Tecnica/Cultura
Il neribô: chi l'ha voluto, adesso pedali
Il neribô è un attrezzo utilizzabile nella pratica dell'aikido a solo; si tratta di un cilindro di legno di diametro variabile e di lunghezza intorno al mezzo metro, con le estremità smussate per evitare fastidio nel manovrarlo. Simula l'avambraccio dell'uke, ci si può quindi allenare con il neribô per perfezionare principalmente le tecniche di base o gokyo (ikkyo, nikyo, sankyo, yonkyo, gokyo), per mantenerne inalterato il livello di esecuzione, o semplicemente quando se ne abbia il piacere. Il suo uso torna utile soprattutto quando si giudichi insufficiente a raggiungere i propri obiettivi il tempo di allenamento sul tatami, ma anche quando si desideri intensificare lo studio di una tecnica, nikyo per esempio, che è impensabile replicare per decine o addirittura centinaia di volte su un malcapitato uke umano.
Il neribô non è normalmente reperibile sul mercato, nemmeno nei negozi di forniture marziali più forniti, ma non è nemmeno particolarmente difficile “fabbricarlo”.
Ma iniziamo con lo spiegare il perché delle virgolette: il fai da te non è di norma consigliabile, è necessario che il neribô si avvicini quanto più possibile a una sezione perfettamente circolare, ed è molto difficile ottenerlo col solo ausilio delle proprie mani, specialmente quando sono quelle di un dilettante.
Deve inoltre essere utilizzata una essenza sufficientemente compatta da evitare il rischio che rilasci schegge ferendo l'utilizzatore, e questo complica ulteriormente la lavorazione.
E' certamente possibile come per quello qui raffigurato ricorrere a un tornitore, per quanto questi artigiani siano diventati molto rari, chiedendogli di utilizzare una essenza pregiata; ma è prevedibile che la presentazione del conto finale possa riservare brutte sorprese. Meglio ricorrere a qualcosa che assomigli già al prodotto finale e investire solo per portarlo a livello di poter essere utilizzato. Ma in olio di gomito piuttosto che in moneta sonante, e limitando la lavorazione al minimo indispensabile. Il diametro ideale di un neribô va dai 35 ai 40 millimetri, e non è difficile trovare in commercio qualcosa di adatto.
Nel secondo esempio potete vedere un normale mattarello da cucina del diametro di 40 mm, segato per portarlo alle dimensioni adatte, che vanno dai 45 ai 55 cm a seconda dei gusti: il neribô è lungo normalmente la metà di un bokken, circa 51 cm quindi per un uomo di media statura. Il mattarello è caldamente consigliabile per diverse buone ragioni: si trova facilmente, è lavorato al tornio quindi è perfettamente rotondo e infine è quasi sempre di faggio come quello che vedete: un legno leggermente inferiore come caratteristiche e peso specifico alla quercia – shiro kaji bianca o kuro kaji nera, anche se in realtà rossastra - tradizionalmente utilizzata in Giappone per le armi da allenamento. Ma il faggio pur cedendo qualcosa regge degnamente il confronto.
Per tagliarlo è consigliabile l’utilizzo di una dima per cornici. E' probabile che un ferramenta tradizionale non vi capisca se non chiedete una “sega ad unghia”), ma ormai i negozi di ferramenta vanno scomparendo. Siamo prigionieri delle mega strutture periferiche dedicate al bricolage, dove si sceglie dagli scaffali ignorando il nome di quello che ci si trova davanti. Ma la foto vi aiuterà a comprendere di cosa si tratta.
E’ un profilato con alcune fessure in cui scorre la lama della sega, permettendo tagli esatti a 45 e a 90 gradi (ancora la foto chiarirà meglio di ogni spiegazione). Spesso viene venduto assieme alla sua sega, ma è consigliabile l’uso di una sega per ferro, quindi con denti di dimensioni molto minori di quelle per legno, che permette di ottenere un taglio piú preciso e con meno sbavature. E' in ogni caso preferibile durante il taglio lubrificare la lama della sega con un sottile velo d’olio.
Al termine del taglio sarà inoltre necessario rifinire sia i tagli stessi che la superficie del neribô con carta vetrata, come mostra la foto accanto. Si inizia di solito con una prima passata utilizzando carta numero 150 o 200, per poi rifinire con carta man mano piú fine. Una passata d’olio (va bene anche quello di oliva) ed un'ennesima rifinitura con carta numero 600, un’ultima passata d’olio, lo si lasci assorbire per alcune ore o anche un giorno nel caso di legno molto compatto, ed il vostro capolavoro è pronto.
Un’alternativa per chi non si trovasse a suo agio con il faggio (non facilissimo da lavorare per la sua durezza) è un bastone da tenda in ramino. Con un’avvertenza: i bastoni da tenda non sono normalmente lavorati al tornio ma con la piú economica fresa, tupí nel gergo degli artigiani. Ma se siete inguaribilmente curiosi vi siete conquistati il diritto di sapere che in realtà si chiama toupie, cioè trottola in francese (perché le lame lavorano in rotazione). Portato il pezzo in lavorazione a una sezione quadrata viene ulteriormente lavorato alla toupie, che utilizzando una lama a mezzaluna ne renderà rotondo un lato; Il pezzo viene poi girato nell'altro senso e ripassato nella toupie per rendere rotondo anche l'altro lato.
Questi bastoni hanno quindi un avvertibile e talvolta sgradevole scalino nelle zone di giuntura tra le due passate della fresa, e talvolta la sezione è piú ovale che circolare per una imperfetta lavorazione del pezzo. Scegliete quindi con attenzione il vostro bastone tra quelli che trovate in falegnameria. Se la scelta è felice la presenza dello scalino non sarà particolarmente grave, sparirà o quasi con un lavoro un pó piú lungo di carta vetrata. Il resto della lavorazione non cambia, ma pur essendo il ramino un legno “facile” bisogna fare ugualmente un pó di attenzione: i legni piú morbidi sono piú facili da lavorare ma anche piú suscettibili di essere rovinati da un eccesso di entusiasmo. Sarà meglio quindi interrompere spesso il lavoro per controllare che tutto stia procedendo a dovere.
Chi vuole evitare che l’amico del cuore prenda alla fine della lezione “per sbaglio” il suo adorato neribô lasciandogli in cambio un infelice tronchetto bitorzoluto, puó anche decidere di firmarlo o metterci qualche altra scritta che lo identifichi tra gli altri. Chi non se la sente, comprensibilmente, di affrontare la spesa di un pirografo (intorno ai 50 euro), puó agevolmente incidere a fuoco la superficie del legno con un saldatore a bassa potenza del tipo per transistor, che costa intorno ai 5/10 euro. Il saldatore che vedete nella foto è invece a gas: è di dimensioni molto ridotte quindi si manovra quasi come una penna, e non è legato al filo elettrico quindi è adattissimo per questo genere di lavori; ma costa obiettivamente un pó troppo per chi non avesse molto da scrivere, quasi quanto un pirografo. E' più difficile "scrivere" su legno esotico pregiato, a causa della sua durezza.
A quel punto sarà consigliabile un saldatore con maggiore potenza, almeno 30w. Il costo non è di molto superiore ma la lavorazione sarà ulteriormente complicata dalla minore maneggevolezza del saldatore, forzosamente di dimensioni più grandi, e dallo spessore maggiore della sua punta.
A questo punto, il meno è fatto.
Rimane da fare solamente il più: allenarsi.