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Akira Kurosawa: 1946 - Nessun rimpianto per la mia giovinezza

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Akira Kurosawa: Nessun rimpianto per la mia giovinezza (Waga seishun ni kuinashi)

1946

Setsuko Hara, Susumu Fujita, Denjiro Okochi, Akitake Kono, Takashi Shimura.

 

Il titolo del mio primo film post bellico divenne una frase popolare. Dopo la sua distribuzione ci si imbatteva spesso nell'uso di "nessun rimpianto per .... " nei giornali e negli altri media. Ma per me personalmente la sensazione fu opposta. Ho molti rimpianti riguardo a questo film. La ragione è che la sceneggiatura venne riscritta contro la mia volontà.

Akira Kurosawa, Something like an autobiography, p. 148

 

Nel 1946 la casa di produzione Toho, in cui Kurosawa aveva mosso i primi passi e con cui doveva collaborare ancora a lungo portando a termine la maggior parte dei suoi capolavori, venne scossa da un lungo periodo di sommosse sindacali, che ebbero il loro culmine proprio nel momento in cui si girava la prima opera di Kurosawa successiva al periodo bellico.

Come spesso succede la sconfitta nella guerra aveva provocato un forte senso di rifiuto del passato, e maggiormente attivi e zelanti nella autocritica furono proprio coloro che maggiormente si erano compromessi col passato regime. Kurosawa, non ritenendo dignitoso criticare a posteriori quanto non aveva avuto il coraggio di combattere quando sarebbe stato il momento, mantenne una posizione neutrale e venne guardato con sospetto.

Venne "riabilitato" quando accettò di collaborare ad un film di scoperta propaganda poltica (I costruttori dell'avvenire) in cui il protagonista, un lavoratore dello spettacolo, prende coscienza grazie alla critica delle figlie della sua condizione di sfruttato e si ribella sfilando in piazza il primo maggio, ove gli viene concesso di portare la bandiera rossa. Dopo una sola settimana di riprese però Kurosawa sentì che non poteva continuare una collaborazione non sentita con una causa non sua e rassegnò le dimissioni, tornando nel limbo in cui era stato provvisoriamente collocato.

Ebbe una nuova occasione quando venne approvata la produzione del suo nuovo film, ambientato presso l'Università di Kyoto ed ispirato ad un fatto di cronaca che aveva fatto scalpore prima della guerra.

Ma nel frattempo presso gli studi di produzione era stato istituito un Comitato di Revisione delle Sceneggiature, fortemente politicizzato, con la missione di vigilare che ogni opera in corso di produzione rispondesse ai criteri ideologici voluti dal sindacato. La sceneggiatura originale di Nessun rimpianto per la mia giovinezza, uscita dalla mente di Eijiro Hisaita, venne completamente riscritta per riassemblarla cucendola assieme ad una seconda sceneggiatura, che trattava di un tema analogo, che era stata presentata al Comitato e godeva di forti appoggi politici.

Le obiezioni di Kurosawa, secondo lui solo apparentemente le due storie erano simili ma in realtà avevano intonazioni completamente diverse ed avrebbero dovuto dare origine a due film assolutamente differenti, non vennero ascoltate. Solamente negli ultimi venti minuti del montaggio Kurosawa deliberatamente cercò di riportare la trama sulle tematiche da lui volute, rinunciando tuttavia alla congruenza tra la parte precedente e quella finale e firmando un'opera che sapeva incoerente.

Ebbe tuttavia qualche sia pur platonica soddisfazione postuma: lo stesso Comitato di Revisione ammise che la sua visione dell'opera  era tanto giusta quanto incompatibile con le modifiche impostegli, e il comitato di censura delle autorità di occupazione statunitensi, che si stava orientando a non approvare la distribuzione dell'opera, cambiò completamente opinione proprio grazie a quei venti minuti finali, e alcuni dei suoi componenti strinsero calorosamente la mano del regista al termine della proiezione.

Le agitazioni sindacali non avevano però ancora terminato di fare danni: alcune delle figure più rappresentative della Toho, e soprattutto gli interpreti più famosi, decisero esasperate di uscirne, aderendo alla nuova casa di produzione Shin Toho (Nuova Toho). Occorsero anni prima che la Toho riuscisse a riprendersi dalla emorragia, ma fortunatamente questa nuova difficoltà, che obbligò Kurosawa a ricorrere a nuovi talenti emergenti e semisconosciuti o sconosciuti del tutto, portò nuova linfa. Basti ricordare la scoperta, avvenuta grossomodo l'anno seguente, del meraviglioso talento di Toshiro Mifune e la rivalutazione dello straordinario Takashi Shimura, che sembrava destinato ad una non gloriosa carriera di caratterista.

In questo film Kurosawa utilizza ancora, per l'ultima volta, Denjiro Okochi e Susumu Fujita, che erano stati i protagonisti nelle sue opere precedenti (Sugata Sanshiro, Tora no ofumu otokotachi e Zoku Sugata Sanshiro). Fujita impersona il giovane intellettuale militante Ryukichi Noge, Okochi (in basso) il professor Yagihara, combattuto tra la necessità di allinearsi alla ideologia dell'epoca - in quanto riveste un ruolo ufficiale - e le sue convinzioni interne che lo portano a condividere i principi anche se non i metodi della ribellione di Noge.

La trama del film ripercorre, ovviamente a grandi linee, un episodio che come abbiamo detto aveva fatto scalpore alcuni anni prima: la destituzione del professor Takigawa accusato di avere impostato il suo insegnamento sulle dottrine marxiste, e le conseguenti dimissioni per protesta dei suoi colleghi della facoltà di Legge dell'Università di Kyoto.

Nel film la giovane Yukie, figlia del  professore Yagihara la cui figura palesemente allude a quella di Takigawa, è divisa tra l'amore di due giovani, il tranquillo e un po' conformista Itokawa (Akitake Kono) e l'impulsivo Noge, che si contendono le attenzioni di Yukie  durante una gita di gruppo nel bosco.

Noge verrà perseguitato, imprigionato ed infine ucciso dalla polizia politica. Yukie, imprigionata a sua volta come complice e liberata solo diverso tempo dopo, rimarrà fedele alla sua memoria. Senza alcun rimpianto per la sua giovinezza perduta. Si recherà nel lontano villaggio dei suoceri e là farà violenza alla sua natura borghese per vincere la loro diffidenza e conquistarsi il loro rispetto, affrontando senza un lamento il duro lavoro dei campi.

 

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