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I misteri su Miyamoto Musashi (宮本 武蔵) iniziano non appena cerchiamo di saperne qualcosa. Non sono infatti certi né la data di nascita, né il suo vero nome. Conosciamo la data della sua morte. Scrisse infatti nel Gorin no sho (Libro dei cinque anelli, il suo testamento spirituale): Sono Shinmen no Musashi no kami Fujiwara no genshin, nato come bushi nella provincia di Arima, giunto all'età di sessanta anni. E questo porterebbe appunto ad accettare come data di nascita il 1584, e gli utlimi capitoli del libro, scritti in punto di morte nella caverna Reigando dove si era ritirato a vivere, in mezzo alla montagne, portano la data del 1645. Alcuni testi precisano: terzo anno dell'era Shôhô, 30. giorno del quarto mese (corrisponderebbe al 13 giugno 1645). In realtà ben poco sappiamo anche della sua vita: per comprendere il significato del suo percorso di guerriero dovremo riflettere molto.

 

 

Normalmente si usa fare il consuntivo di una attività alla fine di un ciclo, preparando contemporaneamente un preventivo - di massima o dettagliato - per il ciclo successivo. La società moderna però ha cicli talmente rapidi, e parametri vitali talmente complessi e in evoluzione o trasformazione costante, che spesso si è nell'obbligo di fare analisi accurate della situazione ad intervalli di tempo molto ridotti. E' tempo di fare il consuntivo di musubi.it? Nel mondo della rete, uno di quelli in cui queste considerazioni sono particolarmente necessarie, le analisi debbono essere praticamente giornaliere. E' sempre tempo di consuntivi e preventivi.

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Musubi significa nodo in giapponese, ed il nodo è l'elemento fondamentale per guardare sia verso il passato che verso il futuro mentre si percorre la propria strada nel presente.

Come esempi pratici e materiali di musubi ricordiamo il nodo della cintura che indossano i praticanti di arti marziali sopra il keikogi, l'abito dedicato alla pratica; quel nodo richiama costantemente al praticante, ogni volta che indossa la cintura, i legami cui ha volontariamente scelto di essere vincolato. Quelli con la propria arte, quelli con il proprio maestro, con i popri sempai e kohai, colleghi seniores e juniores, quelli con i propri allievi se e quando sarà venuto il momento di assolvere ad un dovere: quello di trasmettere agli altri quanto ricevuto.

Il nodo è anche elemento primario nella costruzione di sistemi più complessi: le reti. Anche questo sito vuole essere un nodo: un punto di raccolta per quanti amano, studiano e praticano la cultura tradizionale giapponese in tutte le sue forme di espressione. Ed un punto di partenza per tessere una rete di nuovi contatti e di reciproci ulteriori legami.

Come simbolo del nostro sito abbiamo scelto una tsuba, la guardia di una antica spada giapponese: nodo materiale tra l'acciaio della lama e la mano che l'impugna. Questa tsuba rappresenta tre cigni, uccelli tanto reali quanto presenti nella mitologia, sia in Giappone che altrove. Si "annodano" formando una composizione dal forte impatto estetico e che nasconde numerosi significati simbolici.

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Avviso ai naviganti

Questo sito è, e sarà sempre, in trasformazione. Quindi potreste non ritrovare alcuni articoli od argomenti dove siete abituati a vederli.

Non vi preoccupate, non è sparito nulla e al massimo dovrete ricercarli un pochino.

L'obiettivo è - come sempre - di rendere più agevole la lettura e la ricerca delle informazioni, lo scotto da pagare ci auguriamo sia leggero e ben ripagato dal piacere di scoprire cose nuove o riscoprirne altre.

Ritorna l'anno del serpente... Si augurano in molti che sia migliore di quello appena passato, che ha lasciato spesso spiacevoli ricordi. Non rinunciamo per questo al consueto rendiconto di fine anno. Com'è andata per Musubi?

 

 

 

 

 

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Quando si parla di arte giapponese immediatamente vengono alla mente di tutti, o quasi, alcuni nomi: Hiroshige, Kuniyoshi, Utamaro, Hokusai...

Furono tutti artisti che produssero prevalentemente stampe; sarebbe estremamente riduttivo dire o pensare che l'artista giapponese abbia preferito esprimersi nelle stampe, dobbiamo comunque riconoscere che è in questa espressione artistica che il Giappone ha manifestato una assoluta originalità e ha prodotto varie generazioni di artisti incomparabili.

A differenza dell'arte nostrana che si esalta nella rappresentazione di temi alti, basti pensare alla Cappella Sistina, al David o al Mose di Michelangelo, l'artista giapponese ama rappresentare la realtà; sia esaltandola ed idealizzandola, sia caricandola fino a farla diventare appunto caricatura, sia rappresentandola fedelmente, o andando a cercare in fenomeni apparentemente trascurabili come lo scorrere di un ruscello di montagna, le tracce dell'armonia dell'universo. Le stampe giapponesi avranno quindi una parte molto importante nel nostro sito.

 

Hokusai: Kanagawa-oki nami-ura (Sotto l'onda al largo di Kanagawa) dalla serie Trentasei vedute del monte Fuji, visibile in mezzo tra le onde. Quando si parla di stampe giapponesi quasi tutti materializzano nel loro immaginario questa celeberrima opera. Questo esemplare in particolare proviene dlla collezione di Claude Mone, grande pittore francese molto legato allo studio della cultura giapponese, e che ne trasse continua fonte di ispirazione.

La nostra ambizione è di allargarci man mano a macchia d'olio fino a ricoprire tutti i campi in cui l'artista giapponese ha scelto di esprimersi. E non sono certamente pochi: la fantasia dell'artista nipponico si esprime anche attraverso oggetti di uso quotidiano, ovviamente raggiungendo le vette più alte quando la committenza è di rango elevato. E' così che sono nati oggetti quotidiani di ogni tipo considerati tuttavia tesoro nazionale, come scatole di lacca, tazze da té, guardie ed accessori di spade.

 

Hiroshige: Sumidagawa Sujijin-no mori Massaki (Il quartiere Massaki e il santuario Sujiin-no mori sul Sumidagawa) dalla serie Cento vedute di Edo. Un albero di sakura, fiore simbolo del Giappone e del samuraii serve da quinta al paesaggio. I fiori, doppi, sono della varietà yaezakura e questo giustifica l'inserimento dell'opera nella sezione del libro dedicata alla Primavera (questo albero fiorisce tardivamente rispetto al sakura tradizionale). Il fiume Sumida domina maestosamente la scena, ed il santuario di Sujijin-no mori è seminascosto dal tronco dell'albero: l'arte giapponese non ama le ostentazioni, preferisce obbligare l'occhio e l'animo dell'osservatore ad una ricerca attenta.

I più anziani avranno vaghi ricordi di una storia molto simile, che protervi professori tentarono invano di far memorizzare in prima media, ai tempi che vi si studiava ancora la mitologia greca. Va da sé che furono ingloriosamente respinti - con gravi perdite - dalla granitica resistenza delle menti di noi allievi. Ma qualcosa nonostante tutto penetra, qualcosa rimane. La memoria ve la rinfreschiamo subito lasciando la parola al nostro collaboratore, che così si presenta:

 

Tanti, tantissimi anni fa, il re Midaru no kami tornò dalla gara di canto tra gli dei con un vistoso eboshi sulla testa che gli celava completamente la chioma: spiegò che si trattava del dono degli dei assegnatogli per la competenza mostrata nella giuria: non lo poteva quindi levare per nessun motivo. Tempo dopo dovette ricorrere però alle cure di un barbiere, essendogli i capelli cresciuti ormai a dismisura. Ero io.

Dopo aver giurato di non rivelare nulla di quello che avrei visto ad anima viva, gli tolsi il berretto e mi trovai al cospetto di uno spettacolare paio di orecchie d'asino: era quella la ricompensa, e allo stesso tempo il voto, che gli dei avevano attribuito alla capacità di giudizio del re Mida.

Avevo giurato, resistei finché fu possibile. Poi un giorno scavai una buca sulla riva di un ruscello, chiamato Pattoro (sì, lo so: sono un pignolo). Spifferai tutto dentro la buca, la ricoprii accuratamente e me ne andai per i fatti miei, tirando un grosso respiro di sollievo. Malauguratamente dei giunchi nacquero dalla buca, ed ancora oggi, chi passasse per quel ruscello, li sentirebbe ad ogni refolo di vento sussurrare la storia delle orecchie d'asino del re Midaru. E nulla arriva lontano come i sussurri, mentre gridare al vento non è elegante né efficace.

Sono passati come detto tanti, tantissimi anni, vivo sotto mentite spoglie nel timore di essere scoperto ed azzittato finalmente una volta per tutte. Ma ormai ci ho preso gusto. S¡, la verità occorre seppellirla dentro una buca profonda, e ricoprirla accuratamente. Il resto, lo faranno un seme capitato chissà come nella buca, ed un refolo di vento. E questo posto non è male per seppelliire ogni tanto qualche piccola verità... ogni tanto ci ripasserò.

Fikaromoto (Il barbiere di Sendai)

Se i templi a uso pagode sono un'importazione, sembra invece che i cosidetti Tori, sieno d'origine prettamente giapponese.

I Tori sono specie di porte, senza imposte, o di archi di trionfo, ma foggiati ad architrave quasi piano, formati di grosse e pesanti travi, ornati simbolicamente di figure diverse, di statue, di lampade accese.

Dicesi che essi sieno una derivazione degli antichissimi go-rin, porte o monumenti simbolici, nei quali un cubo rappresentava la terra, una sfera l'acqua, una piramide il fuoco, una linea retta il vento, e l'estremità superiore a forma di fiamma, l'anima.

Si  trovano i Tori, più o meno colossali ed ornati, presso all'entrata dei templi, presso le tombe, ne' luoghi sacri, e perfino, ridotti a piccole proporzioni, ne' giardini privati.

Storia del Giappone (l'impero del sol nascente)
M. Viani-Visconti, Milano 1902

 

Il leitmotiv del viaggio è abbastanza preciso ed è mirato inequivocabilmente ai praticanti di aikido che vogliano esplorare un certo tipo di giappone e un certo tipo di giapponesi. certo, non è un tour "vedo tutto e non capisco niente" ma un approfondimento di quello che hanno studiato o stanno studiando del giappone. Vivere una settimana all'interno del santuario , in modo spartano e con ritmi scanditi da riti e liturgie non capita a tutti e nemmeno tutti i giorni, e sicuramente può essere per chi è pronto ad accettarlo, un modo di avvicinarsi a un Giappone meno stereotipato , più intimo e meno accessibile.

Per quello che riguarda la recitazione o canto di formule contenenti poteri magici, si attinge alle antiche concezioni cosmogoniche dei suoni occulti (kotodama) presenti nel mondo sciamanico prebuddhista e poi riadottate nei mantra del buddhismo esoterico.. (e anche qui, lo zen arriva dopo..)

D'altra parte non conosco altro Paese che abbia al suo interno una pluralità di tradizioni religiose cone in Giappone. La cosistenza di culti e riti che si mischiano e si confondono è veramente peculiare.

 

Io propendo sicuramente per la seconda corrente, e cioè non credo che attualmente oomoto (ômoto) e aikido siano necessariamente legati. Anzi: attualmente l'arte marziale decisamente correlata all'oomoto è il waraku del M° Maeda, una forma di aikido in propria versione personalizzata...

E' innegabile tuttavia che Ueshiba Morihei fosse seguace di questa nuova religione, come sono storicamente fondati i suoi rapporti di amicizia con Onisaburo Deguchi; per questo trovo interessante per un praticante di aikido approfondire il contesto storico e culturale in cui la disciplina che pratica, si è sviluppata.

Sono d'accordo, come dici, che le due discipline possano andare bene assieme, visto che l'aikido è giustamente una disciplina "per tutti", e che l'Oomoto predica "l'amore e la fratellanza universale" e ha come seconda lingua l'esperanto per avvicinarsi a tutti..

Quello che bisogna far fugare ferocemente è l'idea che l'aikido abbia qualche cosa a che fare con lo zen.. a cui tanti fanno riferimento per qualsiasi cosa giapponese..

Questa idea di viaggio nasce proprio dalla mia tesi di laurea, che ha suscitato tanto interesse fra i praticanti di aikido ,

e penso sia in effetti un buon punto di partenza per chi vuole approfondire la storia della disciplina che sta studiando

e del Paese in cui è nata..

E' stato il mio professore di università, specializzato in Religioni e Filosofie dell'Estremo Oriente e anch'egli praticante di Jujutsu,

(Matteo Cestari) a sollecitare questo interesse per le origini dell'aikido e seguirmi nella stesura della tesi.

Sono entrata quindi in contatto con l'Oomoto già nel 2004, prima nella sede di Tokyo che ha una buona biblioteca,

poi incontrando il rappresentante dell'ufficio internazionale durante una conferenza interreligiosa di Sant'Egidio a Milano.

Infine sono stata invitata più volte nei centri amministrativo di Kameoka e spirituale di Ayabe

http://www.oomoto.or.jp/English/enSeic/seicm-en.html

dove ho incontrato la leader spirituale (discendente di Deguchi Nao) e i vari sacerdoti..

Ho tante foto di luoghi e persone se ti interessano.

Per quello che riguarda il viaggio dunque, si tratta di un itinerario un po' particolare, in un Giappone decisamente lontano dai ritmi frenetici della capitale e in una dimensione tutta un po' "spirituale", nel quale racchiudo sia l'esperienza esclusiva della vita presso un complesso religioso di origine shintoista, la visita e soggiorno presso il centro di origine della scuola buddhista Shingon (monte Koya), e una bella passeggiata fra le montagne della penisola di Kumano, l'area associata alle antiche tradizioni del misticismo giapponese, dove M° Ueshiba andava a fare le abluzione nelle cascate ghiacciate..

Insomma, una bella panoramica del sincretismo giapponese senza tralasciare aspetti più "terreni" nelle capitali antiche Kyoto e Nara.

La prima settimana si svolge interamente presso il santuario di Oomoto

e grazie alla loro ospitalità, si potrà vivere completamente in una atmosfera

unica e privilegiata, approfittando oltre a tutto della meravigliosa festa d'autunno

che si svolge proprio in quel periodo.

La seconda settimana invece, indagherà i luoghi più sacri e spirituali del Giappone

con visita al Monte Koya, al sentiero dei pellegrini - Kumano Kodo,

oltre alla visita più "turistica" delle antiche capitali Kyoto e Nara.

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