Tecnica e storia
Solingen 2002: 45 splendide lame giapponesi
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Si è tenuta nel 2002 a Solingen in Germania la più importante mostra di spade giapponesi fino ad allora organizzata in Europa e forse in Occidente. Ma in Italia è passata quasi inosservata.
Prima di passare alla cronaca dell’avvenimento sarà bene dedicare qualche riflessione a questo dato di fatto indiscutibile.
La Società per la Tutela della Spada Artistica Giapponese (Nihonto Bijutsu Token Hozon Kyokai, d’ora in poi in questo articolo NBTHK) è il massimo organismo del campo, e ha ormai numerose succursali all’estero.
La mostra di cui parliamo annoverava importanti opere d’arte provenienti non dai musei ma dalle collezioni private dei membri della NBTHK Europa e quindi normalmente non visibili al pubblico.
Imponente il loro numero, 45 lame, ed impressionante il loro livello: ancora non molti anni prima Nobuo Ogasawara, Capo Conservatore emerito del Museo Nazionale di Tokyo, che per lungo tempo ha incessantemente viaggiato in occidente per classificare quanto conservatovi, osservava che in Europa non era presente alcuna lama classificabile di livello Juyo Token. Eppure a Solingen erano esposte 35 lame Juyo Token, 9 lame del livello superiore Tokubetsu-Juyo Token ed una lama di livello Juyo Bijutsuhin.
Occorre dire ad onor del vero che alcune di queste lame provenivano da recenti acquisizioni in Giappone, mentre altre erano opere di incerta attribuzione che una recente perizia aveva attribuito ad importanti spadai. Ma va dato onore al merito di chi ha saputo identificare correttamente queste opere e chiederne a suo rischio la costosa perizia, per cui esistono liste di attesa di anni e che non viene concessa al primo che passa.
La mostra, che è rimasta aperta dal 18 maggio all’11 agosto del 2002, veniva annunciata come irripetibile e questa previsione degli esperti venne confermata poi a diversi mesi di distanza dal personale del museo che ricordava con una punta di terrore gli innumerevoli ostacoli superati per poter avere a disposizione tutte le opere d’arte richieste. Bisogna dire subito che la partecipazione del pubblico non è stata eccezionale, anche se l’impressione degli organizzatori è che sia stato raggiunto in ogni modo un target molto interessante e variegato, composto da appassionati intenditori provenienti da numerose nazioni.
Ma dobbiamo qui aprire due note dolenti: mentre in altri paesi il livello di partecipazione e coinvolgimento degli intenditori cresceva fino al punto di rendere possibili manifestazioni culturali di tale spessore, sembra che in Italia non sia avvenuto lo stesso. Ovviamente nessuno si sogna di rimproverare ad un intenditore il mancato possesso di oggetti dal valore venale di molte migliaia di euro, ma quando si constata che in Italia non si era semorei riusciti ad avere il medesimo rigore espositivo e si pubblicavano cataloghi curati graficamente ma non immuni da critiche dal punto di vista scientifico, si parla di ben altro. Viste le premesse non c’è da stupirsi che gli italiani non furono minimamenti coinvolti nella organizzazione di questa importante manifestazione, ed è già una dolorosa constatazione. Lascia un pò perplessi che per la maggior parte non ne fossero neppure al corrente e ne siano venuti a conoscenza solo alcuni, tardivamente e in modo casuale.
La seconda nota dolente si apre con la curiosa presenza di alcuni quotidiani giapponesi tra le riviste a disposizione dei visitatori, nella sala d’attesa del Museo di Solingen. E’ venuto spontaneo chiederne la ragione al personale, che ha ricordato la presenza a Dusseldorf (a pochi km di distanza) della maggiore comunità giapponese della Germania. Giusto: a Dusseldorf c’è una zona concentrata intorno all’Hotel Nikko ricca di ristoranti, negozi e librerie giapponesi. E sembra che tra i maggiori visitatori del Klingen Museum di Solingen (Museo dei Ferri taglienti, Solingen è universalmente nota da secoli per la qualità del suo acciaio e dei suoi coltelli) vi siano i giapponesi. Chissà quanti allora a vedere la mostra di spade giapponesi, sarebbe il commento naturale. Nemmeno uno se non per sbaglio, giura invece la signora addetta a vendere i biglietti: i turisti giapponesi sono frequentatori abituali del Museo, ma per ammirare i coltelli tedeschi. E ci sarebbe da riflettere anche su questo.
Delle 45 lame di grande valore esposte a Solingen, o per essere piú precisi nella nuova e bella sede, ora nella nella frazione di Gräfrath, del Deutsche Klingenmuseum, Museo Tedesco dei Ferri da Taglio, la maggior parte risaliva all’epoca Koto, della spada antica, per l’esattezza 3. Erano invece 5 le lame di epoca Shinto - nuova spada - e solamente una dell’epoca Shinshinto - nuovissima spada. Questo squilibrio è forse spiegabile con la maggiore attrattiva esercitata verso i collezionisti dalle opere piú antiche; l’epoca Koto viene generalmente racchiusa nell’arco che va dal 782 al 1570, ma nella tabella seguente vengono rispettate le indicazioni di Nakayama Kokan (vedi bibliografia). Ma anche col maggiore valore tecnico ed artistico che viene generalmente attibuito alle lame di quell'epoca, nonché alla intensa produzione di quell'epoca, che viene calcolata intorno al 70% di tutto il patrimonio artistico nazionale.
Completavano la rassegna alcune montature (koshirae) di cui due classificate di qualità Juyo Koshirae; quelle lunghe tutte pertinenti a spade del tipo Uchigatana, con lama tra i sessanta ed i settanta centimetri e manico piú corto del normale per l’utilizzo prevalente con una sola mano. Il lettore esperto avrà già compreso dallo scarso numero di koshirae presenti che le lame erano prevalentemente conservate non nelle montature da guerra, koshirae appunto, ma in quelle di mantenimento (shirasaya), ed esposte completamente nude senza nulla che distogliesse l’occhio del visitatore dalla loro austera bellezza. Una piccola sezione era infine dedicata a 10 tsuba (guardie) del tipo Yagyu.
Non sono mancate iniziative collaterali durante il tempo della esposizione, ed in particolare si sono tenute due conferenze tenute da esperti giapponesi e dedicate ai criteri di apprezzamento della spada giapponese e a quelli per l’identificazione dei gimei (firme false).
Al magnifico catalogo potremmo forse rimprovare il prezzo allarmante, ma bisogna considerare anche il notevole spessore tecnico che lo permane dalla prima all’ultima pagina, che deve avere richiesto un impegno tipografico ed economico non indifferente: ogni lama raffigurata è corredata infatti dell’oshigata, il disegno analitico della stessa in scala 1 : 1 in cui ne vengono accuratamente riprodotte tutte le caratteristiche salienti, anche quelle che sfuggono all’occhio apparentemente infallibile della fotocamera; mentre non mancano qualificati interventi dei maggiori esperti mondiali, e non vengono lesinati notizie complementari, glossari e quanto altro possa servire. Un piccolo appunto ad alcune imprecisioni nei termini tecnici, ricordiamo per esempio un kaeri-tsuno piú volte ripetuto al posto di kaeshi-tsuno (il passante in corno che si applica al fodero della spada per fissarlo meglio alla cintura) oppure sepp-dai invece di seppa-dai (la zona della guardia ove si appoggia la guarnizione chiamata seppa).