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Musha-e: condottieri, guerrieri, eroi

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Uno dei generi pittorici più conosciuti del'arte giapponese è sicuramente quello che raffigura famosi eroi e leggendari guerrieri: il musha-e (武者絵).  Si divide a sua volta in alcune tipologie ben precise, come lo haishi-e (稗史絵) che illustra racconti e novelle popolari, il rekishiga (歴史画) - più legato alla realtà in quanto illustra avvenimenti storici, o il sensô-e (戦争絵) che illustra grandi battaglie e guerre epocali.

Non intendiamo comunque con questo articolo tentare di scendere troppo nei dettagli: vuole essere solamente una introduzione, una proposta di traccia che chiunque sia interessato a questo affascinante argomento può tentare di seguire, con la certezza che ogni approfondimento gli porterà una maggiore consocenza della cultura giapponese e un grande appagamento estetico.

L'immagine di apertura è una stampa di Chikanobu Yoshu (1836?-1912), artista attivo in epoca Meij. Appartenente alla classe samurai, ebbe parte attiva nel turbolento passaggio dal dominio degli shogun Tokugawa, militando nello Shogitai, un corpo di elite delle milizie dello shogun e prendendo parte a molte famose battaglie in cui si distinse per il suo valore. Durante il breve periodo della repubblica di Ezo, fondata in Hokkaido dagli ultimi irriducibili fedelissimi dello shogun, militò agli ordini di famosi condottieri come Enomoto Takeaki e Otori Ketsuke, controverso personaggio che ebbe cattiva fama per la sua abitudine di commentare ridendo le numerose sconfitte cui erano destinati inevitabilmente, esclamando allegramente Mata maketa yo! (Abbiamo perso ancora!).

Al termine della guerra tuttavia proprio i maggiori esponenti della più irriducibile resistenza furono maggiormente ricercati per svolgere un ruolo attivo nel governo Meiji. Chikanobu però nel 1875 decise di ricostruirsi una nuova vita dedicandosi all'arte. Le specialità in cui eccelse furono molte, e sono preziose per la ricostruzione dell'evolversi attraverso i secoli del costume e della società giapponese ma gli viene riconosciuta una particolare predisposizione per le opere musha-e e per il bijinga, raffigurazione della bellezza femminile. Riteniamo evidente i motivi di questa scelta: aprire con l'opera di un samurai questa galleria di opere dedicate alla millenaria epopea samurai.

L'episodio raffigurato proviene dall'Heike monogatari, racconto delle leggende legate alla famiglia Heike, che per secoli contese ai Minamoto il dominio del Giappone, cedendo infine a Minamoto no Yorimoto nel XII secolo, ed è forse il più noto in assoluto di quella epoca mitica popolata di eroi indomabili e di donne fatali.

Il guerriero Nasu no Yoichi militava tra le schiere dei Minamoto (chiamati anche Genji). Nell'anno 1184 dopo una serie di pesanti sconfitte l'armata dei Taira (conosciuti anche come Heike) concentrò le sue forze nella fortezza di Yashima presso la costa, dove venne temerariamente attaccata dal leggendario guerriero Minamoto no Yoshitsune alla testa di uno sparuto reparto. Yoshitsune, raggiunto nel frattempo da qualche rinforzo, diede fuoco ai boschi che circondavano il castello facendo immaginare l'arrivo di una imponente armata, e l'esercito degli Heike si imbarcò  frettolosamente per sfuggire all'assedio via mare.

Sopra la nave ammiraglia venne issato un ventaglio, sulla sommità dell'albero, ed un araldo proclamò che quel magico ventaglio avrebbe protetto sia la nave che l'intera flotta dalle frecce nemiche, sfidando l'intero esercito dei Genji a tentare inutilmente di violare l'incantesimo.

Nasu no Yoichi affrontò con il suo cavallo le onde del mare agitato, e appena giunto a portata di tiro incoccò il suo arco e lanciò una sola freccia, che infallibile colpì il precario e lontanissimo bersaglio, facendolo cadere in mare.

Il presagio venne confermato poco tempo dopo: la flotta degli Heike riuscì a prendere il largo sottraendosi alla battaglia, ma venne affrontata successivamente e completamente distrutta da Minamoto no Yoshitsune nella cruenta battaglia navale di Dannoura, in cui perì l'imperatore Antoku ed affondarono assieme alla nave ammiraglia anche i simboli del potere imperiale (il sacro gioiello, lo specchio e la spada). Secondo alcune fonti vennero recuperati e sono quelli ancora oggi conservati nel tesoro imperiale, secondo altre vennero persi e sostituiti da copie.

L'episodio è raffigurato non solo in innumerevoli stampe, opera dei maggiori artisti: era anche un tema ricorrente nel kodogu, ossia nei fornimenti della spada. Qui vediamo una tsuba in cui per l'ennesima volta Nase no Yoichi scocca la sua infallibile freccia.

L'artista ha deciso di non raffigurare nemmeno il ventaglio, per accentuarne il senso di irragiungibilità, mentre il volo solitario di un uccello permette di valutare approssimativamente la distanza ed il moto delle onde lascia immaginare un forte vento che rende ancora più ardua l'impresa.

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