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Akira Kurosawa: 1960 - I cattivi dormono in pace - Il matrimonio

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Le scene iniziali rappresentano un matrimonio, celebrato secondo un cerimoniale che rappresenta una singolare miscela di elementi occidentali e giapponesi.

Gli abbigliamenti e l'ambientazione (un lussuoso albergo) sono occidentali, ma spesso gli atteggiamenti sono quelli tipici della formalità giapponese di vecchio stampo, che forse volutamente Kurosawa contrappone alle innovazioni esteriori per dimostrare quanto poco sia cambiata la mentalità interiore.

 

L'ambiente sfarzoso, le divise formali degli inservienti e degli addetti al ricevimento, l'eleganza degll ospiti, tutto indica che si sta celebrando un importante avvenimento, probabilmente una cerimonia.

La conferma viene da un nugolo di giornalisti e fotoreporter che si aggirano nell'androne in cerca di notizie e spunti fotografici.

La loro attesa sembrerebbe vana, perché è loro proibito di entrare nei locali ove si svolgerà l'avvenimento, si dimostrerà però fortunata.

Inaspettatamente si presenta un ufficiale di polizia, interpretato da Susumu Fujita (protagonista di Sugata Sanshiro, il primo film di Kurosawa, qui in una breve apparizione). Sotto l'occhio interessato ed attento dei giornalisti, si qualifica e chiede di parlare con la persona incaricata di curare il cerimoniale.

Questi non potrebbe assentarsi, viene immediatamente richiesta la sua presenza in quanto è l'unico che conosca esattamente il programma.

Ma al nuovo arrivato, il signor Shirai, viene detto qualcosa che lo lascia estefatto, fissando muto i due poliziotti. Il cerimoniere gli consegna il programma scritto, dovranno tentare di andare avanti senza di lui.

Detto questo, torna dagli agenti di polizia e si allontana in mezzo ai due.

 

 

I giornalisti presenti non hanno ben compreso quanto sta succedendo, ma conoscono per ragioni professionali il funzionario di polizia, e immaginano che stia succedendo qualcosa di imprevisto, e completamente diverso dalla semplice cronaca mondana per cui si trovavano là.

Per prima cosa chiedono alla reception chi sia il signore che era stato a colloquio con gli agenti e poi li ha seguiti, o li ha dovuti seguire.

E' il signor Wada,  della sezione contratti dell'Ente Nazionale per lo Sviluppo delle Terre Incolte. Non appena saputolo i giornalisti si affrettano a comunicare la notizia alle loro testate.

Nel frattempo, in una atmosfera ovattata che il regista rende ulteriormente evidente con la musica di Johann Strauss che accompagna la scena, una atrmosfera apparentemente impermeabile alle pulsioni ed ai problemi del mondo esterno, la cerimonia va avanti.

Si tratta di un matrimonio: Yoshiko (Kyoko Kagawa), figlia del Presidente dell'Ente, Iwabuchi, va in isposa a Koichi Nishi (Toshiro Mifune), fino ad allora diligente ma oscuro ed un po' anonimo segretario del suo futuro suocero.

 

Anche lì tuttavia avverrano diversi episodi inquietanti. Durante la sfilata degli sposi Yoshiko, che si muove visibilmente a fatica per una menomazione ad una gamba a malapena compensata da una vistosa protesi, inciampa salendo sullo scalone e cade rovinosamente al suolo.

La soccorre e la rialza prontamente il fratello Tatsuo, che segue costantemente e con preoccupazione ogni sua mossa. 

 

 

 

Gli invitati sono centinaia, e tutti di alto tono.

L'amministratore delegato dell'Ente, il signor Moriyama, inizia la serie dei discorsi ufficiali.

E' interpretato da Takashi Shimura, che fornisce l'ennesima prova, se ce ne fosse stato ancora bisogno, di adattabilità ad ogni ruolo, in ogni storia, in ogni epoca.

 

 

 

 

 

E' invece decisamente fuori protocollo il discorso di Tatsuo Iwabuchi (Tatsuya Mihashi), il fratello della sposa.

Ricorda, ma ce ne eravamo già resi conto in precedenza, quanto sia legato a Yoshiko.

Non parla della sua menomazione fisica, ne apprenderemo la causa solo molto dopo, ma ricorda che la perdita prematura della madre ha fatto sì che lui sentisse il dovere di pensare a lei prima di ogni altra cosa.

E conclude con un invito, apparentemente scherzoso ma pronunciato con un tono tuttaltro che amichevole, rivolto al neo genero Nishi: abbia cura di rendere felice la sua sposa. Altrimenti, lui lo ucciderà. Il gelo scende nella sala, gli ospiti tentano invano di celare la spiacevole sensazione lasciata dal discorso di Tatsuo.

Sembra che la cerimonia sia nata decisamente sotto una cattiva stella, ma la parte più sconcertante deve ancora arrivare.

Mentre gli sposi si accingono a tagliare la pretenziosa e gigantesca torta nuziale, un monumento al cattivo gusto e alla volgarità di chi possiede solo ricchezza economica e nessuna ricchezza interiore, ne arriva a sorpresa una seconda, ancora più gigantesca.

Rappresenta la sede centrale dell'Ente, un grande palazzo per uffici costruito nello stile un po' anonimo degli anni 50 (ricordiamo che il film risale al 1960).

Nella grande massa bianca del dolce, ricoperto di zucchero, spicca la macchia rossa di una rosa in corrispondenza di una finestra dell'ultimo piano.

Apparentemente si tratta di una semplice decorazione, e potrebbe non avere alcun significato specifico.

La reazione di molti degli ospiti però, apertamente sconvolti, al punto di perdere completamente il controllo, dimostra che non può essere così.

Quella rosa rossa deve avere un significato ben preciso, e deve trattarsi di un segnale inquietante, minaccioso.

 

 

 

L'importante dirigente Shirai (Kô Nishimura), che aveva ricevuto dalle mani di Wada il programma della cerimonia, rimanendo già allora traumatizzato, ora è rimasto ammutolito.

Lo sposo dal canto suo rimane apparentemente impassibile.

Lascia l'impressione che tutto quanto succede intorno a lui non debba riguardarlo, o forse rimanga al di sopra della sua comprensione.

 

 

Anche il presidente dell'Ente, Iwabuchi, l'uomo che tirando dei fili invisibili dirige a suo piacimento come marionette gli uomini intorno a lui, accusa il colpo.

Ma solo per un attimo.

Si riprende prontamente e mostra la massima imperturbabilità, volgendo ostentatamente le spalle alla torta che ha causato tanto trambusto.

E' chiaro però che ha tutto notato e annotato, e qualcosa è scattato dentro di lui.

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