Jidai
Takashi Koizumi: 1999 - Ame agaru - L'inquieto Shigeaki
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Il giorno seguente la pioggia ha finalmente lasciato tregua.
Ne approfittano tutti per uscire di nuovo all'aperto il mattino, mentre la nebbia sale dal bosco.
Misawa, cordialmente ma rispettosamente salutato da tutti, si dirige in solitudine verso la foresta.
Vuole rimanere solo con i suoi pensieri.
Non è soddisfatto della sua vita, nonostante i sorrisi che dispensa a piene mani con chiunque abbia a che fare con lui.
Si rende conto di essere un perdente, di non essere riuscito a realizzare il suo percorso di vita e, quello che è peggio, di avere coinvolto Tayo nel suo fallimento.
S rende conto soprattutto di essere arrivato ad un punto morto: è necessario prendere al più presto una decisione.
Un uomo d'arme, e specialmente un samurai, non è mai completamente solo. Ha sempre con se le sue armi, la sua arte, il suo percorso interno.
Se quello esterno attraverso il mondo può essere incerto ed insicuro, il cammino interno dell'arte non tradisce mai.
Misawa approfitta spesso delle solitarie passeggiate nel bosco per esercitarsi con la spada.
Koizumi ce lo mostra appunto intento ad esercizi di iaido, estrazione della spada. In un bosco non sono pensabili i classici esercizi nelle posizioni a terra seiza e tateihiza, quindi attinge al bagaglio delle tecniche in tachiwaza (in piedi).
Normalmente fanno parte delle serie okuden (avanzate o nascoste) ma è difficile pensare che un attore, per quanto eclettico, possa eseguirle in maniera assolutamente credibile.
Fa eccezione il kata (forma) koranto, che nella scuola Muso Shinden ryu fa parte delle tecniche di base (omori ryu). Il maestro d'armi dell'opera ha scelto questa forma, assieme ad altre di scuole differenti. Appare sostanzialmente differente dalla norma usuale la fase detta chiburi, qui mostrata.
Terminato il suo allenamento Misawa riprende pensieroso a passeggiare nel bosco, e viene attirato da un vociare confuso verso una radura.
Là un gruppo di giovani samurai sta discutendo animatamente, e sembra che la discussione debba degenerare da un momento all'altro.
Infatti ben presto escono fuori dai foderi le lame delle spade.
Misawa pur non avendo compreso bene per quale ragione si stiano azzuffando interviene per tentare di riportare la calma: rimbrotta i giovani ricordando loro che la spada non deve servire per azzuffarsi col prossimo, ma per forgiare se stessi.
Il gruppetto è troppo agitato per ascoltarlo, anzi la loro aggressività si rivolge contro di lui.
Lo invitano a farsi gli affari suoi e visto che non desiste coloro che assistevano all'alterco non esitano ad estrarre anche loro le spade, ma per rivolgergliele contro.
Il ronin reagisce fulmineo, colpendo con il kashira (pomolo) della propria spada il primo aggressore, mettendolo fuori combattimento ma senza estrarre a sua volta la lama.
Si scusa della sua irruenza, ma non per questo gli altri si calmano. Misawa li disarmerà senza particolari problemi, avendo cura di non far loro del male.
Potrebbe non finire lì, i samurai sono molti ed è difficile che rinuncino ad assalire il ronin solitario, per quanto si siano dovuti rendere conto che si tratta di un cliente difficile.
Ma un gruppo di cavalieri irrompe dal fitto della boscaglia.
Sono comandati da un uomo montato su uno splendido destriero, dalle importanti vesti di seta e con un jingasa (cappello corazzato) su cui brilla uno stemma d'oro. E' Shigeaki, signore di quel feudo, accompagnato dalla sua scorta.
Dall'alto di una collinetta ha potuto osservare non visto l'intervento di Misawa.
Rimbrotta aspramente il gruppetto di samurai, che avrebbero ben dovuto sapere che i duelli privati sono proibiti, ed ordina immediatamente di portarli al castello per esaminare la loro posizione.
Gli è piaciuta la calma e la determinazione dello sconosciuto ronin, che ha saputo agire senza spargimenti inutili di sangue pur essendo visibilmente di levatura tale che un combattimento non lo avrebbe impensierito.
Ed avrebbe piacere di approfondire la sua conoscenza presso il castello.
Ciò detto, volge la cavalcatura e scompare di nuovo al galoppo nel bosco.
Qualche giorno dopo fa la sua ricomparsa anche il sole. E' presto per pensare di poter ripartire, le acque del fiume sono gonfie e ci vorranno ancora parecchi giorni.
Al ritorno da una partita di pesca Misawa trova fuori della locanda Matsuba tre cavalli bardati.
L'inquieto Shigeaki, che appariva già a prima vista come una persona impaziente ed impetuosa, non ha perso tempo. Ha inviato alla locanda il giovane Gonnojo (Hidetaka Yoshioka), capo delle guardie, e la guardia Masahiro. Invitano Misawa al maniero
Le preoccupazioni del ronin sono principalmente due: cosa fare delle carpe che ha pescato, ma provvederà a suggerire ad uno degli avventori come cucinarle, e cosa mettersi per rispondere all'nvito del signore Shigeaki, cui sarebbe impossibile opporre un rifiuto.
Fortunatamente Tayo aveva da tempo messo da parte un kimono da serbare per le grandi occasioni, e non se ne era mai separata.
Il terzo cavallo era ovviamente per Misawa, ed i tre samurai si dirigono verso il castello.
Sono ormai alle porte.
Nascosto dietro un albero un uomo armato li osserva.