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Akira Kurosawa: 1952 - Vivere - L'ultima battaglia di Watanabe

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Le resistenze al progetto di bonifica sono tuttavia sorprendentemente forti, è evidente come ci debba essere dietro qualcosa di poco chiaro.

Negli squallidi corridoi dell'ufficio Watanabe viene affrontato da un gruppetto di yakuza, i malviventi giapponesi. Per quanto la cosa possa sembrare bizzarra alla mentalità occidentale, sono a volte una specie di istituzione, tollerata dalle autorità.

Gli yakuza controllano attività ai limiti del lecito ma di fatto insopprimibili, come il gioco d'azzardo e la prostituzione, tacitamente tollerati dalle autorità.

La condizione è che esercitino le loro losche attività in appositi quartieri ben delimitati, e che l'opinione pubblica non venga turbata dalle loro attività: sono quindi severamente vietati dagli stessi yakuza i delitti contro la persona, come le rapine, o altri che possono ingenerare allarme sociale come lo spaccio di droga.

Quindi non sorprende più di tanto la loro aperta presenza negli uffici dell'amministrazione, anche se Kurosawa non chiarisce quali sarebbero i motivi per cui la delinquenza sarebbe contraria al progetto di bonifica. Si può ipotizzare un loro intervento su richiesta, ad esempio per opera di speculatori edilizi.

Tra di loro ritroviamo in un breve cammeo due attori che saranno a fianco di Shimura anche 2 anni dopo nei Sette samurai: Daisuke Kato, l'allegro lanciere Shichiroji che sarà uno dei "vincitori" di quella battaglia che non si può vincere, è ora un sinistro yakuza: imponente (in realtà era piccolino), con un vistoso sfregio su una guancia, e minaccioso.

E' lui a prendere per il bavero Watanabe, sollevandolo di peso, sicuro così di intimorirlo al punto da rinunciare ai suoi piani.

Watanabe risponde con un sorriso. Il sorriso riservato a coloro che non comprendono, che non sono in grado di comprendere qualcosa che è troppo più grande di loro.

Lo yakuza rimane interdetto, è lui ad essere intimorito. Molla la presa. Anche il capo dei malviventi, Seiji Miyaguchi, che interpreterà nell'opera successiva del maestro un impenetrabile ed infallibile samurai, Kyuzo, rimane colpito.

 

 

 

 

 

 

Si rende conto che nulla possono le loro pressioni psicologiche e fisiche contro un uomo che chiaramente ha rinunciato ad ogni emozione terrena.

Silenziosamente si volta e si allontana. Il gruppetto di malviventi lo segue in silenzio, tentando di mascherare con un atteggiamento sprezzante la sensazione di essere stati sconfitti.

Il capo si volta un attimo, torna a guardare Watanabe: nemmeno lui riesce a comprendere, ma nel suo sguardo c'è comunque rispetto verso chi lo ha vinto.

 

 

 

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