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2020: Fatti non fummo a viver come bruti...
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In questo sito si sono deliberatamente seguiti eventi positivi, che incitassero a seguirne sempre di nuovi e perché no anche a contribuire alla nascita di nuovi eventi sempre più significativi. Dobbiamo segnalare però anche quelli infausti. Tra cui nei giorni passari la immatura scomparsa di Filippo Maria Gambari, direttore del Museo delle Civiltà di Roma. Nell'auspicio che anche le perdite, anche quelle più importanti, più dolorose, siano un monito e uno stimolo per andare avanti. Positivamente.
Abbiamo seguito con interesse e speranze in gran parte avveratesi la nascita le iniziative e le vicende del Museo delle Civiltà di Roma, anche se talvolta ma era un dovere criticando le iniziative meno riuscite. Abbiamo taciuto fin troppo del ruolo avuto da Filippo Maria Gambari nella nascita del grande polo museale, di enormi prospettive. Il Muciv è stato inizialmente contestato, a torto, come mera operazione di smembramento di un importante patrimonio culturale. Era al contrario l'accentramento di differenti aree museali, alcune limitrofe ed altre lontane, che avevano in comune un obiettivo: rendere conto di quanto costruito dalle differenti civiltà che avevano consentito la crescita, anche talvolta caotica, incoerente, negativa, della società umana.
Si riunivano così il Museo etnografico e preistorico Pigorini, il Museo di Arti e Tradizioni Popolari, il Museo dell'Alto medioevo: fino ad allora adiacenti ma separati, privi e privanti di una visione di assieme. Si univano a questi il Museo di Arte Orientale fino ad allora dislocato in locali esigui e inadatti a via Merulana e il Museo Africano, in passato all'interno di quello che fu il Giardino zoologico e poi chiuso e inaccessibile per molti anni.
E' stata una grande sorpresa, di cui lo scrivente si è però reso conto solo con il passare del tempo, vedere per la prima volta in assoluto un direttore di museo, e uno tra i più importanti, rendersi disponibile al pubblico. E non occasionalmente, non per mettersi in mostra ma per mettersi a disposizione, dettagliando quanto il museo stava facendo e quanto avrebbe fatto, pur non nascondendo alcuno degli ostacoli che rimanevano da superare.
Emblematico lo slogan con cui comunicò la sua decisione di non chiudere alcuna sala durante il lungo e complesso lavoro di ristrutturazione del museo, chiedendo in cambio ai visitatori di sopportare qualche disagio: Aperti per lavori. Da allora le iniziative museali si sono susseguite a un ritmo molto elevato, facendo venire in mente allo scrivente il monito di Ulisse: fatti non foste a viver come bruti.
Ora l'animatore di questa rinascita ci ha lasciato, strappato via dalla epidemia conosciuta come covid-19 il 19 novembre 2020.Una perdita grave e dolorosa.
Ma potrebbe, dovrebbe, essere l'occasione per aumentare il passo sulla strada che lui aveva tracciato, rendendoci conto per primi, noi stessi, senza che ci debbano ammonire altri, che fatti non fummo a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza. C'è un grande vuoto da colmare, e se la prematura scomparsa di Gambari rimarrà comunque un grave vulnus, che valga almeno a prenderne coscienza.