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Akira Kurosawa: 1993 - Madadayo

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Madadayo (Non ancora) - Akira Kurosawa, 1993
Tatsuo Matsumura, Kyoko Kagawa, Hisashi Higawa

La versione italiana, disponibile da settembre 2011: Madadayo (Il compleanno) 

Il professore Uchida va in pensione. Ha solo 60 anni, ma per le convenzioni dell'epoca, siamo nel 1943, è una persona anziana non più adatta ad avere un ruolo attivo nella società. Eppure i suoi allievi, che sentono di avere ricevuto dalle sue lezioni di tedesco molto di più che una semplice formazione tecnica, continuano a considerarlo un punto di riferimento, e ogni anno si riuniscono per celebrare il suo compleanno, rivolgendogli in coro sempre la stessa domanda: "E' pronto (moo ii kai), sensei?". La risposta, immutabile, è "Mada dayo!". Non ancora!

E' normale pensare che l'ultima opera di un grande artista ne costituisca il testamento spirituale. Non è però agevole identificare il lascito quando a trasmetterlo è Aikira Kurosawa, che già in ognuna delle 30 opere da lui dirette, oltre che nelle sceneggiature messe in scena dai suoi amici o discepoli, come Dora heita (Kon Ichikawa), Il mare ascolta (Kei Kumai), Ame Agaru (Takashi Koizumi) ha trasmesso allo spettatore qualcosa di importante, difficilmente riassumibile in una singola opera. Ma la storia del professor Uchida sembra facilmente sovrapponibile a quella di Kurosawa, che alle soglie dei 60 anni fu costretto ad un lungo periodo di inattività che lo portò ad uno stato di depressione apparentemente irreversibile. Fino a che punto possiamo leggere l'opera in questa chiave? E' quanto stiamo andando a vedere. 

 

Il protagonista:

Hyakken Uchida (百間 内田, 1889-1971), nacque ad Okayama e laureatosi nel 1911 alla Università Imperiale di Tokyo insegnò lingua e letteratura tedesca dapprima alla Accademia Militare Imperiale del Giappone e in seguito alla Università Hosei. Ma è noto in patria soprattutto per la sua attività di scrittore.

E' invece praticamente sconosciuto fuori dal Giappone, essendo stata tradotta in inglese solo una delle sue opere, che sono oltre cinquanta: Realm of Dead (W. W. Norton & Co. 2006), che appartiene al genere letterario detto horror che Uchida alternava a quello umoristico.

Gli è stato recentemente dedicato un saggio intitolato Uchida Hyakken: a Critique of Modernity and Militarism in Prewar Japan (DiNitto e Rachel, Harvard University press, 2008).

Tra le sue opere letterarie ebbero successo in Giappone soprattutto Io sono un gatto (e come vedremo uno dei protagonisti di Madadayo è il gattone randagio Nora) e Cancelli chiusi all'imbrunire. Da Sarasate no ban (il disco di Sarasate, un compositore spagnolo di fine 800) è tratto il film Zigeunerweisen, Aria tzigana, diretto nel 1980 da Seijun Suzuki con mezzi di fortuna, ottenendo tuttavia un grande successo di critica e la menzione al festival di Berlino. Col titolo di Madadayo vennero pubblicati postumi alcuni scritti di Uchida, cui Kurosawa attinse.

 

 

Personaggio geniale quanto stravagante ed anticonvenzionale, Uchida affascinò generazioni di studenti, che fondarono l'associazione Maadakai per rimanere vicini al loro sensei anche dopo il suo ritiro dall'università, continuando ad assorbire il suo insegnamento quotidiano ma assistendolo anche nelle necessità della vita.

Alla annuale cerimonia per la celebrazione del suo compleanno Uchida, dopo aver bevuto fino all'ultima goccia un'impressionante boccale di birra, proclamava orgogliosamente ogni volta, davanti ai suoi allievi, di non essere ancora pronto ad andarsene.

E' lecito sospettare che da parte di Kurosawa, che ricadde spesso in difficili periodi di depressione, ci sia un sentimento di ammirazione e forse anche di rispettosa ed affettuosa invidia nei confronti della voglia di vivere di Uchida.

Si può pensare che in Madadayo abbia voluto rendere omaggio ad un modo di essere maestro che non riuscì a rendere completamente suo, e che questo rimpianto sia il messaggio ed il monito che ci ha voluto trasmettere al momento di prendere congedo da noi.


Nel 1943 il professor Uchida (Tatsuo Matsumura) sta tenendo la sua ultima lezione all'Università.

Kurosawa ci lascia immaginare che sia un professore vecchio stampo, terrore degli alunni, che attendono con timore che si apra quella porta e lo spauracchio faccia il suo ingresso.

Non è così. Qualcuno ha fumato: è innegabile, la cattedra si intravede appena dietro una spessa cortina di fumo. Uchida inizia, con fiero cipiglio, quello che sembra uno scontato sermone sulla proibizione di fumare nell'aula.

 

 

 

"Tuttavia - confessa sorridente Uchida tra le risate degli alunni - la proibizione è sempre una tentazione." Infatti confessa che quando sente la campanella d'inizio della lezione anche a lui viene voglia di fumare, nella sala dei professori. Ed accende una sigaretta, poi un'altra, poi un'altra ancora, fino ad accumulare anche venti minuti di ritardo.

E' evidente che il professore non è uomo che possa facilmente rientrare negli schemi, specialmente quelli particolarmente rigidi  dei regimi nazionalisti in tempo di guerra.

Si potrebbe pensare che Uchida si abbandoni a qualche licenza solo perché ormai sul punto di lasciare l'insegnamento, dopo 30 anni, ma i suoi rapporti con gli allievi, alcuni dei quali figli dei suoi primi discepoli, indicano una lunga e giocosa familiarità con tutti loro.

 

Nel terminare di tracciare, con un'ultima pennellata impressionistica, il ritratto del professore, Kurosawa ce lo mostra commosso suo malgrado, mentre cercava senza alcun successo  di mostrarsi impassibile, sullo sfondo della nera lavagna ove ha trascorso gran parte della sua vita, tracciandovi effimeri segni che pure hanno inciso profondamente nell'animo di tanti suoi allievi.


Saremmo dunque nel 1943, nel pieno dello sforzo bellico del Giappone, con le strade di Tokyo percorse da cortei patriottici.

Ma i conti non tornano ed il maestro Kurosawa ci perdonerà questa pignoleria. Se il professor Uchida è andato in pensione a 60 anni dobbiamo arrivare al 1949, poiché era nato nel 1889.

E' verosimile che l'azione sia stata spostata al tempo di guerra per esigenze artistiche e probabilmente per potervi inserire alcune riflessioni di Uchida che altrimenti sarebbero risultate fuori tema.

Non possiamo però accettare il 1943, per le ragioni che spiegheremo in seguito.

 

Qualunque sia l'anno, è probabile che sia verso la fine del 1944, il professor Uchida si sta trasferendo, nella stessa strada ove sfila sullo sfondo il corteo, bandiere al vento.

Vorrebbe trascorrere lì la sua nuova intensa vita di professore in pensione ma attivo e prolifico scrittore.

 

 

 

 

 

 

 

Il nucleo dei suoi fedelissimi allievi gli è ancora vicino: non intendono rinunciare all'intenso rapporto che li ha legati al loro sensei.

Tra gli attori che li impersonano troviamo due protagonisti di Ran: nei panni del leader degli ex-allievi, Takayama, il fosco consigliere Kurogane (Hisashi Higawa) e in quelli di Sawamura l'imbelle erede al trono Taro (Akira Terao), qui in ruoli decisamente più rilassati.

La fedele compagna del professor Uchida è anche lei una vecchia conoscenza, la nota attrice Kyoko Kagawa che ebbe un breve ma intenso ruolo in Akahige.

Il gruppo di allievi, composto di persone destinate ad avere ruoli importanti nella società ed abituate a considerare il loro amabile quanto svagato sensei come una persona fragile ed inadatta a badare a se stesso, si preoccupa. La nuova casa è molto accogliente, fin troppo forse, nonostante gli intimidatori cartelli appesi qua e là dal professore per scoraggiare gli ospiti.Ogni suo tentativo di crearsi un alone di scontrosità è infatti irrimediabilmente destinato ad attirare la simpatia e la benevolenza di chiunque lo conosca.

La casa sembra però un po' troppo esposta alle incursioni dei ladri, e per questo Takayama ed un altro dei fedelissimi decidono di simulare una incursione notturna per rendersi conto di persona dei punti più vulnerabili.

E' con immenso stupore (e poi con grande divertimento) che scoprono che Uchida dopo tutto sa pensare a se stesso.

Al contrario dei burberi cartelli destinati agli ospiti, quelli per i ladri sono premurosi e gentili: indicano la strada da seguire, indirizzano verso una stanzetta dove sono previsti per loro generi di conforto, mostrano l'uscita e ringraziano per la visita.

 

Il professore e la sua pazientissima moglie non godranno però a lungo della nuova dimora: una pesante incursione delle forze aeree americane la rade al suolo. Potremmo ipotizzare che si trattasse della operazione denominata Meetinghouse, che il 25 marzo 1945 distrusse il 25% di Tokyo e secondo stime prudenziali causò oltre 100.000 vittime. In ogni caso, la data va compresa tra il febbraio e l'agosto 1945, invalidando la datazione del ritiro in pensione al 1943, poiché si suppone che non sia passato ancora un anno.

Quello che conta comunque è che ad Uchida non rimane che rifugiarsi in una misera capanna, di dimensioni ridottissime ed esposta alle intemperie, dove dovrà trascorrere diverso tempo. Ma, come vedremo, si adatterà con grande filosofia.


La guerra è finita, le truppe d'occupazione americane scorrazzano per Tokyo con le loro jeep: ritorna la vita, sia pure tra le rovine lasciate dalla guerra.

Ma il professor Uchida ha qualche rimpianto.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il gruppetto di allievi non lo ha certamente lasciato solo: si recano spesso a trovarlo, anche se a stento riescono ad entrare tutti assieme dentro al minuscolo rifugio.

Eppure il professore ha saputo ritagliarsi qualche sua piccola soddisfazione.

 

 

 

 

 

 

 

Ai piccoli inconvenienti ci si abitua, bene o male: la toilette, rigorosamente all'aperto, non è il massimo durante la interminabile stagione delle piogge.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mentre al contrario sembravano non conoscere alcun ostacolo i passanti che amano orinare sul muro in rovina proprio accanto alla capanna.

Ma il professore ha qualcosa da spiegare anche a loro, e conclude con un "ideogramma" che la dice lunga sulle sue intenzioni, a meno che non provvedano a cambiare fornitore al più presto.

 

 

 

 

 

 

 

Durante il rogo della casa Uchida e la moglie non sono riusciti a salvare i loro uccellini.

Hanno tentato di liberarli, ma i primi erano periti tra le fiamme mentre tentavano disperatamente di mettersi in salvo. Meglio allora lasciare che gli altri attendessero ove si trovavano il compiersi del destino.

Hanno comunque, anche qui, una piccola creatura che tiene loro compagnia e li allieta col suo canto.

 

 

 

 

 

E, soprattutto, il professore ha con sé un libro prezioso. Nella traduzione francese su cui si basa questa recensione viene citato Kamono Chomei come "poeta del IX secolo", ma si tratta di un lapsus dei traduttori.

Ascoltando attentamente l'audio giapponese è facile constatare che Uchida lo fa risalire genericamente all'Heian Jidai (dal IX al XII secolo a.d.).

In realtà Kamono Chomei nacque nel 1153 circa e scomparve nel 1216, quindi fu indubbiamente attivo nel XII/XIII secolo.

 

 

 

Uchida sostiene di avere attinto molta forza morale dalle "Note del mio eremitaggio" scritte dal poeta, che trascorse parte della sua vita in meditazione, in un rifugio di fortuna tra i monti.

Si tratta probabilmente dell'opera pubblicata in occidente col titolo "Una capanna di 10 metri quadri e le storie di Heike".

 

 

 

 

 

 

 

Dalla lettura delle pagine immortali del poeta tuttavia Uchida ricava anche una amara lezione: perfino nello stato di estrema povertà in cui è ridotto al momento, è riuscito ad accumulare molto più di quanto in realtà gli serva, caricando la sua vita di molto peso inutile.

Arriva a rimpiangere i peggiori momenti della guerra, quando essendo privati di tutto avrebbero potuto veramente essere liberi.

La ricchezza materiale, ecco quanto vuole dirci Kurosawa attraverso la testimonianza di Uchida, non solo facilita la povertà spirituale, ma la rende quasi ineluttabile.


Anche nella desolazione del panorama creata delle rovine belliche la natura continua il suo corso, dispensando serenità e bellezza.

Una splendida luna sorge nel cielo, spuntando dalle macerie che circondano la spelonca di Uchida.

Sembra annunciare la fine di un'epoca buia, nonostante il pessimismo del professore.

 

 

 

 

 

 

Dovrà naturalmente passare del tempo prima che la città riesca a  guarire dalle gravissime ferite della guerra e possa riprendere almeno una parvenza di vita normale.

Le stagioni si susseguono, continuando nel loro alternarsi senza essere influenzate dalle vicende umane, liete o tristi che siano.

Arriva l'autunno a colorare con tutte le possibili sfumature del rosso i dintorni della capanna.

Uchida e la moglie continuano la loro vita solitaria e tutto sommato serena nella loro capanna. Nella realtà la coppia ebbe cinque figli.

 

 

Arriva anche l'inverno, ricoprendo tutto del suo gelido e candido vestito, splendido alla vista quanto inospitale per chi non ha una casa degna di questo nome.

Ma tutti gli inverni passano, passerà anche questo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Finalmente, un bel giorno di primavera, il nostro professore si mette in ghingheri.

Dove va?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alla prima riunione del Maadakai, ove verrà festeggiato il suo compleanno.

E' una associazione fondata dai suoi ex allievi, per assisterlo affettuosamente e continuare a riceverne saggezza, buonumore, cinico quanto bonario pessimismo nei confronti della natura umana, e un abbondante pizzico di follia.

 

 


Il gruppetto  degli irriducibili seguaci di Uchida è riuscito a fare le cose in grande: un numero inverosimile di ex allievi, amici, ammiratori, personalità di spicco, è riunito per il sessantunesimo compleanno del professore.

E qui diremo di nuovo, non vi preoccupate perché è l'ultima volta, che allora non poteva averne compiuti sessanta nel 1943.

E' anche la prima riunione del Maadakai. Takayama, che la presiede, chiede ad Uchida un discorso. Sarà imprevedibile, come al solito. Ma probabilmente è proprio quello che tutti attendono, pregustandone il piacere.

 

 

Uchida gioca sull'equivoco: il nome dell'associazione può anche essere interpretato come "Sei pronto?", domanda che ricorre spesso in alcune cantilene infantili, a cui lui intende rispondere cantando Madadayo! (Non sono pronto!).

Non è ancora pronto per l'addio alla vita. Lo sarà un giorno, ma rassicura gli astanti: il suo medico personale, il dottor Kobayashi (Takeshi Kusaka) che siede alla sua destra e il reverendo Kameyama (Asei Kobayashi) alla sua sinistra, quando sarà arrivato il momento si prenderanno cura del suo corpo e della sua anima.

In questo momento però intende dedicarsi soprattutto al monumentale boccale di birra che ha davanti, vuotandolo tutto di un sorso ed esclamando alla fine Madadayo! E chiede che questo rituale venga ripetuto ogni anno.

 

Non sarà facile: gli astanti seguono col fiato sospeso, da destra e da sinistra...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma il professore gliela fa! Madadayo!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il seguito della festa è un continuo alternarsi di momenti solenni e di divertimenti golardici.

Kurosawa con una punta di sadismo non ce ne risparmia alcuno.

Sicuramente è ben consapevole che rivedere il divertimento altrui lascia un senso di estraneità, eppure momenti del genere hanno fatto parte della vita di ognuno di noi, e sono sicuramente tra quelli di cui abbiamo un ricordo più vivo e più duraturo, quelli che raccontiamo più spesso.

 

 

 

 

Dobbiamo segnalare un inconsueto omaggio al professore, che oltre a costituire uno dei momenti più surreali dell'opera, ha un suo signifcato che se non spiegato sfuggirebbe alla maggioranza degli spettatori.

Al momento in cui tutti i convitati sono invitati a pronunciare un discorso, c'è chi si limita ad un Banzai!!!, chi tenta di articolare qualcosa di solenne.

Uno dei partecipanti, un pingue ometto dall'aria gioviale, confessa immediatamente di non essere la persona più adatta a fare discorsi, ma di voler ugualmente onorare il professore in qualche modo.

 

 

Reciterà quindi l'elenco di tutte le stazioni ferroviarie del Giappone! Solo gli espressi, propone preoccupato Uchida? No, risponde implacabile il suo ex allievo: anche le stazioni locali.

E, tra la costernazione generale e la fuga dei vicini di posto, per tutta la durata della festa rimane impassibile al suo posto snocciolando l'interminabile elenco.

Tutto questo ha una ragione: il professor Uchida era conosciuto anche come uno dei maggiori rail fan del Giappone; era insomma un appassionato di treni e dei viaggi in treno.

 

 

Il resto: chunque abbia partecipato ad una festa del genere lo può immaginare.

Basteranno le poche immagini che vedete per rendere l'idea.

 

 

 

 

 

 

 

 

La festa volge ormai al termine. Chi se n'è andato, chi è crollato. Perfino lo stakanovista delle stazioni ferroviarie sta terminando il suo improbo compito.

Ma ci sarà un nuovo appuntamento per l'anno seguente, e per tutti quelli a seguire. Nella speranza che il professor Uchida continui per sempre a gridare Madadayo!


Stanno sorgendo giorni migliori per il Giappone, e di riflesso anche per Uchida e la "gioiosa macchina da guerra" del Maadakai.

Sono riusciti a comprare un terreno e costruirvi una nuova casa, di stile tradizionale e con un piccolo armonioso giardino.

 

 

 

 

 

 

 

Vi è perfino, come era desiderio del professore, confessato con una punta di vergogna, uno stagno anulare dove i pesci possano nuotare "senza soffrire il mal di schiena" per il poco spazio a disposizione.

In realtà si tratta di uno degli stilemi tradizionali del giardino sen'en, ossia con laghetto.

 

 

 

 

 

 

Cosa manca per completare l'idilliaco quadretto? Ma un gatto naturalmente, e prontamente arriva, eccolo qua.

Il micione Nora (Randagio) si autonomina gatto di casa, e viene trionfalmente accolto nel Maadakai.

 

 

 

 

 

 

 

 

Una nube minacciosa si presenta però imprevista all'orizzonte. Anzi, proprio accanto all'idilliaco rifugio di Uchida. Il terreno confinante, ancora ingombro di macerie, conosce un'insolita animazione.

Geometri al lavoro, consultazioni di piante, il cartello VENDESI gettato con noncuranza tra i rifiuti, tutto indica che là si sta per costruire.

 

 

 

 

 

 

E probabilmente non ne verrà niente di buono. Nora ha immediatamente avvertito il pericolo, e si prepara a difendere il "suo" territorio.

L'intero Maadakai, seguendo a ragione l'istinto prima ancora che la ragione abbia elementi su cui lavorare, è in stato di preallarme.

 

 

 

 

 

 

 

Fortunatamente non ce ne sarà bisogno. Il proprietario del terreno, contrario ad ogni sovraelevazione rispetto ai piani originari, che pur rientrando nei diritti dell'acquirente inciderebbe sulla privacy dei vicini , rifiuta di vendere e straccia il contratto.

Non se lo potrebbe permettere: è costretto a vendere il terreno per racimolare il denaro necessario a costruirsi una nuova casa e riprendere anche  lui una vita normale.

Ma è un persona integra, fedele fino alle estreme conseguenze al suo codice morale.

 

 

 

Le minacciose nubi si tramutano in uno splendido cielo sereno.

Il Maadakai decide di acquistare il terreno, permettendo ad ognuno di portare a compimento i suoi sogni.

 

 

 

 

 

 

 

 

La vita propone continui alternarsi di pace e di tempesta. Una nuova tempesta arriva, destinata a lasciare tracce gravi, profonde, ulceranti.

Nora è scomparso.

E Uchida sensei è sprofondato di colpo nella disperazione più nera.


Il Maadakai si è trasformato in una task force che si dedica giorno e notte alla ricerca di Nora, tra le rovine di una città che continua a dover mostrare le sue ferite.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pochi giorni prima il professore si era recato a tenere una conferenza in provincia, e durante il ritorno su uno dei suoi amati treni, ad una stazione intermedia...

Nora gli era apparso, e lo guardava come a volergli dire qualcosa; il professore si era affrettato ad aprire il finestrino, ma troppo tardi: il treno già ripartiva.

Non appena ritornato a casa aveva avuto conferma dei suoi peggiori timori. Nora era scomparso.

 

 

 

 

L'immagine di Nora costretto a vagare sotto la pioggia tra le macerie lasciate dalla guerra, in crudele contrasto con l'accogliente cuscino ove amava accoccolarsi, nella sala da bagno, non abbandona la mente di Uchida.

Fin dal giorno della scomparsa di Nora, nè lui né la moglie hanno più avuto la forza di utilizzare la stanza da bagno.

 

 

 

 

 

 

Anche il professore si improvvisa investigatore, non lascia nulla di intentato pur di rintracciare Nora.

Si reca alla uscita delle scuole e distribuisce volantini ai bambini, con la preghiera di riportargli Nora o di dargli sue notizie: identificarlo sarà facile, quando chiamato si guarda bene dal venire, ne andrebbe della sua reputazione di randagio, ma alza le orecchie e fissa con attenzione chi lo ha chiamato.

Un bambino chiede, con la saggia ingenuità dei bambini, che cosa abbia di speciale quel gatto, cosa abbia di differente da ogni altro gatto. Il professore, che pure sa parlare di tante cose che sfuggono ai più, che pure lo sa, non sa tuttavia spiegarlo.

 

Sono passati ormai otto mesi, ed il professore si aggrappa ad ogni tenue speranza.

Le statistiche dicono che in media un gatto perduto riesce a ritrovare la strada di casa proprio in otto mesi, forse è il momento buono,

Ed infatti giunge la telefonata salvifica: Nora è stato ritrovato, basta solo andarlo a prendere.

 

 

 

 

 

 

 

Era solo una crudele illusione: quel gatto non era Nora, quel gattone randagio bianco e rosso, simile a tanti altri eppure unico.

Sembra proprio che Nora non debba tornare ad intrufolarsi attraverso quel buco nella palizzata da dove era entrato senza chiedere il permesso a nessuno, quel buco che il professore continua a fissare ogni giorno per ore ed ore, tentando di alimentare una speranza ormai non più alimentabile.

La disperazione del professore sembra trascinarlo ove non sarà più possibile fare nulla. Che debba finalmente arrendersi, accettando tacitamente di prepararsi per l'ultimo passo?

 

Takayama e gli altri dirigenti del Maadakai si recano a consulto presso il professore, decisi a fare qualcosa anche se non saprebbero dire cosa, o perlomeno ad essergli vicini e fargli sentire la loro solidarietà.

Lo trovano in uno stato di prostrazione ormai estremo.

Nemmeno fa caso oramai ai falsi allarmi, troppe volte è rimasto deluso. L'apparizione nel giardino di un gatto randagio, dal fatidico buco nella palizzata, non può essere altro che l'ennesima crudele illusione.

E lo è.

 

 

Oppure no?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La signora Uchida ha deciso di oltrepassare l'ostacolo. Certamente, questo gattone bianco e nero (o nero e bianco?) non è Nora, né pretende di esserlo.

Ma è vivace, affettuoso... e gli  piacciono le sardine fresche, come piacevano anche a Nora.

 

 

 

 

 

 

 

Ma il professore? Cosa ne pensa il professore?

Il professore pensa che un nome adatto possa essere Kurz, Corto in tedesco (non per niente ha insegnato tedesco per trenta anni). Ha infatti la coda corta, un buffo mozzicone nero.

E poi in giapponese può essere reso efficacemente con Kuru.

Insomma, il professore non è ancora pronto: riprenderà a cantare Madadayo!


Sono passati diversi anni dalla prima riunione del Maadakai.

L'ambiente ha ora un certo tono, gli abiti sono eleganti e ricercati. Siamo lontanissimi dalla povertà delle riunioni degli anni quaranta.

Uchida sensei festeggia ora, attorniato come sempre dai suoi numerosissimi amici, i settantasette anni.

 

 

 

 

 

 

Ha già quindi oltrepassato la soglia che gli aveva predetto il dottor Kobayashi nel corso della prima riunione, quando trovandolo in buona salute ipotizzava una speranza di vita di altri quindici anni almeno.

Il corpo comincia a sentire il peso dell'età, ma lo spirito è più vivo che mai.

 

 

 

 

 

 

 

Non gli è certamente venuto meno l'abituale sarcasmo.

Ora che ha raggiunto una così veneranda età, si rende conto che a sessanta anni era ancora un pulcino, mentre adesso può dire con orgoglio di esere un autentico vecchio vegliardo.

Accusa poi sfacciatamente il dottor Kobayashi di diminuire anno dopo anno la quantità di birra contenuta nel boccale, pretendendo così di tutelare la sua salute.

 

 

 

 

Attorno a lui molti visi nuovi. Sono presenti non solo i figli dei suoi anziani allievi, ma in molti casi anche i nipoti.

Per quanto sia cambiata e si sia estesa la platea degli spettatori, l'attenzione nei suoi confronti, e la punta di apprensione quando mette mano all'eterno boccale, sono sempre allo stesso livello.

 

 

 

 

 

 

 

Anche stavolta Uchida sensei è all'altezza della sua fama: Madadayo!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma forse stavolta ha preteso troppo dalle sue forze. Mentre i membri del Maadakai stanno per attaccare una delle loro peggiori canzonette satiriche, Uchida sensei ha un malore.

Il dottor Kobayashi tranquillizza i presenti, si tratta di una aritmia cardiaca che viene tenuta sotto controllo, non vi è di che allarmarsi, basterà un po' di riposo per vedere di nuovo il sensei in forma.

A conferma delle sue parole, mentre parenti, amici e fedeli lo attorniano e lo sostengono, Uchida lancia ancora il suo grido di guerra: Madadayo!!!

Dopo di che, sviene.

Non si allarmi il lettore, sa già - calendario alla  mano - che Uchida sensei scomparve serenamente nel 1971 e quindi all'età di 82 anni. E' una età molto vicina agli 83 che aveva Akira Kurosawa quando Madadayo uscì nelle sale, nel 1993. Il tempo che gli rimaneva ancora da vivere su questa terra scadde invece nel 1997.

Il malessere accusato da Ichida sensei era quindi veramente fisiologico e non tale da allarmare. Ad ogni buon conto, per l'ennesima volta il Maadakai si riunisce presso la dimora dei coniugi Uchida.

La signora Uchida benevolmente promette al dottor Kobayashi di sorvegliare quella banda di matti, evitando che sveglino il sensei per convincerlo a farsi un bicchierino, o che facciano altri danni.

Il sensei riposa. I suoi amici/allievi si intrattengono brindando alla sua salute, prolungando la veglia forse più per passare il tempo rimanendo vicini anche fisicamente all'amato sensei che per una reale necessità.

 

Cosa sta sognando Uchida sensei? O è Kurosawa sensei che sta sognando attraverso di lui? O siamo noi, guidati per mano dai due grandi maestri?....

Nel sogno un gruppo di bambini sta giocando nei campi l'eterno ed universale gioco del nascondino. Il gruppetto intona la cantilena: "Maadakai?"

 

 

 

 

 

 

Un bimbetto isolato si sta nascondendo in un covone appena mietuto, sotto il fieno, e risponde ogni tanto: "Madadayo!!!"

Quando si sta finalmente per isolare dal resto del mondo, qualcosa lo trattiene: c'è una strana ed affascinante luce nel cielo: esce dal suo nascondiglio ed ammira a bocca aperta.

E' questa, accompagnata dal tema dell'opera, lo splendido Estro Armonico di Vivaldi, l'ultima immagine che abbiamo del maestro Akira Kurosawa, quella che ha voluto lasciarci come testamento e con cui ci piace immaginare che abbia voluto ci ricordassimo di lui.

 

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