Gendai
Akira Kurosawa: 1991 - Rapsodia in agosto - Il pretesto
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Kurosawa in questa opera cura più la trasmissione delle emozioni che non lo sviluppo di una trama avvincente, come in diversi altri esempi dei suoi film di ambientazione gendai. La sua rapsodia alcuni preferirebberp chiamarla sonata, rendendo meglio il significato della parola kyoshikyokyu. Il regista non tenta infatti una delle sue grandi opere "sinfoniche", ora sta trattando di episodi apparentemente normali, di temi per pochi intimi e per pochi esecutori, ha voluto cimentarsi nella "musica da camera".
Non a caso il susseguirsi degli avvenimenti è scandito dalle note di una canzone di Schubert, molto popolare in Giappone, ripetutamente suonata sul decrepito harmonium di nonna Kane da Tateo, quando non cantata in coro dallo sparuto gruppetto di protagonisti.
Le parole di Schiller, che vanno tenute a mente per comprendere un episodio successivo, in italiano suonano grossomodo così:
Il ragazzo vide una rosa fullgida e solitaria, e ne restò affascinato.
la relativa importanza della trama si era già avvertita in Vivere nella paura (1955) e Sogni (1990) dove Kurosawa aveva già tentato di parlare del terrore forse irrazionale eppure comprensibile del popolo giapponese e suo personale verso un attacco nucleare, e in Dodes'ka-den (1970) dove sia pure rappresentando apparentemente un universo di diseredati avulso dalla società getta in realtà un guanto di sfida alle ipocrisie e alle miserie della società "civile", che presenta gli stessi sintomi di un male mortale inutlmente mascherandoli dietro un fittizio benessere materiale.
Ma anche - tentativo isolato nel genere jidai dove più spesso ha trattato invece temi epici od avventurosi - in I bassifondi (1957). Poiché anche in Rapsodia in agosto la trama conta fino ad un certo punto non si può parlare di questa opera descrivendo semplicemente la sequenza di avvenimenti, attraverso i quali le nuove generazioni cercano - ma alla cieca - di comprendere o perlomeno conoscere il dolore incessante provato dai loro anziani fin da quelle torride giornate dell'agosto 1945, che li ha segnati per sempre e che hanno rinunciato a comunicare.
Alcuni critici hanno osservato che Kurosawa ha rappresentato la distanza incolmabile tra chi ha vissuto gli anni della guerra prima e della dura ricostruzione poi e la generazione successiva vissuta nella pace e nel benessere, mentre solo la terza generazione, ossia i nipoti della vecchia Kane riesce a traversare l'abisso.
Sembra difficile concordare con questa tesi: anche i quattro nipoti hanno problemi di comunicabilità con Kane, ed anche problemi di adattamento alla sua mentalità, alle sue abitudini, al suo semplice modo di vivere.
Lo dimostrano confessandole con grande imbarazzo che il cibo da lei preparato non è adatto a loro e lo trovano disgustoso, essendo "roba da vecchi".
Non sembra accettabile l'ipotesi che questa scena sia stata inserita da Kurosawa senza alcun significato particolare, semplicemente per lasciar scorrere un po' di pellicola.
Del resto, quando i nipoti cercano di capire le dimensioni della immane tragedia non è da Kane che vanno, ma si aggirano nella città di Nagasaki tra i fantasmi del passato. Non solo nei luoghi maggiormente emblematici per l'intera comunità, ma anzhe quelli più personali. Si recano infatti alla scuola dove insegnava il nonno, il marito di Kane, e dove è rimasto incinerito dalla folgore atomica assieme ai suoi alunni.
Tra l'altro i problemi di comprensione con Kane, anche dei giovani e non solo della generazione di mezzo, si aggravano fino a diventare drammatici proprio quando la vecchia inizia faticosamente a frugare nei propri ricordi tentando di farne partecipi gli altri.
ll solo che riesce a manifestare a Kane una umana comprensione che si intuisce sincera e benefica, che non ha bisogno di fare domande dolorose e di riaprire ferite in quel modo non più curabili, è un estraneo: Clark, il nisen (giapponese nato e vissuto all'estero) che quando tornerà per la prima volta in quella che è teoricamente la sua patria scoprirà, con altrettanto dolore, di sentirsi parte del nemico, cittadino di quella nazione che assieme alla famiglia di Kane ne ha annientate o sconvolte tante altre.
Ma - emblematicamente - Clark è chiamato dal destino a rimanere solamente un episodio: viene richiamato alle Hawai dalla notizia della morte di Suzujiro, e la camera di Kurosawa indulge sull'aereo che lo riporta lontano, come aveva indugiato su quello che lo aveva portato in Giappone. Simbolo di una tecnologia che nel giro di pochi anni ha accorciato le distanze - fisiche ma anche culturali, psicologiche - tra gli esseri umani originando nuove opportunità di conoscenza ma anche forse aggravando i problemi della convivenza, perfino quelli della coesistenza.
Non cercheremo quindi in questa analisi di seguire pedissequamente il corso degli avvenimenti, e quando ce ne discosteremo sarà perché così ha voluto Kurosawa.