Cronache

2011, febbraio-marzo. Asai sensei: il rigore sorridente - Commento tecnico: Milano, Asai, prima lezione (P.B.)

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Difficle spiegarsi e spiegare quali ne siano le ragioni, ma alcune occasioni di incontro hanno una atmosfera speciale, differente da quella "di tutti i giorni".

Il grande tatami del Centro Saini di Milano, dove si tiene il raduno, sembra per l'occasione una silenziosa cattedrale ove si stia iniziando a celebrare un rito laico, seguendo - ci si scusi la contraddizione - un cerimoniale spontaneo. Privo di tensione ma proteso verso un obiettivo.

Sicuramente la personalità ed il carisma di Asai sensei contribuiscono molto alla nascita di questa atmosfera particolare, non dichiarata e non richiesta ma in qualche modo accettata e vincolante.

 

 

 

Le lezioni iniziano con quello che rappresenta il marchio di fabbrica esclusivo della didattica di Asai sensei, con cui inaugura praticamente non solo ogni seminario ma anche ogni embukai.

Il largo, dinamico katatetori aihanmi ikkyo, che attira uke come in un vortice irresistibile, esigente eppure benevolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Anche nei momenti in cui ad uke sembra venire richiesto il massimo impegno Asai sensei non mostra segni di sforzo alcuno.

La sua tecnica rimane limpida e serena.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le varie fasi tecniche che si succedono sono fluide ma chiaramente distinguibili l'una dall'altra, a beneficio del praticante che osserva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fino al momento del controllo a terra, non è visibile alcun momento di allentamento della concentrazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come di consueto richiede ad uke un lavoro altrettanto impegnativo di quello affidato a tori, l'esecutore della tecnica.

L'impegno non può naturalmente esaurirsi sul piano fisico.

Uke deve essere costantemente cosciente di quanto stia succedendo al suo corpo e comprenderne le ragioni, anche quando l'azione di tori non gli risulti visibile o intuibile.

 

 

 

 

 

 

 

 

Passando a katatetori gyakuhanmi ikkyo - come si vede stiamo ancora una volta parlando di programma assolutamente di base - viene utilizzato il jo, non come arma, concetto più volte evidenziato dall'insegnante, ma come strumento di lavoro.

Il jo obbliga il praticante ad utilizzare entrambe le mani, contribuendo in questo modo a mantenere la corretta postura ed il giusto equilibrio corporeo.

La posizione del jo durante le varie fasi di esecuzione rende inoltre immediatamente evidenti le linee di energia seguendo le quali si deve sviluppare e concludere.

 

 

 

 

Il metodo del maestro Asai offre la possibilità di comparare immediatamente due versioni della medesima tecnica, quella ove viene utilizzato il jo e quella a mani nude in questo caso.

La comprensione della sequenza logica e della dinamica dei due corpi, delle due volontà, che interagiscono è più immediata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'affinità con la tecnica di jo viene confermata dalle modalità esecutive di questo ikkyo: vengono avanzati la gamba esterna, in questo caso la destra, e la mano interna, la sinistra.

E' una forma di fendente tipica del jo, più rara nell'utilizzo della spada.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo il movimento di evasione interno (tenshin, chiamato anche ura sankaku da alcuni insegnanti) Asai sensei propone quello esterno

Viene preparato col classico ashisabaki che conosce anche chi ha iniziato aikido da un solo giorno: tenkan.

Il maestro consente l'esecuzione della tecnica vera e propria solo quando è certo che lo spostamento di base sia stato ben compreso da ognuno.

 

 

 

 

 

 

 

A quel punto diventa possibile anche l'analisi delle varianti, dettagliandone sia le motivazioni che le modalità di esecuzione ed il corretto modo di riceverle.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Naturalmente anche uke si adatta alle differenti proposte di evasione dalla presa.

Pur avendo in comune l'hashisabaki (tenkan) queste varianti prevedono differenti tesabaki, ossia movimenti degli arti superiori.

Tutti accompagnati come sempre da adeguati movimenti del tronco, in rotazione (kaiten) facendo perno sulle anche.

 

 

 

 

 

 

 

La parte finale della tecnica è ancora ikkyo, preparato da un movimento rotativo di braccia e anche, in senso contrario a quello precedente.

Questo movimento pendolare parte nell'attimo in cui uke, nel momento culminante della fase di preparazione, si trova in punta di piedi quindi virtualmente privo di peso.

In termini motoristici lo chiameremmo punto morto superiore, ossia quello in cui il pistone di un motore a scoppio raggiune l'apice di una posizione per poi da lì invertire la direzione del suo moto.

La posizione statica di uke diventa quindi improvvisamente dinamica, e viene letteralmente risucchiato dal movimento di tori.

 

 

Il movimento circolare di tori - rotazione verticale delle braccia ed orizzontale delle anche - continua.

L'energia ritorna naturalmente verso uke, inducendolo ad un nuovo cambio di direzione.

In questa fase uke nonviene più attirato verso il vuoto, ma viene esercitata nella sua direzione una pressione positiva.

Potremmo assimilarla ad un movimento di taglio esercitato con una lama.

 

 

 

 

 

 

 

La lezione termina secondo la tradizione con suwariwaza ryotetori kokyuho.

Il maestro Asai coglie l'occasione per chiedere un alvoro che sia la diretta continuazione di quello effettuato in precedenza.

In questo momento sta appunto facendo osservare come ci troviamo di fronte ad una doppia presa in katateori gyakuhanmi.

Si offre quindi l'opportunità di applicare simmetricamente su ambedue gli arti superiori i principi studiati in precedenza ma applicandoli su un solo braccio.

 

 

 

 

 

E' evidente l'effetto della tecnica sul lato sinistro, ove il maestro ne sta mostrando gli effetti.

Nella esecuzione canonica del kokyuho ovviamente entrambe le braccia eseguono all'unisono questo movimento.

 

 

 

 

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