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Musha-e: condottieri, guerrieri, eroi - Il principe Yoshitsune

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L'archetipo indiscusso del guerriero di alto lignaggio è Minamoto no Yoshitsune (源 義経, 1159 - 1189). Non utilizziamo per questo personaggio la parola samurai, che indica un guerriero al servizio di un feudatario o di un clan, in quanto stiamo parlando di un principe di sangue reale.

Lo abbiamo infatti gà incontrato in queste pagine: era lui al comando delle forze dei Genji che distrussero la flotta degli Heike nello scontro navale di Dannoura.

Figlio di Minamoto no Yoshitomo, scampò ancora bambino assieme al fratello Yoritomo all'annientamento dei Minamoto (conosciuti anche come Genji) da parte degli eterni nemici Taira (Heike). I due riimasero separati dagli eventi e Yoshitsune venne adottato dalla comunità monastica di Kurama, che tentò invano di dargli una educazione che lo mantenesse lontano dalle armi, tenendolo all'oscuro delle sue origini e della sorte della sua famiglia.

I tentativi di sottrarre i guerrieri al loro destino sono invariabilmente destinati a fallire. Ricordiamo solamente, nella mitologia greca, come Ulisse si fosse finto pazzo per sfuggire alla guerra di Troia, ma quando il figlio Telemaco venne messo davanti all'aratro con cui stava seminando del sale, dovette fermarsi non solo dimostrandosi perfettamente sano di mente ma pilotando poi abilmente l'ingaggio tra le file degli achei del giovanissimo Achille, che era stato addirittura travestito da donna per farlo sfuggire alle ricerche.

All'età di circa 14 anni Yoshitsune, conosciute le sue origini, abbandonò Kurama per affrontare il suo destino. Giunto alla capitale imperiale Kyoto, mentre attraversava il ponte di Gojôbashi, venne affrontato da un gigantesco yamabushi (monaco guerriero) che gli intimò di consegnare le armi. Si trattava di Saitô Musashibô Benkei (西塔 武蔵坊 弁慶, 1155 - 1189) che aveva fatto voto di offire al tempio 1000 spade catturate ai samurai di passaggio.

La stampa, di Tsukioka Yoshitoshi (月岡 芳年, 1839 - 1892) rappresenta questo leggendario episodio con cui Minamoto noYoshitsune iniziò a farsi conoscere dal mondo e reca il titolo di Duello sul ponte Gojôbashi (Gikeiki Gojôbashi no zu).

Lo stupefatto Benkei non riuscì nemmeno a sfiorare con la tua enorme lancia l'esile giovanetto, che con salti prodigiosi eluse ogni suo attacco fino a sfinirlo.

Fu l'inizio di una leggendaria amicizia, nella vita e nella morte, ed i nomi di Minamoto no Yoshitsune e Musashibô Benkei rimasero per sempre indissolubilmente legati. Un episodio della loro saga viene narrato da Akira Kurosawa nella sua prima opera jidai: Tora no ofumu otokotachi.

Dopo lo scontro navale di Dannoura il battello su cui si trovavano sia Benkei che Yoshitsune venne assalito dalla furia degli elementi, cui si aggiungevano gli innumerevoli spettri dei guerrieri periti nella battaglia.

La maggior parte di loro condannata a vagare per sempre senza pace, essendo affondati con le loro navi senza avere ottenuto una morte onorevole con le armi in pugno.

La stampa di Utagawa Kuniyoshi (1798-1861, che in questa opera si firma Ichiyusai Kuniyoshi) ci mostra Benkei, ritto sulla poppa della nave, affrontare impavido sia gli elementi avversi della natura che la schiera di spettri.

La vicenda viene narrata nell'opera del teatro nô chiamata Funa Benkei (Benkei sulla nave).

 

Ancora Tsukioka Yoshitoshi ci propone una stampa che rafffigura i due temibili guerrieri, qui in età relativamente matura.

In realtà la vita di Yoshitsune si spense a 28 anni, vittima dell'odio del potente fratello Minamoto no Yoritomo, preceduto di poco nell'aldilà da Saito Benkei che si era immolato contro i nemici per dargli tempo di sottrarsi alla cattura compiendo seppuku. Beneki aveva invece circa 34 anni.

Qui li vediamo, probabilmente in un momento di pausa nel corso di una delle tante battaglie che affrontarono assieme, fermarsi ad ammirare lo spettacolo dei ciliegi in fiore, offerto da un modesto quanto splendido alberello.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Molti dei personaggi, più o meno leggendari, che attorniavano Minamoto no Yoshitsune nelle sue imprese sono fortemente caratterizzati nelle rappresentazioni degli artisti.

Ise no Saburo Yoshimori fu un fedele seguace di Yoshitsune, che aveva scoperto per caso quando si nascondeva nel tempio di Kurama.

Ise no Saburo era infatti conosciuto come un grande cacciatore dalla forza smisurata, e la stampa di Kuniyoshi lo raffigura armato di una enorme ascia.

Partecipò a molte delle imprese di Yoshitsune, tra cui ovviamente quella di Dannoura più volte citata, e trovò morte gloriosa durante la battaglia del monte Suzuka, nella provincia di Ise di cui era originario.

Kuniyoshi lo raffigura come un giovane dallo sguardo fiero, che indossa una pelliccia come si conviene ad un cacciatore, e che oltre alla  grande ascia porta alla cintura le due spade del samurai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Taira no Tomomori, come il nome dovrebbe immediatamente far comprendere, fu invece un fiero nemico di Minamoto no Yoshitsune.

Nella stampa di Utagawa Yoshiiku (1833-1904) viene raffigurata la sua morte gloriosa nella più volte citata battaglia di Dannoura.

Valoroso generale, quando vide che la flotta degli Heike non aveva più scampo di fronte agli assalti dei Genji, decise di porre fine ai suoi giorni esclamando Miru beki hodo no koto o mitsu! (quello che dovevo vedere l'ho visto).

Il suo corpo, ancora rivestito dell'armatura, affonda assieme alla grande ancora cui si è legato, turbando la quiete delle creature marine.

Ma Tomotori tornerà anche a turbare i suoi irriducibili nemici: il suo spettro perseguiterà le schiere dei Minamoto, affondando diverse navi, e sarà proprio lui a guidare l'armata di spettri contro la nave spavaldamente guidata da Benkei, nell'episodio di cui abbiamo parlato prima, che veniva spesso recitato nel teatro noh con il titolo di Funa Benkei, e approdò in epoca Meiji ossia nel tardo 1800 al più popolare teatro kabuki.

L'album che occupa illusionisticamente la parte superiore della stampa reca il titolo di Maboroshi, che può essere reso sia con miraggio che con spettro e raffigura un volo di oche selvatiche.

 

 

 

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