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Akira Kurosawa: 1955 - Vivere nella paura - La seconda battaglia di Nakajima
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I plichi consegnati dal portalettere sono due, ed il secondo è a nome della moglie Toyo: a causa di un nuovo esposto indirizzato al tribunale le parti sono chiamate in anticipo ad esporre le loro ragioni.
Il terribile vecchio però non ha alcuna intenzione di attendere la data della convocazione per poter dire la sua: non appena entra dentro casa i familiari capiscono immediatamente che c'è aria di burrasca.
Nakajima non riesce nemmeno a parlare. La vita lo ha abituato, forse costretto, a manifestare immediatamente le sue emozioni e a cercare loro uno sfogo materiale ma questa volta si limita a porgere alla moglie la copia dell'esposto, e a ritirarsi disgustato dalla vista dei suoi familiari.
La macchina della giustizia aveva accelerato il suo iter procedurale in seguito ad un intervento di Ichiro Nakajima al termine del quale il presidente del tribunale aveva subito chiamato al telefono il dottor Harada.
Era richiesta la sua presenza per un nuovo tentativo di mediazione tra Nakajima, che aveva ignorato ogni raccomandazione, ed i familiari.
In udienza, tormentata come la precedente dalla calura estiva, le certezze dei magistrati e del mediatore iniziano sia pure ancora impercettibilmente a vacillare.
Al di là di quello che possono far comprendere le carte processuali, al di là di quello che prescrive la legge, avvertono che l'inflessibile volontà di Nakajima merita rispetto, anche quando non è possibile comprenderla ed assecondarla.
Ma la situazione di fatto non si muove: Nakajima è irremovibile, e la famiglia non osando opporglisi a tu per tu si rifugia dietro l'asettica e puntigliosa protezione del tribunale civile.
Ma è una rinuncia, uno scarico di responsabilità ed in fondo una dimostrazione di viltà, che Nakajima non è disposto a tollerare. Il figlio Jiro si fa portavoce e spiega che secondo la famiglia l'idea balzana di emigrare in Brasile è destinata a risolversi in uno scacco finanziario.
Qui Nakajima per la prima volta svela i suoi piani: non pagherà in denaro la fattoria in Brasile, la otterrà mediante uno scambio di beni. Gli stessi giudici devono ammettere che l'idea è brillante.
Harada fa ancora un passo avanti: dichiara che l'idea è realizzabile, e chiede ai familiari se non siano disposti a riconsiderare la loro opposizione.
No, è ancora Jiro che parla: il terrore della bomba atomica è ingiustificato, e se anche fosse, non dobbiamo tutti morire un giorno?
Nakajima si ribella: non si ribella alla morte. Ma rivendica il suo diritto di non morire assassinato. I giudici rimangono colpiti, in assoluto silenzio, da questa dichiarazione titanica.
Jiro ha ancora un altro argomento. E' arrivato il momento di parlare della complicata situazione sentimentale del padre, che ha intenzione di portare in Brasile anche le sue amanti e i loro figli.
Nakajima non ha niente da nascondere, trova giusto voler pensare alla salvezza di tutte le persone cui è legato e che dipendono da lui. Jiro lo invita allora ad andare in Brasile con chi vuole, ma lasciare loro liberi di vivere la loro vita in Giappone.
E' un affronto troppo grande per Nakajima, che come al solito sceglie il metodo più diretto per rendere noto il suo disappunto.
Si scaglia sul malcapitato Jiro, invano trattenuto dagli altri figli, dalla moglie e dai funzionari, e gli dà a sonori ceffoni il fatto suo.
Ristabilita in qualche modo la calma, bisogna attendere nel corridoio le decisioni del tribunale.
Attendere l;e decisioni di altre persone, specialmente su materie che ti riguardano da vicino, che decideranno se la vita andrà in un senso o nell'altro, è dura.
Il gruppetto siede silenzioso, a capo chino, senza trovare la forza di dire nulla.
Quando ad un tratto, minaccioso, ecco arrivare a grandi passi Kiichi Nakajima.
Cosa altro starà per combinare?
Una volta tanto, nulla di grave: è semplicemente andato a comprare delle bibite, e le distribuisce, premuroso quanto timido e scontroso, alla moglie ed ai figli.
Un modo per chiedere scusa del suo ennesimo scatto di nervi?
Certo. Ma soprattutto un espediente adottato da Kurosawa per ricordarci che a dispetto delle impressioni superficiali, con cui lui stesso si è divertito a portarci fuori strada, Nakajima è in questa vicenda l'unica persona disinteressata
L'unica che abbia premura per il destino degli altri e che li circondi di attenzioni.
E' questo il suo destino, questa sarà la sua condanna.