Maestri
Cosima Turco
Prima di abbandonarsi ai ricordi è necessario tracciare alcune note biografiche che aiutino a inquadrare la persona che oggi siamo purtroppo chiamati a ricordare. Cosima (per tutti Mimma) Turco ha iniziato la pratica dell'aikido a Torino all'inizio degli anni 70, in un ambiente ricco di praticanti motivati e dal grande spessore tecnico, nato sotto l'impulso del maestro Toshio Nemoto che soggiornò e insegnò a Torino negli anni 60. In questo ambiente non diciamo competitivo ma sicuramente di alto livello in cui di conseguenza non era facile distinguersi, Mimma si distingueva senza fare assolutamente nulla per distinguersi. Praticava e più tardi insegnava con assoluta naturalezza, emergendo non perché volesse emergere ma perché la sua serietà, la sua applicazione e le sue competenze portavano necessariamente a questo.
E' stata sempre tra i primi nell'avanzamento didattico. Non vogliamo dire tra le prime - per quanto vengano spesso evidenziate queste tappe - perché ci appare inappropriato e non rispettoso relegare le donne in una categoria a parte, esultando quando una di loro arriva per prima a raggiungere "gli altri" in determinati traguardi. Particolarmente irrispettoso nel caso di Mimma. Al momento di dover lasciare questo mondo, il 19 giugno del 2019, aveva il grado tecnico di 6. dan e la qualifica didattica di shihan.
Ed è giunto ora il momento di dedicarle un pensiero. Assolutamente personale, senza alcun intento celebrativo. Le immagini sono volutamente di tempi lontani e senza alcuna ufficialità. E' così che la ricordo, così che ho desiderio di ricordarla.
E' stato detto, come spesso ci viene da dire nelle tristi circostanze, che non ci sono parole.
Eppure a volte sono necessarie... mi sono state chieste, da amici che contano per me quanto lei, e sono state scritte di getto senza alcuna pretesa, lasciando scorrere i ricordi senza alcun tentativo di controllarli.
Sorrido pensando a Mimma, anche nel momento doloroso in cui ci dobbiamo separare da lei. Ripenso a quel giorno lontano nel tempo ma sempre presente - nella memoria riservata alle cose care - in cui partecipando a un seminario presso il Dojo Centrale di Roma aveva trovato ospitalità presso la mia futura moglie e andava in cerca di qualcuno che recapitasse al giusto domicilio le gentili praticanti e le relative masserizie.
Lo trovò, nella persona del sottoscritto, ma avendo mandato a stirare la limousine avevo dovuto ripiegare ingloriosamente sulla solita spetezzante e traballante 500. A bordo nel pur comprensibile affollamento (si era infatti aggiunta Francesca a lei ed alla aspirante consorte) aveva modo di farsi sentire, protestava, 10 cm dietro di me, contro il destino cinico e baro che le aveva riservato un mezzo di locomozione non all'altezza del suo lignaggio e per giunta un automedonte antipatico e scostante.
Ci eravamo infatti poco prima un po' arruffati le penne sul tatami. Esponente di prima linea delle sacrosante rivendicazioni femminili (era l'epoca in cui le articolesse su Aikido si meravigliavano che le gentili praticanti “non sfigurassero”, “talvolta”, a confronto con gli uomini) aveva in quei tempi o forse solo in quel momento un aikido molto veemente. E sceglieva lei gli uke del caso, per rivendicare un suo diritto regolarmente usurpato: erano invariabilmente gli uomini che proponevano la pratica alle donne, il contrario era in sospetto di scandalo.
Mi convocò quindi al termine della dimostrazione della tecnica per praticare assieme; pestandomi come l'uva nel cestello... era tra l'altro un koshinage, tecnica non particolarmente soft. Quando toccò a me ricambiai la cortesia, tra le sue proteste: “Meni come, come...”. E io proposi “Come una donna?”. Ci guardavamo in cagnesco a ogni tecnica, senza riuscire a nascondere il sorriso.
Si dice troppo spesso che erano altri tempi. Sì, è certamente vero. Ma erano anche altre persone.
Non che manchino ora ma diventano sempre più rare. Mimma era una di quelle persone con cui avrebbe dato piacere anche litigare, al punto che talvolta si simulava per puro divertimento una sorta di litigio. Una di quelle persone di cui potevi non sentire la mancanza se non avevi occasione di incontrarla, per renderti poi immediatamente conto ad ogni nuovo incontro che in realtà ti mancava, ti sarebbe sempre mancata, a dispetto di ogni tua insensibilità che ti impedisse di prenderne coscienza.
Il mondo dell'aikido è stato migliore grazie a lei: gliene sarò per sempre grato. E d'ora in poi mi sarà impossibile non avvertire per sempre, in ogni momento, la sua mancanza.
P.B.