Jidai
Akira Kurosawa: 1980 - Kagemusha - La prova del fuoco
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Il guerriero e la sua ombra su questa terra sono definitivamente legati l'uno all'altro, ma il vincolo non è lieve, Kagemusha lo sente giorno e notte.
Sente che Shingen lo chiama, e nei suoi sogni lo vede apparire quasi ogni notte: indissolubilmente legati eppure irragiungibili l'uno con l'altro.
Kagemusha si sveglia spesso dai suoi sogni od incubi sudato ed in preda al panico, senza poter comprendere cosa vogliano da lui il destino e lo stesso Shingen.
E' una fortuna per lui oppure piuttosto un tragico destino, che gli eventi lo chiamino ben presto all'azione senza dargli più modo di pensare?
Oda Nobunaga ha deciso di rompere gli indugi ed attaccare i Takeda in forze, senza più delegare al suo alleato Tokugawa.
Vestito come sempre con una armatura di foggia namban, ossia di tipo occidentale, avvolto in un manto di porpora che ricorda quello dei generali romani, guida le sue truppe verso le frontiere del Kai.
La chiesa cattolica, che aveva iniziato alcuni decenni prima l'evangelizzazione del Giappone sotto l'impulso di san Francis Xavier, ha deciso di appoggiare Nobunaga non solo con la forza delle armi europee , ma anche con tutto il peso della sua ideologia e della sua influenza.
Le truppe di Nobunaga ricevono la benedizione, che il condottiero accetta con un "Amen".
L'ennesimo messaggero raggiunge la fortezza dei Takeda, ma stavolta il pericolo non viene dall'interno.
Katsuyori non intende rimanere passivo di fronte all'attacco di Nobunaga, e lo ha prevenuto investendo con tutti i suoi uomini il castello di Takatenjin, principale caposaldo nemico, senza attendere le decisioni del feudo.
La mossa è rischiosa, l'esito incerto, ma i consiglieri non possono nascondersi che non è priva di senso e che è inevitabile appoggiarla piuttosto che lasciare Katsuyori ad affrontare da solo l'intera armata nemica.
Liberata con una sanguinosa scaramuccia una collina che domina la fortezza, preceduto da una nutrita scorta di fanteria e cavalleria quello che tutti credono Takeda Shingen arriva tra un rutilìo di bandiere sul teatro della battaglia, da dove le sue forze osserveranno gli eventi senza necessariamente intervenire.
Il magistero di Kurosawa si manifesta appieno in questa lunga sequenza. La battaglia ci viene rappresentata come una sanguinosa, drammatica e spettacolare partita a scacchi.
Le mosse dell'uno e dell'altro fronte si susseguono vertiginosamente, seguendo una logica che l'incalzare degli eventi rende difficile analizzare ma la precisione chirurgica e la velocità dei movimenti delle truppe che si muovono in un impervio terreno che li cela gli uni agli altri manifestano inequivocabilmente.
Dall'alto della collina, mentre è calata la notte che rende ancora più indecifrabile il susseguirsi degli attacchi e contrattacchi, Kagemusha immobile sul suo seggio osserva gli uomini combattere intorno a lui, vede le sue guardie del corpo morire proteggendolo col loro corpo. Il suo timore, lo sconvolgimento della sua mente di fronte a qualcosa a cui nessuno può essere preparato, è evidente.
Eppure si domina, e mentre chi gli sta attorno continua a raccomandargli la calma, è lui con voce tuonante ad intimare ai soldati di rimanere fermi ed immobili, morendo al loro posto se necessario, trasformandosi nella montagna irremovibile che fu Shingen.
Per Katsuyori questa che avrebbe potuto e dovuto essere la sua giornata rischia di trasformarsi nella conferma e nella continuazione di un incubo: non è mai riuscito a liberarsi della pesante tutela di Shingen quando egli era in vita, ora sembra che non riesca nemmeno a liberarsi dalla sua ombra.
Katsuyori moltiplica gli attacchi, ed infine la fortezza cade tra le fiamme. Ma sulla vittoria di Katsuyori permane l'ombra di un sospetto: è stato lui a vincere, o è stata la presenza apparentemente inattiva di Shingen sulla collina ad intimorire il nemico, a condizionarlo, a trascinarlo alla sconfitta? Anche Katsuyori ha perso la sua battaglia.