Jidai
Akira Kurosawa: 1950 - Rashomon - Epilogo
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E' terminato anche il racconto del boscaiolo. Sembra che non ci sia, non ci possa essere, nullaltro da sapere.
Ma ancora non riescono a liberarsi da quella storia. Il terzo uomo non crede che tutta la verità sia ancora uscita fuori. Il suo pessimismo nei confronti della natura umana non glielo consente.
Sappiamo da Akutagawa che il terzo uomo è un servo, reso amaro dagli eventi:
L'autore poco fa ha scritto «un servo aspettava che la pioggia cessasse», ma il servo non aveva un'idea precisa di cosa fare dopo che la pioggia fosse cessata. In una situazione normale certamente sarebbe tornato nella casa del padrone. Ma dal suo padrone era stato mandato via quattro o cinque giorni prima. In quell'epoca, dunque, la città di Kyoto era caduta molto in basso. Adesso questo servo, che aveva lavorato per lungo tempo presso il suo padrone, in verità era stato licenziato anche per colpa di questa decadenza generale.
Il monaco si rifiuta di adeguarsi a questa filosofia realistica quanto cinica: vuole continuare a credere negli esseri umani.
La discussione continua tra il servo ed il boscaiolo. Il cinismo del primo lo porta a pensare sempre male, ed il più delle volte ad indovinare.
Cosa ne è stato del prezioso pugnale di Masako? Il boscaiolo non può che confessare: sì, è stato lui a rubarlo.
Nemmeno lui ha detto la verità fino in fondo. Ogni essere umano quando vede messo in gioco il suo tornaconto è pronto ad ingannare anche se stesso.
L'alterco si interrompe quasi subito, un fatto nuovo attira l'attenzione dei tre.
All'interno dell'immenso androne di Rashomon si ode distintamente il pianto di un bambino.
Iniziano le ricerche, finché in una stanza scoprono un bimbo abbandonato dentro una culla, corredata di lussuosi panni.
Il servo è il primo a trovarlo e ad accorrere. Ma non è per portare soccorso.
E' solo per impossessarsi dei panni e fuggire col suo bottino.
I suoi occasionali compagni sono inorriditi, ma lui ribatte colpo su colpo: chi ha il diritto di rimproverarlo? Chi è esente da ogni colpa?
Forse i genitori di quel bambino, che hanno pensato solamente al loro piacere e poi l'hanno abbandonato?
Raccolto quello che voleva, affronta la pioggia battente per allontanarsi.
Il cielo stesso sembra voler infierire su lui e sugli uomini.
Partito il servo, sembra che gli elementi riescano finalmente a placarsi: la pioggia cessa.
Il monaco stringe ancora spasmodicamente tra le braccia il bimbo in fasce.
Il boscaiolo accenna a prenderglielo: il monaco arretra, inorridito.
Quale altra nefandezza gli toccherà di vedere?
No: il boscaiolo bonariamente gli dice che ha già sei figli. Non sarà un grande problema in più allevarne un settimo.
Vuole adottare il trovatello, e già lo prende amorevolmente tra le braccia.
Il monaco lo ringrazia: per merito suo è riuscito a non perdere la sua fiducia nel genere umano.
Guarda allontanarsi il boscaiolo, che forse già dimentico, con la semplicità delle persone umili, della cattiveria umana che ha visto in prima persona, sta pensando solo a come dare amore al nuovo piccolo arrivato.
Alle spalle del monaco le rovine della porta Rashomon si stagliano contro il cielo, dal lato ove sta tornando il sereno, e sembrano indicare un cammino.
Spesso le opere di Kurosawa terminano con la visione di una finestra, di una porta, di un nuovo cammino.
Talvolta verso il male, e dobbiamo accettare anche queste opere, forse addirittura più importanti delle altre seppure più sofferte, talvolta verso il bene.