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Akira Kurosawa: 1949 - Il duello silenzioso - Epilogo
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Il tempo trascorso non può in realtà essere molto, si tratta di pochi mesi, eppure qualcosa è cambiato, a volte nell'atteggiamento interiore, a volte solamente in quello esteriore, di tutti i protagonisti.
Rui, dopo aver ascoltato di nascosto il colloquio in cui Kioji confessava al padre la sua infamante malattia ma al tempo stesso rivendicava la sua innocenza, ha riflettuto.
E' da poco diventata madre, accettando il suo ruolo senza vittimismi e sta studiando con serietà per passare l'esame di infermiera; ed è diventata amica e confidente di Kioji.
Questi ha ormai rotto ufficilamente il fidanzamento con Misao, che formalmente era solo congelato. Lei nonostante si sia fidanzata con un altro uomo e sia ormai vicina alle nozze non lo ha dimenticato; ancora una volta i suoi passi la portano all'ospedale.
La tensione di Koji è testimonata dalla compulsiva pulizia del dit, quello rimasto ferito durante l'operazione che gli fu fatale. Un gesto che gli vedremo spesso ripetere ossessivamente, per tutta la durata del film.
La conversazione tra i due sembra finalmente rilassata, amichevole, ma non potrà così durare a lungo. Misao non si è ancora liberata dal tormento di non sapere le ragioni del rifiuto di Kioji, tuttavia il momento in cui tutto sarà finito è vicino: le sue nozze sono fissate per il giorno dopo.
Solo in quel momento i due sembrano rendersi conto che non hanno più tempo, l'una per chiedere, l'altro per parlare.
In realtà riescono a esprimere a parole solo futili concetti, ragionando sull'orario dei treni per il viaggio di nozze.
Sembra per un attimo che la barriera tra i due possa essere superata d'istinto, stanno per gettarsi l'uno nelle braccia dell'altra.
Poi improvvisamente un lampo, che Kurosawa drammaticamente visualizza sullo schermo, approfittando del maltempo mostrato dalla solita finestra che dà sulla solita cancellata, attraversa la mente e il corpo stesso di Kioji. Non deve. Non può.
I due in quel momento si separano, ormai per sempre. E ora Misao torna a soffermarsi su particolari insignificanti, di nuovo impotente ad esprimere quello che sente.
Misao se ne va, materialmente, percorrendo il vialetto della clinica sotto una pioggia incessante. Sullo sfondo le rovine della guerrra appena terminata.
La sirena di un treno nelle vicinanze evoca l'idea della partenza irreversibile.
Muta, mentre in precedenza tra le due donne si era stabilita una certa familiarità ed un desiderio reciproco di confidarsi, Rui la vede allontarsi.
Ora Rui e Kioji sono rimasti da soli. Lei si accinge a preparargli la solita iniziezione di routine, e non riesce a trattenere il desiderio di chiedere qualcosa di più sulla triste vicenda di Kioji e Misao.
Le sue domande, per quanto naïf e tendenzialmente indelicate, hanno l'effetto di scatenare finalmente in Kioji quel necessario processo di autoanalisi che può portarlo a riacquistare la serenità.
Come mai, pur visibilmente e fortemente attratto da Misao, è riuscito a trattenersi?
Evidentemente appartiene a quel genere di malati, e già qui Fujisaki senza dimenticare di essere un dottore riconosce di essere anche un malato , soprattutto nell'animo, che non manifesta il proprio timore e la propria sofferenza ma si macera nell'angoscia.
E' necessario conoscere quanto sia stata importante questa scena, per Kurosawa certamente - che così nel parla nel suo Something like an autobiography - ma non solo per lui.
Per quella scena avevo progettato un piano sequenza [in cui la macchina da presa rimane sostanzialmente immobile] di insolita lunghezza per quel periodo: più di cinque minuti. La notte prima delle riprese né Mifune né Noriko Sengoku, riuscirono a dormire. Sentendomi un pò alla vigilia di una battaglia, anche io passai una notte insonne.
...
Mifune e la Sengoku recitavano come se si trattasse di vincere o morire. Man mano che trascorrevano i secondi, la loro interpretazione raggiungeva un grado di intensità insostenibile. ... Finalmente, quando Mifune ruppe in lagrime confessando la sua sventura, sentii tremare i riflettori accanto a me. Capii subito che ero io che tremavo
Diedi una occhiata alla macchina da presa e soprassalii. L'operatore, che guardava attraverso il mirino e azionava la macchina da presa, stava piangendo come un bambino .... se la macchina da presa fosse andata fuori fuoco perché Mifune e la Sengoku erano riusciti a far piangere l'operatore, tutto sarebbe stato inutile ... Quando l'operatore, con la faccia distorta e coperta di lagrime, finalmente gridò «Stop, buona» alla fine dell'azione, provai un immenso sollievo. Mentre tutti i presenti erano ancora presi dalla tremenda tensione della scena, io mi sentivo altrove. Avevo persino dimenticato di dire «Stop!». Com'ero giovane allora...
Nel corso del colloquio la maschera di impassibilità fino ad allora mantenuta da Kioji Fujisaki cede, e l'uomo scoppia in lagrime maledicendo la sua folle pretesa di rimanere puro per essere degno di Misao, solamente per essere contaminato innocente dalla follia di un'altra persona.
Gli è impossibilie accettare l'idea di perdere Misao, per quanto la coscienza tenti di imporglielo.
E' troppo anche per l'apparentemente cinica Rui, che non riesce a porre fine al suo pianto, irrefrenabile e interminabile.
Fujisaki si scusa con lei per averla messa in imbarazzo confidandole dei segreti così pesanti.
Raccoglie poi da terra lo stetoscopio, che aveva gettato via con rabbia, tentando così anche simbolicamente di rientrare nella sua maschera di impassibilità e nel ruolo di dottore che la vita gli ha assegnato.
Non gli sarà così facile: al termine della terribile confessione anche Rui ha gettato la maschera.
Si dichiara pronta a soddisfare ogni suo desiderio, accettando anche la sua malattia, come se fosse un semplice favore senza grande importanza.
Confessa di amarlo.
E' troppo tardi, Fujisaki è ormai rientrato nella parte che si è imposto. E' ritornato al suo duello silenzioso.
Chiede a Rui la cartella clinica di un paziente appena operato, e si immerge nello studio delle analisi, incurante di lei.
Passa altro tempo, lo spettatore se ne rende conto dalle consuete immagini di uno dei protagonisti, questa volta Fujisaki, che osserva dalla finestra il susseguirsi delle stagioni.
La routine quotidiana della clinica viene turbata da un imprevisto: Takiko Nakada sta attendendo in sala dii aspetto, senza aver fissato alcun appuntamento. Rui arriva appena in tempo per soccorrerla mentre viene colta da un malore.
La situazione è grave, ci sono poche speranze per il bambino e la donna deve essere operata nel tentativo di salvarle la vita. Mentre attende di entrare nella sala operatoria, Kioji le chiede se vuole aspettare l'arrivo del marito.
La donna gli confessa di avere lasciato per sempre Susumu Nakada, l'origine involontaria ma non innocente dei molti mali di tutti i protagonisti della vicenda.
L'operazione sarà, lunga difficile.
Dopo che sono entrati i due Fujisaki nella sala operatoria cala la notte.
Solamente quando tornano le luci del giorno Rui e Rioji ne escono, spingendo la barella su cui si trova Takiko Nakada, ormai salva.
Lei ha la forza di chiedere cosa ne è del bambino.
Le risposte dapprima sono reticenti, poi brusche, infine ferme e con un tentativo di spiegazione: è meglio che non lo veda.
In quel momento fa irruzione nella clinica Susumu Nakada, completamente ubriaco, aggressivo ed armato di un bastone.
Ha intenzione di vendicarsi di Rioji, colpevole secondo lui di tutti i suoi guai, ma in realtà è talmente ubriaco da non poter essere realmente pericoloso, per quanto il suo atteggiamento sia aggressivo ed irragionevole.
Basterà Rui a tenerlo a bada, schiaffeggiandolo con tutte le sue forze non appena apprende che è stato lui a contagiare il dottor Fujisaki.
E non contento di questo continua con il suo folle egoismo a seminare lutti, sia tra gli estranei che le persone che dice gli siano care.
Nakada non ha la sensiibilità necessaria per riflettere su queste accuse, non l'ha mai posseduta.
Adesso quello che gli preme è solo vedere il suo bambino, probabilmente non per un tardivo moto di affetto ma perché lo considera un oggetto di sua proprietà, che non deve essergli sottratto.
Invano tentano prima di dissuaderlo e poi di trattenerlo: con insospettabile energia si divincola ed entra nella sala.
Ma ne esce distrutto. Il contaggio della malattia ha dato origine ad una creatura orrendamente deforme.
Il suo intelletto, a sua volta già corroso dalla spirocheta, non regge al colpo: Nakada impazzisce.
Ancora qualche tempo dopo, Takiko sta riprendendosi dalla difficile operazione e dalla dura esperienza psicologica.
I suoi problemi non sono certamente terminati, anche lei naturalmente è stata contagiata dalla sifilide, e dovrà curarsi a lungo.
Rui tenta di sollevarle il morale: deve mantenere la speranza, basta curarsi con metodo e con fiducia nel futuro, come fa il dottor Fujisaki.
Takiko ha intuito che nel cuore di Rui c'è una forte inclinazione verso il dottore, e ne chiede conferma, illuminandola scherzosamente con uno specchio, come per vedere meglio dentro di lei.
Rui si schermisce e cambia discorso.
Il dottor Konosuke è felice di potersi coccolare appena può il bambino di Rui.
E si stupisce un poco di sentire dal poliziotto che avevamo conosciuto all'inizio che suo figlio viene considerato una specie di santo.
Sta solamente cercando di dare speranza a chi sta peggio di lui. In fondo, se avesse avuto una vita facile e felice, sarebbe probabilmente divenuto nientaltro che uno snob.
Alle sue spalle, la finestra che ha visto sussegursi tante vicende umane, al di là della quale abbiamo visto i fiori della primavera, il vento dell'autunno, la neve invernale.
Kioji Fujisaki indifferente a tutto quanto si dice di lui si trova in quel momento in sala operatoria, concentrato al massimo nel suo difficile compito.
Accanto a lui è Rui, ma solo per passargli i ferri e assisterlo professionalmente.