Maestri e scuole
Quando si pensa all'arte giapponese è difficile che non vengano in mente le incredibili stampe a colori che hanno stupito il mondo sul finire dell'800, quando per la prima volta sono state aperte le frontiere del Giappone.
Gli artisti che hanno fatto grande l'arte dell'ukiyo-e sono innumerevoli, ed alcuni di loro sono di statura mondiale, paragonabili alle grandi figure del nostro rinascimento o a maestri comunque di eccelsa levatura.
Renderemo loro omaggio in queste pagine, nella convinzione che la conoscenza delle loro vite aiuti a comprendere meglio anche il valore delle loro opere.
Katsushika Hokusai (1760-1849), autoritratto
Utagawa Hiroshige (1797-1858)
Non verrà mai ripetuto abbastanza che - come in molte civiltà del passato non esclusa la nostra - anche nel Giappone antico il nome della persona, altro vocabolo classico che non dimentichiamolo nella Grecia antica indicava la maschera che indossava l'attore, cambiava in assonanza con le mutevoli condizioni della vita e dell'essere umano che col nome si identificava. Ovviamente nel caso di artisti che debbono apporre la firma sulle loro opere, questo genera in noi "moderni" ancor maggiore confusione.
L'artista universalmente conosciuto al giorno d'oggi col nome di Hiroshige (広重) nacque - probabilmente poiché la conversione dal calendario giapponese lascia sempre qualche margine di dubbio - nel 1797, nono anno dell'era Kwansei, ad Edo (Tokyo) che è ancora oggi capitale del Giappone, col nome di Andō Tokutarō, da famiglia samurai. Diversi indizi portano a concludere che il padre Gen'emon fosse ufficiale dello hikeshi-doshin, polizia del fuoco, ed era figlio di Tokuyemon Tanaka, maestro di kyudo, ma fu adottato poi nella famiglia Andō. Usò in seguito anche i nomi di Juemon e Tokubee.
Rimasto orfano a 12 anni, Hiroshige venne ammesso 2 anni dopo nella "bottega" del maestro Toyohirō della scuola Utagawa, apparentemente un ripiego in quanto aspirava ad apprendere dal caposcuola Toyokuni. Ma i suoi progressi furono talmente rapidi che già l'anno seguente, nono del periodo Bunkwa (1812) Toyohirō gli rilasciò un certficato che l'ammetteva nella scuola Utagawa e l'autorizzava ad assumere il nome di Utagawa Hiroshige (歌川 広重), in cui l'ideogramma hiro è lo stesso utilizzato in Toyohirō.
Termina praticamente qui l'apprendistato di Hiroshige, in seguito alla scomparsa del suo maestro, ma la sua precoce carriera conobbe un relativamente lungo periodo di stasi, in quanto non bastando l'arte a dare di che vivere a lui ed alla famiglia, continuò le funzioni paterne nella brigata dei vigili del fuoco. Sappiamo che diede le dimissioni solamente nel 1823.
Aveva lungo il corso del tempo preso l'abitudine di farsi chiamare dapprima Ichiyusai, pseudonimo cambiato dopo la morte di Toyohirō in Ichiryusai, e che talvolta infine abbreviò in Ryusai.
Nelle pubblicazioni odierne quasi sempre lo troverete menzionato semplicemente come Hiroshige, nome che adottò definitivamente talvolta abbreviandolo in Hirō, ma spesso anche Andō Hiroshige o Utagawa Hiroshige.
Iniziò ad essere conosciuto intorno al 1818 con un produzione di stampe raffiguranti bijin (bellezze femminili) ispirandosi allo stile del suo maestro Toyohiro ma influenzate anche da quello di Kaisai Eisen ( (渓斎 英泉, 1790-1848).
In seguito si dedicò raramente a questo genere artistico ma non lo abbandonò mai del tutto. Risale al 1849 questa sua opera intitolata Bijin a Kasumigaseki.
Non conosciamo molto altro della vita di Hiroshige. Sappiamo per certo che il suo primo viaggio a Kyotō nel 1832, per raffigurare dal vivo la cerimonia di corte del cavallo (dono presentato annualmente, l'ultimo giorno dell'ottava luna - hassaku - dallo shogun al tennô), lo impressionò profondamente. Fu la prma volta che percorse il Tokaidô, o perlomeno la prima occasione in cui ne raccolse degli schizzi che diedero origine più tardi al suo album Tokaidô gojusan-tsugi. Da allora trascorse gran parte della sua vita viaggiando e fissando per sempre col suo pennello tutto quanto muovesse il suo animo.
Scomparve nel 1858 durante l'epidemia di colera che devastò Edo, lasciandoci oltre 8000 opere, tra cui circa 500 stampe a colori che furono pubblicate da numerosi editori, con qualità decrescente con il trascorrere del tempo a causa dell'usura delle matrici e delle manipolazioni cui venivano sottoposte per sostituire i timbri dell'editore o della censura, la data e quanto altro.
Poco prima della morte si era convertito alla religione divenendo monaco, e in queste vesti - con un rosario in mano - lo raffigura la stampa commemorativa postuma di Kunisada. Hiroshige aveva lasciato questo poema, probabilmente quello del suo addio alla vita:
Lascio la città dell'Est
e, senza pennello, per vedere nuovi luoghi
prendo la lunga via che porta al lontano Ovest
La sua tomba si trova nel giardino del tempio di famiglia, quello di Tokaguji e reca l'iscrizione Ryusai Hiroshige no haka (tomba). Sulla sinistra, in caratteri di dimensioni minori Andō Yakeyo koreo (eretta) Tatsu ed infine Shimizu Seifu sho (incise). Tatsu Andō Yaye era la figlia di Hiroshige.
La tomba venne seriamente danneggiata dal terremoto del Kanto (1923) e dai successivi incendi quindi la possiamo vedere come era solamente in documenti di archivio.
Morti prematuramenti la prima moglie ed il figlio Nakajirō, Hiroshige si era risposato ed ebbe o adottò due figlie. La prima, Tatsu, sposò Shigenobu, che venne probabilmente a sua volta adottato nella famiglia e fu noto artista conosciuto col nome di Hiroshige II. Più tardi Tatsu divorziò rimaritandosi con Shigemasa, che conosciamo in arte col nome di Hiroshige III.
Nel 1882 Hiroshige II, che era stato ufficialmente riconosciuto da Hiroshige I come suo successore, eresse una stele commemorativa nel tempio shinto di Akihajinsha, presso il fiume Sumida che Hiroshige aveva raffigurato in una delle sue stampe.
Vi è rappresentato l'artista nell'atto di scrivere un tanzaku (poema), presumibilmente quello dell'addio, che è riportato sulla stele.
Si è detto che Hiroshige fu spinto a darsi alla carriera artistica soprattutto da due motivi: il primo sarebbe stato il desiderio di emulazione nei confronti di Hokusai, di cui aveva studiato alcune opere.
E' plausibile: per quanto Hokusai sia divenuto celebre solamente dopo il 1830, epoca in cui Hiroshige si era dedicato all'arte già da due decenni ed era conosciuto a sua volta, Hiroshige può essere tuttavia venuto a contatto con la sua produzione in epoca anteriore. Il secondo motivo, la ricerca di mezzi di sostentamento migliori, è meno plausibile.
E' forse vero il contrario, dato che Hiroshige fu costretto a mantenere il secondo lavoro nella brigata del fuoco per almeno un decennio probabilmente per guadagnarsi l'esistenza nonostante le scarse entrate che gli arrivavano dalla produzione artistica. E non sembra verosimile un artista destinato ad arrivare alle somme vette si sia voluto applicare solamente per necessità economiche.
Comunque sia, dopo un decennio che sembra sia stato dedicato allo studio dei maggiori paesaggisti giapponesi come Ooka Umpô e gli artisti della scuola di Shijô, delegò provvisoriamente il suo impiego pubblico al nipote, riservandosi di lasciarlo in seguito al figlio, e si dedicò a tempo pieno alla pittura.
A partire dal 1830 non solo il successo ma anche l'influenza di Hiroshige furono enormi, ed anche sulla cultura occidentale seppure dopo la sua morte. Fu uno degli artisti più studiati sotto l'onda del fenomeno culturale esploso nella seconda metà dell'800 e conosciuto col nome di giapponismo.
Qui vediamo una sua opera rielaborata e riproposta nell'autunno 1887, col titolo Le prunier en fleurs, da Vincent van Gogh. Assieme al fratello Theo infatti, Van Gogh , che era di professione mercante d'arte e consulente artistico, collezionava stampe giapponesi ed arrivò ad organizzare alcune esposizioni durante il cosidetto "periodo parigino" della sua breve vita.
Nell'opera conosciuta come "ritratto di Agostina Segatori", che era la proprietaria del bistrot dove venne organizzata una di queste esposizioni, troviamo infatti sullo sfondo una stampa giapponese o di ispirazione giapponese.
Possiamo qui confrontare direttamente due opere dei due grandi artisti. La stampa originale venne pubblicata tra il 1856 ed il 1859 dalla Uoya Eikichi e venne in seguito riproposta più volte, con leggere varanti nelle tonalità dei colori ed in alcuni particolari dello sfondo.
Il titolo dell'opera, firmata Hiroshige ga, è contenuto nel riquadro azzurro in alto: Ohashi Atake no yutachi (pioggia improvvisa sul grande ponte di Atake). Fa parte di una delle più celebri serie di Hiroshige, Meisho Edo Hyakkei (Le 100 vedute celebri di Edo).
La versione di Van Gogh risale all'estate del 1887 e si intitola Ponte sotto la pioggia (da Hiroshige).
Ovviamente si differenzia dall'originale, oltre che per le modifiche richieste dall'estro e dalla personalità dell'artista, per la differente tecnica di realizzazione: Van Gogh dipinse la sua opera su tela, utilizzando colori ad olio.
La presenza delle barche sullo sfondo rende possibile identificare con una certa approssimazione la fonte cui ha attinto van Gogh: una delle ultime edizioni della stampa di Hiroshige.
E' fuori di ogni dubbio che due figure del mondo uikiyo-e si elevino sopra le altre Hiroshige ed Hokusai, cui si sarebbe forse potuto aggiungere Utamaro se la morte non gli avesse impedito di giungere a compimento del suo percorso artistico.
Si discute spesso sulla superiorità dell'uno o dell'altro, ma come sempre in questo genere di confronti non sarà mai possibile arrivare a conclusioni condivise.
Un confronto impossibile. Eppure necessario.
E' indubbio che la produzione torrenziale di Hokusai puo' portare a considerare superiore la sua versatilità, ma c'è anche chi potrebbe pensare che abbia avuto ragione Hiroshige nel concentrare la sua energia piuttosto che disperderla in troppi campi, come si potrebbe dire per Hokusai ha proposito della sua vasta produzione nei generi shunga e manga.
Ove si può pensare ad un confronto diretto tra i due sommi, a scopo di arricchimento culturale e non di emettere giudizi o sentenze, è nel genere paesaggistico e naturalistico cui entrambi hanno dedicato gran parte delle loro opere, e che è quello in definitiva che ha permesso loro di arrivare alla fama, e al grande pubblico di conoscere l'incanto dei luoghi e delle persone del Giappone.
La differente impostazione tra i due maestri è resa palpabile da quelle serie di stampe a soggetto in cui entrambi vollero cimentarsi.
La prima illustrazione rappresenta la stampa 36 nella serie Le trentasei stazioni del Tokaidô (la via costiera che univa la capitale amministrativa Edo a quella imperiale Kyoto). E' opera di Katsushika Hokusai e venne pubblicata nel 1830 circa.
Nei pressi della stazione di Odogaya viene colto un gruppo eterogeo di viaggiatori.
C'è chi si sofferma ammirato alla vista del monte Fuji - onnipresente sullo sfondo di innumerevoli capolavori anche non espressamente dedicatigli - c'è chi si arresta solamente per detergersi il sudore o prendersi una sosta, c'è chi indifferente a quanto lo circonda sembra voler solo sonnecchiare in sella al suo cavallo.
E' un paesaggio animato dalla presenza umana, elemento insostituibile nella maggior parte delle opere di Hokusai, che celebra il Giappone attraverso gli occhi dei giapponesi.
Ritroviamo un tema molto affine nella stazione 27 (stampa 28) della serie di Hiroshige intitolata Le 69 stazioni del Kisokaidô, il percorso alternativo che passava per le montagne, pubblicata negli anni 1834-1842.
Ritroviamo lo stesso tema del viaggio attraverso un percorso di indicibile bellezza, ma qui la presenza umana, pur necessaria e pur maggiormente pervasiva come testimonia il grande ponte che ha modificato quanto natura ha creato, è più discreta.
L'elemento umano che in Hokusai è sovente in primo piano qui rimane sullo sfondo, sostiene la parte che nelle rappresentazioni greche era riservata al coro.
Si tratta ovviamente di tendenze, di scelte artistiche che privilegiano questo o quell'approccio, ma che mai cadono nel manierismo e che conoscono numerose fortunate eccezioni.
Ne è riprova un'altra opera di Hokusai, Fiori di prugno in autunno, ove l'elemento umano è totalmente assente e l'artista si limita ad osservare rapito quanto la natura gli dona.
Si nota qui piuttosto un'altra tendenza tipica di Hokusai: il gusto del particolare, la capacità di isolare alcuni singoli elementi dal contesto generale, lasciando comprendere che sono essi a dare un senso a tutto il resto.
Gli stessi elementi compositivi vengono utilizzati da Hiroshige spostando il tema centrale sullo sfondo ed inserendolo nel tema apparentemente principale della cascata che appare in primo piano.
Come ognuno può constatare non gli ha assolutamente sottratto visibilità ed importanza.
Hiroshige qui ci dimostra che le sue scelte artistiche, spesso alternative a quelle di Hokusai, non sono tuttavia in contrasto con esse.
Entrambi ci dimostrano che elementi convenzionali e ricorrenti, la stagione autunnale rappresentata attraverso la luna ed il prugno, nelle mani e nelle manti dei grandi artisti non sono mai ripetitivi.
La incantevole competizione tra i due maestri ci arricchisce culturalmente e ci lascia spesso attoniti in muta e pensierosa ammirazione.
Ligustro (1923-2015)
Ligustro nasce come Giovanni Berio nel dicembre 1923 a Oneglia, che proprio quell'anno si univa a Porto Maurizio per divenire l'attuale Imperia.
Ma è giusto, rivendicando l'autonomia di Oneglia e ricordando che ha dato i natali anche ad Andrea Doria, Edmondo De Amicis, Luciano Berio, far notare che alcuni luoghi sembrano deputati più di altri a dar vita a uomini e donne destinati a lasciare di sè tracce durevoli. Ligustro ci ha lasciato nel dicembre 2015, ma il patrimonio che ha donato all'umanità, la sua opera, rimarrà.
Per rendere conto della vita e delle opere di Ligustro sarà bene ricorrere alle parole di chi ebbe l'autorità per farlo. Jack Hillier (1912-1995) fu considerato uno dei massimi esperti di stampe policrome giapponesi (nishiki-e) del XX secolo.
Questo scrisse su Ligustro.
Ligustro Berio era senz'altro destinato a diventare un creatore di stampe, ed in particolare modo di quelle realizzate attraverso incisioni su legno e con successiva stampa a colori, come era in uso nello straordinario periodo Edo nel Giappone del 1615 - 1868 con lo splendore dell'ukiyo-e.
Durante una lunga convalescenza, a seguito di una malattia cardiaca, nel 1972 egli cominciò ad interessarsi alla pittura ad olio, ma non trovò in tale tecnica piena soddisfazione; più tardi si perfezionò nel pastello, ma anche questa tecnica non realizzò le sue aspettative: pur tuttavia fu proprio il pastello che lo portò ad uno studio approfondito di moltissime qualità di carta. Furono più di ogni altra cosa la scoperta delle sorprendenti qualità delle carte giapponesi fatte ancora a mano, che condussero Ligustro all'antica grafica giapponese.
Abbastanza repentinamente, trovò che non solo era attratto, ma particolarmente portato a cimentarsi nell'incisione dei blocchi di legno adatti con il fine di stampare nello stile nishiki-e (il coloratissimo stile detto broccato).
Ma Ligustro aveva altresì un inaspettato talento nel realizzare manualmente questa intricata tecnica orientale. Avendo così trovato un mezzo che gli permetteva di esprimersi, imparò da autodidatta i laboriosi e difficoltosi processi della stampa a colori ed in questa si perfezionò.
Numerosi sono stati gli artisti occidentali che hanno tentato di realizzare stampe a colori usando i blocchi di legno incisi. Per esempio Henry Riviere e John Platt, ma nessuno ha raggiunto la maestria di Ligustro, sia nella padronanza della complessità tecnica di incisione che in quella della stampa.
Tra gli antichi artisti giapponesi, gli esempi più eclatanti di questo virtuosismo tecnico furono riservati ad un certo tipo di creazione, usualmente di piccolo formato, denominato surimono (letteralmente: una cosa stampata) ma in effetti era usualmente una stampa commemorativa od un mezzo per porgere auguri ed altresì una pubblicazione per l'inaugurazione di un circolo letterario ecc. o semplicemente un mezzo per pubblicare versi.
Sorprendentemente, Ligustro Berio, ha seguito i maestri giapponesi, non solo nelle tecniche dell'incisione delle tavole a colori, ma anche nel creare xilografie policrome ricche di simbolismo con incorporate poesie (haiku, kioka) in calligrafia giapponese ed un fantasioso uso d'immagini, di sigilli incisi a mano.
Questi ultimi possono semplicemente dare nomi d'artista od esprimere, con simboli pittorici, buoni auguri di felicità, longevità od altro.
Ma la più sorprendente dote dell'artista è la sua insuperabile abilità nell'incidere il legno e nel raggiungere effetti di stampa che competono con il virtuosismo degli abilissimi incisori e stampatori del 1600 - 1800 giapponesi.
Nessuna riproduzione può rendere giustizia all'originale, sia per la brillantezza metallica della patina di oro e argento, sia per la superficie trattata con lacca e mica o per la stampa cieca usata per ottenere effetti di rilievo.
Il surimono quadrato delle "Lucciole e la luna crescente" dà qualche idea sulla complessità della venatura dell'oro e dell'argento e sulla gradazione del colore nel cielo, dall'indaco al lilla, che serve come sfondo alle lucciole, ognuna con il suo alone di argento e di brillante mica.
Un altro surimono mostra un ragno su di una ragnatela d'argento di squisita fragilità; esausto tra i papaveri in un campo ed uno spaventapasseri, e sul fondo, come avviene spesso nelle stampe di Ligustro, appare un sole rosso ed immenso.
Nella serie di stampe surimono dedicate ai dodici mesi dell'anno, febbraio ci porta l'inserzione di un gruppo di anemoni pieni di colore che brillano di rugiada su di un manto nevoso sotto alberi scuri.
Sempre nelle opere di Ligustro, c'è questo tipo di inaspettata poesia espressa in incisioni su legno con colori di incredibile raffinatezza.
Esse sono uniche tra le opere grafiche moderne.
Jack Hillier
Lasciamo la parola ad un altro illustre critico ed esperto, autore di oltre 100 pubblicazioni sull'arte del nishiki-e. Il professor Fukuda Kazukiho:
In un giorno della prima decade di giugno del 1991, quasi aprissi un piccolo, misterioso recipiente in bambù, io schiudevo l'uscio dell'atelier di Ligustro nella città portuale di Imperia, prossima al confine di stato con la Francia.
L'odore dell'inchiostro da stampa e dell'acqua salmastra aleggiava nello studio e, come la chiara luce solare dell'Europa meridionale si riversò all'interno, dapprima io non scorsi nulla, ma nell'aria cantavano, danzavano innumerevoli i colori di xilografie intrise di abbacinanti ori, argenti, rossi, verdi. La xilografia policroma, sorta in Giappone sotto il nome di nishiki-e, è rinata ad Imperia, ai bordi del Mediterraneo, in forme del tutto nuove.
Nelle xilografie di Ligustro non vi è la poetica amante delle tinte sobrie e del senso della natura alla maniera nipponica, colori sono invece oltremodo limpidi, vivaci, brillanti; una vera sarabanda cromatica di luce e colore mediterranei.
Le goffrature in rilievo, le sfoglie d'oro e d'argento non hanno i toni delle "stampe di broccato": hanno la beltà degli arazzi alla Gobelin, densi e sontuosi. Così l'incisione su legno, che ha varcato i confini (del Giappone), lo spazio ed il tempo, hanno ricevuto ora, dalla mano di Ligustro, un soffio vitale artistico di magnificenza barocca.
Le stampe di Ligustro sono un mondo poetico dove la Musa suona l'arpa. Osservatene la grazia immediata; non sarò il solo che si inebri di questa pura bellezza. Prendendo a prestito un'espressione degli antichi cinesi, queste xilografie sono luoghi ameni di un paese incantato, simposio a base di nettare ineffabilmente limpido.
Diverse per concezione dalle xilografie giapponesi, esse gettano un novello bagliore sulla moderna incisione e sono nel contempo il prodotto di un mirabile poeta.
Fukuda Kazuhiko
Nel corso degli ultimi anni Ligustro, interessato quasi soltanto a produrre piuttosto che a riprodurre, esistono di conseguenza pochissime copie di ogni sua stampa e ognuna differenta dall'altra nella scelta dei colori e talvolta dei preziosi supporti, ha esposto tuttavia in numerose mostre, oltre 50, in prestigiosi sedi e a cura di importanti istituzioni. Nel mese di ottobre 2016 in Roma, presso l'Archivio Centrale dello Stato, è in programma la prossima, Ligustro e il suo Giappone, che sarà anche l'epicentro di numerose altre manifestazioni a celebrazione degli ultrasecolari rapporti di amicizia tra l'Italia e il Giappone.
Per quanto rimanga estremamente importante l'avvertimento di Hillier (Nessuna riproduzione può rendere giustizia all'originale), è in preparazione una galleria di immagini che permetterà di prendere visione di una selezione delle opere di Ligustro.
Katsushika Hokusai (1760-1849)
Katsushika Hokusai (葛飾 北斎) nacque nel 1760 (decimo anno dell'era Horeki), il ventitreesimo giorno del terzo mese, col nome di Tokitarō poi cambiato in Tetsuzo. nel distretto di Katsushika ad Edo (l'attuale Tokyo). E' quindi di una generazione abbondante anteriore agli altri noti artisti della capitale Hiroshige e Kuniyoshi, nati entrambi nel 1797. E' invece di poco posteriore al grande Utamaro, nato intorno al 1750 ma di cui non si conoscono esattamente i natali, rivendicati da Edo, Kyoto ed Osaka.
Artisticamente, dopo aver iniziato l'apprendistato presso un falegname, nacque invece nella bottega del maestro Katsukawa Shunshō a cui venne ammesso a 18 anni, età gà tarda rispetto alla norma nonostante il suo interesse per la pittura fosse precocissimo: ricordava in tarda età di avere deciso di divenire artista già quando aveva cinque o sei anni. Al momento di accreditarlo come artista autonomo Shunshō gli attribuì il nome di Shunrō con cui vennero firmate le prime opere.
Alla morte del maestro, sopraggiunta quando già aveva oltrepassato i trenta anni, Hokusai si sentì libero di sviluppare uno stile più personale, maturato anche dopo una attenta osservazione delle opere occidentali con cui poteva venire in contatto, prevalentemente delle scuole fiamminga e francese, acquistando stampe e dipinti dai pochi mercanti stranieri che erano ammessi in Giappone.
Questa sua emancipazione artistica non fu accettata dal nuovo caposcuola Katsukawa Shunkō che dopo diverse vicissitudini costrinse Hokusai ad abbandonare la scuola. L'evento avrebbe potuto essere traumatico, ma Hokusai lo trovò salutare: fu quello infatti che gli diede la spinta definitiva per cercare nuove strade nell'arte. che gli fossero proprie.
Da ritrattista di cortigiani ed attori, soggetti privilegiati negli ukiyo-e dell'epoca, divenne il primo e forse il più grande artista giapponese capace d raffigurare paesaggi e scene di vita (manga), mai cadendo comunque nel banale anzi trovando sempre prospettive e punti di vista inediti pur raffigurando spesso gli stessi soggetti.
A destra: Kashiku Iwai Hanshiro. L'attore Iwai Kanshiro nel ruolo di Kashiku, nell'opera kabuki Katakiuchi Adana Kashiki. Fu rappresentata per la prima volta a Edo il primo giorno dell'ottavo mese del 1779.
Il costume di scena è ispirato all'abbiggliamento tipico delle tenutarie di case da te, con una ampia salvietta drappeggiata sulla spalla..
E' una delle prime opere in assoluto firmate con il nome di Shunro.
Se gli altri artisti hanno seminato un po' di confusione cambiando spesso nome per assecondare le inclinazioni del momento o per contrassegnare palesemente un nuovo percorso artistico, seguire le tracce di Hokusai è un'impresa titanica: utilizzò nel corso della sua lunga vita oltre 30 nomi, e raggiunse l'apice della produzione artistica e della fama già in tarda età, verso i 60 anni, continuando poi a produrre prolificamente fino alla morte che lo colse nel 1849. Una carriera artistica quindi durata circa 70 anni e che lo vide confrontarsi con tutti i generi e tutte le tecniche.
Dopo il periodo "Shunro" si separò dal suo maestro e dalla scuola, ma non se ne conoscono le ragioni, l'episodio di cui parleremo più avanti è controverso, assumendo il nome di Tawaraya (il nome di una scuola differente) Sori.
Non sono chiari nemmeno i legami con questa seconda scuola, ma è evidente esaminando la sua produzione dell'epoca che lo stile stava cambiando drasticamente.
Nel disegno ad inchiostro Yotaka (Giovane prostituta) di cui mostriamo a fianco un particolare, sono evidenti le tendenze e le ricerche stilistiche dell'epoca in cui si firmava Sori.
Per quanto la tecnica ad inchiostro sia molto diversa da quella richiesta nell'ukiyo-e, l'effetto ottenuto dall'artista già anticipa la produzione futura.
L'ambientazione del ritratto, resa sommariamente da alcuni rami di salice e due pipistrelli in volo (nella parte non raffigurata), rende suggestivamente l'atmosfera del tramonto in una strada di Edo.
Il soggetto raffigurato, una prostituta di basso rango in quanto esercita il mestiere sulla pubblica via e non in una casa di piacere, testimonia il gusto dell'artista per le rappresentazioni realistiche, talvolta enfatizzate per idealizzarle, talvolta per renderle divertenti, della vita quotidiana.
Da una delle sue opere mature, Le 36 vedute del monte Fuji a cui più tardi aggiunse altre 10 stampe, gli derivò la grande fama che non lo doveva più abbandonare, pur non sempre condivisa da parte della critica - che lo trovava volgare e probabilmente troppo fuori dagli schemi - e che lo portò ad una produttività che fa venire il capogiro.
Illustrò circca 120 libri collaborando ad altri 30, produsse schizzi di viaggio, illustrò leggende e biografie, raccolte di piante ed uccelli, episodi di vita popolare, raccolte di caricature.
Appartiene a questa serie la sua opera più conosciuta ed ammirata, la celeberrima stampa Sotto l'onda di Kanagawa (Kanagawa Oki Nami Ura), a volte menzionata col titolo, inesatto, di Grande onda di Kanagawa.
E' una delle opere più innovative e più imitate della storia dell'arte, ed è quella che diede ad Hokusai fama universale quando, dopo diversi decenni dalla sua morte, le opere giapponesi cominciarono ad essere conosciute in tutto il mondo ed introdusse grandi artisti occidentali allo studio della pittura giapponese.
Non si deve credere tuttavia ad un risultato immediato. La spontaneità ed immediatezza di Hokusai non prescindevano da uno studio metodico e continuo delle regole dell'arte, e dall'affinamento incessante della sua tecnica.
In questa stampa di formato chuban possiamo vedere una delle prime versioni della sua celeberrima opera, in cui tra l'altro sono più evidenti le sue prime sperimentazioni di tecniche occidentali.
Si intitola Oshiokuri Hato Tsusen no Zu (Il veloce battello in lotta contro le onde) ed è risalente al 1800 circa, ossia a 30 anni prima.
Una terza versione la ritroviamo nell'album dedicato alle Cento Vedute del monte Fuji, che non va ovviamente confuso con la serie di stampe intitolata Trentasei vedute del monte Fuji da cui proviene l'onda di Kanagawa.
Si tratta di un'opera in tre volumi (quella raffigurata proviene dal secondo), al cui termine troviamo il famoso post scriptum in cui l'artista testimonia la sua ferma determinazione a consacrare l'intera sua vita alla ricerca ed al perfezionamento.
Abbiamo già detto che Hokusai nacque ad Edo (che divenne Tokyo, la capitale dell'est, solamente nel tardo 800) nel quartiere Honjo che raffigurò poi spesso nelle sue opere, situato nel distretto di Katsushika. Alcune sue opere vennero firmate con lo pesudonimo "il paesano di Katsushika", viene quindi comunemente chiamato Katsushika Hokusai. Normalmente il nome d'arte viene invece accompagnato da quello della scuola (Utagawa Toyokuni, Utagawa Kunisada, Utagawa Hiroshige...).
Anche il padre Bunsei era un artista, ma non conosciamo a quale arte si applicasse. Adottato da un parente, pratica molto diffusa in Giappone, ancora praticamente bambino venne impiegato come commesso in una libreria, ma venne messo alla porta perchè immerso nella contemplazione delle stampe che illustravano i volumi, lavorava distrattamente quando non si perdeva addirittura nei sogni.
Non sappiamo attraverso quale percorso riuscì a coronare il suo sogno di diventare illustratore , ma lo ritroviamo nel 1773-75 incisore, con il nome di Tetsuro.
Nel 1778, si chiamava già allora Tetsuro, entrò nell'atelier di Katsukawa Shunshô inizando una produzione di stampe teatrali nello stile del maestro, che firmò come Katsukawa Shunrô.
La spinta alla ricerca di una via più personale gli venne da uno spiacevole episodio: aveva dipinto l'insegna di un rivenditore di stampe, che ne era soddisfatto al punto da metterla in grande evidenza davanti all'ingresso. Un altro allievo della scuola Katsukawa passando di lì la notò e non ne fu affatto soddisfatto, e ritenendola indegna e dequalificante per la scuola, la strappò. Hokusai decise da quel momento di non seguire più nel corso della sua vita alcuno stile precedente ma solamente la sua ispirazione. La separazione dal successore di Shunsho, ormai inevitabile, avvenne da lì a poco. Assunse il nome d'arte di Mugura (cespuglio), a rappresentare la sua indipendenza ed il suo isolamento.
Da allora in poi fu anche praticamente senza fissa dimora, mai soggiornando nello stesso posto più di un mese o due, probabilmente per sentirsi assolutamente libero di seguire il suo estro e la sua ispirazione del momento. Si sposò due volte ed ebbe sei figli, alcuni dei quali tentarono di seguire con alterne fortune il percorso artistico del padre.
Chi dimostrò maggiore talento fu la figlia Oyei, conosciuta anche con i nomi di Oi o Sakae, che dopo aver divorziato tornò a vivere col padre assistendolo fino alla morte. A partire dai 52 anni circa Hokusai visse senza alcuna compagna al fianco, ma non ne conosciamo le ragioni.
Per un lungo periodo, che arriva fino al 1834 circa, non conosciamo nemmeno altri particolari della sua vita. Con la pubblicazione delle 36 vedute divenne di colpo un artista famoso, considerato ancora oggi da molti il più grande nella storia del Giappone. Prese in questo periodo a firmarsi Gakyō Rōjin Manji, il Vecchio pazzo per l'arte, ed è forse questo lo pseudonimo che meglio gli si addice.
Il successo come artista coincise purtroppo con un serie di problemi familiari, causati dalla turbolenza di figli e nipoti, che prosciugarono le finanze di Hokusai e gli causairno diverse noie costringendolo dal 1834 al 1839 a vivere in volontario esilio prima nellla città di Uraga e poi di ritorno ad Edo all'interno del tempio Meionji, nonché a lavorare con ennesimi pseudonimi tra cui Myuraya Hatiyemon ed il soprannome di prete-pittore. Ci rimangono di questo periodo alcune lettere agli editori, in cui si lamentava delle condizioni in cui era ridotto, aveva ormai oltre 70 anni, e della rudezza con cui era costretto a rivolgersi agli incisori per essere sicuro che le sue istruzioni venissero comprese e le sue richieste accettate.
La fine di questo periodo coincise con una grave crisi economica che travagliò l'intero paese, dovuta a diverse annate consecutive in cui la raccolta del riso fu scarsa, e alla conseguente crisi del settore editoriale. Artisticamente fu un'esperienza positiva: Hokusai per sopravvivere. non poteva più contare sulle stampe, iniziò a produrre e vendere direttamente disegni e schizzi originali. Sappiamo dalla sua corrispondenza che venne sempre pagato molto poco, e questo lo costringeva ad una attività frenetica che non ne fece però mai degradare il livello artistico anzi lo arricchì.
Sappiamo però dalla corrispondenza, illustrata qua e là da suoi schizzi che rafforzassero i concetti, ad sempio una mano che si tendeva a ricevere una moneta, corrispondenza cui era costretto a ricorrere nei momenti di esilio più o meno volontario, che comunque non rinunciava mai alla qualità.
Ad esempio seguiva di persona il lavoro degli inchiostratori l'esecuzione delle incisioni, raccomandando quando possibile di affidarle a Tomekichi Yegawa, l'unico di cui si fidasse, l'unico capace di rendere fedelmente il suo stile senza sovrapporgli i manierismi dell'epoca, rinunciando per questo se necessario a parte del suo guadagno.
In un unico caso le sue opere vennero ricompensate generosamente: si trattava di una commessa da parte del comandante di una nave olandese, che pagò 150 ryo per due rotoli che raffiguravano gli epdisodi tipici della vita di un uomo e di una donna giapponesi. Altri due makimono vennero ordinati da un medico, sempre olandese, che però li giudicò scadenti e pretese di pagarli la metà. Hokusai, che aveva bisogno urgente del denaro, rifiutò sdegnosamente.
Fu l'altro olandese, Isbert Hemmel, conosciuto l'accaduto, ad acquistare anche questi due rotoli pagandoli il dovuto, e fu probabilmente attraverso queste opere che la fama di Hokusai iniziò a diffondersi in occidente. Dopo breve tempo però il governo proibì la vendita di opere d'arte agli stranieri, soprattutto quelle in cui venivano rivelati i "segreti" del modo di vivere giapponese e questa fonte di introiti venne a mancare.
Sappiamo che che per un'opera di impegno paragonabile, quattro fogli dalle Poesie dell'epoca dei Tang, aveva convenuto con l'editore Kobayashi di Uraga un compenso di 42 monme d'argento. Un ryo d'oro (keicho ryo) era equivalente a 60 monme. Nella illustrazione a fianco (da Wikipedia), un oban ryo , del valore di 10 ryo.
Hokusai aveva subito alle soglie dei settanta anni un colpo apoplettico, da cui sembra sia guarito perfettamente grazie ad una antica ricetta giapponese, la "pasta di limone", ottenuta bollendo dei pezzi di limone in una misura (go = 0,25litri circa) di sake fino ad ottenere un denso sciroppo. Si beveva il tutto, allungato con acqua calda, entro le 48 ore dall'attacco. Ne rimane la ricetta illustrata, donata da Hokusai al suo amico e collega in arte Tosaki.
Hokusai non ebbe più problemi di salute fino ai 90 anni, quando cadde malato ad Asakusa e così scrisse al vecchio amico Takagi:
Il re Yemma è molto vecchio e si appresta a ritirarsi dagli affari. Si è fatto costruire per questo scopo une bella casa in campagna e mi chiede di andare a dipingergli un kakemono. Quindi sono obbligato a partire e quando partirò prenderò con me i miei disegni. Affitterò un appartamento all'angolo della strada dell'inferno, dove sarò felice di ricevervi, quando avrete l'occasione di passare di là.
Hokusai
Se ne andò con un rimpianto: quello di non aver avuto qualche anno di tempo per diventare un pittore completo, una decina o se proprio non fosse stato possibile almeno altri 4/5. Sentiva da una parte di avere già esplorato terreni sconosciuti ad ogni altro artista, di avere spostato più avanti i limti dell'arte. Dall'altra, non ne era ancora soddisfatto. Restano di lui circa trentamila opere.
Abbiamo detto trentamila opere, e l'abbiamo scritto in lettere per evitare ogni equivoco. E' chiaro che anche solo elencarle diventa una impresa impossibile, chi vuole avvicinarsi all'opera di Hokusai deve prepararsi ad una impresa lunga e difficile, ma che gli darà grande soddisfazione.
Per quanto sia sto artista eclettico ed in continua evoluzione, il suo stile è inconfondibile e il suo tratto si riconosce immediatamente. Dal suo Iniziazione al disegno rapido di Hokusai (Ryobi shahitsu Hokusai soga), pubblicato nel 1820, esaminiamo una tavola monocroma, che rappresenta alcuni artigiani al lavoro.
E' evidente il verismo ai limiti del caricaturale che Hokusai introdusse nell'arte giapponese.
Ancora più evidente se ne esaminiamo un particolare, e se lo confrontiamo con questa sua lettera indirizzata nel 1836 all'editore Kobayashi, in cui dopo avere per l'ennesima volta raccomandato di affidarsi per incisione e stampa a Yegawa, sente il bisogno di un post scriptum:
Raccomando all'incisore di non aggiungere la palpebra sopra quando io non l'ho disegnata, e quanto ai nasi, questi due nasi sono miei [accanto ci sono gli schizzi di un naso di fronte e uno di profilo], quelli che si ha l'abitudine di incidere sono i nasi di Utagawa, che non mi piacciono affatto e sono contrari alle regole del disegno. C'è anche la moda di disegnare gli occhi così [schizzo di un occhio con un punto nero in mezzo], e io non amo questi occhi più di quei nasi.
Quindi Hiokusai non ebbe vita facile, e prima di vedere apprezzata la sua originalità dovette superare non poche resistenze. Ne fu ampiamente ripagato, anche se solo dopo la sua morte. D'altra parte non si dimostrò mai attaccato più di tanto ai riconoscimenti materiali, riconosceva per primo di essere solo un Vecchio pazzo per il disegno o un Prete mendicante, e firmandosi così.
Se il successo fu tardivo fu in compenso senza limiti, e pochi hanno dubbi nell'assegnare ad Hokusai il primo posto nell'affollato firmamento degli artisti giapponesi. Il successo gli venne attribuito sia dalla critica che dal pubblico, dagli intenditori e dalla gente del popolo.
Vediamo qui un curioso omaggio alla sua arte: un kashira (pomolo di spada) decorato con la testa di un personaggio sicuramente ripreso da qualche dipinto o stampa da attribuire ad Hokusai. Non sarà facile identificarlo, tra le decine di migliaia di sue opere, ma chi vuole cimentarsi ha già un indizio: la pioggia che cade fitta sopra il personaggio, quella pioggia che Hokusai amava introdurre così spesso nelle sue stampe, destando prima scandalo e poi ammirazione e infine desiderio e necessità di imitazione.
Affermare che esistono ancora dei lati oscuri o sconosciuti nella produzione di Hokusai contiene certamente una punta di esagerazione, ma si tratta di esagerazione a fin di bene che ha il solo scopo di incoraggiare il lettore ad approfondire i lati meno noti del suo percorso artistico.
Se è universalmente noto per le stampe ad esempio, non meno interessanti sono i suoi dipinti.
Qui vediamo Eguchi no Kimi (La prostituta di Eguchi), un dipinto su seta di piccole dimensioni (26,9 x 21,4, l'immagine è stata tagliata sulla sinistra per esigenze di impaginazione) ed è risalente probabilmente al 1810 circa.
Nel dramma noh intitolato Eguchi, cui si pensa che si sia ispirata l'opera, il monaco Saigyo Hoshi mentre cerca rifugio dalla pioggia ad Eguchi si imbatte in una giovane prostituta, con cui inizia a discutere scoprendo con stupore che è una fine poetessa.
Inizia una contesa poetica tra Saigyo e la giovane, che si scoprirà poi essere una reincarnazione del bodhisattva Fugen, che viene tradizionalmente raffigurato in groppa ad un elefante.
Hokusai è stato anche probabilmente l'artista che si è dedicato con maggiore attenzione alla produzione dei manga, ossia album illustrati che non vanno assolutamente confusi con gli albi a fumetti - sempre di produzione giapponese - che vanno tanto di moda tra i giovani d'oggi, che pure affondando le loro tradizioni nella stessa tradizione secolare di cui Hokusai è stato uno degli esponenti di maggiore spicco.
La sua attività in questo campo iniziò nel periodo in cui usava firmarsi Taito (a partire dal 1810) e nel 1814 apparve il primo album della serie Hokusai Manga, che continuò incessantemente ad alimentare fino al momento della morte.
Produsse in questa serie 15 volumi, che comprendono approssimativamente 4000 raffigurazioni.
Sono soprattutto quelli del primo periodo ad essere stati concepiti come veri e propri manuali per artisti (etehon).
A destra: dal Ryakuga Haya Hoshie. Etehon.
Ma tutti aggiungono al grande valore artistico anche quello di straordinaria documentazione.
Attraverso i manga di Hokusai dedicati alla flora e fauna gli scienziati possono avere una idea molto realistica delle condizioni naturalistiche del Giappone in tarda epoca Edo.
A destra: dal Santei Gafu. Etehon.
Hokusai attinge per la sua ispirazione indifferentemente al regno animale e a quello vegetale, agli incomparabili panorami del Giappone, agli usi e costumi del suo popolo.
A destra: dal Denshin Kaishu Hokusai Manga (I). Etehon.
Qui vediamo una rappresentazione delle principali prese previste alla sua epoca nelle regole del sumo
Dal Deshin Kaishu Hokusai Manga (III). Etehon.
Non mancano gli album dedicati alle illustrazioni tecniche e alle procedure di fabbricazione, industriali od artigianali, giapponesi od occidentali.
Dal Deshin Kaishu Hokusai Manga (XI). Etehon.
La lunga vita di Hokusai fu veramente ricca, intensa e piena di avvenimenti, ma soprattutto di splendidi capolavori.
Eppure si lamentava che non gli bastasse...
Era iniziata come abbiamo detto in apertura nel 1760, nel distretto di Katsuhika ad Edo (Tokyo), che allora veniva chiamato Honjo, in una località chiamata Warigesui.
A destra: Honjo Warigesui. Stampa di Inoue Yasuharu (1863-1889)
Si arrestò nel maggio del 1849.
Attorno al suo letto di morte erano adunati familiari, amici e discepoli, con i quali Hokusai si lamentò:
"Se avessi avuto altri cinque anni! Avrei potuto diventare un vero pittore..."
La sua ultima opera è probabilmente Il Drago volante sopra il monte Fuji (Fuji-goshi Ryu), che porta la data dell'undicesimo giorno del primo mese di quell'anno.
Kitagawa Utamaro (1753-1806)
Utamaro, il pittore delle donne
Conosciamo molto poco della vita di Utamaro, a cominciare dal luogo stesso di nascita: assieme a numerose altre località se ne contendono tuttora i natali le maggiori città del Giappone: Tokyo, Kyoto ed Osawa; sappiamo che la sua nascita va situata intorno alla metà del 1700 - si concorda generalmente nell'accettare il 1753 - mentre la parte finale della sua vita è conosciuta meglio. Si spense nel 1806.
Una delle tante tradizioni lo vorrebbe nato dalla gerente di una casa da the ad Yoshiwara, quartiere dei piaceri della Edo feudale (ricordiamo che si tratta della città che ha ora il nome di Tokyo). Non conosciamo con certezza la linea paterna ma c'è chi accetta l'ipotesi che fosse figlio dell'artista Toriyama Sekien, che fu anche il suo primo maestro.
Se dovessimo decidere quale sia stato il suo genere preferito, sia pure arbitrariamente perché un artista come Utamaro non può essere considerato alla stregua di un pittore "di genere", o perlomeno in quale genere conobbe il maggiore successo, non potremmo avere dubbi: Utamaro fu conosciuto soprattutto come raffiguratore della bellezza femminile. Come altri celeberrimi artisti giapponesi Utamaro si dedicò alla forma espressiva definita ukiyo-e, ossia rappresentazione a stampa del fluttuare del mondo dei sensi.
Per quanto non tutti i critici e gli storici siano disposti ad accreditarla senza riserve, riteniamo interessante far conoscere la breve biografia di Utamaro scritta nel 1832 da Keisai Eisen, anche lui celeberrimo artista. Viene citata in The Merry drinkers, by Kitagawa Utamaro, Seisei doh Usa Inc., 1980, nella traduzione in inglese di Peter Dale.
Kitagawa Utamaro scomparve nel terzo anno dell'era Bunka (1806). Il suo vero nome era Yasuke, e visse dapprima nel quartiere Benkei-Bashi-kyu-uemon-cho di Edo (nelle vicinanze dell'attuale Kanda). In seguito prese residenza in Bakuro-cho (vicino a quello che ora è conosciuto come il distretto di Nihon-bashi). Il suo nome d'arte era Murasakiya. era originario di Edo, e studiò inizalmente pittura da Toriyama Sekien (1712-1788) e, avendo guadagnato estesa conoscenza delle tecniche della pittura Kano, decise allora di mettersi in proprio, guadagnando infine la reputazione di maestro e padre fondatore del rinascimento Ukiyo-e.
Era particolarmente dotato nella raffigurazione di mode effimere e stravaganti nei comportamenti e negli abbigliamenti delle persone di oggigiorno. Inoltre, fu per mano sua che il moderno nishiki-e (stampa policroma da incisione su legno) raggiunse livelli di sfarzoso splendore. Si dice che egli abbia rimarcato:
"Mai nella mia vita ho dipinto ritratti di attori; non c'è nulla di artisticamente apprezzabile nel produrre ritratti di attori idolatrati da uomini e donne, giovani e vecchi, approfittando della celebrità del teatro per diffondere nome e reputazione. C'è veramente necessità di annoiare la maestosa autorità degli attori in questo modo? Io sono un pittore yamato (cioè un artista nativo consacrato) e ho intenzione di far risuonare il mio nome nel mondo creando la mia propria scuola di pittura ukiyo-e."
Il suo nome non si è mai sentito in paesi stranieri, esattamente come egli voleva, ed è semplicemente considerato un maestro ed artista del massimo livello. Utamaro eccelse per la sua straordinaria maestria nello shunga. Fu censurato dal governo per il suo libro illustrato Taikoki [un racconto biografico illustrato sul generale Toyotomi Hideyoshi] e spedito in prigione. Poco tempo dopo il suo rilascio, sfortunatamente cedette alla malattia e morì."
Ove sicuramente Utamaro non conobbe uguali fu nelle stampe bijinga, che raffiguravano l'ídeale della beltà femminina classica. Fu però attivo anche nel genere shunga, a soggetto erotico, che nel Giappone dell'epoca Edo venne considerato alta forma di espressione artistica, ed anzi a detta di Eisen vi eccelse. Non ci si può meravigliare che Utamaro sia conosciuto in tutto il mondo soprattutto come lil pittore delle donne.
La censura governativa non arrivò mai ad impedire seriamente la diffusione delle opere shunga, contrastando in modo troppo stridente con il comune sentire del popolo giapponese e con l'ispirazione di tanti artisti, nessuno dei più grandi escluso.
La carcerazione di Utamaro, che purtroppo lo condusse alla morte, va probabilmente letta in chiave politica: Toyotomi Hideyoshi (1536-1598) come è noto alla morte di Oda Nobunaga ne ereditò il sogno di dominio sul Giappone e lo portò a compimento, governando la nazione dal 1590 fino alla morte.
Nel corso del cosidetto "incidente dell'Ehon Taikoki", nel 1804 vennero imprigionati oltre ad Utamaro altri 4 pittori, lo scrittore Jippensha Ikku autore del testo e dell'adattamento teatrale nonché editori e stampatori di un pamphlet, con l'accusa di avere pubblicato un'opera diffanatoria nei confronti di Hideyoshi. Non è possibile dire nulla di definitivo sul contenuto in quanto le opere incriminate, distrutte dalla polizia, sembra che non ci siano pervenute e sono state solo parzialmente ricostruite dagli studiosi.
Il titolo sembra che fosse Hideyoshi e le sue cinque concubine e verosimilmente era una satira in cui le imprese del celebre generale erano virate in chiave erotica. In un'opera del celebre regista cinematografico Kenji Mizoguchi, Utamaro o meguru gonin no onna (Cinque donne attorno ad Utamaro) il titolo stesso sembra fare un velato ma esplicito riferimento a quel libro.
Non è appurato il periodo di detenzione cui venne sottoposto Utamaro, le ipotesi variano da pochi giorni ad alcuni mesi. E' certo tuttavia che l'esperienza lo segnò tragicamente: si spense nel 1806, all' età presumibile di 53 anni.
Il suo discepolo Shuncho ne assunse per diversi anni il nome, continuando la produzione di opere nel suo stile ed è conosciuto col nome di Utamaro II. Un secondo Utamaro tuttavia non ci sarà mai: è uno di quegli artisti che travalicano nettamente ogni altra figura del loro tempo, esplorando terreni ad altri proibiti.
Nulla rimane della prima produzione, compresa tra gli anni 1770 e 1792, per quanto sia già divenuto famoso nel 1783, quando iniziarono l'amicizia e la collaborazione con l'editore Tsutaya Juzaburo, purtroppo scomparso nel 1797 causando una profonda crisi - anche artistica - in Utamaro.
Rimangono del suo decennio d'oro, 1792-1803, circa 2000 stampe oltre a numerosi dipinti e ad una trentina di libri shunga. Non sappiamo quante opere siano andate distrutte ad opera della censura ed alcune sono di incerta attribuzione in quanto non firmate.
Tra le prime opere che ci sono pervenute nuemrose sono quelle che raffigurano famose case da te, ed è per questo che l'artista è anche conosciuto come il pittore delle case verdi.
Dobbiamo anche notare che la fine prematura di Utamaro gli impedì di usufruire delle raffinate tecniche di stampa a colore (nishiki-e) che vennero sviluppate sul finire dell'epoca Edo - ne trovate una spiegazione dettagliata nella recensione della mostra Hiroshige: Il maestro della natura che si è tenuta a Roma nel 2009 - che permisero di applicare numerosi strati di colore alle stampe.
Le opere di Utamaro, facendo un uso limitato del colore, ci appaiono quindi più sobrie, meno cariche, anche quando rappresentano stupendi costumi o meravigliosi paesaggi.
Profittano inoltre della possibilità di utilizzare il colore nelle riproduzioni a stampa per dare rilievo alle immagini e distaccare le figure dallo sfondo.
La scuola di Kano Masanobu (狩野 正信, 1434–1530) che Utamaro inizialmente seguiva, si ispirava a tecniche pittoriche e a tematiche di derivazione cinese, preferendo la rappresentazione di filosofi ed eroi e rifuggendo invece dalla rappresentazione della vita reale.
Le opere della scuola di Kano sono ricche e molto curate nei particolari, mentre quelle di Utamaro tendono a rendere con pochi tratti anche immagini estremamente complesse, dense di personaggi o di motivi e non avare di particolari.
Nel corso dei secoli le tendenze della scuola Kano si esasperarono, e sul finire del XVIII secolo erano talmente marcate che Utamaro dovette distaccarsene per seguire la sua propria strada.
Oltre a scegliere temi che la tradizione non amava, Utamaro li trattava anche in modo innovativo.
Riusciva a profittare in modo magistrale della pur limitata scelta di colori che permetteva la tecnica nishiki-e del suo tempo, dando alle sue stampe una vivacità talmente in contrasto con quanto visto fino ad allora che arrivava a creare scandalo.
E amava trasfigurare la realtà, che altre scuole tentavano di riprodurre acriticamente nei minimi particolari, per adattarla ai suoi criteri estetici.
I suoi celeberrimi ritratti femminili sono certamente non realistici: ci mostrano figure innaturalmente allungate eppure proprio per questo di una raffinata, ineguagliata eleganza.
Una tecnica che molti altri artisti tentarono nei secoli di riprendere e seguire, basti pensare ad Amedeo Modigliani le cui opere non a caso destarono uguale scandalo tra i benpensanti che quelle di Utamaro.