Miti, leggende, eroi
Onna-bugeisha, 女武芸者
Indice articoli
Onna-bugeisha, 女武芸者
"Artista marziale femminile" , ovvero
Le donne samurai
di Michelangelo Stillante
Cosa hanno in comune Hattori Hanzo, Date Masamune, Tokugawa Ieyasu, Kusunoki Masashige, Miyamoto Musashi e Ishikawa Goemon ?
Be' … oltre ad essere icone del paese del Sol Levante e rappresentarne una pietra miliare nella storia, sono stati famosi samurai che vissero in epoche diverse rappresentando una continuita’ storica dello spirito guerriero nipponico (chi volesse qualche notizia in piu’ puo’ leggere un mio precedente articolo qui).
Introduzione
Si fa sempre riferimento alla figura samurai parlando al maschile, e forse è anche giustificabile visto che il genere rappresenta il 99% dello status e professione un tempo cardine della vita sociale giapponese, ma forse non tutti sanno che anche il genere femminile ha dato fulgidi esempi in materia. Non essendo questo uno studio approfondito e professionale ma solo divulgativo in materia, possiamo dire che di quello che comunemente si trova curiosando per la rete (sufficientemente documentato e salito agli onori della cronaca nazionale), alcune informazioni risalgono al periodo pre-Tokugawa, qualcosa si ritrova nel periodo finale dello stesso shogunato (dal 1840 in poi) e nel periodo Meiji, nulla nel periodo successivo.
A mio avviso, ma e’ solo una opinone, questo e’ giustificabile con il fatto che prima dello shogunato Tokugawa il Giappone non era ancora una nazione ed era dilaniato da scontri e guerre tra clan molto frequenti, per cui la possibilità di figure guerriere di spicco era piu’ alta. Durante l’era Tokugawa, il rigido controllo del territorio creò il terreno fertile per circa 260 anni di pace. La situazione cambiò sul finire di questo shogunato perché anche la sitazione internazionale si stava avviando verso l’era moderna. Il Giappone, quasi ermeticamente chiuso per un millennio, dovette aprirsi al commercio con gli stranieri, costretto con la forza dalla pesante intromissione degli Stati Uniti.
Il lungo periodo senza guerre aveva portato I samurai a diventare sempre piu’ burocrati esercitando sempre meno le arti guerriere per le quali sono diventati leggendari. Al momento dell'apertura delle frontiere le leggi introdotte per agevolare i contatti tra il paese nipponico e gli stranieri causarono discordia tra lo shogun, favorevole, e l'imperatore, contrario. Tutto ciò creò le condizioni per l’ultimo grande scontro che cambiò definitivamente il Giappone (che riuscì purtuttavia a rimanere ancorato alle sue tradizioni e continuare a esprimerle). In questa fase si scatenò l’ultimo grande impeto d’orgoglio samurai anche tra le donne; ritennero non più sufficienti la protezione, preparazione e volontà d’intervento dimostrate in passato dagli uomini. Decine e decine di donne si addestrarono, combattererono e morirono per la stabilità dello shogunato o per la divinità dell’imperatore. Fu proprio in questa fase che diverse onna-bugeisha guadagnarono notorietà. Dopo lo shogunato Tokugawa il Giappone entra nell’epoca Meji (inizio dell'era moderna) e cambia profondamente.
La katana era presente nell'armamentario femminile, come puo’ sembrare naturale, ma l’arma che caratterizzò maggiornente la figura della donna samurai fu il Naginata, una alabarda munita di una lama ricurva e affilatissima. Questo dava loro un vantaggio tattico contro gli uomini di maggiore prestanza fisica, permettendo di combattere a distanza di sicurezza compensando cosi’ il divario di forza.
Pur temibili come e, alle volte, più degli uomini, le onna-bugeisha non rappresentarono esattamente l’equivalente femminile dei samurai; questo perché per la maggior parte del loro tempo erano coinvolte nella gestione di un quotidiano piuttosto normale: casa, famiglia, lavoro nei campi e gestione economica della casa, in qualità di figlie, mogli e sorelle di samurai. Sapevano quindi presumibilmente leggere e scrivere, ma venivano anche addestrate allo stesso momento al combattimento, nel caso dovessero difendere il loro quotidiano in assenza degli uomini.
Il periodo Kofun (250-300 dc, 550 dc)
La prima onna-bugesiha di cui si ha notizia visse a cavallo tra il II e III secolo d.C. L’imperatrice Jingu, cosi’ è ricordata, pare nacque nel 169 e fu consorte dell’imperatore Chuai. Dopo la morte del marito ucciso in battaglia divenne reggente nel 209, fino all’anno in cui morì e il figlio Ojin prese il suo posto nel 269; quindi donna guerriera per ben 60 anni!
Non si hanno notizie certe circa la sua vita e il suo regno e tutta la sua vita è divenuta leggenda. Pare che sia leggenda anche il fatto (ampiamente respinto anche in Giappone) che lei abbia attraversato il mare interno e conquistato la Corea nel 200 senza spargimenti di sangue anche se alcune fonti riportano di un controllo del Giappone sulla Corea abbastanza consolidato nel IV secolo.
La leggenda narra anche che lei abbia concepito il figlio prima di partire per la conquista della penisola coreana ma che il figlio sia nato tre anni dopo al suo ritorno in Giappone nel 203 in quanto la madre ritardò volontariamente il parto fino a conclusione della guerra.
Il figlio fu quindi identificato con Hachiman, dio della guerra e protettore dei samurai nel pantheon degli dei scintoisti del credo nipponico; quello stesso Ojin/Hachiman, antenato del clan Minamoto e quindi di Minamoto no Yoritomo che, diventando Shogun, nel 1192 inaugurò il periodo Kamakura (1192 - 1333).
Un paio di fonti, Kitabatake Chikafusa (1293 – 1354) e Arai Hakuseki (1657 – 1725) affermarono che in realtà Jingu fosse stata la regina Himiko, sovrana del regno Yamatai, uno dei regni in cui era frazionato il Giappone situato nella zona di Nara, ma su questo non si hanno altri riscontri affidabili. Nel 1878, la fama di questa principessa guerriera la porto’ ad essere la prima donna raffigurata su una banconota giapponese.
Considerta fino al periodo Meiji la 15a imperatrice nipponica, a seguito nella scarsa attendibilita’ delle fonti storiche il suo nome e’ stato eliminato dalla lista ufficiale cedendo il suo posto al figlio Oijin. Indipendentemente dalla leggenda che circonda la sua figura, l’imperatrice Jingu incarna sicuramente il carattere forte e la determinazione delle donne guerriere giapponesi. La sua tomba ufficialmente si trova a Misasagi-cho a Nara.
Il periodo Heian (794-1192) e Kamakura (1192-1333)
Tomoe Gozen, 1157 – 1247
Sfondo storico: periodo Heian, la guerra Gempei (1180-1185).
In questo periodo viene riportata la figura di Tomoe Gozen, leggendaria donna samurai del clan Minamoto, cognata/moglie/concubina del generale Minamoto no Yoshinaka (1154-1184), capo clan. L'Heike Monogatari narra le cronache della guerra Genpei e degli scontri tra due clan, i Minamoto (Gen nella lettura cinese del primo ideogramma) e i Taira (Pei), scoppiata nel tardo periodo Heian, segnandone anche la fine, e che pur lasciando il paese devastato diede il via all’ascesa dei samurai: fu in questo periodo infatti che Yoritomo no Minamoto ottenne il permesso per selezionare tra di loro persone incaricate di raccogliere tasse, rendendo la casta samurai una delle classi dominanti.
Le basi storiche senza dubbio ci sono, sono confermate e ufficiali, ma la figura di Tomoe Gozen è piuttosto romanzata e le vicende sulla sua vita appaiono per la prima volta appunto nell'Heike Monogatari. Ma questo poema epico è decisamente di parte, seppur scritto da un autore anonimo (molto probabilmente da diversi autori) tratta principalmente delle imprese del generale Taira no Kiyomori, ma in una ottica Minamoto quindi dipingendolo negativamente. La celebrità di Tomoe è originata dal fatto che nel poema viene descritta come una tipica bellezza nipponica (capelli neri lisci e lunghi, pelle bianca, particolarmente affascinante), dotata di straordinarie abiltà marziali, essendo arciere e spadaccina formidabile, di coraggio fuori dal comune e pronta a confrontarsi con chiunque, a piedi o a cavallo.
La iconografia la rappresenta infatti quasi sempre a cavallo. Inoltre sembra ricoprisse un ruolo di prestigio durante la guerra dato che il generale Minamoto si affidava alle sue capacita’ di valutazione delle forze nemiche, mandandola in avanscoperta prima dei momenti decisivi.
Si ricordano particolarmente tre battaglie che contribuirono ad accrescere la sua leggenda:
- La battaglia di Yokotagawara (1181) dalla quale ritornò con sette teste di nemici
- La battaglia di Tonamiyama (1183 ?) in cui guidò più di 1000 uomini alla vittoria
- La battaglia di Uchide no Hama (1184) in cui si confrontò con solo 300 uomini contro 6000 del clan avversario restando fra i pochissimi sopravvissuti.
Dopo la sconfitta e morte del suo signore e marito nella battaglia di Awazu (1184) le notizie si fanno ancora più incerte se possible. Alcune notizie riportano che diventò monaca fino a quando morì, altre la danno per suicida o catturata divenendo concubina di Yoshimori del clan di Yoritomo. Le sue gesta sono oggi rappresentate in un famoso dramma del teatro Nō che ha il suo nome, il suo personaggio ha influenzato diverse scuole di naginata e la pittura la raffigura spesso. Sembra che nacque e crebbe nella città di Aizu e anche il luogo della sua morte e sepoltura non è sicuro. Alcune fonti la riportano sepolta nel tempio di Gichuji nella prefettura di Shiga, e altre nel tempio di Tokuonji nella prefettura di Nagano, dove si trova un mausoleo dedicato a Yoshinaka e una statua in bronzo che rappresenta Tomoe a cavallo. Ogni anno a Kyoto durante il Jidai Matsuri si può vedere una comparsa che la rappresenta in costume.
Hōjō Masako 1157-1225
Hōjō Masako nacque nella provincia di Izu nel 1157 e visse tra la fine del periodo Heian e l’inizio del pariodo Kamakura. Fu sposa di Minamoto no Yoritomo, già menzionato, divenuto shogun nel 1192 e morto nel 1199. Anche lei, come Tomoe Goze è principalmente ricordata come autrice del successo del marito. Masako e Tomoe furono rivali, combatterono in parti contrapposte durante la guerra Genpei, e figurano entrambe nell’Heike Monogatari. Masako è passata alla storia soprattutto come la prima donna reggente dello shogunato ed è conosciuta anche con il nome di ama-shogun, cioè suora-shogun. Dopo la scomparsa di Yoritomo continuò ad esercitare il potere fino alla sua morte, nonostante due suoi figli fossero successivamente riconosciuti shogun (e assassinati nel corso del loro shogunato) e un altro shogun fantoccio fosse stato messo al potere dopo la morte del suo secondo figlio. Durante la sua reggenza fece in modo che le donne acquisissero lo stesso diritto ereditario dei maschi anche se, in pratica, le donne rimasero relegate al loro ruolo primario nell’ambiente domestico, al sostegno di famiglie e mariti, amministrando le finanze, gestendo la servitù e crescendo i figli.
Non nacque certo da un ceto sociale elevato e anche per lei le notizie sulla sua vita sono incerte, scarse e non confermate, ma sicuramente fu legittima consorte del primo shogun, Yoritomo, probabilmente aiutata dal fatto che suo padre Hōjō Tokimasa fosse shikken, delegato e rappresentante dello Shogun.
Annoverare Masako tra le donne samurai può sembrare curioso perche’ sembra che lei non sia mai andata in battaglia. Ma più che per le sue qualità marziali, Masako viene ricordata tra le donne samurai per le sua qualità di combattività e tenacia, per il suo spirito mai indomito e per la sua fedeltà al marito e signore; qualità senza dubbio tipiche della cultura samurai.
Ōhōri Tsuruhime nacque nel 1526 e suo padre fu Ōhōri Yasumochi, sacerdote capo del santuario di Ōyamazumi, sull'isola di Ōmishima, a sudest di Hiroshima. Era tempo di scontri tra fazioni rivali e in quei luoghi si fronteggiavano i clan Ouchi e Kono.
A quindici anni, alla morte del padre, Ōhōri divenne sacerdotessa capo del tempio scintoista, e con la carica religiosa assunse anche il ruolo di responsabile della difesa dell’isola quando venne minacciata per l’ennesima volta di invasione da parte del clan avversario. Lo spirito non le mancava e neanche la preparazione le faceva difetto visto che fin da bambina aveva respirato, mangiato e digerito l’addestramento marziale.
Con l’evocazione dello spirito di Mishima Myojin, una tra le molte divinità del mondo scintoista, guidò le difese dell’isola respingendo ancora una volta la flotta Ouchi. Viene riproposta la figura centrale di Tsuruhime in successive vittoriose difese dell’isola fino al 1543, quando si suicido’ per amore, avendo saputo della morte in battaglia del suo amato, annegandosi nell’oceano. Pare (non si ha conferma di questo) che le sue ultime parole siano state: «Con l'oceano di Mishima come testimone, il mio amore sarà inciso con il mio nome.»
Il periodo Edo (1603 - 1867) e Meiji (1868 - 1912)
Tokugawa Ieyasu dopo essersi appropriato del sacro scranno del potere venendo nominato Shogun dall'imperatore dopo la battaglia di Sekigahara (1600), inaugurò una stagione di pace che durò per 260 anni. Lo status di samurai cambiò notevolmente e di conseguenza anche le onna-bugeisha non ebbero più motivo di distinguersi in battaglia. Lo status di guerriero si tramutò pian piano, accentuandone ulteriormente le funzioni burocratiche.
Viaggiare durante il periodo Edo era diventato molto difficile a causa delle restrizioni imposte dallo shogunato; le donne potevano subire molestie dai funzionari ai punti d’ispezione, non erano più autorizzate a viaggiare da sole, dovevano essere accompagnate da un uomo e dotate di permessi comprovanti i motivi dei loro spostamenti. Il ruolo della donna come semplice bambinaia o donna di casa si rafforzò e il rapporto uomo donna si sbilanciò sempre più a favore dell’uomo, in posizione dominante.
Nulla o quasi turbò questa situazione di relativa tranquillità fino all’arrivo massiccio degli stranieri a metà del XIX secolo. Si deve arrivare fino alla guerra Boshin (1868-1869) per ritrovare lo spirito indomito del samurai incarnato nella furia omicida di una donna. La guerra vide lo scontro tra lo shogunato Tokugawa, favorevole all'apertura delle frontiere, e la fazione che promuoveva il ritorno alla centralità del potere sotto la guida dell’imperatore Meji e voleva la cacciata degli stranieri. Lo shogun si arrese a Tokyo alle armate imperialiste forti dell'adesione dei feudi del sud, soprattutto Satsuma ove la concentrazione di guerrieri era fortissima e Choshu. Per pochi mesi ancora i fedeli dello shogun cercarono di resistere al nord, in particolare nella zona di Aizu. Tre donne samurai in particolare si distinsero nella battaglia di Aizu: Yamakawa Futaba, Yamamoto Yaeko e Nakano Takeko.
Yamakawa Futaba (1844-1909)
Era figlia e moglie di un samurai. Quando i ribelli si arresero alle truppe dell’imperatore, Futaba fu tra i sopravvissuti.
Fu in seguito riabilitata e arrivò a ricoprire incarichi nell’amministrazione Meji.
Yamamoto Yaeko (1845 -1932)
Era figlia di un istruttore d’artiglieria. Quando tutto finì, andò a Kyoto per prendersi cura del fratello.
In seguito si sposò con un predicatore evangelico e si converti’ al cristianesimo.
Nakano Takeko (1847-1868))
Si distinse in particolare durante la battaglia di Aizu nella difesa del castello di Wakamatsu. Era a capo dello Joshitai, un reparto di venti donne in forze alla difesa del castello. L’ufficialità di questo incarico fu tuttavia postuma dato che formalmente non era consentito alle donne militare in un esercito. Nacque a Edo ed era figlia e discendente di samurai. Fu addestrata giovanissima alle arti marziali, allo studio dei classici cinesi e della religione confuciana, alla calligrafia. Si conosce molto della sua vita e si sa che fu adottata dal suo maestro arrivando a pochi passi dal matrimonio con un suo nipote. Diventò esperta nell’arte del naginata arrivando ad usare la sua abilità per divenire insegnante di professione.
Si trasferi’ a Aizu nei primi mesi del 1868, quando i disordini a Edo erano molto frequenti. Durante la difesa del castello Takeko fu colpita a morte (1868) ma prima di morire, aveva 21 anni, chiese alla sorella Yuko, anche lei nel gruppo di difesa, di decapitarla (cosa fatta materialmente da un soldato), questo per darle una degna sepoltura e per impedire che i nemici facessero scempio del corpo. La sua tomba (la sua testa) si trova ufficialmente al tempio Hokai, ad Aizubange, cosi’ come la sua arma, donata al tempio.
Prima di morire le donne erano state invitate a scrivere un ultimo messaggio qualoro fossero morte in battaglia:
Non oserei mai considerarmi
membro della cerchia dei più grandi e famosi guerrieri
anche se condivido con tutti loro
il medesimo coraggio.
Nel 1938 fu donato al tempio un cenotafio in onore di Takeko, ove è apposta questa epigrafe:
Il suo ricordo, ammirazione e quasi venerazione, è tale che ogni anno in settembre, durante il festival dell’autunno di Aizu, si tiene una rievocazione storica in cui giovani ragazze si abbigliano con hakama e fascia bianca a cingere la fronte per commemorare lei e il suo piccolo esercito di Joshigun.
La fine della guerra Boshin arrivò con la vittoria dell’imperatore, che proclamo’ la restaurazione del suo potere temporale e in seguito la definitiva fine dell’era dei samurai, che avevano servito, fedelmente o meno, l’imperatore del trono del crisantemo e il suo rappresentante - lo shogun - per quasi un millennio.
Il fiore di ciliegio: rappresenta una idea di bellezza perfetta ed effimera, Perfetta: perché nata cresciuta e morta per permettere all’uomo di goderne, così come il samurai è al servizio del suo signore e del suo popolo, secondo i canoni del bushido; effimera: perche’ un colpo di vento puo’ distruggerla, così come un colpo di spada può mettere fine alla vita del samurai.
Una idea di vacuità’ dell'esistenza (allo stesso tempo colma di significato), avente il solo per lo scopo di far godere della priopria bellezza l’uomo che la contempla, così come lo scopo del samurai è solamente quello di servire il proprio signore e il sacro Giappone nel modo migliore.
Un lungo percorso verso la perfezione, che si rivela inesorabilmente attraverso una gestazione che sfida i capricci del tempo, ovvero attraverso un lungo percorso di formazione nelle arti marziali e delle altre arti che rendono il samurai un perfetto esecutore del proprio dovere.
Così come la perfetta fine dell’esistenza del fiore di ciliegio è la morte preludio alla rinascita, per il samurai la morte in combattimento, è visione per quanto tragica naturale e conforme allo scopo. Il fiore di ciliegio, simbolo della classe del samurai. Una dicotomia ricordata universalmente con il famoso detto:
Hana wa sakuragi, hito wa bushi
ovvero:
Tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero
Riferimenti (elenco non esaustivo):
http://www.samurai-archives.com
https://www.rejectedprincesses.com/princesses
https://www.youtube.com/watch?v=8NeONQlq57k
http://www.historyoffighting.com
https://www.thoughtco.com/images-of-samurai-women-195469
NB: Le immagini sono tutte reperibili liberamente attraverso una ricerca in rete e non sono proprietà dell’autore