Cronache

2012, marzo, Roma. Il seminario di Asai sensei

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Katsuaki Asai sensei, direttore didattico dell'Aikikai di Germania, ha tenuto il 10 ed 11 marzo a Roma il suo consueto seminario annuale, organizzato dal Dojo Nozomi in collaborazione con l'Associazione Aiko. Un'altra importante occasione di studio e di incontro. Troverete dettagli tecnici dopo la fotocronaca di Manuela Gargiulo ma anticipiamo già qualcosa: gyakuhamni il primo giorno, aihanmi il secondo. Mentre molti propongono un aikido sempre più "originale", i grandi maestri tornano al kihon.

 

 

E' arrivato anche quest'anno l'appuntamento con il maestro Asai, organizzato dal Dojo Nozomi
di Roma.

Quest'anno c'era molta malinconia tra di noi per via della scomparsa terrena del maestro Fujimoto. E' sempre presente però nei nostri cuori.

Sul kamiza del tatami dove ci eravamo allineati in attesa del seminario era infatti presente oltre alla foto di o
sensei anche una del maestro Fujimoto, poggiata sopra un tenugui che portava il suo nome.

E proprio parlando di lui ha esordito Asai sensei, descrivendone l'assenza sui tatami mondiali come una grandissima perdita per tutto il mondo dell'aikido.

Non è stata l'unica dolorosa perdita, ha ricordato anche quelle recenti di Tamura sensei e di Sugano sensei.

Dopodichè Asai ha voluto rassicurarci sulla sua salute, sdrammatizzando il triste momento che si era creato sentendo l'assenza del nostro caro maestro Fujimoto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E così è cominciata l'avventura romana con il maestro: eravamo veramente tanti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E a giudicare dalle facce ci siamo tutti divertiti tanto!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Abbiamo seguito il maestro negli esercizi di respirazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nell'aikitaiso poi ci siamo addentrati nel lavoro a coppie focalizzandoci su quello di uke, che si allunga all'estremo ricercando l'allineamento del corpo.

La testa protesa verso la mano di contatto con tori, il posizionamento dell'altro braccio: dove spostarlo per non appesantire il corpo nei punti sbagliati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Siamo poi passati allo studio di altre tecniche, ma sempre focalizzandoci sul lavoro lineare di uke.

Sul tatami stavamo quindi tutti a sistemare i relativi uke per aiutarli ad allinearsi e se al contrario si trovavano fuori asse cercavamo di capire quale movimento di tori andasse ad impedire il corretto allineamento di uke.

Uno studio accurato sul'equilibrio personale, e di riflesso sull'equilibrio dell'altro.

 

 


 

Il secondo giorno del seminario abbiamo intensivamente studiato mediante l'uso del jo ricercando l'estensione, l'allungamento, del corpo di uke.

Questi si posizionava nello shihonage o in diverse varianti di ikyyo, ricercando di volta in volta l'allineamento richiesto per quella determinata tecnica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il maestro ha fatto prima eseguire le tecniche a mano nuda e dopo ci ha  fatto ricercare le stesse tecniche provate in tai waza, movimento del corpo, utilizzando il jo come strumento di esecuzione e verifica della tecnica.

Veramente molto interessante.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando il maestro ci ha mostrato una forma particolare di nikyo, con presa sul pollice e distorsione della mano, siamo andati quasi tutti nel pallone.

Con il compagno di allenamento con il quale mi trovavo durante l'esecuzione di questa tecnica abbiamo ricercato questo nikyo particolare e ad ogni giro ce ne veniva uno diverso. Allora esordivamo: «Aahhhh, ecco com'era!».

Per poi auto-contraddirci un secondo dopo!...

Alla fine il maestro, alquanto divertito dai nostri sforzi, ci ha spiegato nel dettaglio la tecnica e allora abbiamo capito... che non avevamo capito nulla!!!

 

 

 

 

 

 

In questo raduno ho notato che il maestro Asai, nel proporre le sue tecniche, effettuava una dimostrazione molto veloce.

Secondo me non era una scelta casuale; sembrava quasi che volesse verificare cosa rimaneva in noi vedendo solo un accenno di movimento, che cosa avremmo potuto tirare fuori dalle nostre sacche di conoscenza... le nostre elaborazioni..

Stava proprio studiando noi e studiando con noi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E studiare insieme ad un grande Maestro è stato veramente un privilegio per tutti ed un'esperienza indimenticabile .

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Grazie, Maestro!

 

Manuela Gargiulo

 

 

 


Il maestro Katsuaki Asai frequenta i tatami italiani fin dagli anni 60. Noto per la sua agilità fuori dal comune, fu impareggiabile uke del maestro Hiroshi Tada nel corso di memorabili dimostrazioni effettuate durante i primi seminari organizzati in Italia.

Rimasero fortunatamente alcune foto dell'epoca, probabilmente scattate da Giovanni Granone e Brunello Esposito, che rendono l'idea della intensità di quei primi enbukai.

Le trovai alcuni anni dopo, accartocciate dall'umidità, demolendo uno sgabuzzino per allargare lo spogliatoio femminile del Dojo Centrale di Roma, dimenticate là per chissà quali circostanze.

 

 

 

Per diversi anni furono il piatto forte della rivista Aikido. Ma non solo le foto.

Il senso di armoniosa e irresistibile energia che scaturiva dal lavoro in comune di due grandi personalità colpiva anche il profano.

Nel 1974, in occasione del decennale dell'Aikikai d'Italia, la grafica della rivista venne ridisegnata dallo studio ADP, con cui collaboravo. La copertina venne ideata da persone che non avevano mai praticato aikido ma che furono subito colpite da quelle immagini ed elaborarono una composizione utilizzando le sagome dei due maestri.

Nel 2008 venne organizzato un grande seminario per celebrare i 30 anni del riconoscimento della personalità giuridica dell'Aikikai da parte dello stato e decisi di richiamare nel logo dell'evento quella idea.

 

 

 

Il maestro continuò per molti anni ad essere una presenza costante e gradita ai seminari estivi organizzati dall'Aikikai d'Italia e diretti dal maestro Hiroshi Tada, che volle renderli preziose occasioni di incontro e di studio con i maggiori insegnanti di aikido presenti in Europa. Ricordiamo tra gli altri gli insegnamenti sontuosi di Nobuyoshi Tamura, quelli irruenti di Katsuo Chiba, quelli intervallati da incredibili variazioni culturali di Yasunari Kitaura.

Negli anni successivi l'affollarsi degli impegni trattenne nei paesi di residenza questi graditi ospiti, ma Asai sensei ha continuato ad insegnare in Italia ogni volta che ne ha avuto l'occasione.

Iniziò a venire regolarmente a Roma negli anni 80 su invito del maestro Hideki Hosokawa, ma per una serie di circostanze questa bella consuetudine si interruppe.

A partire dal 2011 grazie all'impegno del Dojo Nozomi di Roma e alla preziosa opera del maestro Yoji Fujimoto che ha fatto in un certo senso da garante dell'operazione, il maestro Asai torna a tenere regolarmente seminari in Roma. Anche a questo seminario, come a quello precedente, ha voluto essere presente Hosokawa sensei. I prossimi appuntamenti sono già fissati: il 2 e 3 marzo 2013 presso il Dojo Fujimoto di Milano, il 25 e 26 maggio ancora a Roma.

La didattica del maestro Asai è, come ben sa chiunque abbia seguito un suo seminario, molto particolare. In una remota intervista rilasciata molti anni fa per la rivista Samurai rispondendo ad una mia domanda confidava che non vi sono differenze sostanziali tra l'aikido praticato ad esempio in Giappone e quello che viene proposto in Italia o in Germania.

Ogni popolo ha tuttavia le sue particolari caratteristiche di base, ed il suo metodo di insegnamento tiene conto delle attitudini e delle necessità del praticante tedesco medio. Tuttavia il suo insegnamento è universalmente affascinante.

Alcuni potrebbero credere che ricorra sempre e soltanto a quelle tecniche morbide e avvolgenti, complesse ed articolate,  croce e delizia di ogni praticante che decida di intervenire ai suoi seminari.

Ma il maestro, come ogni grande artista, rifugge dall'eccesso di schematismo ed ama sorprendere, e come è prassi le migliori sorprese si ottengono con elementi semplici.

Asai sensei ha basato il suo seminario su due situazioni solamente, quelle più semplici considerate a torto od a ragione per 'principianti'. katatetori gyakuhanmi il primo giorno, katatetori aihanmi il secondo giorno.

 

 

 

 

 

 

Ma prima ancora di iniziare con le tecniche vere e proprie, c'è stato molto da fare.

L'ikkyo undo di Asai sensei è particolare (tutto è un po' particolare in lui), richiede che le mani siano in linea con l'avambraccio, incanalando verso l'esterno l'energia vitale, fisica e mentale, del praticante.

Si sente ogni tanto deprecare le differenti impostazioni richieste da alcuni maestri di grande livello (ad esempio l'ikkyo undo di Osawa sensei, ancora fresco in memoria, è tuttaltra cosa).

Altri - e io mi associo - preferiscono credere che la possibilità di scegliere tra differenti alternative ugualmente valide porti ricchezza e doni libertà di scelta.

Appena un mese fa Osawa sensei chiedeva di studiare degli ashisabaki compatti, col busto ortogonale alle gambe ed entrambe le mani avanti. Asai sensei ha proposto movimenti grandi, col busto allineato e le mani ai due lati del corpo.

Ma va rimarcato che entrambi hanno tenuto a sottolineare che quanto andavano chiedendo in quel momento non andava considerato come una richiesta ultimativa, alternativa ad ogni altra.

Osawa sensei ha ricordato che oltre ai suoi movimenti essenziali esistono anche quelli grandi ed ambiziosi, Asai sensei ha ammonito a non dimenticare i movimenti raccolti e le posture alternative.

Come già detto le posizioni di partenza erano semplici, come semplici perlomeno in apparenza era le tecniche che il maestro proponeva per lo studio.

Iniziando da katatetori gyaku hanmi, offrendo la mano alla presa in posizione honte (con il palmo all'interno ed il pollice verso l'alto) ha approfondito l'esecuzione del tenkan, movimento rotatorio verso l'esterno.

Ha raccomandato come di consueto di non farsi abbagliare dalla sensazione di essere vincolati dalla presa di uke e di resistere alla tentazione di opporvisi utilizzando la forza.

Il corpo rimane libera, per quanto possa essere salda la presa di uke sul polso, e bisogna pertanto agire sul corpo senza lasciarsi condizionare-.

A questo punto un tenkan, rotazione dell'anca che prosegue il movimento precedente mentre i piedi rimangono sul posto fungendo solamente da perni, porta tori nella posizione ideale per concludere la tecnica ed attrae uke in quella migliore per riceverla.

Si tratta di un largo shihonage, che conduce il corpo di uke ad una posizione di salutare tensione.

Eseguendo la tecnica con una chiusura della mano di uke in prossimità della sua spalla avremmo invece lo shihonage classico, che può terminare con controllo a terra - kime - immobilizzazione articolare - osae - o proiezione - nage..

 

 

 

 

 

 

Per chi avesse concentrato eccessivamente la sua attenzione sulla parte richiesta a tori dimenticandone però le finalità, il maestro ha voluto ripetutamente sottolineare la corretta posizione che si deve far assumere ad uke.

Questi dal canto suo sarà chiamato a collaborare alla corretta esecuzione della tecnica, che tornerà a suo beneficio.


"Facile. Ma difficile." è uno degli intercalari più frequenti nel vocabolario di Hosokawa sensei.

Asai evidentemente condivide questa massima, convincendo ad impegnarsi al massimo anche su tecniche "per principianti"

Nelle fasi di studio successivo inizia - sempre in katatetori gyakuhanmi - posizionando la mano con il palmo verso l'alto a livello jodan (alto). In questo modo la presa di uke è obbligata: afferrerà il polso da sotto, mentre prima gli veniva naturale afferrarlo da sopra.

 

 

 

 

 

 

 

A questo punto il maestro porta la sua mano in posizione gyakute, con il palmo verso il basso.

Uke, che non può opporsi alla rotazione, che avviene in direzione del suo punto debole, il pollice, la deve seguire e si ritrova con il gomito sollevato in alto.

Come già sottolineato da Osawa sensei questa posizione del gomito non solo rende assolutamente inefficace l'azione del braccio, ma impedisce di utilizzare anche l'altro che non è più in grado di arrivare a contatto con tori.

Il baricentro si ritrova inoltre innalzato al limite fisiologico, e condurre uke in ogni punto che si voglia sarà da quel momento agevole.

 

 

 

 

E' ora possibile entrare in questo spazio neutro creato precedentemente, al sicuro da ogni possibile reazione di uke.

La tecnica si concluderà con un uchikaitennage.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In alternativa il maestro propone, offrendo la mano da attaccare in posizione chudan (media), di mantenere la mano in posizione honte orizzontale.

Effettua allo stesso tempo un tenkan sul lato esterno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Di seguito, invertendo il senso di rotazione del braccio porta uke, che si trova vincolato in un punto completamente fuori del suo baricentro e non può opporre alcuna resistenza, in posizione propedeutica per un  sotokaitennage.

RIcordiamo che uchi kaiten significa rotazione interna (in pratica quella in cui si passa sotto il braccio di uke, mostrata in precedenza) e soto kaiten rotazione esterna.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La presenza di un grande maestro attira numeri importanti di praticanti, e diventa sempre più difficile trovare tatami sufficientemente grandi per lavorare sulle proiezioni.

Asai vi rinuncia senza dolersene più di tanto e ne approfitta per una ennesima sessione di aikitaiso, con tori che conduce uke non alla caduta ma ad un benefico esercizio di allungamento, rilassamento, coordinazione.

Del resto i grandi spazi a disposizione per l'allenamento sono una innovazione abbastanza recente: le arti marziali al coperto sono nate in spazi ristretti, ove era necessario muoversi con cautela, e spesso in suwariwaza per occupare ancor meno superficie.

Eppure non sembra che al bagaglio tecnico degli shihan formatisi in questo ambiente manchi qualcosa.

 

 

 

Anche in questa occasione il docente non si accontenta di mostrare, ma controlla attentamente l'esatto adempimento di quanto ha richiesto.

Nessun cipiglio, nessun rimbrotto.

La legittima soddisfazione di avere imboccato o fatto imboccare la strada giusta fa premio su ogni altra considerazione, non c'è spazio per i musi lunghi e ogni momento della pratica è accompagnato quando possibile da un sorriso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sappiamo tutti che in aikido i rudimenti delle tecniche si apprendono più facilmente quando sono statiche, ma ben presto dovrebbe prevalere il piacere del movimento, e si apprende a "chiamare" il proprio uke per invitarlo all'azione.

Nella didattica di Asai questo momento arriva molto presto, per non dire fin dal primo giorno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le limitazioni di spazio cui abbiamo accennato prima non gli impediscono di trovare sempre nuovi sistemi per rendere la lezione più varia e scacciare ogni sospetto di monotonia.

Una chiamata dinamica come quella che abbiamo visto è di solito il preludio ad una proiezione in sotokaitennage molto efficace e che richiede spazi lunghi.

Però il movimento rotativo dell'assieme tori-uke impedisce fino all'ultimo di vedere se si dispone dello spazio necessario lungo la traiettoria prescelta per la proiezione, uke in particolare non ha modo di vedere e prevedere dove verrà proiettato.

 

 

 

 

 

 

In circostanze simili abbiamo visto in passato Fujimoto sensei chiedere  esplicitamente (seminario di Laces, 2010) di guidare uke verso una caduta ushirowaza.

Questo permette di praticare senza pericolo anche sui tatami più affollati e consente di allenarsi anche a chi non è ancora arrivato a padroneggiare gli ukemi o non è più in grado di eseguirli.

Lo scotto da pagare è la rinuncia ad una certa spettacolarità.

Cosa pensasse Fujimoto di quello che chiamava "show" lo sappiamo: togliere.

Che lo pensasse e lo dicesse apertamente un maestro da sempre ammirato anche per la spettacolarità del suo aikido dovrebbe far riflettere.

 

 

 

 

 

Dal canto suo il maestro Asai fruga nella caverna senza fondo delle sue conoscenze per proporre una versione di sotokaitennage che non prevede proiezione ma termina con un inopinato kubishime (strangolamento).

L'efficacia di questa tecnica, quando eseguita con l'intenzione che efficace lo sia, non sottrae nulla alla bellezza estetica del gesto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

Rimarrebbe ancora molto - veramente molto - da dire sulla didattica del maestro Asai,  ma è evidente che per quante parole si spendano non è possibile rendere una idea del suo insegnamento.

Nel suo caso possiamo dire con sicurezza che gli assenti avranno sempre torto e lo scopo di queste righe è solo di renderlo evidente.

Come anticipato, il suo seminario si è incentrato su gyakuhanmi e - il secondo giorno - su aihanmi utilizzando inizialmente il jo come sussidio didattico.

Anche qui ha alternato le posizioni della mano mostrandone, senza volerlo troppo rimarcare ché l'eccesso di spiegazioni allenta la tensione del discepolo, le conseguenti tecniche.

Qui le mani si trovano in posizione honte e ne deriverà la tecnica di shihonage (mostrata nella prima pagina del servizio).

 

Quando le mani si trovano invece in posizione gyakute la tecnica che ne scaturisce come prima e forse inevitabie conseguenza logica è ikkyo.

Naturalmente da ikkyo conseguono nikyo, sankyo, yonkyo e gokyo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Anche nel corso della seconda giornata sono stati mostrati diversi momenti dinamici, in cui uke veniva invitato ad uscire da una posizione statica per poter raggiungere tori.

Dovrebbe essere evidente anche al profano che queste situazioni, anche se finalizzate ad una semplice presa al polso, quando acquistano dinamismo hanno grandi affinità con un attacco reale come ad esempio un affondo con la spada.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ne ha parlato all'inizio Manuela Gargiulo: come già nella prima giornata su sotokaitennage anche la seconda ha visto il maestro "vivacizzare" i momenti di studio con una tecnica inusuale attinta al bagaglio dell'aikijutsu.

Teoricamente non si tratta di una esecuzione particolarmente difficile: iniziando come per un normale nikkyo omote, si inverte la rotazione del braccio di uke riportandolo in alto ma in posizione inversa.

La mano libera di tori a quel punto interviene in leva, come per eseguire un kotegaeshi molto stretto, accompagnata dalla seconda mano se si desidera un controllo più sicuro.

Sapevamo del resto che le due tecniche sono complementari: kote gaeshi e kote mawashi (nikyo).

 

 

 

Personalmente la classificherei come una variante di nikyo, ma si sa che la classificazionedelle tecniche di aikido è una lotta perduta in partenza, una ventina solamente forse ha un nome, in confronto alle svariate migliaia di varianti.

Quello che è certo è che non si tratta di una tecnica inedita.

Lo stesso Asai l'aveva proposta, tra la costernazione generale, durante il raduno del Quarantennale Aikikai nel 2004 ad oltre un migliaio di praticanti.

Ma è una tecnica che in Italia approdò molti anni prima.

In questa foto vediamo la storica dimostrazione organizzata da Danilo Chierchini ne 1965 presso il centro di addestrameno delle Fiamme d'Oro (Polizia di Stato) di Nettuno.

Si tenne all'aperto su un tatami improvvisato, al cospetto di centinaia di agenti di Polizia e con la collaborazione di un gruppo di insegnanti di judo, completamente digiuni tuttavia di aikido.

L'esecutore della tecnica, non è cambiato molto nonostante le decine di anni passate, è il maestro Hiroshi Tada.

Dimostra suo malgrado l'efficacia della tecnica il maestro di judo Nastasi, di Catania.

 

 

 

 

 

 

Verrebbe quindi spontaneo pensare che si tratti di un patrimonio tecnico ormai assimilato, di una tecnica di comprensione ed esecuzione relativamente facili.

Eppure...

Ecco cosa succede quando il maestro, sentendo puzza di bruciato, chiede se c'è qualcuno che ha difficoltà a comprenderla e desidera maggiori chiarimenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non c'è da preoccuparsi. Ad Asai sensei non mancano didattica, pazienza e buonumore.

Gli utlimi due ingredienti non mancano nemmeno a chi ha deciso di passare queste due belle giornate di studio con il maestro.

Li accompagneranno con un po' di attenzione e di applicazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Anche questo seminario è nel carniere.

Siamo riusciti a convincere qualcuno che sia valsa la pena di andarci?

Ma conta relativamente poco.

Speriamo piuttosto che qualcuno abbia capito che varrà la pena di essere puntuali ai prossimi appuntamenti, che ricordiamo.

Nel 3 marzo 2013, il 2 e 3, organizzato dal Dojo Fujimoto di Milano; il 25 e 26 maggio organizzato dal Dojo Nozomi di Roma.

E nel frattempo, grazie ancora a Katsuaki Asai sensei.

 

Paolo Bottoni

 

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