Cronache
2010, luglio: tutto Fujimoto minuto per minuto
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Il maestro Yoji Fujimoto, 7. dan, Hombu Dojo shihan, Vice Direttore Didattico dell'Aikikai d'Italia, tiene da molti anni nella prima settimana di luglio a Laces (nel Trentino Alto Adige), il suo raduno estivo, che attira centinaia di praticanti.
La Val Venosta è un piacevole angolo dell'Alto Adige, racchiuso tra due catene di monti che la proteggono dalle variazioni atmosferiche che investono spesso altre località di montagna.
Latsch (Laces), nel cuore della Val Venosta, collocato al centro di sterminate piantagioni di mele, è un simpatico paesino di poche migliaia di abitanti.
E' dotato tuttavia di attrezzature sportive e ricettive non facili da trovare, nemmeno in località più grandi e rinomate.
Gli allenamenti, secondo il programma stabilito dal maestro Fujimoto, hanno un ritmo inconsueto, perlomeno per i giorni nostri.
Richiamano piuttosto i leggendari raduni tenuti dal maestro Hiroshi Tada negli anni 70 ed 80, proverbiali per l'impegno richiesto ad ognuno.
Il raduno inizia il pomeriggio del sabato, e si articola nei giorni seguenti con lezioni dalle 9 alle 12 la mattina e dalle 16 alle 18 il pomeriggio, per terminare il sabato successivo.
Ogni giorno quindi - per 8 giorni - 5 ore di allenamento intenso; fanno eccezione il mattino del primo giorno e il pomeriggio del mercoledì, che viene lasciato a disposizione.
Le sessioni di esame non sono separate come di norma dal raduno stesso, ne formano anzi parte integrante.
Ogni esaminando viene quindi sottoposto al giudizio del maestro non per alcune ore bensì per diversi giorni.
Qualcuno potrebbe pensare che la cosa sia preoccupante oppure addirittura scoraggiante.
Invece sono ogni anno sempre più numerosi i praticanti che scelgono di venire a sottoporsi al giudizio di Fujimoto sensei: a volte ritenuto severo, sempre comunque ambito, prestigioso, qualificante.
I candidati erano ben 37 questanno, suddivisi nei vari gradi. Tutti hanno visti i loro sforzi coronati dal successo, e questa notizia suonerà a molti come un'altra sorpresa: non lo è.
E' il frutto del lavoro incessante di Fujimoto sensei, che raccoglie i suoi frutti.
La percentuale di praticanti che raccogliendo il suo messaggio e accettando l'impegno di studiare e comprendere la sua linea didattica sono riusciti a presentarsi puntuali all'appuntamento, è stata plebiscitaria.
Non era facile. Durante la tradizionale festa conclusiva, che ha alternato momenti di spensieratezza assoluta ad altri di riflessioni profonde, c'è stato anche chi, chiamato dal maestro a condividere con tutti le sue sensazioni e le sue riflessioni, ha serenamente confessato di avere avuto non poche difficoltà ad accettare prima, a comprendere poi, ad assorbire infine il messaggio di Fujimoto.
Ma i fallimenti precedenti erano la condizione necessaria per poter proseguire nel cammino, dopo avere ricalibrato il proprio "equipaggiamento", avere ritrovato le motivazioni e avere focalizzato finalmente il proprio obiettivo.
Questa apparente contraddizione, la maggiore severità del maestro che ha chiesto ai candidati un lavoro ancora più intenso di quello previsto in passato, contrapposta ad una percentuale di successo non solo superiore al previsto ma addirittura completa, farà riflettere.
Come insegnatoci già da molti anni da un maestro appartenente alla nostra cultura, se a volte gli esami sembrano veramente interminabili, è giusto che sia così: "Gli esami non finiscono mai" *.
Nella foto di gruppo appaiono anche il sindaco e gli altri rappresentanti del comune di Laces, che non mancano ogni anno di intervenire al raduno, portando anche un graditissimo dono.
Alcune casse delle rinomate mele della Val Venosta: quello che ci vuole per chi scende dal tatami dopo una giornata di lavoro simpaticamente intenso.
Questa foto è di dimensioni maggiori di come appare a schermo. Potete scaricarla e stamparla fino alle dimensioni 20x30, senza particolare degrado della qualità
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Gli esami non finiscono mai, un modo di dire divenuto ormai proverbiale, è il titolo della ultima commedia (1973) scritta, diretta ed interpretata dal grande Eduardo de Filippo, facente parte del ciclo della Cantata dei giorni dispari. Il protagonista, Guglielmo Speranza, trascorre la vita tentando inutilmente di sottrarsi ai continui esami che la vita stessa gli propone, e commentando rivolto al pubblico gli avvenimenti che si susseguono, che lo travolgono e lo condizionano suo malgrado. La sua morte sarà l'ennesimo di tanti esami falliti, perché vissuti come un peso e non come altrettante occasioni di confronto, di crescita, di gioia.