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Hiroshige: Carnet di schizzi

Hiroshige
Carnet di schizz
Testo: Sherman E. Lee; prefazione: Daniel J. Boorstin
L'Ippocampo, 2009

 

 

L'arte della stampa giapponese ha lasciato opere straordinarie, frutto del costante affinamento di una idea e della cooperazione di una catena di artisti ed artigiani che permettono il traferimento sulla stampa della idea concepita da un maestro dell'arte.

E' relativamente raro invece poter conoscere i primi passaggi attraverso cui questa idea diviene reale.

Fortunatamente, nell'importante lascito fatto ad inizio del XX secolo dallo studioso, critico e collezionista Crosby Stuart Noyes alla Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti, erano compresi due carnet di schizzi originali di mano del sommo Utagawa Hiroshige.

Se nel procedimento che porta alla produzione di una stampa o come più frequentemente accade di una serie di stampe i passaggi sono numerosi e le possibilità di ripensamenti ed aggiustamenti numerosi, lo schizzo o il disegno ad inchiostro non consentono pentimenti e correzioni: la mano dell'artista deve muoversi solamente quando la mente già conosce esattamente quanto è da farsi.

Oltre a dare una rappresentazione fedele delle capacità dell'artista di armonizzarsi all'istante con la realtà per rendersi disponibile ad offrirne una rappresentazione, realistica od idealizzata, dettagliata o succinta, gli schizzi permettono di accostarsi in qualche modo anche alla sua personalità.

E' possibile, dall'esame di un quaderno di schizzi, comprendere attraverso quali canali l'artista venga colpito dalla necessità di fermare con la su arte un momento, una persona, un atteggiamento che meritano di essere tramandati per sempre.

I due carnet in possesso della Biblioteca del Congresso contengono schizzi grossomodo raggruppati per tematiche, accreditando l'ipotesi che si tratti di ritorni dell'artista su bozzetti precedenti, raccolti occasionalmente e poi riorganizzati.

Alcuni ricordano - o riprendono decisamente - altri schizzi presenti in differenti collezioni.

Prove evidenti che anche il gesto spontaneo ed immediato dell'artista che ferma sulla carta quanto lo ha colpito prevede momenti di ripensamento, dei ritorni sul cammino già percorso, alla ricerca di qualcosa che evidentemente l'animo dell'artista pensa possa essergli sfuggito, o cui scopre di non avere dato l'importanza che meritava.

Alcuni degli schizzi non possono essere attribuiti alla esigenza di fissare immediatamente nelle memoria riportandoli nel proprio carnet degli attimi vissuti o dei luoghi conosciuti.

Ne è un esempio lo schizzo che ritrae Kibi Daijin, a meno di non ipotizzare che sia stato ripreso osservando direttamente un dipinto di altro autore da cui riprendere l'ispirazione.

Il suo inserimento in una serie organiza di schizzi di personaggi, storici, leggendari o presi dalla strada, tuttavia conferma l'ipotesi che Hiroshige non vi stia mettendo mano per la prima volta.

Kibi Daijin è un celebre personaggio del''VIII secolo, che fu iincaricato di diverse difficili missioni diplomatiche in Cina.

Con il trascorreer del tempo la sua divenne la leggendaria e magica figura di un saggio che superava le ardue prove cui era sottoposto dalle autorità cinesi, dimostrando la superiorità della cultura giapponese.

Qui, sottoposto a un duro esame, riceva l'ispirazione per fornire risposte corrette dallo spettro del ministro Abe no Nakamuro, che aveva trovato tragica morte, che gli appare sotto le spoglie di un ragno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un altro schizzo rappresenta un impiegato di basso rango addormentato sopra i suoi registri.

Nella parte sinistra dello schizzo, non visibile in questo particolare, Hiroshige allude ironicamente a quanto presumibilmente sta sognando l'oscuro impiegato.

Dal capo dell'uomo assopito - un samurai come dimostra la tonsura, probabilmente impiegato nella amministrazione di un piccolo feudo - parte un fumetto che raggiunge l'angolo opposto dello schizzo.

Qui, da dietro un paravento spuntano le stoviglie tipiche di una casa da te, dei materassi rossi ed un kimono da donna abbandonato negligentemente al suolo.

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