Tecnica/Cultura
L'arte della pace
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Aikidō. Arte della Pace e Ponte tra Oriente ed Occidente
di Antonio Lomonte
In questa nostra chiacchierata, vogliamo tentare di dare una risposta ai seguenti quesiti: cos'è l'Aikidō? Cosa lo motiva? Quale fine si pone? Come raggiunge il suo scopo? Ed infine indagare se noi occidentali possediamo le categorie di pensiero, le prassi e la tradizione culturale che ci consentono di comprendere appieno la natura ed intima essenza e motivazione e finalità dell'Aikidō.
Cos'è l'Aikidō?
Rispondere a questa domanda significa darne una definizione quanto più esatta, soddisfacente, esaustiva ed aderente alla natura dell'Aikidō. Tutte le definizioni da me fino ad oggi ascoltate, da me lette e da me stesso elaborate e fornite si sono dimostrate parziali, poiché non pongono in risalto la vera essenza dell'Aikidō, ma soltanto alcuni momenti ed aspetti di esso. Nessuna definizione invece è la più appropriata ovvero in grado di cogliere lo spirito e l'anelito e il messaggio dell'Aikidō, di quella data dallo stesso fondatore, Ō Sensei Morihei Ueshiba, secondo il quale l'Aikidō è un'Arte della Pace. Questa definizione fa immediatamente a pugni con la idea comune di arte marziale come Arte della Guerra che tutti quanti ancora oggi abbiamo ed abbiamo sempre avuto, in ogni tempo e in ogni luogo, in Occidente come in Oriente, delle arti del dio Marte, il dio della guerra. L'Aikidō, a ben vedere, non tradisce la paternità con il dio della guerra infatti, nel nome della Pace, ha dichiarato Guerra alla Guerra e alle Arti della Guerra, ma un'Arte della Guerra al servizio della Pace è per l'appunto un'Arte della Pace. Vero guerriero allora è colui il quale “è sempre impegnato in una battaglia cruciale per la pace”. 1)
Cosa lo motiva?
Lo motiva la ricerca del vero Budō. Scrive infatti Ō Sensei: “Le persone mi chiedono: 'Perché il vostro Budō è così diverso? Io rispondo: 'Ho studiato varie arti marziali, ma nessuna di esse mi ha fornito una risposta reale alla domanda: 'Qual è il vero scopo del Budō?'. Dovetti cercare quella verità da solo, partendo dall'interno. Nel passato si pensava che le arti marziali fossero un metodo per uccidere. L'Aikidō, al contrario, è un veicolo per preservare e promuovere la vita umana, un mezzo per prevenire la violenza e il caos” ed ancora: “La lotta e la guerra possono distruggerci in modo totale. Ciò di cui abbiamo bisogno sono tecniche di armonia e non di contrasto. C'è bisogno dell'Arte della Pace, non dell'Arte della Guerra”. Ō Sensei ha vissuto ed è sopravvissuto al secondo conflitto mondiale, perciò alla ricerca del vero Budō si associa il rischio derivante da una terza guerra mondiale combattuta facendo ricorso alla armi di distruzione nucleare.
Il Giappone è uscito sconfitto. Ha sperimentato la terribile potenza della bomba atomica. in tutto il mondo si avverte l'orrore di una simile arma di distruzione di massa e si manifesta contro il loro uso e la corsa agli armamenti nucleari, Ō Sensei è sensibile su questo punto tanto da scrivere che “Se armonizziamo tutte le nazioni tra loro, non ci sarà bisogno di armi atomiche, e questo mondo sarà un luogo giusto e piacevole in cui vivere”.
Nella prassi politica, l'Organizzazione delle Nazioni Unite corrisponde a questa esigenza. Non è questo un tema sconosciuto al pensiero occidentale, basti pensare allo scritto politico dal titolo “Per la pace perpetua” di Immanuel Kant, scritto nel 1795. Il progetto kantiano è giuridico, non etico diversamente il progetto di Ō Sensei è etico e non giuridico.
Quale fine si pone?
Sulla scorta di quanto detto fin qua si comprende facilmente che, nelle intenzioni del suo fondatore, “ Lo scopo dell'Aikidō è di insegnare alla gente a non esser violenta, e condurla lungo un sentiero più nobile. È un metodo per stabilire la pace universale”. Il compito è affidato a ciascuno di noi, ma l'appello è rivolto a tutta la comunità mondiale perché “l'Aikidō è il modo per riconciliare il mondo e fare degli esseri umani un'unica famiglia”. (Giovanni Granone, Aikidō, Edizioni Alkaest, 1979, p. 141). Che il progetto sia etico e non giuridico è confermato da questo sua affermazione: “per fondare il cielo sulla terra, abbiamo bisogno di un Budō puro nello spirito, libero dall'odio e dall'avidità”, non dice che dobbiamo creare una qualsivoglia organizzazione giuridica o politica. Un simile appello all'etica, per fare qualche riferimento alla nostra tradizione di pensiero, lo troviamo ancora una volta nel già citato Immanuel Kant quando, nell'opera intitolata, “Fondazione della metafisica dei costumi”, scrive: “agisci in modo da trattare l'umanità, sia nella tua persona, sia in quella di ogni altro sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo”. (Ed. Laterza 1988, p. 61)
È il cosiddetto Regno dei Fini, una ideale condizione in cui ogni uomo è preso e considerato sempre come fine in sé stesso e mai come un mezzo tale che un altro uomo possa impiegarlo per raggiungere il proprio fine. Un esempio ulteriore di come l'Occidente, attingendo dal vicino Medio Oriente, ha pensato e sperato in un mondo tutto pacificato fin a tal punto da includere l'intero creato, compito non demandato questa volta alla volontà buona degli uomini, quindi entro una cornice né etica, né giuridica, ma di messianica attesa, lo troviamo nei versetti di Isaia (Isaia 11, 6-9) in cui è descritto un “Regno di pace” come un luogo nel quale: ”Lupi e agnelli vivranno insieme e in pace, i leopardi si sdraieranno accanto ai capretti. Vitelli e leoncelli mangeranno insieme. Mucche e orsi pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno gli uni accanto agli altri, i leoni mangeranno fieno come i buoi. I lattanti giocheranno presso nidi di serpenti, e se un bambino metterà la mano nella tana di una vipera non correrà alcun pericolo”.
1) Morihei Ueshiba, L'Arte della Pace, a cura di John Stevens, Edizioni Mediterranee, 2004. Tutte le citazioni di Ō Sensei Morihei Ueshiba, se non diversamente indicate, sono tratte da quest'opera.