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Akira Kurosawa: 1990 - Sogni - Il Fuji tinto di rosso

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I due sogni che seguono, li diremmo piuttosto incubi, ci fanno ritornare allo sconfinato pessimismo di Kurosawa. Sono fortunatamente i più brevi degli otto, perché una eccessiva insistenza sul catastrofismo avrebbe compromesso probabilmente l'equilibrio dell' opera oltre che renderla meno accessibile.

Il berrettino di Io sarà stavolta nero, e viene da chiedersi se sia un caso.

Certamente anche Kurosawa rinunciava talvolta allo zucchetto bianco per metterne uno nero (la foto risale al 1951).

Chissà se anche dietro questo apparentemente innocente alternarsi di colori non ci sia stato qualche significato su cui meditare.

 

 

 

 

 

 

Una folla in preda al terrore fugge disordinatamente.

Io cerca di risalire la corrente del terrore per recarsi là da dove tutti fuggono e comprendere cosa avviene.

 

 

 

 

 

 

Si imbatte in una donna che sta cercando di mettere in salvo i suoi bambini  (Toshie Negishi).

E in un uomo che sembra sapere qualcosa su quello che sta succedendo (Hisahi Igawa).

 

 

 

 

 

 

Sullo sfondo della tragedia umana, appare la tragedia cosmica.

Il monte Fuji è avvolto da una sinistra ma affascinante luce rossa, e viene squassato da immani esplosioni.

 

 

 

 

 

Si direbbe sulle prime che la millenaria quiete del monte si sia ridestata per cause naturali, in seguito ad una eruzione, ma non è così.

Troppo strani ed inquietanti sono i sintomi della catastrofe, e lo sconosciuto ne sa qualcosa.

 

 

 

 

 

L'improvvisato gruppetto, continuando a fuggire in cerca della salvezza, è giunto ormai sulla riva del mare.

Ma nemmeno là sarà possibile salvarsi, dice lo sconosciuto: anche le acque marine sono inquinate fin nel profondo.

 

 

 

 

 

In realtà non solo ne sa più degli altri, sa praticamente tutto.

Non è una catastrofe naturale, sono le centrali atomiche di cui si è dotato il Giappone, incurante dei rischi che erano stati nascosti ad arte alla popolazione, che stanno esplodendo una ad una.

Le nuvole minacciose che si stanno addensando al livello del suolo non sono naturali nemmeno esse.

 

 

Gli scienziati hanno colorato ogni sostanza letale in modo differente, in modo da poterle distinguere.

Il tragico risultato è che l'umanità vede materialmente la morte che si avvicina, e sa dal colore di che atroce morte si tratta.

Il colore rosso che sta sommergendo la terra è dovuto al plutonio 239, una delle sostanze più tossiche che esista all'universo.

 

 

 

Lo sconosciuto è uno dei responsabili del programma nucleare. Non resiste al rimorso, e nemmeno se la sente di attendere inerme una morte spaventosa. Si getta in mare e scompare.

Io si affanna nell'inutile tentativo, puerile ma forse necessario - perchè l'uomo non è nato per abbandonarsi al destino senza combattere -  di proteggere se stesso, la donna e i bambini dalla nuvola tossica.

Agita frenetico la giacca nella vana speranza di disperdere la morte rossa.

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