Tecnica/Cultura
Il bokken: strumento di lavoro, simbolo di una antica tradizione marziale - Come scegliere il bokken
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Il bokken viene tradizionalmente ricavato da alcune essenze giapponesi, non necessariamente tutte rispondenti alle medesime caratteristiche. Oggigiorno queste essenze diventano sempre più rare ed è ormai utilizzata prevalentemente la quercia bianca (kaji). Si tratta di un materiale di forte durezza e di peso elevato ma ancora sufficientemente elastico. Ha la tendenza ad ammaccarsi per i colpi ricevuti durante il kumitachi ma ben difficilmente arriva a rompersi. Difficile ormai a trovarsi la quercia rossa, piú dura e pesante ma soggetta a rompersi di schianto per un forte colpo. Del tutto scomparsi, perlomeno dal mercato ordinario, i bokken giapponesi in ciliegio (sakura), di aspetto molto gradevole ma anch’essi di una certa fragilità. Se ne trovano di cinesi, di qualità variabile dall'accettabile all'inadoperabile anche nello stesso lotto.
Sopravvivono per il mercato amatoriale, quello dei praticanti esperti disposti a spendere molto più della media per avere un prodotto di qualità, bokken lavorati con altri legni come il nespolo (biwa), legno abbastanza leggero, molto chiaro e delicato, sconsigliabile quindi per un impiego “pesante”, che si ammacca e graffia facilmente ma non si rompe praticamente mai.
Venivano prodotti fino a pochi anni fa bokken di pregio in essenze esotiche come il palissandro e l’ebano. E’ ormai però vietata la loro importazione in quasi tutti i paesi del mondo, per ragioni di equilibrio ecologico, e le poche tavole superstiti dei tempi in cui il loro taglio era lecito hanno raggiunto prezzi da capogiro. In Giappone gli esperti utilizzano spesso bokken di un legno pregiato, il sunuke, di cui non si hanno notizie certe. La ragione è semplice: in pratica non esiste... si tratta di un nome generico con cui vengono chiamati oggigiorno tutti i legni di pregio di colore scuro.
Da diversi anni si trovano come detto più frequentemente bokken fabbricati in Cina che quelli originali giapponesi. Hanno naturalmente i prezzi molto competitivi di tutta la produzione cinese, ma spesso sono ancora di qualità insufficiente e il loro uso è assolutamente sconsigliato. Fino a poco tempo fa erano praticamente tutti in legno di ciliegio, ma di qualità andante molto al disotto delle essenze giapponesi, pertanto soggetti a distorsioni e rotture frequenti e pericolose. La lavorazione è quasi sempre sommaria, sono pertanto errati anche le dimensioni e le proporzioni, sovente sono ricoperti di vernice trasparente spiacevole al contatto e che indebolisce la struttura del bokken impedendo la traspirazione del legno ma cela le imperfezioni. Talvolta ha la funzione di proteggere il colorante che tenta di far sembrare un legno qualsiasi una essenza pregiata.
Ancora più recentemente i fabbricanti cinesi hanno iniziato ad utilizzare anche loro la quercia bianca, producendo dei bokken maggiormnente curati che difficilmente una persona inesperta riuscirebbe a distinguere da quelli originali, se non fosse per il prezzo: un bokken giapponese costa almeno il doppio di una imitazione cinese, e qualità migliori di ciliegio, che sembrano addirittura considerare più pregiato della quercia. Infatti lo scrivente riducendo le dimensioni di un jo per una donna di statura minuta ha scoperto con stupore che era di quercia bianca: simulava il ciliegio con l'utilizzo di un mordente (tintura) rosso.
I "cinesi" sono purtroppo ancora sconsigliabili per un uso intensivo: un esame attento delle venature (l'esemplare giapponese è quello superiore) mostra al di là di ogni possibile dubbio che si tratta di qualità di legno non paragonabili tra di loro.
La venatura dei bokken giapponese è fitta e regolare, quella dei "colleghi" cinesi è più rada ed irregolare. Di conseguenza la resistenza del legno è molto minore. Quasi tutti gli esemplari cinesi esaminati hanno mostrato inoltre sintomi di insufficiente o scorretta stagionatura (il legno dovrebbe essere stagionato per non meno di tre anni prima della lavorazione). Nel dubbio, percuotere il bokken con le nocche della mano: il suono assomiglierà a quello di un bicchiere sbreccato più che a quello cristallino di una coppa integra, ed esercitando la propria sensibilità la differenza è avvertibile anche da chi non ha dimestichezza con il legno.
Già nella vista laterale si apprezza la maggiore ergonomia della tsuka (impugnatura) del bokken giapponese, per quanto le differenze siano esaltate dalle differenti ripologie. Il bokken giapponese è del tipo che abbiamo detto si chiamava in origine kambun-to, quello cinese riproduce il più massiccio modello "Iwama ryu", che come abbiamo detto è in realtà adottato da molte scuole, da molti insegnanti, da molti praticanti. In pratica è analogo alla tipologia Katori Shinto ryu che abbiamo visto prima.
Esaminando la sezione della impugnatura emerge un particolare che permette di identificare un bokken ben fatto anche ad un praticante non esperto: il bokken di sinistra, quello giapponese, è lavorato accuratamente per permettere di impugnarlo al meglio, ha una sezione praticamente ovale ed è rastremato verso il codolo. Quello cinese è stato lavorato a macchina con una fresatrice e rifinito sommariamente agli angoli, la sua sezione quindi è quasi rettangolare per quanto gli angoli siano smussati. Inoltre la sezione è pressoché costante dal pomolo fino all'inizio della lama, rendendo l'impugnatura meno agevole. Da notare anche che il bokken giapponese è punzonato col marchio del fabbricante, che si intravede appena; è un fiore di ciliegio, il fabbricante è appunto la ditta Sakura (Ciliegio).
Da quanto detto sopra emerge chiaramente che chi volesse cimentarsi nella costruzione di un bokken, impresa non facile ma nemmeno proibitiva non avrà vita facile, e la prima difficoltà sarà proprio quella di procurarsi il legno adatto. La famiglia delle querce è ben diffusa nel mondo e molto utilizzata in falegnameria, ma sempre nelle varianti più leggere e meno dure, essendo quelle adatte al nostro scopo troppo pesanti per farne mobili e troppo dure per lavorarle senza usurare anzitempo le macchine. Sconsigliabile quindi l’uso del rovere o succedanei, usati per i parquet o per mobili di pregio, per quanto l’aspetto esteriore possa far credere che sia esattamente lo stesso legno usato in Giappone.
Alcune razze nostrane di querce per contro, non reperibili sul mercato ma solamente girando qua e là per le campagne, hanno dato risultati perfino superiori alla quercia giapponese. Sono adatti anche altri tipi di legno, tipo il pero od il bosso, ma sono di reperimento difficile o impossibili da trovare nelle giuste misure; il bosso pur avendo caratteristiche eccellenti di resistenza meccanica - ci si facevano una volta le rotelle dei pattini - è di accrescimento lentissimo e si trova quasi solo sotto forma di siepe.
Quindi dovrà quasi obbligatoriamente ricorrere ad essenze esotiche di caratteristiche intermedie, la cui reperibilità diventa però sempre più difficile essendone stata proibita la commercializzazione per ragioni ecologiche. Sono stati provati con risultati soddisfacenti la noce del tanganika, alcune varianti del mogano (un po' troppo leggero il carrubo nostrano, usato appunto come succedaneo del mogano), il bobinga, l’iroko. CI riserviamo di ritornare sull'argomento.
E' opportuna una considerazione finale. Come abbiamo visto, nell'antica Roma nell'addestramento si utilizzavano spade di legno pesanti il doppio di quelle vere. Ed anche nelle antiche scuole giapponesi di spada (koryu) si utilizzavano spesso bokken di peso e quindi dimensioni superiori a quelli utilizzati oggigiorno, che pesano non più del 60/70% rispetto alla spada per cui sarebbero propedeutici.
Naturalmente l'utilizzo di armi pesanti ed ingombranti non permetterebbe di ben figurare nei kata e kumitachi moderni, quindi i bokken di peso maggiore sono riservati al suburi, all'allenamento a solo ove si cura soprattutto l'esattezza della forma.
Ma probabilmente varrebbe la pena per i praticanti più interessati ad approfondire i sentieri dell'arte di tentare un approccio diverso, utilizzando spade e bokken di tipo "filologico". Anche nello iaido questo è previsto: nella foto vengono mostrati a confronto due diversi iaito; quello di sopra è di tipo normale, e pesa intorno agli 800 grammi, completo di fornitura ma senza fodero. L'altro è del tipo che viene chiamato Dotanuki, che cerca di approssimarsi come peso e come bilanciamento a quello di una vera spada ed arriva a 1200gr circa.
E' purtroppo visibilmente meno elegante, ha un aspetto "obeso". Per curare contemporaneamente la funzionalità, l'estetica e la sicurezza, si dovrebbe ricorrere - ma il prezzo è probitivo - a degli shinsakuto in acciaio privi però di filo tagliente.