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Akira Kurosawa: 1960 - I cattivi dormono in pace - Epilogo

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Il lungo dialogo tra Nishi e Yoshiko non può ovviamente far scomparire la drammaticità della loro situazione.

Yoshiko e soprattutto Tatsuo sono sempre stati coscienti delle zone d'ombra nella vita del loro padre, ma non possono odiarlo.

Un margine di speranza tuttavia si intravede:  Nishi sempra disponibile a mostrarsi meno intransigente e meno rancoroso. A cercare la giustizia e non la vendetta.

 

 

Kurosawa ci rivela che anche Iwabuchi, nonostante il suo contegno glaciale, risente delle continue tensioni cui è sottoposto.

E' costretto a ricorrere ai farmaci per dormire, e col dottore che interpella per telefono si mostra umile e deferente, mentre di solito mostra solo arroganza.

Si sta preparando un sonnifero.

 

 

 

 

In quel mentre  sente rincasare la figlia, e ne rimane stupito. E' raro che esca, e mai da sola.

Interroga la cameriera, che non ne sa molto di più: verso mezzogiorno è arrivata una telefonata, ed un uomo ha chiesto di parlare con la signora, che poco dopo è uscita senza lasciar detto dove si recava.

 

 

 

 

 

Si reca a parlare con lei. Ha il sospetto che abbia avuto un incontro con Nishi.

Sembra un uomo completamente cambiato, consapevole delle proprie colpe ma incapace di ammetterle, tuttavia legato da un profondo affetto sia ai propri figli che allo stesso Nishi.

Yaoshiko è sicura di non essere stata seguita? Potrebbe essere stato lo stesso Tatsuo, che è uscito armato, ad averla seguita di nascosto per scoprire dove si nasconde Nishi ed ucciderlo finalmente, dopo aver fallito il colpo pochi giorni prima.

Insiste che bisogna fare qualcosa, che bisogna intervenire. Yoshiko gli rivela dove si è incontrata col marito, ed immediatamente Iwabuchi decide di uscire, insistendo perché la figlia, troppo provata, non lo accompagni.

Yoshiko cade in un sonno profondo: il padre le ha fatto bere del vino, assicurandole che le avrebbe fatto bene e l'avrebbe calmata, mentre lui chiamava la macchina per andare assieme.

In realtà le ha somministrato il sonnifero che aveva preparato per se stesso.

Solo molto tempo dopo Tatsuo, che era uscito sì armato, ma per una tranquilla partita di caccia, fa ritorno a casa e a fatica riesce a svegliare Yoshiko, che gli spiega tutto quanto è successo.

E' evidente che si tratta di un altro inganno di loro padre. Devono  raggiungere immediatamente Nishi per tentare di metterlo in salvo, sempre se saranno ancora in tempo.

 

 

 

Partono immediatamente a bordo della vettura di Tatsuo. 

Sono talmente presi dalla loro angoscia che nemmeno si soffermano un attimo quando, lungo il cammino, incrociano una macchina che porta i segni di un tremendo incidente, circondata da agenti di polizia che compiono rilievi.

 

 

 

 

 

Arrivati all'imbocco del sotteraneo Tatsuo e Yoshiko debbono scendere lentamente la ripida scala, per le condizioni della donna che si deve appoggiare costantemente al fratello per non cadere.

Hanno tutto il tempo di conseguenza per rabbrividire per le urla disperate che provengono da sotto.

Una volta entrati, scorgono Itakura: è lui che piange e grida ininterrottamente, come un animale ferito a morte.

 

 

 

Non appena scorge i due si scaglia loro addosso: è tutta colpa della donna, è stata lei ad avvertire il padre, che ha mandato sul posto una squadra dei suoi uomini.

Colpa di cosa? La risposta è terribile: Nishi è morto.

Nella macchina accartocciata che hanno visto arrivando, c'è il suo corpo. La macchina è stata fatta travolgere da un treno merci. Nishi era al suo interno, privo di sensi: aggredito da molti uomini, dopo averlo immobilizzato i sicari gli hanno iniettato dell'alcol con una siringa, per simulare che fosse ubriaco e giustificare quello che doveva sembrare un incidente.

Le dimensioni della tragedia sono tali da schiacciare le tre persone. Itakura conclude con amarezza che perfino la morte di Nishi, apparentemente morto per un banale incidente all'interno della sua auto, si è dimostrata inutile.

Nessuna giustizia sarà fatta.

Gli uomini che hanno ucciso Nishi hanno portato via Wada, e non sarà un problema farlo sparire visto che è dato per morto da tutti, e Moriyama. Non ci sono più testimoni.

Hanno anche recuperato e messo al sicuro la somma di denaro di cui Moriyama aveva indicato la dislocazione, ed ogni altra prova materiale. E lui stesso, che è in realtà il vero Nishi, è condannato a rimanere per sempre Itakura, e a tacere di una verità che conosce solo lui.

DObbiamo segnalare questa parte della trama non è molto verosimile.

Probabilmente Kurosawa conta che la tensione con cui avvince lo spettatore non lo farà notare.

Non è infatti comprensibile come mai assassini tanto meticolosi abbiano lasciato vivo dietro di loro un testimone pericoloso come Itakura, che ha in mano le prove materiali dell'assassinio di Nishi - i segni della sua resistenza e la siringa con cui gli è stato iniettato l'alcol - e che potrebbe sicuramente dimostrare in mille modi di essere in realtà il vero Koichi Nishi.

Ma senza questa scena Kurosawa non avrebbe avuto modo di far urlare due volte al falso Itakura quella che è in fondo la morale di questa amarissima quanto realistica favola. Dove è la giustizia?

In realtà Kurosawa ha ancora in serbo un'altra morale, e se possibile ancora più amara.

Dopo la conclusione della vicenda Iwabuchi tiene una conferenza stampa in cui ipocritamente piange la morte di un fedele segretario e di un bravo genero, dimostrandosi  incredulo di fronte alla circostanza che Nishi avesse abbondantemente bevuto prima di avere l'incidente.

Quando gli viene chiesto per quale ragione Nishi avesse convocato una conferenza stampa, dichiara di averla richiesta lui stesso, ma di essere al momento troppo addolorato per darvi seguito, e si allontana simulando un intenso dolore.

 

Si rianima immediatamente appena nessuno lo può scorgere, all'interno del suo ufficio, e immediatamente effettua una  telefonata, che viene però subito interrotta: sono entrati nel suo ufficio Tatsuo e Yoshiko.

Sono venuti solamente, parlerà Tatsuo rimpiangendo di non avere con se il suo fucile, per dirgli che non lo considerano più loro padre e non vogliono più vederlo nella loro vita.

 

 

 

Accenna a rinccorrerli, ma lo squillo del telefono lo richiama indietro. Considera più importante rispondere.

Dopo essersi scusato della interruzione, presenta il rapporto della situazione ad un misterioso personaggio, cui risponde sempre affermativamente e con estremo ossequio.

Propone di rassegnare le sue dimissioni dall'Ente, e gli viene anche consigliato un viaggio all'estero per far calmare le acque; prontamente dà il suo assenso.

La telefonata è finita. Iwabuchi si inchina servilmente quanto grottescamente alla cornetta del telefono, ormai muta.

Anche il burattinaio è solo un burattino.

 

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