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Akira Kurosawa: 1990 - Sogni - Il paese dei mulini d'acqua

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Nel sogno conclusivo Kurosawa torna a portare una ventata di ottimismo, ad onta del berrettino nero inalberato da Io.

E a questo punto dovremmo probabilmente rassegnarci ad ammettere che il relativo colore non ha alcun significato.

Ma ci rifletteremo ancora

Io  passeggiando per la campagna si ritrova a varcare un ponticello che lo trasporta in un altro mondo, in un piccolo villaggio senza nome.

La prima sorpresa ad accoglierlo è stato lo strano cerimoniale cui attendono alcuni bambini, che deponevano dei fiori su una nuda roccia ai bordi del ponticello.

Le sorprese continuano, all'interno del villaggio senza nome.

Perlomeno per i suoi abitanti, perché nei villaggi vicini lo chiamano "il paese dei mulini ad acqua".

E' un paese immerso nel passato, dove sembra che la "civiltà" non sia riuscita ad imporre le sue deformità, dove tutto sembra a misura d'uomo, in quanto armoniosamente immerso nella natura.

 

 

 

Sarà il vecchio del villaggio (Chishu Ryu) a spiegargli la filosofia del posto.

Sta lavorando alla manutenzione della grande ruota di uno dei mulini, e se non si alza per ricevere il viandante non è per scortesia.

E' evidente che lui si trova al suo posto, intento alle sue cose, è  casomai il viandante ad avere bisogno di qualcosa, che nemmeno lui saprebbe definire.

 

 

Il vecchio è portatore di una saggezza senza tempo, passata con naturalezza a lui da quanti lo precedettero, e che non ha alcuna difficoltà a trasmettere a chi viene dopo di lui.

Ammesso che abbia gli strumenti per comprenderla e porla in atto.

 

 

 

 

 

Io ascolta affascinato.

Nel villaggio dei mulini ad acqua nessuno cerca la felicità: l'hanno già trovata.

Vivono e muioiono seguendo i ritmi della natura, avendo rinunciato da tempo a seguire quelli del progresso.

Oguno vive il tempo che gli è concesso, e quando è il momento andrà via senza rimpianti.

 

 

 

Andrà via come l'acqua scorre nel torrente, senza mai poter tornare indietro.

Il mulino tuttavia, fermo al suo posto, trae da quell'acqua il movimento e la ragione di essere.

 

 

 

 

 

 

I compaesani gli daranno l'addio senza lagrime, con una festa.

Il vecchio si sta appunto vestendo per una di queste feste.

Si sarà l'addio ad una donna che ha vissuto serenamente i suoi 99 anni. Con una punta di nostalgia indolore il vecchio ricorda di avere amato quella donna, e di aver avuto il cuore spezzato quando lei decise di sposare un altro.

 

 

Quanto a lui,  ha adesso 103 anni.

Ed è naturalmente proprio lui, l'anziano a guidare con passo lento ed incerto eppure sicuro il festoso corteo.

Dietro di lui i bambini, i due estremi delle età che si cercano così spesso l'un l'altro e che qui stanno assieme quasi per legge oltre che per consuetudine.

 

 

 

La bara è avvolta in un drappo multicolore, accompagnata da una musica festosa, e i volti dei partecipanti alla processione sono sereni.

 

 

 

 

 

 

 

E' giunta l'ora di abbandonare, non senza rimpianto, il paese dei mulini ad acqua.

Il vecchio ha spiegato ad Io anche la ragione della cerimonia dei fiori. Lì sotto giace il corpo di uno straniero, giunto chissà da dove fino alle porte del paese, solo per morirvi.

Lo hanno sepolto lì, e da allora usano deporre in continuazione dei fiori per lui.

 

 

 

Naturalmente anche Io ha sentito il bisogno di rendere omaggio allo sconosciuto viandante del passato.

Riprende poi il ponticello, e ritorna nel mondo.

Terminano qui i Sogni di Akira Kurosawa.

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