Jidai
Akira Kurosawa: 1980 - Kagemusha - Il testamento di Shingen
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Il messaggero porta buone notizie: i genieri dei Takeda sono riusciti a tagliare l'acqua alla torre numero tre, caposaldo della fortezza nemica.
Il consiglio di guerra ritiene che con questa mossa oramai il destino della fortezza sia segnato: occore solamente attendere, la guerra sta volgendo a favore del clan di Kai. Al centro, Takeda Shingen, alla sua destra il figlio Katsuyori. L'armatura sul fondo è l'autentica armatura di Shingen, di cui Kurosawa ottenne l'uso da parte del Takeda Jinja in Kofu che la custodisce.
Non è dello stesso parere il vecchio generale Taguchi, alla sinistra di Shingen, impersonato da Takashi Shimura uno dei fedelissimi di Kurosawa, qui alla sua ultima apparizione in un ruolo chiave (scomparirà nel 1982, a 77 anni). Tatsuya Nakadai nei panni di Shingen è invece per la prima volta protagonista di un'opera del maestro: un ideale passaggio di consegne.
Dopo i contrasti avuti nella lavorazione di Barbarossa (1965), si era rotto per sempre il sodalizio pluridecennale tra Akira Kurosawa e Toshiro Mifune. Interprete di Kagemusha avrebbe dovuto essere Kentaro Katsu, divenuto celebre negli anni 60 con la serie dell'avventuriero Zatoichi, ripresa poi recentemente - e con successo - da Takeshi Kitano. Ma anche con Katsu la convivenza o perlomeno la collaborazione si rivelò troppo difficile. Una fortuna probabilmente: riesce difficile immaginare un interprete all'altezza di Nakadai, che seppe rendere l'opera indimenticabile.
Taguchi confida riservatamente di non essere troppo ottimista sulla resa della fortezza: il morale del nemico è alto, e ogni notte in segno di sfida le note di un flauto risuonano dalla torre assediata. Le stesse truppe dei Takeda sono affascinate dalle note dell'artista misterioso, e ogni notte si ammassano in silenzio, avvolti nelle loro pesanti armature, per ascoltarle.
Shingen decide rapidamente, come è solito fare: si recherà lui stesso al castello quella notte, o per ascoltare quel flauto mirabilmente suonato da uno sconosciuto nemico, o per constatare dalla mancata "esibizione"che le forze ed il morale del nemico stanno venendo meno.
Calate le tenebre, i guerrieri di Takeda si ammassano silenziosamente sotto la torre numero tre, in attesa delle note del flauto. Che finalmente riecheggiano nella notte, mentre migliaia di uomini in arme trattengono il respiro per ascoltare in silenzio.
Ma d'improvviso l'incanto notturno è spezzato da un colpo di archibugio. Nel buio fitto nessuno è in grado di comprendere cosa sia successo, ma è chiaro che l'incanto è spezzato, i pensieri ed i sogni suscitati dalla musica devono essere riposti per ritornare a pensare e ad agire in funzione della guerra.
Il giorno seguente l'armata Takeda abbandona l'assedio e si ritira. Tra le lunghe file di soldati in marcia serpeggiano la perplessità ed il timore.
Quella ritirata improvvisa ed apparentemente senza motivo, quando la vittoria sembrava a portata di mano, lascia intuire che qualcosa di grave, probabilmente legato al misterioso episodio notturno, sia successo. Corre voce che il generale sia stato ferito da quella fucilata, se non addirittura ucciso.
Ma all'improvviso, annunciato dal rutilìo delle sue bandiere, Takeda Shingen fa la sua comparsa tra le truppe. I soldati si rinfrancano, ma ovviamente non può essere confortato da questa visione lo spettatore, che è al corrente dei retroscena.
Quella figura maestosa che incede a cavallo, assorta e pensierosa, rivestita da una rossa armatura, è il vero Shingen o non piuttosto il suo kagemusha?
Anche i principali nemici di Shingen sentono che qualcosa non va: Oda Nobunaga è un giovane ambizioso quanto energico e capace.
Viene interpretato da Daisuke Ryu, che ritroveremo 5 anni dopo nella parte di Saburo Ichimonj in Ran.
Il suo principale alleato è Yeyasu Tokugawa (Masayuki Yui). Alla notizia della possibile morte di Shingen, Tokugawa sembra tuttaltro che felice: dichiara di non potersi rallegrare delle difficoltà di un nemico valoroso. Questo complesso rapporto tra due personaggi obbligati dalla sorte a combattersi pur nutrendo reciprocamente rispetto e stima, era in realtà intercorso tra Takeda Shingen e ed il suo eterno rivale Uesugi Kenshin, che in Kagemusha è solamente una figura di contorno.
Ma Kurosawa scelse per ragioni artistiche, e forse anche per non appesantire troppo la trama con un eccesso di personaggi, di prendersi non poche licenze storiche. Anche la figura di Oda, così come da lui tratteggiata, è molto lontana da quella che ci ha tramandato la storia.
Tokugawa, signore del castello assediato, cerca di vederci chiaro. Convoca a rapporto l'archibugiere che quella notte ha sparato, e gli chiede spiegazioni. Che sono relativamente semplici. L'uomo, che riveste grado e mansioni non elevate, non è tuttavia uno sprovveduto, conosce bene il suo mestiere e ha un forte spirito di iniziativa.
Osservando durante il giorno che i nemici stavano preparando in un luogo appartato un seggio, ha giustamente concluso che un generale nemico, se non addirittura il comandante in capo, durante la notte sarebbe intervenuto sul campo di battaglia, posizionandosi sul quel seggio.
Lo ha quindi accuratamente preso di mira, segnandosi con meticolosità i punti di riferimento in modo da poter riposizionare l'archibugio esattamente nella stessa posizione anche nel buio della notte. Poi si è appostato, ha atteso ed infine al momento che gli è sembrato più opportuno ha fatto fuoco.
Richiestogli di dimostrare quanto dice, non ha difficoltà: prende di mira un alberello, segna con pietre e con una corda la posizione e l'elevazione dell'archibugio e poi fa fuoco senza minimamente guardare il bersaglio: centrato. Ora Tokugawa sa: Shingen è ferito, forse gravemente. In caso di sua morte l'esercito furioso avrebbe dato immediatamente l'assalto alla fortezza per vendicarlo, senza lasciare pietra su pietra. Il riitro improvviso può averlo deciso solo lui, per disorientare il nemico e non lasciargli punti di riferimento.
L'acuto Tokugawa, non a caso è destinato pochi anni dopo questi avvenimenti a divenire shogun, capostipite di una dinastia che governerà il Giappone per circa 260 anni e che darà a quel periodo il suo nome: l'era Tokugawa (detta anche epoca di Edo a causa dello spostamento della capitale da Kyoto alla attuale Tokyo).
La sua supposizione è giusta, Shingen è gravemente ferito e avvolto dalle bende, visibilmente sofferente, ha riunito il consiglio di guerra.
Sa che la sua ferita è grave, e detta le sue volontà agli attoniti consiglieri e al figlio Katsuyori (Kenichi Hagiwara): la sua eventuale morte deve essere tenuta segreta per tre anni. Il consiglio non sa ancora che lo sostituirà in ogni apparizione, non solo quelle pubbliche ma anche quelle di fronte alla corte, perfino di fronte ai familiari, il kagemusha.
Il feudo dovrà abbandonare ogni mira espansionistica e concentrarsi per difendere i suoi confini e la sua stessa sopravvivenza. Ma Shingen dichiara di non essere ancora pronto a morire: è saggio prendere precauzioni nel caso che le peggiori previsioni si avverassero, ma Takeda Shingen vuole vivere. Vuole continuare la sua lotta, vuole vincerla.
Il destino non glielo concederà: durante un momento di sosta, durante uno spostamento tra le suggestive montagne della regione del Kai, dall'interno della sua portantina Shingen non risponde ai richiami del fedele Taguchi.
La ferita si è riaperta: Takeda Shingen, mentre gli appare nel momento supremo la visione dell'entrata vittoriosa a Kyoto, muore.