Randori
Al di sopra del nostro giudizio
La pubblicazione di una innocente foto ricordo su Facebook ha innescato una discussione su cui vale la pena di tornare. La foto, risalente al 1972, raffigurava gli allievi che avevano sostenuto presso il dojo di Meta di Sorrento una sessione di esami tenuta dal maestro Hiroshi Tada e dal maestro Pasquale Aiello. Nel commento si scriveva che Tada sensei era all'epoca 8. dan. Calendario alla mano a qualcuno non sono tornati i conti e ha chiesto se veramente a quella data il maestro avesse già ottenuto il massimo riconoscimento tecnico. Apparentemente una semplice curiosità, ma questa innocua domandina ha innescato alcune riflessioni che vorrei condividere.
Premetto che la foto non è questa, anche se è stata probabilmente scattata nella medesima occasione. Preferisco pubblicarne una ove appaiano in primo piano, e "al lavoro" due grandi maestri che continuano ancora oggi, a una distanza di tempo che corrisponde a circa due generazioni, una intensa collaborazione a beneficio del prossimo.
Andiamo avanti. Una prima osservazione è sui tempi, dato che sono stati probabilmente proprio questi a suscitare curiosità e innescare la domanda. Non è assolutamente possibile fare paragoni tra il mondo d'oggi e il mondo - pur non lontanissimo cronologicamente - dell'Hombu Dojo in cui "nacque" Tada sensei. Allievo diretto di grandi maestri di cui lo stampo è perso per sempre (Ueshiba, Tempu, Funakoshi...), dedito allo studio delle arti marziali a tempo pieno e con impegno superiore alla norma, superiore alla norma anche come attitudine.
Iniziò la pratica dell'aikido nel marzo del 1950 (Aikido 1992/2, p. 8, "Il giorno che mi iscrissi al Ueshiba Dojo") e ottenne il grado 6. dan e la qualifica di shihan buin secondo la maggior parte delle fonti nel 1956: in 6 anni.
Giunse in Italia il 26 ottobre 1964, alle soglie dei 35 anni di età, con il grado di 7. dan e l'incarico da parte dell'Hombu Dojo di organizzare l'insegnamento e la diffusione dell'aikido in Italia.
In questa immagine potete vedere la locandina del Dojo Centrale di Roma, fondato da Tada sensei nella primavera del 1967, in cui viene indicato il suo grado: 7. dan.
Vi appare anche il maestro Masatomi Ikeda (4. dan), da poco tempo giunto anche lui in Italia per coadiuvare Tada sensei, ma che si trasferì poi a Napoli gettando le basi per una importante comunità di praticanti.
Il grado di 8. dan gli venne attribuito nel gennaio 1969, aveva da poche settimane compiuto 39 anni, e credo sia stato l'ultimo attribuito direttamente da o sensei.
In questa foto, scattata da uno dei suoi primi compagni di avventura, il compianto Giovanni Granone, vediamo Tada sensei di fronte all'ingresso del complesso dell'ex caserma Principe di Piemonte ove si era installato il Dojo Centrale. E' accanto al maggiolino Wolkswagen di ennesima mano con cui si spostava per insegnare in altre città e sta osservando il cartello pubblicitario del dojo, appena aggiornato con il suo nuovo grado.
Lo so con certezza: alcuni anni dopo il cartello venne spostato all'interno del complesso, essendo arrivate le tasse di affissione a cifre improponibili, e con l'occasione lo modificai; era infatti cambiata la ragione sociale da Accademia Nazionale Italiana di Aikido ad Associazione di Cultura Tradizionale Giapponese. Potei quindi rendermi conto del ritocco nella indicazione del grado.
Al giorno d'oggi sappiamo che non è più così. Ripetuto ancora una volta che attualmente non è probabile che possano nascere e svilupparsi appieno le grandi personalità del passato, la progressione tecnica è stata anche regolamentata con precisione e i tempi minimi non sono oltrepassabili.
Per "arrivare" al grado di 4. dan secondo il programma dell'Aikikai d'Italia occorrono non meno di 12 anni, ma si tratta come già detto di un limite non oltrepassabile e difficilmente raggiungibile. E' realistico pensare che nel giro di 20 anni - al giorno d'oggi - un praticante assiduo e ben dotato, che abbia ricevuto un insegnamento di qualità, sia in grado di raggiungere il 5. dan. Per arrivare all'8. si può ipotizzare che ne occorrano altrettanti.
Il riconoscimento del 9. dan arrivò per Tada sensei nel 1994. Sì: dopo altri 25 anni.
Ma si tratta per sua natura del riconoscimento di un lungo percorso in cui siano coinvolti non solo la persona, e secondo parametri che non possono più essere quelli meramente tecnici, ma anche i suoi discepoli. Disse il doshu Kisshomaru Ueshiba in occasione della cerimonia uffficiale: "Tada è sempre stato un uomo estremamente retto, di quelli che conoscono la propria strada e la sanno seguire fino in fondo" (Aikido, 1994/1, da cui proviene anche la foto a lato. La pubblicazione è consultabile sul sito dell'Aikikai d'Italia).
Ma poco dopo, non prima di aver precisato perché non sarebbero stati rilasciati mai attestati di 10. dan, scherzando un po' ma dicendo sostanzialmente cose importanti e necessarie: "Attualmente Tada sensei ha così tanti proseliti che lo adorano che verrebbe naturale conferirgli non solo il decimo dan, ma anche l'undicesimo, il dodicesimo, e così via". Insomma: al di sopra dei gradi tecnici esistono solo riconoscimenti allo stile di vita e alla capacità di "semina". E prima che sia possibile prenderne atto è necessario che la persona interessata abbia percorso un lungo tratto sul cammino della vita e dell'arte.
Questi riconoscimenti però non sono accessibili a tutti. Occorre iniziare qui un altro discorso ancora, e non sarà nemmeno l'ultimo. Al di là delle parole scherzose del doshu, l'Hombu Dojo non attribuisce il grado di 10. dan. Se in futuro verrano prese decisioni differenti ne terremo conto ma al momento è così.
Attribuire un grado significa in qualche modo ritenersi in grado di giudicare la persona, essere al di sopra di lui. Per questo dopo la scomparsa del fondatore dell'arte, l'unico in grado di esprimere giudizi di tale rilevanza, in alcune discipline e tra queste l'aikido non viene più attribuito il grado 10. dan.
In campo artistico, e sappiamo che l'aikido rappresenta un'arte, in Giappone si preferisce piuttosto di fronte a personalità fuori dal comune non conferire loro un riconoscimento, che presuppone un giudizio di merito, ma piuttosto ricorrere ad attributi come mukansha (letteralmente senza giudizio, nel senso di al di sopra di ogni giudizio). Ossia riconoscere che la persona non è giudicabile col metro con cui si misura la media degli esseri umani. Al di sopra ancora, un concetto che meriterebbe di essere compreso e diffuso anche fuori dal Giappone, la persona di eccezionale spessore può essere riconosciuta Tesoro Nazionale Vivente.
Tornando all'aikido: Il grado tecnico garantisce la corretta esecuzione di tenkan, irimi tenkan e tutto quanto rappresenta il patrimonio materiale dell'altro. Nientaltro, per quanto non sia poco.
Però l'aikido è in certo senso più pericoloso di altre arti. Consente a chi lo vuole di superare con una certa facilità la condizione di "allievo" e di considerarsi arrivato se non addirittura "maestro": Perché comprendere i principi dell'aikido non è semplice e applicarli correttamente forse non è alla portata di tutti, ma ripetere dei gesti tecnici finché diventino pressoché automatici è alla portata di tutti o quasi.
Ma non basta. Non serve. Padroneggiare il patrimonio tecnico di un'arte equivale a essere poprietari di una barca e presumere, per il semplice fatto di averla comprata, di essere in grado di circumnavigare l'orbe terracqueo. Sì, nella natura umana c'è anche questo. E forse soprattutto questo.
L'esempio di persone "estremamente rette, che conoscono la propria strada e la sanno seguire fino in fondo" ci sia d'aiuto. Ma occorre avere l'umiltà di ricorrervi, rinunciando a narcisistici autocompiacimenti, magari apparentemente legittimati da importanti diplomi.