Cronache

2011, febbraio-marzo. Asai sensei: il rigore sorridente - Commento tecnico: Roma, prima lezione (M. Gargiulo)

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Nota: Ove il lettore trovasse nei commenti tecnici termini giapponesi che non gli sono familiari può consultare il dizionario presente su questo stesso sito.

 

Dopo 30 anni di assenza da Roma, il Dojo Nozomi, per fortuna nostra, ha invitato il maestro Asai a tenere uno stage nella capitale e questi ha accettato l'invito!

Per nulla al mondo mi sarei persa questo raduno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Già negli anni passati mi era capitato di incontrare il Maestro Asai.

 

Puntualmente, agli inizi della primavera, tiene infatti uno stage a Milano insieme al maestro Fujimoto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La lezione di sabato è cominciata con un'accurata ginnastica per sciogliere ben bene il corpo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E' stato poi il momento di ikkyo undo nel quale il Maestro ci ha corretto:

 

  • La posizione del corpo,
    che doveva rimanere in hanmi:
    offrire quindi solo metà corpo, mentre le spalle dovevano rimanere bene allineate.

 

Il maestro passava a verificare questo allineamento con il jo.

 

 

 

 

 

 

E poi immediatamente dopo:

 

  • le posizioni e la traiettoria delle braccia,
    che dovevano muoversi come a caricare due shomenuchi:
    quindi senza allargarsi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il lavoro è proseguito a coppie, utilizzando la tecnica kotegaeshi:

 

Uke e tori cominciavano vicini.

 

Tori con la mano posizionata su quella di uke, già con la presa di kotegaeshi.

 

Poi un passo dietro di tori, uno avanti di uke e con la leva di kotegaeshi bisognava infine "avvitare" uke;

 

 

 

 

 

 

Avvitarlo non verso il basso ma lontano, davanti a noi.

 

Con questo avvitamento a spirale uke assumeva una posizione lineare, allungata, elegante, con una mano avvitata dal kotegaeshi, l’altra nel senso opposto in nikyo, la testa allungata in avanti ed allineata al corpo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il maestro correggeva le posizioni degli uke passando tra i praticanti.

 

Talvolta accostando il jo al loro corpo, assicurandosi così che questi fosse perfettamente in linea e che ognuno potesse verificarlo visibilmente.

 

Uno studio armonioso che piaceva molto ai nostri corpi!

 

 

 

 

 

 

 

A questo lavoro il maestro ha poi aggiunto la trasformazione del kotegaeshi in nikyo ura, insistendo sull’immobilizzazione fino a portare uke completamente disteso a terra per accettare la leva.

 

Dietro il maestro è visibile il jo, da lui spesso utilizzato, come già detto, per evidenziare le linee di lavoro di tori e le linee secondo cui reagisce il corpo di uke, che nella fase di analisi della tecnica bisogna assecondare senza contrastarle inutilmente.

 

 

 

 

 

E da qui abbiamo proseguito.

 

Sempre con nikyo ura preceduto dal doppio elegantissimo tenkan che propone Asai.

 

Se ho ben visto la sequenza si compone di tenkan, kaiten, ushiro, kaiten.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E poi la conclusione verso nikyo ura quasi lanciando l’uke, per poi farlo approdare sulla spalla di tori.

 

In questo momento il maestro ha il tanto alla cintola, che alterna al jo per rendere visibili le linee di attacco, quelle di difesa e quelle di lavoro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il maestro si è soffermato sulla posizione di uke durante nikyo ura.

 

Eccolo mentre mostra la corretta postura del corpo al momento di ricevere la tecnica .

 

Si deve sempre rimanere in hanmi (posizione obliqua, esponendo solo metà corpo), guardando dritto e rimanendo rivolti al tori.

 

Mai girare il capo dall’altra parte: girare il capo sarebbe una contrapposizione che andrebbe solo a discapito di uke.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Poi è stata la volta di nikyo omote.

 

La parte iniziale viene curata da Asai sensei molto attentamente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per poi ritornare ancora a nikyo ura.

 

Dopo avere eseguito la prima parte di nikyo ura si permetteva la risalita di uke.

 

Solo allora, completando la tecnica, si proseguiva lanciando uke lontano, in un dinamico e gioioso movimento circolare, senza provocarne tuttavia la caduta a terra.

 

 

 

 

 

 

 

Il lavoro proposto dal maestro Asai è poi proseguito con i kaeshi waza:

 

da nikyo (kote mawashi) a sankyo (kote hineri); nel momento in cui uke aveva accettato nikyo fino a distendersi per terra, da quella posizione, disteso a pancia sotto, nasceva la controtecnica in sankyo

 

E poi:

Da nikyo (kote mawashi) a kote gaeshi.

 

Da sankyo (kote hineri) a kote gaeshi

 

 

 

Un lavoro veramente interessante che ci ha aperto la strada alle varie possibilità in cui una tecnica può concludersi .

 

Il bellissimo allenamento di sabato si è concluso con il kotegaeshi.

 

Proposto sempre con il bellissimo ‘doppio tenkan’ che si avvitava al terreno insieme a tori, il quale scendeva fino a portare il ginocchio a terra.

 

 

 

 

 

 

Per poi, con la leva di kotegaeshi, lanciare lontano uke.

 

 

 

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