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Akira Kurosawa: 1947 - Una meravigliosa domenica
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Akira Kurosawa: Una meravigliosa domenica
1947
Isao Numazaki, Chieko Nakakita
Ancora alla ricerca della sua strada, Kurosawa presenta nel 1947 una favola dolceamara ambientata nella Tokyo dell'immediato dopoguerra ma che potrebbe immaginarsi in qualunque altra città che stia riemergendo a fatica dagli orrori bellici.
Sono evidenti i richiami al neorealismo italiano, anche nella scelta di due protagonisti praticamente sconosciuti, per non distogliere l'attenzione dalla storia.
Altri legami diretti tuttavia non se ne avvertono, a differenza ad esempio di quanto vedremo poi in Cane randagio. Lì non solo la trama verrà chiaramente ripresa da Ladri di biciclette di Vittorio De Sica ma Kurosawa disseminerà nell'opera svariati omaggi alla sua fonte di ispirazione. Sorprendentemente nessun critico sembra averci fatto caso nei decenni passati da allora, forse per i depistaggi volontari dovuti a una sorta di gioco malizioso dello stesso Kurosawa, che dichiarava di essersi ispirato invece alle atmosfere dei libri di Georges Simenon.
D'altro lato - storia a parte - sarebbe una insanabile contraddizione cercare il realismo attraverso la copia di modelli provenienti da un'altra realtà, che nulla potrebbero avere di realistico. Potremmo dire che Kurosawa manovra il pennello secondo i principi di una innovativa tecnica di avanguardia proveniente d'oltremare. Ma il quadro porta comunque solo l'impronta della sua mano e i paesaggi umani che dipinge sono quelli della sua terra.
Privi di risorse e sull'orlo di perdere la speranza due giovani fidanzati, Yuzo e Masako, sono costretti a vedersi solo nell'arco della domenica prima di ritornare alla loro frustrante routine quotidiana, cercando invano un angolo, un attimo, di poesia.
Passeranno dalla disillusione all'amarezza, ma proprio quando sembra che Kurosawa si sia lasciato vincere dal suo pessimismo di fondo, nel vuoto palco dove si è tenuto il concerto cui non hanno potuto assistere, lei lancia un appello al pubblico, con un espediente che ricorda il teatro di Pirandello, invitandolo ad immaginare quanto manca. E mentre i due si abbandonano al piacere della danza, la colonna sonora fino ad allora priva di ogni effetto rimanda le note dell'incompiuta di Schubert, su cui si chiude il film.
Le immagini di apertura ci portano invece all'interno di una brulicante stazione ferroviaria ove si incontrano i giovani Yuzo (Isao Numazaki) e Masako (Chieko Nakakita). La critica sottolinea la scelta di Kurosawa, aderente alla metodica del neorealismo, di selezionare come protagonisti due attori sconosciuti e dall'aspetto di persone normali.
Per la verità, se questo appare plausibile nei confronti della Nakakita, appare meno convincente per il protagonista maschile, Isao Numazaki, che appare troppo sofisticato per essere uno dei tanti giovani disperati alla ricerca di un barlume di serenità nel cupo dopoguerra, e non abbastanza carismatico per distinguersi e colpire lo spettatore pur quando il personaggio deve apparire come uno dei tanti.
Ma queste sono doti esclusive dei grandi artisti come Toshiro Mifune, che solo più tardi iniziò la straordinaria collaborazione con Kurosawa.
Del resto la carriera dei due attori conferma queste valutazioni: in seguito Numazaki comparve in ruoli di comprimario solamente in una esigua manciata di film, e la sua ultima apparizione sullo schermo risale al 1952.
Non si può fare a meno di osservare che il suo destino fu simile a quello di Lamberto Maggiorani, protagonista di Ladri di biciclette, forse la più nota opera del neo-realismo mondiale.
La donnetta come tante, Chieko Nakakita, che aveva all'epoca 21 anni (Numazaki invece 31) ebbe invece - paradossalmente - lunga e fortunata carriera come attrice.
Kurosawa la utilizzò anche in L'angelo ubriaco ma soprattutto in Duello silenzioso, in cui ricopriva un ruolo fondamentale: la moglie del soldato Nakada malato di sifilide, condannata a partorire un figlio deforme.
La troviamo brevemente anche in un'altra opera recensita su questo sito, L'uomo del ricsciò di Hiroshi Inagaki, nella parte della sorella di Yoshiko, la protagonista. Scomparve nel 2005, dopo aver recitato in 95 film.
Kurosawa osservò che erano perfetti per la parte, dovendo apparire come due persone comuni senza alcuna caratteristica che li distinguesse dalla massa, e che questo loro anonimato agevolò le riprese, effettuate spesso dal vivo per le strade, con la cinepresa mascherata in qualche modo, senza che nessuno si accorgesse che si trattava di attori intenti a recitare in un film.
La recensione dell'opera, che segue, è condotta sulla edizione italiana, che è purtroppo ricavata da una copia in condizioni pessime e che è stata doppiata in modo troppo artificioso, senza rispettare la tonalità di recitazione richieste da Kurosawa ai suoi interpreti.
Mentre Masako sta arrivando al loro appuntamento, a bordo di un treno sovraffollato, Yuzo attende silenzioso nell'atrio della stazione, appoggiato al muro.
Sta fissando spasmodicamente a terra, pur cercando di mascherare la sua tensione.
E' un mozzicone di sigaretta che ha attirato la sua attenzione: il desiderio di raccoglierlo da terra per fumarlo è troppo forte. Cede.
Non riuscirà a fumarla.
Mentre la sta portando alla bocca arriva Masako, che gliela strappa di mano rimproverandolo.
Yuzo cerca di discolparsi: sono tre giorni che non fuma, non ha resistito.
L'episodio lo ha comunque messo di malumore: pensa che sarebbe stato meglio se Masako non fosse venuta all'appuntamento, non hanno comunque alcuna possibilità di passare una bella domenica assieme.
Yuzo non ha che 15 yen con se, e si rifiuta di utilizzare quel poco che ha Masako: considera umiliante accettare che le donne partecipino alle spese.
L'entusiasmo di Masako riesce però alla fine a smuoverlo: tenteranno di passare una meravigliosa domenica mettendo assieme i loro averi: 35 yen.
Corrispondevano all'epoca a circa 70 lire: il costo in Italia di una bottiglia di vino o di 3/4 caffé al bar.
Anche unendo le loro risorse quindi non ci sarà molto da scialare.
Per alimentare i loro modesti sogni Yuzo e Masako iniziano di conseguenza con una iniziativa a costo zero.
Attirati da un cartello si recheranno a visitare una casa tradizionale che è in vendita, al prezzo per loro assolutamente irreale di 100.000 yen.
Invano Masako tenta di scuotere il compagno dal suo pessimismo, che sembra divenuto irreversibile.
L'arrivo di una seconda coppia in cerca di alloggiio rischia di aggravarlo, è troppo lampante la differenza di condizione economica e di atteggiamento tra chi non ha margini per sperare e chi invece se la passa bene.
Offre invece l'inaspettato spunto per un soffio di speranza.
Visibilmente benestanti per quanto i loro discorsi lascino trasparire un animo gretto, con le braccia ingombre dei pacchi degli acquisti di giornata, i due trovano mediocre la casa che era sembrata così lussuosa alla giovane coppia e parlano con aperto disprezzo di una casupola in affitto a buon mercato, visitata in precedenza.
Masako intravede immediatamente la possibilità di una buona occasione per se e Yuzo, e si fa spiegare come andarci.
Perfino Yuzo esce di colpo dal suo torpore.
Nella fretta di andare sul posto perde anche la scarpa, doverosamente bucata e malridotta, che aveva rimirato sconsolato poco prima cadendo in preda allo sconforto.
Anche i passaggi a livello cospirano nel far rallentare l'impeto dei due fidanzati, ma infine arrivano all'indirizzo indicato, in un desolato borghetto di periferia.
La conversazione con la persona che trovano dentro l'edificio non è incoraggiante.
Si tratta di una sola stanza è piccola, umida e gelata d'inverno e rovente d'estate, la cui unica finestra dà sui gabinetti della fabbrica che si trova davanti.
L'occupava lui stesso, ma ammalatosi e impossibilitato a pagare il canone aveva dovuto cambiare stanza e accettare di fare da intermediario per le richieste di affitto. Il suo consiglio spassionato è di lasciar perdere. Ma se proprio sono interessati, l'affitto è di 600 yen al mese, più 2.000 di deposito.
Nonostante tutto la tentazione è forte, assommando lo stipendio di entrambi arrivano a 1200 yen: potrebbero pagare l'affitto, per quanto la sistemazione sia misera, ma non rimarrebbero margini per mangiare, per tacere del resto.
Delusi, racchiiusi nei loro cupi pensieri, nemmeno si rendono conto di quanto succede intorno a loro.
Dei bambini intenti a giocare a baseball hanno ripetutamente chiesto loro di rendere la palla, finita dalle loro parti, ma non se ne sono nemmeno accorti,.
Quando finalmente realizza, Yuzo decide però che è l'occasione che fa per lui.
Ha bisogno di dimenticare i pensieri neri, e cosa di meglio che giocare un po' con un gruppo di monelli di strada?
Il suo primo tentativo è inglorioso: impacciato dall'impermeabile, e forse dalle scarpe inadatte e in fin di vita, manca il colpo e finisce lungo disteso per terra, in mezzo al fango.
Punto nel vivo, decide di fare finlamente sul serio.
Liberatosi dai vestiti superflui si concentra sulla battuta, come se fosse la cosa più importante della sua vita.
Questa volta colpisce la palla perfettamente, inviandola lontanissimo con un colpo da manuale.
Forse troppo lontano...
La palla entra nel negozio di un pasticciere dall'altro lato della piazza, dopo averne sfondato l'insegna.
Il pasticciere esce, con aria alquanto irritata.
Ironicamente Kurosawa accompagna il momento in cui Yuzo si reca a parlamentare con l'infuriato negoziante con la marcia dei toreador (dalla Carmen di Bizet).
In casi del genere è inevitabile sentirsi rimproverare dell'essersi dedicato a giochi da bambini per quanto grande e grosso.
E' una trafila che tocca anche a Yuzo.
E non è nemmeno la parte più dolorosa: la palla è andata ad atterrare proprio in mezzo ai prodotti esposti, rovinando irrimediabilmente 3 mochi (dolci di riso).
Anche se con uno sconto Yuzo è obbligato ad acquistarli: sono 10 yen, e quasi un terzo della somma a loro disposizione per la domenica se ne va di colpo.
Potranno perlomeno con i resti dei dolci consolare i bambini dall'interruzione del loro gioco.
Nonostante tutto l'ennesima disavventura ha mutato in positivo l'umore nero di Yuzo.
In quei tempi in cui era necessario accontentarsi di poco anche delle condotte poggiate in mezzo alla piazza possono diventare il luogo adatto per mangiare quello che resta dei mochi.
Yuzo commenta filosoficamente che se non fosse stato per quel mezzo disastro non avrebbero mai avuto il coraggio di comprarsi dei dolci.
Quandecco che gli cade dalla tasca un biglietto: è l'indirizzo di un vecchio compagno d'armi, che ha incontrato per caso qualche tempo prima: adesso è proprietario di un cabaret.
Masako non sa resistere: non è mai stata al cabaret, bisogna approfittare di questa coincidenza.
Ed è così che Yuzo si trova coinvolto in una surreale esperienza.
All'indirizzo indicato dal biglietto da visita è evidente che non si aspettano e non gradiscono visite da gente come Yuzo.
Lo guardano con malcelato senso di disgusto, per quanto cerchi di mantenere un aspetto dignitoso il tono del locale, volgarmente lussuoso, è nel loro giudizio troppo al disopra delle sue pretese.
Lui dal canto suo non può fare a meno di guardare con stupore quella categoria umana di cui nemmeno conosceva l'esistenza.
Viene trattato rudemente, fino a quando perde la pazienza e chiede di parlare urgentemente col presidente Segawa, che non gli sanno o vogliono dire se ci sia o no, esibendo il biglietto da visita in suo possesso.
A questo punto il tono di chi gli sta di fronte cambia drasticamente.
Con una cortesia formale ai limiti dell'untuosità, l'uomo della ricezione lo invita a seguire giù per delle scale un impeccabile inserviente in livrea.
L'attonito Yuzo si ritrova a percorrere, seguendo l'inserviente, una lunga teoria di corridoi sotterranei, in condizioni di autentico squallore che risalta ancora di più per il contrasto con l'opulenza dei piani superiori, popolato da inquietanti e misteriosi personaggi che appaiono e scompaiono, intenti in attività non comprensibili.
Dopo un lungo andirivieni Yuzo viene condotto in uno scantinato e fatto accomodare ad un tavolo, ove gli viene offerto da bere.
Al tavolo è già seduto un uomo male in arnese, che tiene sotto stretta sorveglianza quanto succede nel locale accanto oltre la porta.
E' lì che i camerieri vanno a gettare nei bidoni gli avanzi dei pasti serviti ai piani superiori.
Lui ne approfitta per servirsene abbondantemente e farne il proprio pasto; sono degli avanzi, certamente, ma pur sempre di piatti che costavano anche 100 yen.
L'omino è in vena di confidenze, anche se interrotte per un attimo dall'arrivo di una ragazza completamente ubriaca, in cerca di un posto per vomitare.
E' una delle attrazioni del locale: deve indurre i clienti a bere, e viene pagata un tanto per ogni tappo di bottiglia che consegna. Si riducono tutte in quel modo, dopo poche ore di lavoro.
La ragazza sviene di colpo, ma in qualche modo viene riaccompagnata via dall'omino, che continua le sue spiegazioni.
Chiedere del direttore è una delle tattiche preferite degli scrocconi, o forse dei piccoli malviventi.
I gestori del locale per evitare disordini offrono a queste persone la consumazione.
Chiedere del presidente è più vantaggioso, ma più rischioso: a volte si ottiene molto di più, anche del denaro, ma spesso si viene cacciati in malo modo senza avere ottenuto nulla.
Ritorna in quel momento l'addetto alla ricezione, e consegna a Yuzo su un vassoio, una busta.
Da parte del 'presidente'.
L'omino è esterefatto: Yuzo ha evidentemente puntato grosso, e ha vinto.
Ma Yuzo non è dello stesso parere.
Disgustato lascia la busta sul tavolo e va via.
L'omino a suo modo è una persona onesta.
Lo rincorre lungo i corridoi e le scale, fino al lussuoso androne d'ingresso.
Inutilmente cerca di rendere a Yuzo la busta: non ne vuole sapere.
Una coppia abbigliata con grande eleganza e dalle movenze ricercate, osserva stupita l'animata discussione tra quei due esseri venuti da un altro mondo.
Per rimarcare la distanza non colmabile tra i due gruppi umani, Kurosawa non inquadra direttamente Yuzo e il suo compagno di pochi minuti, ma riprende la loro immagine sul presuntuoso specchio appeso alla parete.
Yuzo, di pessimo umore, non risponde alle domande di Masako che era rimasta ad attenderlo fuori del locale.
SI allontana silenzioso, a grandi passi, senza dire se ha incontrato o no il suo amico. Lei lo segue perplessa.
Invano due fotografi ambulanti li riprendono, ofrfrendo loro gratuitamente le stampe quando si rendono conto che i due giovani non vogliono o più probabilmente non possono pagarle.
Il malumore di Yuzo è tale che nemmeno questo piccolo gesto di spontanea cortesia vale a smuoverlo.
E' già passato l'inverno, con la sua austera bellezza.
Altrimenti avrebbero potuto fare dei pupazzi di neve, anche se non attrezzati per resistere bene al freddo, ed entrambi con le scarpe malridotte.
Davanti al rustico sedile che hanno scelto per mangiare finalmente quei dolci costati loro così cari sembra non esserci nulla di notevole.
Eppure è sempre meglio che rifugiarsi dentro una condotta di cemento, e già si annunciano i primi segni della primavera, Yuzo osserva che tra non molto cominceranno a fiorivi i ciliegi.
Sembra una parabola del difficile momento, loro e dell'intera nazione, in cui una epoca difficile, un rigido inverno, si è concluso mentre la primavera tuttavia tarda ad arrivare.
D'improvviso si materializza davanti a loro un bambino, miseramente vestito e sudicio, che li guarda muto.
Risponde negativamente alle domande di Masako; non ha genitori, non ha fratelli. Non ha famiglia.
Ma ha una richiesta da fare: potrebbe avere uno dei dolci?
Non chiede che gli venga regalato: estrae dalla logora giacchetta un rotolo di banconote, e offre tranquillamente 10 yen per uno dei dolci.
Come sappiamo è la stessa cifra che i due hanno pagato per tutti i dolci.
Masako non accetta il denaro, e dona al bambino il dolce voluto.
Il piccolo vagabondo (Shiro Mizutani, che avrà una parte due anni dopo in Cane randagio, per poi non lasciare più tracce sullo schermo) finalmente sorride mentre accetta il dolce dalla mano di Masako.
La sua serenità non dura a lungo.
Si è seduto sulla staccionata per mangiare il suo dolce, ma i due insistono per sapere qualcosa di lui, con l'evidente intenzione di aiutarlo.
La sua risposta è aggressiva, soprattutto nei confronti di Yuzo.
Cosa ne sanno loro della vita? Hanno di che vivere? Hanno un nido dove rifugiarsi?
E' evidente che non hanno nulla di tutto questo e che quell'orfanello, pagando il prezzo terribile della perdita della sua infanzia e della sua innocenza, ha saputo adattarsi meglio di loro, ed è più autosufficiente di loro.
Dopo questo imprevisto e sconvolgente episodio i due faticano a lungo a riprendersi, e non hanno più il coraggio di guardare le famiglie che passeggiano lungo i viali, tenendo per mano i bambini, senza ripensare al cinico orfanello.
Hanno bisogno di qualcosa di positivo, e una volta tanto il caso viene in loro soccorso.
Un cartello, chiaramente pensato per i bambini, indica la direzione per il giardino zoologico.
Sì, quella sarà l'occasione per passare qualche ora spensierata, ritornando bambini.
In realtà l'essere umano difficilmente riesce ad estraniarsi dai suoi problemi.
Gli animali vivono invece attimo per attimo, in assoluta spontaneità e senza retropensieri.
Solo le condizioni innaturali in cui sono costretti a vivere gli animali in un giardino zoologico possono renderli paragonabili ad esseri umani, ed è proprio quello che faranno Yuzo e Masako, abbandonandosi al piacere di identificare tipi umani negli animali che incontrano.
Nonostante tutto il modesto investimento del biglietto dello zoo, pur riducendo a 23 yen tutti i loro averi, si è dimostrato fruttifero; hanno passato qualche ora in serenità.
Li attende però all'uscita un nuovo imprevisto: una pioggia insistente che li costringe a cercare un riparo sommario.
Se la neve, che rimpangono, copre tutto di un manto immacolato e induce alla serenità, la pioggia talvolta riesce solo a dare fastidio.
Yuzo propone di cercare rifugio nel suo appartamentino: la persona con cui lo divide non rientrerà che a mezzanotte, non c'è molto di cui disponga ma perlomeno un te caldo lo potrà offrire.
E' evidente però che Masako non si sente pronta a restare sola in intimità con Yuzo, la proposta la imbarazza.
Propone allora che sia Yuzo a recarsi da lei.
Ma qui c'è il problema opposto, sono 16 persone in 4 stanze e di intimità non è assolutamente il caso di parlarne. Inoltre la sorella di Masako ha la proprietà di essere involontariamente invadente e mettere in soggezione Yuzo.
I due si trovano di nuovo ad un punto morto.
Yuzo pensa che a qul punto tanto vale salutarsi, senza stare a prendere inutilmente l'acqua ed il freddo: dopo tutto una domenica da 35 yen vale sempre e soltanto 35 yen.
Ancora una volta il caso viene loro in aiuto.
Masako nota che proprio dove si sono rifugiati per sfuggire alla pioggia è affisso il manifesto di un concerto di musica sinfonica, che annuncia musiche di Franz Schubert.
Potrebbero andarci... come erano andati una volta prima della guerra ad un concerto avente lo stesso programma.
Yuzo non sembra entusiasta, e le sue obiezioni non appaiono molto logiche: sicuramente - secondo lui - non sarà la stessa orchestra d'anteguerra, e certamente non suoneranno allo stesso modo.
Ma infine si lascia convincere: andranno al concerto di Schubert. Il biglietto costa 10 yen a persona, e ne hanno ancora 23.
Masako e Yuko si sono precipitati a prendere il treno per andare a comprare i biglietti.
Sono ormai inzuppati irrimediabilmente e le scarpe fradice, ma perfino i loro piedi ballano di contentezza, soprattutto quelli di Masako che sente il bisogno di esprimere anche fisicamente la propria contentezza.
Sempre sotto la pioggia battente attraversano di corsa tutta la città, correndo all'impazzata per non arrivare tardi.
La fila per i biglietti è già lunga, ma sembra che i due siano arrivati appena in tempo: dietro di loro la fila si allunga vertiginosamente in poco tempo, ma non sono molto lontani dalo sportello della biglietteria.
Invece scopriranno di essere arrivati con un attimo, uno solamente ma fatale, di ritardo.
Proprio davanti a loro c'è l'uomo che renderà mpossibile il loro progetto.
E' un bagarino, e appena arrivato alla biglietteria chiede con arroganza, forzando le obiezioni della cassiera, perché dichiara suo diritto acquistare ciò che vuole se è in grado di pagare, di acquistare tutti i biglietti di categoria B.
Sono quelli che costano 10 yen e su cui puntavano i due giovani.
I loro sogni sono svaniti in un attimo.
Tutti i biglietti da 10 yen sono appena passati nelle mani dell'uomo che già i suoi complici iniziano a proporli ad alta voce alla gente in attesa, al prezzo di 15 yen.
Alla cassa è apparso un cartello: i biglietti da 10 yen sono esauriti.
I soli biglietti rimasti hanno un prezzo inavvicinabile.
Yuzo ha un moto di ribellione e prende di petto l'uomo: gli dia due biglietti, e al prezzo di 10 yen: quello che sta facendo è illegale.
La risposta è volgare e sprezzante, e provoca la reazione di Yuzo, che invano tenta a lungo di trattenersi.
Si getta addosso al bagarino e gli sferra un pugno che lo manda lontano ruzzoloni.
Purtroppo per lui questi approfittatori agiscono sempre in gruppi e sono sempre pronti ad agire per evitare che la loro 'autorità' venga messa in dubbio.
Yuzo viene immediatamente circondato dai teppisti e picchiato in malo modo.
Nè Masako che assiste impotente né le persone che facevano la fila per i biglietti hanno il coraggio di intervenire.
Si allontanano anzi, al temine dell'imprevisto spettacolo, lasciandolo solo nella melma.
Tenta faticosamente di rialzarsi, assistito dalla impaurita Masako.
I due giovani si sentono in gabbia.
Condannati ad una esistenza miserabile senza alcun barlume di speranza.
Masako ha accompagnato Yuzo nel locale dove alloggia, vincendo le sue obiezioni di principio.
Non è un ambiente che incoraggi i lieti pensieri, è chiaramente una sistemazione di ripiego destinata a chi non ha risorse.
Il colpo è stato duro per Yuzo, moralmente prima ancora che fisicamente.
Stenata a riprendersi, e sembra che non ci sia nulla che Masako possa fare per ridargli fiducia in se stesso e nel mondo.
Forse è effetto della frustrazione, ma infine Yuzo trova qualcosa che potrebbe rianimarlo: cerca un rapporto fisico con Masako.
Non è escluso che lei abbia valutato questa possibilità, se infine ha accettato di recarsi da lui.
Ma non è certamente quello il modo in cui un essere umano possa sognare il primo rapporto con la persona amata, frutto della frustrazione e dell'amarezza.
Masako si sottrae all'abbarccio di Yuzo, prende la porta e lo lascia solo.
Rimasto solo, Yuzo riesce a ritrovare lentamente se stesso.
Rgira tra le mani l'orsetto portafortuna dimenticato da Masako.
Si rende conto di quello che sta rischiando di perdere assieme a Masako.
I suoi pensieri vengono interrotti dalla porta di ingresso che si apre.
Masako ha deciso di tornare ed il suo atteggiamento, i suoi gesti, lasciano capire che vorrebbe acconsentire al desiderio di Yuzo.
Non può fare a meno però di considerarlo, in quelle circostanze, come un altro passo verso quel degrado cui stanno cercando disperatamente di sfuggire, alla disperata ricerca di una meravigliosa domenica.
Yuzo se ne è reso conto.
Le chiede scusa.
E le propone di ricominciare per l'ennesima volta da capo, uscendo di nuovo in centro alla ricerca della felicità.
Ed è così che poco tempo dopo li troviamo seduti al tavolino di un locale, in fiiduciosa attesa di quello che hanno ordinato.
L'ordine è stato frutto di una attenta valutazione, per sfruttare al massimo il poco denaro loro rimasto lasciando un piccolo ma sicuro margine di sicurezza.
Purtroppo sono destinati alla ennesima disillusione.
Il caffé portato è pessimo, il latte aggiunto con il contagocce, e le paste servite come accompagnamento sono addirittura immangiabili.
La vera brutta sorpresa deve ancora arrivare: il conto riporta una cifra ben superiore a quella esposta.
Solo controllando attentamente riescono a capire come sia successo: per attirare la clientela i gestori nascondo nei prezzi esposti al pubblico spese addizionali che vengono comunque invariabilmente aggiunte al conto quando si è ormai ordinato e consumato.
Yuzo è ancora una volta fuori di se, ma riesce a trattenersi.
Si alza per andare alla cassa, e consegna tutto il denaro che posseggono.
Sapeva già che sarebbe stato insufficiente e per garantire il pagamento della differenza, per cui tornerà in settimana, lascia in pegno il suo cappotto.
Il barista non si scompone più di tanto: sono cose che capitano, in tempi duri è normale accordare credito.
Si atteggia quasi a benefattore insomma.
Masako e Yuko ne hanno ormai passate tante da far crollare anche le persone più irriducibilmente ottimiste.
Potrebbe essere l'inizio della fine, o perlomeno della rinuncia, ma è fortunatamente già scattato dentro di loro qualcosa, che li renderà invincibili.
Usciti dallo squallido locale, si ritrovano di notte in una località ancora più squallida, dove però decidono di abbandonarsi ai sogni.
Se sono stati trattati in modo indegno in quel locale, il bar che apriranno quando i tempi saranno migliori, il Giacinto, riserverà ad ogni cliente un trattamento impeccabile.
E se non troveranno i locali adatti lo apriranno là, all'aperto, continuando a generale richiesta servire i clienti anche in caso di pioggia.
Dopo avere a lungo bisticciato scherzosamente con Masako per decidere i colori e la disposizione dell'insegna del locale, Yuzo sente il bisogno di fare una prova.
Servirà il primo caffé a Masako, che deve immedesimarsi nei panni della prima cliente.
Naturalmente confermerà di essersi sentita completamente soddisfatta.
Solo dopo diverso tempo i due giovani si rendono conto di avere attirato con la loro burlesca messa in scena tutti gli sfaccendati dei dintorni.
Uomini e donne, vecchi e bambini, immobili a guardare la strana rappresentazione che avviene davanti a loro.
I due devono allontanarsi, ma sono finalmente immersi in una atmosfera magica in cui le cose possono andare solo di bene in meglio.
Troviamo in questa scena due elementi ricorrenti nelle opere di Kurosawa: la luna innanzitutto, presente in tanti film che dobbiamo rinunciare ad elencarli e rimandiamo alla sua filmografia.
E l'altalena, dove adesso Yuzo e Masako giocano infantilmente e che alcuni anni dopo sarà lo sfondo dell'addio alla vita del protagonista di Vivere.
Dall'alto dell'altalena, lo sguardo di Yuzo cade su un cartello lì vicino.
Indica la direzione dell'Auditorium, dove si è tenuta l'esecuzione della sinfonia Incompiuta di Schubert, evento che è rimasto per loro incompiuto di nome e di fatto, è lì vicino.
Perché non andarci?
Correndo ancora una volta a perdifiato, mano nella mano, ma stavolta con la sicurezza di trovare quanto vanno cercando, raggiungono l'Auditorium.
E' all'aperto, quindi nessuno impedisce loro di entrare, e si siedono nella platea umida dopo la pioggia, sotto un cielo in cui le luci della città si alternano a quelle delle stelle.
Kurosawa racconta nel suo Something like an autobiography (pubblicato anche in italiano da Dalai nel 2000 ma praticamente introvabile) che la sceneggiatura di Una meravigliosa domenica fu oggetto di lunghe discussioni tra lui ed il suo vecchio compagno di scuola Keinosuke Uekusa.
In quel momento collaborava con lui in qualità di sceneggiatore, attività che era anche molto importante per Kurosawa: se diresse 30 film, scrisse la sceneggiatura per 71 opere.
Uekusa lo avrebbe sempre accompagnato anche nella vita professionale e in quella privata, formando uno strano connubio più volte scioltosi come per caso ma per poi sempre ricompostosi in modo apparentemente altrettanto casuale. Avevano all'epoca entrambi 37 anni.
Concordarono immediatamente per grandi linee: Yuzo, sulle ali dell'entusiasmo, decide di immaginare di dirigere una orchestra nella esecuzione della incompiuta di Schubert, con Masako come unica spettatrice.
Una imprevista difficoltà si manifestò quando Kurosawa e i suoi colalboratori si resero conto della assoluta insensibilità musicale di Numazaki, assolutamente non credibile nella direzione dell'orchestra immaginaria, alla cui guida avrebbe invece dovuto avere un tocco oniricamente realistico.
La preparazione dovette essere così lunga e rigorosa che il direttore musicale del film, Tadashi Hattori, commentò che alla fine perfino Kurosawa, la cui goffaggine manuale era proverbiale, sarebbe stato in grado di dirigere il primo movimento dell'Incompiuta di Schubert.
Nonostante il suo entusiasmo iniziale, Yuzo si sente improvvisamente perduto.
Ha già chiesto a Masako di avere fede, di credere che effettivamente una orchestra suonerà per lei, ma anche la natura, sotto forma di un gelido vento che sferza sia il palco che la platea, sembra essere ostile a quel raggio di speranza.
Yuzo sta per rinunciare.
A questo punto Masako si rivolge direttamente agli spettatori,
In lagrime li implora, li scongirua, di avere fede nel miracolo.
E chiede loro di applaudire, di rompere col loro consenso quella cortina ghiacciata che impedisce al sogno suo e di Yuzo di materializzarsi.
L'applauso di Masako, cui si unirà quello del pubblico, darà a Yuzo la forza di continuare.
Questa scena finale fu materia di controversie: Uekusa avrebbe preferito che dopo l'appello della protagonista partisse un applauso, che poi si sarebbe rivelato provenire da una seconda coppia celata dal buio all'interno della sala.
Kurosawa volle rimanere fedele alla sua idea: tentare di provocare un applauso spontaneo da parte del pubblico, coinvolgendolo emotivamente e materialmente nella scena.
Fu un fiasco totale in Giappone, ove gli spettatori non avevano il coraggio di abbandonare la loro parte convenzionale lasciandosi trascinare all'interno della vicenda.
Qualche tempo dopo Kurosawa venne a sapere che durante le proiezioni a Parigi il pubblico applaudiva freneticamente all'appello di Masako, generando l'emozione che lui si era prefisso.
Solo dopo l'applauso da parte del pubblico immaginario, o quello reale da parte del pubblico in carne ed ossa, Yuzo si libera ed inizia a dirigere con passione la sua orchestra, mentre la colonna sonora inizia finalmente a diffondere le note della Incompiuta.
Perfino gli elementi sembrano concordare in questo intento benevolo, ora le foglie mosse dal vento si muovono - o appaiono muoversi - in perfetta armonia col ritmo della musica.
Kurosawa la lascia a lungo protagonista unica e assoluta della scena.
Terminata la partitura con l'abbraccio commosso dei due giovani innamorati, Kurosawa inquadra l'orsacchiotto portafortuna di Masako, che fa capolino dalla borsa lasciata poggiata sulla umida panca nella platea.
Più tardi, a notte fonda, stanno aspettando il treno che riporterà a casa Masako.
Sono immersi nei loro pensieri, ma non sono più pensieri cupi.
Perfino lo squallore della stazioncina di periferia, col cestino dei rifiuti sciaguratamente collocato accanto alla panchina, sembra ora più tollerabile, a loro come allo spettatore.
Il treno è arrivato,
Si debbono lasciare.
Ma ora lo possono fare con serenità, con una luce di speranza negli occhi.
Hanno passato una meravigliosa domenica.
Rimasto solo Yuzo si tira sul i bavero della giacca, non dimentichiamo che ha dovuto lasciare il cappotto in pegno, e sta per incamminarsi a sua volta dentro casa.
Come nella scena iniziale, gli cade l'occhio sopra un mozzicone di sigaretta.
E' però solamente un riflesso condizionato.
La guarda con indifferenza, e non la raccoglierà.
Adesso è un uomo libero.
Dopo il termine delle riprese Kurosawa ebbe una enorme soddisfazione, umana e professionale, ricevendo una cartolina che diceva: Al termine del film, si riaccesero le luci nella sala di proiezione. Un uomo anziano era rimasto al suo posto piangendo. La cartolina proveniva dal signor Seiji Tachikawa, il maestro elementare che aveva educato sia Uekusa che Kurosawa, che continuava: Quando ho visto apparire nei titoli di coda i nomi di Seinosuke Uekusa per la sceneggiatura e Akira Kurosawa per la regia, lo schermo divenne confuso e non riuscii a leggere il resto.
Tachikawa sensei venne invitato presso gli studi della Toho per una cena con i suoi due vecchi allievi. Era invecchiato, e debole al punto da non riuscire a masticare i sukiyaki offertigli. Ma assentiva, guardando i due ex monelli, emettendo dei sommessi suoni di approvazione.
Fu allora la volta di Kurosawa a vedere confusamente, per la commozione, il volto del suo vecchio maestro.