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2017: Fermiamo lo scempio! Oppure no?...
Recentemente al sottoscritto sono state rivolte da numerose persone altrettante pressanti richieste di sottoscrivere petizioni o appelli contro l'incresciosa chiusura del Museo d'Arte Orientale di Roma, situato presso palazzo Brancaccio in via Merulana, in una zona già sofferente di grave degrado che avrebbe così perso un importante punto di riferimento culturale. Si offendeva inoltre la memoria e si rendeva vana l'opera del grande orientalista che aveva voluto il museo, Giuseppe Tucci, mentre le opere custodite nel museo sarebbero andate presumibilmente disperse, ovvero dimenticate nei magazzini, o esposte in spazi angusti e inadeguati pagati il triplo di quanto sarebbe costato il mantenimento della sede originaria e in località periferiche lontane dall'interesse del pubblico.
Il caso vuole che per ragioni che non vale la pena di riferire io sia abbastanza informato sull'argomento e abbia trovato nelle petizioni e negli appelli diverse incongruenze con quanto da me appreso per conoscenza diretta. Ho voluto inoltre integrare quanto già sapevo partecipando alla conferenza con cui veniva illustrato, il 1. novembre 2017, in concomitanza con la chiusura definitiva delle sale di palazzo Brancaccio e l'inizio delle spostamento dei reperti, il nuovo progetto.
Una parte del materiale illustrativo proviene infatti dalle slides proiettate in occasione della conferenza, ma al solo scopo di dare voce alla controparte: a chi sta mettendo in opera questo progetto giudicato da altri errato e nefasto. Ma, senza starlo a sottolineare ogni volta, devo ripetere che le affermazioni che riporterò coincidono con quanto da me visto e constatato di persona.
Prima di andare avanti due osservazioni che possono sembrare critiche ma non ne hanno l'intenzione. Il degrado del quartiere Esquilino è un dolore incessante sia per chi lo abita sia per chi abbia avuto come me occasione di frequentarlo quotidianamente in passato e lo visiti ancora oggi senza più riconoscerlo.
Ma il degrado della civiltà umana è un fenomeno mondiale non limitato a un quartiere di Roma, e lungi dal poterlo contrastare il Museo Orientale ne era vittima.
Alcuni prestigiosi operatori culturali mi hanno affermato in passato la loro assoluta contrarietà a collaborazioni se non addirittura posizioni di lavoro presso quella istituzione, considerandola oramai irreversibilmente dequalificata. La stessa parte espositiva, teatro di un incendio negli anni passati, era fruibile solo in parte, e si tratta di uno dei rarissimi musei, forse l'unico, nel quale io abbia rinunciato, e ben prima dell'incendio, a chiedere di scattare delle foto non avendovi trovato perlomeno quel giorno reperti che ne valessero la pena. Viene il dubbio che alcuni dei firmatari o promotori dei numerosi appelli non lo abbiano mai visitato.
E' certamente positivo che non solo l'intellettuale ma anche il cosidetto "uomo della strada" si allarmi e si attivi per l'imminente depauperamento se non oscuramento del proprio patrimonio culturale. Questa sensibilità fa loro onore e fa bene sperare per il futuro. Ma occorrerebbe sicuramente anche maggiore attenzione: le norme che regolano lo spostamento del Museo Orientale e la sua ricollocazione in seno al Museo delle Civiltà risalgono al gennaio 2016: quasi due anni prima della levata di scudi... Ammesso che gli oppositori abbiano ragione, o perlomeno una parte di ragione, dove erano quando si muovevano le prime pedine di questo gioco? E a che vale una pubblica sottoscrizione di firme contro una norma dello stato registrata da tempo negli atti ufficiali?.
Infine un cenno sul perché di questo mio intervento: presso il Museo Orientale sono (erano) custoditi numerosi reperti della cultura giapponese, materia di cui ci occupiamo in questo sito. Ancora di più, e raccolti da personaggi come Giglioli o Beato all'altezza di Tucci, ne sono custoditi presso il Museo Preistorico Etnografico Pigorini, che sarà di fatto, esteso di 10.000 mq, la sede del nuovo Museo delle Civiltà. Ma finora quasi mai esposti, mentre ora l'opera di tutti questi grandi che hanno agito in epoche diverse verrà riunita e resa disponibile. Il sottoscritto ha quindi un interesse diretto alla materia, per quanto la civiltà giapponese sia solo una delle tante che verranno conservate, tutelate e illustrate al pubblico. Ma chi ama una civiltà le ama tutte. E tutte le deve difendere quando in pericolo.
Ed è tempo di venire al dunque.
La conferenza organizzata nella mattinata del giorno che scriviamo dal direttore del Museo delle Civiltà, Filippo Maria Gambari, ha confermato alcune delle notizie già in mio possesso e ne ha aggiunte di nuove, più importanti. Ricordo ancora che si tratta di un progetto agli inizi: non ci sono garanzie che venga eseguito a regola d'arte e rispettando i tempi previsti. Mi sento però, a pelle, di prestare maggiore fiducia alle parole di Gambari dopo aver ascoltato nella breve presentazione di sé stesso e del gruppo di collaboratori, queste parole: «Forse non abbiamo tutti i venerdì... Ma siamo pieni di entusiasmo.» Queste parole evidenziano che l'operazione, mai tentata prima, di fusione di 4 importanti musei nazionali, è ardua e il successo non è garantito. Anche per ragioni grettamente materiali. Gambari ha realisticamente fatto presente agli intervenuti che l'incasso annuale dalla vendita di biglietti del sito di Ercolano, di cui si è occupato in passato, era di circa 3 milioni di euro. Quello complessivo dei 4 musei da riunire, già riuniti sulla carta ma da riunire di fatto, assomma a 80.000 euro.
Veniamo ai fatti: spazi angusti e inadeguati? Quello che avete visto prima è l'ingresso, solamente l'ingresso, del Museo Pigorini. La nuova ala di recente acquisizione ove verrà ospitata la collezione del museo Tucci (così si chiamerà, il nome di chi l'ha voluto verrà onorato e non dimenticato) contorna questa zona. E' una superficie ben maggiore di quella disponibile a via Merulana, anche per limiti strutturali: si trattava di una nobile dimora d'abitazione, non pensata per essere un museo.
L'intero quartiere Eur nasce invece predisposto per essere un museo, dedicato alle varie civiltà del mondo che avrebbero dovuto convenirvi durante l'Esposizione Universale di Roma (EUR) nel 1942. Evento reso impossibile dagli eventi bellici. E' ben noto a chi lo frequenta che anche l'Eur ha conosciuto un pesante degrado e che la sua vocazione è stata tradita, concentrandovi uffici e apparati ministeriali senza alcun diverso tentativo di approccio. E' anche vero che per molti risulta periferico. Ma è collocato a pochi passi dalla metro B, alla cui fermata - a poche centinaia di metri dal complesso museale - si vorrebbe far cambiare nome: da un anonimo EUR Fermi a Museo delle Civiltà.
Ma passiamo al già fatto. Il 1. novembre, in concomitanza con la pubblica presentazione del progetto Aperti per lavori, il Museo Orientale di via Merulana ha chiuso per sempre i battenti. Sono già in corso le operazioni di spostamento dei reperti, ed è prevista la loro esposizione, in allestimento temporaneo, a partire dal dicembre 2017, indicativamente oltre la metà del mese. Verrà data precedenza al museo Tucci per un allestimento definitivo, previsto per il 2019. Seguiranno i riallestimenti del Museo Etnografico Preistorico Luigi Pigorini, del Museo di Arti e Tradizioni Popolari Lamberto Loria (che si trova dall'altra parte del piazzale, a sinistra nella planimetria) e del Museo dell'Alto Medioevo, già collegato ora direttamente con il Pigorini. Al piano terra di questo settore, finora estraneo all'area museale, verrà trasferita la collezione del Museo Africano, gestita dall'ISIAO come il Museo Orientale ma chiusa al pubblico già dal 2011.
Già ora il biglietto d'ingresso, di importo ragionevole, vale per tutte le aree del Museo della Civiltà ed è valevole per 3 giorni. Esiste anche la possibilità di un abbonamento annuale, che costa poco più del doppio di un ingresso giornaliero e si vorrrebbe che gli acquirenti costituissero una sorta di club di coloro che hanno a cuore la cultura delle civiltà umane, informandoli tempestivamente di iniziative e progetti. Nei nuovi spazi sono previsti una caffetteria e una libreria con vocazione culturale, la cui frequentazione sarà libera e indipendente dall'acquisto di un biglietto di ingresso al Museo delle Civiltà (in verde col n. 6 nella planimetria precedente). Si sta intensamente ricercando una collaborazione con il vicino Museo della Civiltà Romana, comunale e non statale, chiuso dal 2014 in seguito a un altro incendio, che ha causato seri danni non solo alle strutture dell'edificio ma anche ai reperti, che sono attualmente in restauro per liberarli dallo strato di fuliggine che li ha coperti.
Ecco: questo è quello che si sta tentando di fare. Senza, lo ripeto garanzia assoluta di successo del progetto ma, mi sento di dirlo, con coerenza e lucidità programmatica. Si tratta di scegliere se combatterlo o appoggiarlo.
Combattendolo o trascurandolo perderemmo secondo me una possibilità unica e irripetibile. Affiancare e mettere a confronto testimonianze di civiltà lontane nel tempo, nei luoghi, nella vocazione.
Arte preistorica e protostorica. Arte medioevale. Arte Popolare. Arte elevata. Arte sacra. Arte profana. Arte del vivere. Arte del convivere.
Spero soltanto di avere dato a tutti, qualunque sia la loro posizione, maggiori informazioni che aiutino a una scelta consapevole.
Ulteriori informazioni, consideriamole anche di parte ma sono informazioni, si troveranno sul sito del Museo delle Civiltà.