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Kon Ichikawa: 1959 - Nobi - Fino all'inferno, senza ritorno

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Comincia a chiedersi se abbia un senso tutto questo. Tentare continuamente di sfuggire alla morte, senza sapere dove andare e se vivere non sia solo la continuazione di un incubo.

Forse la risposta giusta è quella che porta sempre nel suo zaino: la bomba a mano con cui porre fine a quel vagare senza meta e senza speranza.

Colto da un attacco di risa isterico, Tamura si arresta di colpo quando il vento, portando via il fumo delle esplosioni, gli rivela la carneficina che ha lasciato dietro di se, nell'ospedale bombardato.

 

 

 

 

 

 

 

Attirato da una luce proveniente da un campanile, che svetta sopra le cime degli alberi, Tamura si dirige ora verso dove presumibilmente sorge un villaggio, seguendo il corso di un fiume.

SI chiede ancora il perché di tutto questo, se abbia un senso.

Gli abitanti probabilmente lo considereranno un nemico, gli spareranno addosso. Perché andarci? Eppure ci va.

Il villaggio è completamente deserto, le case vuote ed abbandonate.

L'unico essere vivente è un cane randagio, che assale Tamura. E' costretto ad abbatterlo con la baionetta.

 

 

 

 

Si dirige poi verso la chiesa che aveva visto da lontano.

L'orrore lo fa cadere in ginocchio.

Sulle rovine della chiesa si accatastano i corpi accatastati alla rinfusa di decine di soldati giapponesi.

Giacciono lì sicuramente da molti giorni: sono in stato di avanzata putrefazione, immobilizzati dalla morte in pose forse casuali ma disperate, angoscianti.

 

 

 

 

 

 

 

 

La vista di una barca che si sta avvicinando alla riva del mare lo obbliga a riscuotersi

Allarmato, si nasconde.

Si tratta in realtà solo di una giovanissima coppia.

Tenendosi teneramente per mano corrono allegramente nelle strade deserte del villaggio fantasma.

La loro meta è un edificio ben preciso. Vi entrano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tamura li segue. Li saluta, tenta di stabilire con loro un rapporto amichevole.

La ragazza vede in lui in quel momento solo un nemico armato. Urla disperatamente.

Tamura, forse senza sapere nemmeno perché, le spara e la uccide.

Il ragazzo fugge e riguadagna la barca allontanandosi nel mare, invano inseguito dai colpi di fucile di Tamura.

Quello che erano venuti a cercare era un piccolo tesoro nascosto: un deposito di sale, raro e prezioso in tempo di guerra, celato sotto il pavimento della capanna.

Tamura, pentito del suo gesto, se ne accorge solo quando cerca di ricomporre pietosamente il corpo della ragazza.

Il soldato se ne serve, riempiendo per quanto può il suo zainetto, poi si allontana prima che il ragazzo arrivi a dare l'allarme e il nemico lo venga a cercare.

 

Deve ritornare sui suoi passi, varcare di nuovo il fiume e cercare la salvezza altrove.

Su un ponticello di fortuna, si rende conto che prima di proseguire deve liberarsi di quanto gli pesa, sulla coscienza prima ancora che sulla spalla.

Si toglie il fucile e lo lascia cadere nell'acqua.

 

 

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