappato: una pressante richiesta di droga.
Evidentemente i due sono stati uccisi con l'iniezione fatale dal loro complice, che pensa così di cancellare ogni traccia che possa portare fino a lui.
Sono troppi ormai gli indizi che puntano verso di lui, anche se non è stato ancora identificato. Ma sarà proprio un suo errore, causato dal panico di chi si vede braccato, a metterlo in trappola.
Rendendosi conto che le valigette ove era contenuto il denaro sarebbero una prova schiacciante, decide di liberarsene. Ma non sa che la polizia le ha imrpegnate di un forte colorante.
Dalla casa di Gondo, ove Tokura sta facendo un resoconto delle indagini, arriva un altro importante indizio: Shinichi ha disegnato in pratica un ritratto del suo rapitore.
Indossava sempre una maschera e degli occhiali scuri, ma aveva un importante segno caratteristico: una fascia sul polso sinistro.
Sono ancora i due bambini - ritornati ai loro giochi - che chiamano gli adulti ad assistere ad uno strano ed affascinante spettacolo, che risolverà definitivamente il caso.
Dalla ciminiera dell'ospedale che sorge nel jigoku, esce del fumo rosso.
Per sottolineare la drammaticità del momento, Kurosawa fa virare in rosso la pellicola in bianco e nero.
In quell'ospedale qualcuno sta bruciando le valigette del riscatto.
L'addetto alla fornace ricorda bene chi gli ha portato qualcosa di insolito quella mattina.
Un giovane che lui ha immediatamente classificato come medico apprendista, hanno modi di fare diversi dagli altri, è venuto da lui con due valigette da "buttare nel mucchio".
Ne ricorda molto bene le dimensioni, ma non è in grado di identificare la persona, non ricorda di averla mai vista in precedenza.
L'appostamento nell'ospedale non tarda però a fare centro, e nel modo più semplice ed inaspettato.
Davanti agli occhi sbigottiti di un poliziotto un giovane in camice, di spalle, sale le scale.
Si arresta un attimo, forse per leggere un referto, e la sua mano sinistra si appoggia alla balaustra, permettendo di notare che ha una fascia al polso. Il rapitore è ormai nella rete.
Una rete che Tokura decide di non tirare immediatamente. Le prove che collegano Takeuchi al rapimento sono schiaccianti, ma la pena è relativamente modesta - i rapimenti erano un fenomeno relativamente sconosciuto in Giappone - e se la caverebbe con poco.
Non ci sono prove invece del duplice assassinio nei confronti dei suoi complici.
In una affollatissima conferenza stampa chiede quindi ai cronisti di non pubblicare alcuna notizia sullo svolgimento delle indagini.
Intende far credere a Takeuchi che i suoi complici sono ancora vivi, spingendolo a tornare sul luogo del delito per finirli.
Solo allora, cogliendolo sul fatto, lo si potrà inchiodare alle sue responsabilità.
A Takeuchi viene recapitato un falso biglietto dei suoi complici, che gli chiedono ancora della droga.
L'assassino non riesce a spiegarsi l'errore di calcolo, la sua professione gli permetteva di calcolare con assoluta precisione una dose letale. Decide immediatamente di fare un secondo tentativo, assicurandosi questa volta che non ci siano margini di errore.
Tokura ha istruito minuziosamente i suoi uomini: dovranno pedinare strettamente l'uomo, senza mai perderlo di vista ma senza intervenire se non in caso di emergenza.
Takeuchi hai iniziato un lungo peregrinare nei quartieri del divertimento, per assicurarsi di non essere pedinato.
Nonostante le precauzioni del rapitore i poliziotti, un autentico nugolo e nascosti sotto i travestimenti più impensati, riescono inizialmente a seguirlo.
Ne perderanno però le tracce nel quartiere della droga.
Vengono identificati ed aggrediti dalla folla in quanto ogni sconosciuto, o peggio ancora gruppo di sconosciuti, viene automaticamente associato alla polizia.
Quel quartiere è un autentico inferno nell'inferno di cui Kurosawa riesce con poche inquadrature, indugiare su certe scene sarebbe del resto insopportabile per lo spettatore, a rendere l'agghiacciante atmosfera.
La perdita di contatto causerà purtroppo un'altra vittima: una povera donna ridotta agli estremi dall'abuso della droga, viene abbordata da Takeuchi.
Il suo intento è semplice quanto raccapricciante: le inietterà una dose fatale, controllandone di persona la morte: vuole essere sicuro di non sbagliare una seconda volta.
La polizia pur avendolo perso, pur trovandosi di fronte ad un'altra inaspettata vittima, sa dove aspettarlo per porre fine alla storia: la casa dove abitavano i due complici. E' lì infatti che si sta recando Takeuchi.
Prima della scena catartica, Kurosawa preferisce smorzare la tensione, come è spesso sua abitudine.
Indugia sull'irripetibile panorama che si gode dalla veranda della villa, ed il tema musicale è un inaspettato omaggio all'Italia.
Sono le note di O sole mio, canzone ben conosciuta in Giappone, come del resto in tutto il mondo.
E' fin dall'origine un tema internazionale: sembra che la musica sia stata ispirata al compositore Di Capua da un'alba sul mar Nero, ove si trovava in quel momento, oltre che naturalmente dalla nostaglia per la sua Napoli.
Ma arriviamo al compimento del dramma.
Al suo arrivo Takeuchi, mentre si aggira intorno al perimetro dell'edificio per capire cosa vi succeda all'interno, trova Tokura ad attenderlo, arma in pugno, per dichiararlo in arresto.
Takeuchi ha la reazione di una belva ferita e disperata.
Tenta di togliersi la vita con un veleno che evidentemente teneva pronto allo scopo.
Ma le manette scattano ai suoi polsi prima che riesca ad assumerlo.
E' stato condannato a morte. Attende ora il compimento del suo destino, ma gli rimane da fare un'ultima cosa.
Il suo ultimo desiderio è infatti di avere un colloquio con Gondo, che viene accompagnato nel braccio della morte.
Takeuchi gli dichiara il suo disprezzo, motivato dalla arroganza - o presunta tale - con cui il possidente esibiva la sua ricchezza, materializzata in una dimora inaccessibile, di fronte al degrado della povera gente.
In realtà è lui che si sta dimostrando arrogante ed aggressivo, incapace ed incurante di comprendere le motivazioni e le pulsioni del suo prossimo.
Ha negli occhi la luce inganenvole ed accecante del fanatismo.
Gondo al contrario è turbato, pensieroso.
Nonostante tutto ha agito come gli dettava la sua coscienza, ma sente di dovere ancora scontare i suoi errori passati.
Takeuchi ha ancora qualcosa da rivendicare.
Dichiara, urla, la sua impassibilità di fronte alla morte, che attende senza alcun timore e senza alcun rimpianto.
Parole vane.
Sarà in realtà lui stesso a smentire queste parole, cadendo vittima di una irrefrenabile crisi di nervi.
Le guardie lo riportano via a forza.
La saracinesca di sicurezza si richiude di fronte a Gondo, che rimane muto a fissarla.