Jidai
Masaki Kobayashi: 1962 - Harakiri - Motome Chijiiwa
Article Index
Il sovrintendente Saito è visibilmente turbato dalla visita di Tsugumo e dalla sua richiesta.
Che gli ricorda un altro triste episodio.
Ha forse Tsugumo conosciuto o sentito parlare di Motome Chijiiwa? Era anche lui un ronin proveniente dal feudo dei Fukushima.
Tsugumo afferma che il nome non gli ricorda nulla, e che era impossibile conoscere tutti in un feudo avente al suo servizio nei giorni di prosperità 12.000 samurai.
Saito inizia il suo racconto: pochi mesi prima, in gennaio, questo ronin si era presentato alla tenuta degli Iyi, e per fare la medesima richiesta.
Motome Chijiiwa era poco più di una ragazzo.
Anchegli aveva spiegato che la rovina del signore Masanori Fukushima lo aveva travolto, e che invano aveva cercato un nuovo impiego: in tempi di pace non vi era più posto per molti samurai.
Richiedeva quindi l'uso della corte per porre onorevolmente fine ai suoi giorni, al riparo dello sguardo dei curiosi.
In assenza del signore Iyi che si trova nelle terre di campagna, Saito aveva immediatamente radunato il consiglio per esaminare la richiesta, che non era inedita: sia nel feudo degli Iyi che in quelli vicini ne pervenivano in continuazione.
Nel feudo di Sengoku il consiglio, ammirato dal sangue freddo e dalla dignità di uno dei richiedenti, aveva deciso di assumerlo al proprio servizio risparmiandogli un inutile sacrificio.
Altri feudi avevano seguito l'esempio, ma limitandosi a congedare i richiedenti con una somma di denaro che potesse essere loro sufficiente per qualche tempo.
Naturalmente questo aveva causato un continuo andivirivieni di ronin presso ogni dimora signorile, senza alcuna intenzione di compiere veramente seppuku ma sicuri di essere congedati con il pagamento di una somma. Il consiglio si sta orientando ad adeguarsi all'uso corrente, per congedare il giovane con qualche parola di conforto ed un regalo in moneta liquida.
Si oppone fermamente il consigliere Hikokuro Omodaka (Tetsuro Tanba). Sarebbe l'inizio di una processione inarrestabile, che infangherebbe il nome della casata. Ma soprattutto non è lecito comportarsi disonorevolmente per ottenere del denaro come è uso di questi ronin mendicanti, e la casata non deve trasgredire il codice di onore.
L'unico mezzo per porre fine a queste incessanti richieste è di esercitare fermezza.
Il giovane Chijiiwa viene trattato con estrema cortesia, e invitato dalla guardia del corpo Kawabe a fare un bagno, poi fornito di vesti nuove più adatte ad un incontro formale col signore Bennosuke, figlio del feudatario, che esaminerà il suo caso.
Quando viene convocato dopo una lunga attesa incontra però Omodaka, che lo invita a cambiare nuovamente abito, presentandogli un completo bianco: quello indossato durante la cerimonia del seppuku.
Il ragazzo, già convinto che sarà assunto dalla casata o perlomeno che riceverà una somma adeguata alla importanza del feudo, è terrorizzato, e chiede che ne è del previsto incontro col signore Bennosuke.
Omodaka gli riferisce che si è dovuto mettere improvvisamente in viaggio, ma ha esaminato il caso. Il suo parere è che sarebbe vano distogliere un samurai da una decisione così grave, evidentemente presa dopo matura riflessione.
Quindi, per quanto avrebbe gradito prenderlo al suo servizio, si adegua al suo volere e desidera che la cerimonia abbia luogo nel più breve tempo possibile.
Invano il ragazzo chiede un rinvio, Omodaka è irremovibile e gli ricorda che tutto è pronto, e per sua esplicita richiesta, e che la parola di un samurai deve essere sacra.
Chijiiwa tenta la fuga, ma invano: la casa è presidiata da numerosi uomini armati e pronti e tutto.
Il consiglio che gli dà Omodaka è di rassegnarsi al suo destino e morire con onore, piuttosto che essere tagliato in due come un pesce mentre tenta inutilmente di sottrarsi alla morte, perdendo allo stesso tempo la vita e la dignità.
I protagonisti della vicenda si preparano alla sua conclusione, ognuno a suo modo. Saito si è recato nel santuario degli Iyi per interrrogarvi i simboli della casata: l'armatura e la spada utilizzati in battaglia dal capostipite.
Rivendica l'onestà del suo operato, pur non potendo garantirne la saggezza.
Ha inteso salvaguardare con la sua decisione, fredda ma necessaria, allo stesso tempo l'onore della casata e quello dei samurai.
La maschera dell'armatura sembra fissarlo, impenetrabile. Ma non gli può dare alcuna risposta.
Chijiiwa è stato invece lasciato solo in una stanza, che è comunque sorvegliata da uomini armati, rivestito della bianca tenuta del seppukusha, solo con i suoi pensieri.
I samurai di servizio si sono radunati per preparare gli ultimi dettagli della cerimonia, ma faranno una scoperta che renderà ancora più tragica la vicenda.
I foderi delle armi di Motome Chijiiwa non contengono in realtà alcuna lama, ma solamente gli tsunagi: le false lame di legno o bambu utilizzate per montare assieme le varie componenti della fornitura mentre la lama non vi viene utilizzata.
E' evidente che Chijiiwa ha venduto le sue spade, mantenendo la fornitura perché per i samurai era obbligatorio indossarle in pubblico. E' una delle più gravi violazioni dell'etica samurai che si possa immaginare, tutti i presenti ne rimangono indignati.
Oltretutto la scoperta rende ancora più palese l'assoluto disinteresse di Chijiiwa verso il seppuku. Era veramente ed incontestabilmente venuto solamente per mendicare.
Probabilmente all'insaputa del sovrintendente Saito, Omodaka ha deciso di punire atrocemente il giovane indegno samurai.
Ricorda che col tempo la cerimonia si è andata evolvendo ed è divenuta a volte quasi simbolica, con l'assistente pronto a dare il colpo di grazia non appena il seppukusha allungherà la mano verso la lama, talvolta rappresentata anchessa simbolicamente da un semplice ventaglio.
Storicamente il particolare è inesatto, solamente nel periodo Yempo ossia circa due generazioni dopo si affermarono queste consuetudini (Mitford, Tales of Ancient Japan, 1871), ma questa infedeltà è necessaria ai fini della trama.
Per rispetto della casata e delle tradizioni Omodaka intende però procedere seguendo le rigide regole originarie: il seppukusha dovrà aprirsi il ventre con la lama prima di ricevere finalmente il colpo di grazia, che sarà lo stesso Omodaka a vibrare.
Solo allora Motome Chijiwa apprende con orrore che dovrà affrontare la prova con il proprio wakizashi, la cui lama di bambu, secondo il colorito commento di un samurai, non riuscirebbe a tagliare il tofu (formaggio di soia).
Solo facendo appello ad ogni estrema risorsa e dopo lunghi tentativi infruttuosi quanto oscenamente tragici Motome riesce ad immergere la lama nel ventre.
Non è ancora abbastanza per l'inflessibile Omodaka: esige che il giovane esegua anche i due tagli previsti, il primo orizzontalmente ed il secondo verso l'alto.
Solo a quel punto interviene, ponendo fine alle sofferenze di Motome Chijiiwa.