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Akira Kurosawa: 1955 - Vivere nella paura - Un Giappone diverso
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Le immagini di apertura ci mostrano un Giappone profondamente diverso da quelle che ci avevano mostrato le opere di Kurosawa degli anni 40. Allora regnavano lo sconforto e la desolazione, ed anche in Vivere che risale a soli tre anni prima, l'atmosfera è ancora quella cupa e talvolta disperata dell'immediato dopoguerra.
Ora invece è evidente che tira un'aria nuova, l'aria di una ricostruzione già ben avviata: le strade sono affollate di persone, biciclette, automobili e mezzi pubblici.
Ognuno sembra avere una occupazione urgente cui attendere, che richiede il suo spostamento all'interno di un ordinato quanto complicato sistema. Anche la musica di Hayasaku, per quanto non priva di drammaticità, cerca di richiamare alla mente l'idea di un fermento tutto sommato positivo.
Il coprotagonista lo conosciamo per la prima volta vedendolo affacciarsi alla finestra; è il dottor Harada, stimato dentista che è allo stesso tempo un apprezzato mediatore nelle cause civili.
Takashi Shimura, Impecccabile come sempre nel suo ruolo, aveva rifiutato quello del protagonista, ritenendosi oramai troppo "sbiadito" per affrontarlo. Eppure era ancora di parecchio più giovane del personaggio che avrebbe dovuto interpretare, immaginato come un vecchio di 75 anni.
Una convocazione di routine in tribunale segnerà per lui l'inizio di una esperienza che dovrà farlo riflettere profondamente.
Già al primo impatto si rende conto di dover mediare in un caso di disputa familiare ben più serio di quelli che ha trattato fino ad allora. Il corridoio del tribunale è affollato di persone legate in vario modo alla causa in discussione, e l'atmosfera tra di loro non è delle più serene.
Allo stesso Harada, scambiato per uno dei tanti curiosi o postulanti, viene proibito l'ingresso in aula e deve qualificarsi.
Non appena entrato capisce immediatamente perché quel caso darà a tutti molto filo da torcere.
Si sta discutendo sulla richiesta di interdizione del signor Kiichi Nakajima, presentata dai suoi familiari: la moglie ed i suoi due figli Ichiro e Jiro, e le figlie Yoshi e Sue.
Il signor Nakajima è naturalmente presente, per dare la sua versione dei fatti, e sta impegnando severamente sia il giudice conciliatore che i familiari, che pur alternandosi non riescono a tenerlo a bada.
Si tratta chiaramente di un vecchio collerico, tirannico ed indomabile, che ha costruito la sua vita con inflessibile volontà, travolgendo ogni ostacolo.
Non è mai stato disposto in vita sua nemmeno ad ascoltare alcuna minima obiezione ai suoi piani, figuriamoci accettarla.
Essere addirittura tacciato di incapacità di badare a se stesso dopo che per una vita ha badato agli altri rappresenta per lui un atto di infamia.
Kurosawa, dopo avere nello script dipinto sia pure a grandi linee la figura del protagonista, assieme ai suoi collaboratori, si rese immediatamente conto che nessun attore giapponese sembrava in grado di affrontare la parte.
Nonostante il suo rifiuto Shimura sarebbe stato sicuramente all'altezza. Ma la scelta apparentemente azzardata di Toshiro Mifune si dimostrò non perfettibile. Le lunghe e faticose sedute di trucco cui si sottoponeva prima di ogni ripresa non bastano a giustificare la sua metamorfosi.
Mifune si è incarnato alla perfezione nei panni di una persona di quaranta anni più anziana, muovendosi, gesticolando, perfino respirando come un uomo di 75 anni.
Età che - non bisogna dimenticarlo - era negli anni 50 molto più vicina di adesso ai limiti estremi della vita umana.