Norbury: A japan attitude!

Hachette, 2011

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un libro che sembra un compendio della società globale: nonostante il titolo in inglese si tratta dell'edizione francese ma è stampata in Spagna e, secondo un tendenza che non ci sentiremmo di biasimare, tratta dei differenti modi di viaggiare non tanto verso il Giappone ma verso i giapponesi.

Naturalmente una cosa è rendere conto di dati obiettivi elencando i monumenti o i luoghi notevoli di questa o quella regione, altra cosa tentare - che nulla di più è ragionevole attendersi - di fornire le chiavi di accesso alla mente, al cuore ed alle abitudini consolidate di un altro popolo.

L'autore, Paul Norbury, è comunque sufficientemente accreditato per affrontare la non facile impresa. Già negli anni 70 venne chiamato a creare prima e dirigere poi Tsuru, rivista di bordo della Japan Airline, redatta nelle maggiori lingue europee tra cui l'italiano, e dove apparvero gli scritti di numerose personalità di alto livello. Gli articoli maggiormente rappresentativi sono stati in seguito raccolti nel libro Introducing Japan. Da allora Norbury si è dedicato sempre più all'appprofondimento delle relazioni tra il mondo occidentale ed il Giappone, fondando la casa editrice Global Oriental. Nel dicembre 2011 è stato insignito dal governo giapponese dell'onoreficenza dell'Ordine del Sole nascente con Raggi d'Oro e Argento.

Il sottotitolo della serie Hachette in cui è inserita l'opera, di formato tascabile come si conviene ad una guida di viaggio, è Le petit guide des usages et coutumes e bisogna riconoscere che è ben centrato.

Rinunciando o limitando le facili semplificazioni o i fuorvianti elenchi di comportamenti tipici, Norbury fornisce utili informazioni sui processi di formazione di una opinione e della scelta del relativo comportamento da assumere tipici della civiltà e della società giapponese.

Non a caso proponiamo nell'esempio a lato la scheda relativa alla voce haragei, che sarà bene tentare di rendere in italiano, per quanto il testo francese non sia ostico e i rischi di una traduzione della traduzione intuibili:

HARAGEI

A volte tradotto letteralmente con "parola del ventre" questo termine si collega ad una percezione intuitiva, viscerale, d'una situazione, d'una persona o di un avvenimento. Viene sovente evocato nel contesto degli affari, quando una trattativa o una alleanza viene percepita come "buona" o "cattiva". Si dice anche talvolta che i Giapponesi non trattino l'affare quando avvertono delle cattive vibrazioni con i loro interlocutori, anche se le proposte che vengono loro fatte sono attraenti.

Una scheda concisa ma che dice praticamente tutto quanto è possibile comunicare attraverso la parola, scritta o parlata che sia.

Eppure, nei lontani anni in cui il Dojo Centrale di aikido di Roma attirava in continuazione persone interessate ad avvicinarsi non solo alle arti marziali ma anche e in diversi casi soprattutto alla cultura giapponese, una notevole percentuale dei nuovi arrivati era interessata all'haragei.

Ne avevano letto su questo o quel testo "esoterico", era difficile a quei tempi imbattersi nel termine in altri contesti, ed erano alla ricerca, talvolta disperata, di una comprensione intellettuale del fenomeno e se possibile di un insegnamento in materia. 

Il paziente lettore che ci segue probabilmente si sarà già reso conto che si tratta in realtà non di un condizionamento intellettuale ma di un atteggiamento naturale ed istintivo che cortocircuita i processi "razionali" e non tiene conto, non deve assolutamente tenere conto, dei "fatti". e che di conseguenza quelle persone andavano alla ricerca di una qualcosa che non avevano nemmeno cominciato a comprendere, e che la loro ricerca li portava nella direzione opposta a quella più opportuna.

Avrà anche compreso naturalmente che l'haragei, ben lungi dall'essere un insegnamento esoterico riservato a pochi eletti, è una attitudine (e qui troviamo conferma della felice scelta del titolo di questo libro) tanto naturale quanto diffusa in Giappone in ogni ceto e in ogni ambiente, e che non è sconosciuta nemmeno altrove, non facendo testo la mancanza di termini specifici per identificarla.

Esaurito questo esempio, non ci rimane che riportare il sommario del libro, in modo che il candidato lettore possa rendersi conto di cosa possa trovarvi. Per chi preferisce l'inglese il titolo che si dovrà cercare è Japan - Culture Smart!: The Essential Guide to Customs & Culture, Kuperard, 2011, con l'avvertenza che differisce dall'edizione francese nella disposizione degli argomenti

 

Brève histoire du Japon

Le pays et les hommes

Les valeurs de la societé

Les japonais chez eux

Religions et traditions

Nourritour et boisson

Vivre au Japon

Être reçu chez des japonais

Les relations d'affaires

Parler le japonais

Conclusion

Annexes

 

Dobbiamo però prima di lasciarvi segnalare nella sezione Les valeurs de la societè la breve scheda dedicata a Honne et Tatemae ossia alla apparente contraddizione tra quanto il giapponese tendenzialmente tiene a mantenere riservato e quanto invece manifesta all'esterno, attenendosi ad un codice di comportamento che talvolta consente comunque di inviare "messaggi" che lasciano intuire quanto non viene esplicitato in pubblico. Questi atteggiamenti vengono resi talvolta anche con i termini ura ed omote, utilizzati nelle arti marziali e precipuamente in aikido, che designano apparentemente solo degli atteggiamenti corporei ma hanno molte importanti implicazioni psicologiche. Rimandiamo per questo all'articolo Omote ... ura di Peter Goldsbury, con l'avvertenza che con questa tematica si verrà di nuovo a confronto ovunque ci si trovi ad incontrare la civiltà giapponese.

Una figura di riferimento del mondo della psicoanalisi giapponese, Takeo Doi, vi ha dedicato un importante testo di cui dovremo prima o poi occuparci: Anatomia della dipendenza. Un'interpretazione del comportamento sociale dei giapponesi. Minima, 1991.