Nihon!...
Sulle orme di Kukai
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Prologo….
Dal Dizionario TRECCANI: “pellegrinàggio (ant. peregrinàggio) s. m. - der. di pellegrino (ant. peregrino) - Pratica devozionale consistente nel recarsi, da soli o in gruppo, a un santuario o a un luogo sacro per compiervi speciali atti di religione, sia a scopo di pietà, sia a scopo votivo o penitenziale...; fare un p. (o andare in p.) a Lourdes, a Pompei, alla Mecca. Per estens., viaggio compiuto per re luoghi considerati significativi dal punto di vista culturale, politico, storico: un p. alla tomba di Dante, a Montecassino, al cimitero di Redipuglia……”
Sulle orme di Kukai alias Kobo Daishi alias O-Daishi-sama, “Il grande maestro”
Il pellegrinaggio degli 88 templi di Shikoku
di Michelangelo Stillante
Conosco gente che considera “pellegrinaggio” un viaggio fatto a Imola, allo Stadio Meazza, Wimbledon, la Route66, la tomba di Elvis Presley o quella di Bruce Lee (questo io lo farei) … ma non è questo ora il nostro caso.
Dunque, che venga fatto da soli o in gruppo si arriva in un posto attraverso un percorso fisico, mentale e spirituale, per motivi religiosi, personali, salutistici o scommesse perse, e può essere un percorso, l’unione di più percorsi o la visita diretta di un luogo considerato degno di visita e sforzo (anche economico). E sì, perché senza uno sforzo che ci metta alla prova sarebbe una semplice scampagnata.
Alcuni dei più noti, famosi, rinomati o difficoltosi pellegrinaggi presenti in tutto il mondo (lista non esaustiva e certamente conforme alle mie idee di pellegrinaggio) possono essere i seguenti:
Città del Vaticano – Roma (Italia)
Gerusalemme – Israele / Palestina
Campo Base dell’Everest – Nepal
Cammino di Santiago Di Compostela (Francia - Spagna)
Via Francigena (Inghilterra – Francia - Italia)
St. Olav's Way - Norvegia
Inca Trail - Machu Picchu - Peru
Ho detto conforme alle mie idee perché alcuni li ho fatti (Everest e Inca Trail), altri m’incuriosiscono (Norvegia e Francigena), uno vorrei farlo (Santiago), uno l’ho fatto e non lo rifarei (Gerusalemme), l’altro lo faccio di tanto in tanto per rivedere gli amici e per rivedere capolavori della città Eterna, come il Mosè (di Michelangelo), la Pietà (di Michelangelo), la Cappella Sistina (di Michelangelo… 😊).
Per chi volesse può avere una idea più variegata e diversa sui pellegrinaggi cliccare sui seguenti links:
https://www.afar.com/magazine/7-famous-pilgrimages-around-the-world-that-you-can-walk-or-cycle
https://www.traveller.com.au/great-global-pilgrimages-for-the-modern-traveller-gusxym
https://matadornetwork.com/read/amazing-pilgrimage-paths/
https://www.worldtravelguide.net/features/feature/the-10-best-pilgrimages-for-modern-travellers/
Il concetto di pellegrinaggio è considerato (e lo è sempre stato) “territorio” dei religiosi di tutto il mondo e infatti è condiviso e promosso nella cultura indù, cristiana, buddista, musulmana e ortodossa. Invece è sempre stato intrapreso anche da aristocratici, imperatori, gente comune e come ho detto per i motivi più disparati. L’esperienza del pellegrinaggio, sposata con lo spirito di pacata osservazione e riflessione, offre una occasione incredibile per godere del paesaggio culturale, spirituale e naturalistico. Il percorso fatto a piedi, ma anche fatto con l’uso intermittente dei mezzi di auto locomozione, mette a prova la nostra resistenza fisica e mentale e ci permette di riconsiderare le diverse prospettive e il nostro posto nell’universo. Una specie di evoluzione spirituale, concetto tanto caro ai buddisti.
Dall’epoca dei pellegrinaggi medioevali, il concetto stesso si è evoluto fino ad inglobare le ragioni naturalistiche o finanche di protesta, con zaino in spalla o raduni contro la guerra o l’inquinamento globale, spesso temporaneo e gemellato con il concetto di evasione dalla realtà e di fare qualcosa che forse nella vita normale non si avrebbe mai la possibilità di fare. Meno spesso e più radicalmente, per lasciarsi tutto alle spalle e cercare di ritrovare uno stabile equilibrio interiore e personale che in fin dei conti consiste nel mantenere l'equilibrio pur essendo in costante movimento e cambiamento. Alle volte poco importa la destinazione o l’obiettivo finale ma intraprenderlo invece, da soli o con amici o in gruppo.
In questo specifico pellegrinaggio, ci si può aspettare di lenire i dolori derivanti da una giornata di cammino con atmosfere curative, pasti frugali e terme mai lontane dal luogo di arrivo, meravigliosi ONSEN che forse sono meravigliosi proprio solo per la loro disarmante semplicità, consentendoci di socializzare con le comunità locali e conoscere storie che mai potremmo immaginare.
Si snoda, circumnavigandola, su Shikoku, la minore e meno popolosa delle isole principali dell’arcipelago nipponico. Un territorio di 18.300 kmq circa, popolato da meno della popolazione della provincia di Roma e su un percorso quasi interamente costiero lungo circa 1200 km, con una media di completamento dai 30 ai 60 giorni, a seconda che si scelga di intraprenderlo a piedi, con l’ausilio di bici-macchina-bus, di fare tutte le tappe o solo una personale selezione, dalle condizioni meteorologiche, che si decida di partire dal monte Koya-san o meno, e naturalmente dalla vostra forma fisica: è il pellegrinaggio degli 88 templi di Shikoku, conosciuto come Shikoku Hachijūhakkasho - 四国八十八箇.
Intraprendere il Pellegrinaggio di Shikoku, o in giapponese Shikoku Henro (四国遍路), non significa auspicare la destinazione, ma essere capace di sposare, metabolizzare e interiorizzare il viaggio per mezzo di un atto di contemplazione e riflessione sul percorso e sé stessi, attraverso splendidi scenari offerti lungo il percorso stesso, una serpentina che unisce ripidi sentieri di montagna, lunghe scale di pietra, promontori e tranquille spiagge.
Storia – Kukai e il percorso
Molte cose nella storia umana sono nate ad opera dell’uomo su ispirazione religiosa e il percorso degli 88 templi non fa eccezione. Saeki Mao (774 – 835), meglio conosciuto con il nome di Kukai (空海) un monaco nato pare nelle vicinanze del tempio Zentsū-ji (tempio #75 del percorso in questione) lo elaborò inconsciamente dopo aver intrapreso in Cina intensi studi sul buddismo e facendosi promotore del buddismo esoterico una volta tornato in Giappone.
Kukai fu il fondatore in Giappone del buddismo Shingon (真言 “parola vera” o in sanscrito, “mantra”) conosciuta anche come Mikkyo (密教 o insegnamento segreto) che rimane tra le correnti più seguite in Giappone. Ne divenne l’VIII patriarca dopo averlo conosciuto durante un suo viaggio in Cina e ne stabilì il centro di ritrovo e studio sul monte Koya-san. Forse è anche per questo che si pensa (ed è tradizione pianificarlo così) che il percorso completo nasca e finisca con la visita del tempio Kongōbu-ji (金剛峯寺) appunto costruito sul Koya-san, monte che tra le altre cose è Patrimonio dell’UNESCO e sede della tomba di famiglia dei Tokugawa. Anche se il fondatore Ieyasu e successore Hidetada sono sepolti a Nikko presso il Toshu-go, anche questo Patrimonio dell’UNESCO, mentre altri 6 della famiglia sono sepolti presso il Zojo-ji, tempio principale del buddismo Jodo-shu, situato in pieno centro a Tokyo.
Kukai nacque all’interno del clan Saeki, una famiglia aristocratica in declino parte del clan Otomo. Riuscì ad apprendere i classici cinesi sotto la guida di un suo zio e invece di diventare il classico rampollo di famiglia nel 793 lasciò l’università di Nara e si fece monaco asceta. Si dedicò da quel momento al buddismo divenendo un notabile in materia e scrisse un libro intitolato Sango-shiki (三教指帰) o “Indicazioni per la guida dei tre insegnamenti”, ritenuto la più antica comparazione critica tra Confucianesimo e Buddismo e in cui argomenta la superiorità del Buddismo rispetto al Confucianesimo.
In quel momento ha 24 anni (anche se voci non confermate dicono lo abbia terminato a 17 anni) ma è solo nel 807 che parte, con una spedizione sponsorizzata dal governo per Chang’an in Cina dal porto Tanoura a Nagasaki, per un viaggio che doveva essere di 20 anni in Cina per studiarvi il buddismo esoterico.
Ritorna invece dopo solo 3 anni ma deve aspettare, dopo varie vicissitudini, fino al 816 per ricevere dall’imperatore SAGA (52esimo Imperatore del Giappone) il permesso di stabilire sul Koya-san il suo tempio principale. Nel 823 sposta il suo “centro spirituale” a Kyoto presso il tempio To-ji (東寺) fondato nel 796 e oggigiorno famoso per la sua pagoda alta 5 piani, la più alta costruzione in legno del Giappone nonché patrimonio dell’UNESCO dal 1994.
L’828 è una data da ricordare perché fonda a Kyoto la Scuola delle Arti e delle Scienze (Shugei Shuchiin - 綜芸種智院), aperta a tutti indipendentemente dello stato sociale o dei mezzi economici, mentre l’830 (o presunta tale) è la data attribuita al suo maggiore lavoro Jūjū-shin-ron (十住心論) o I Dieci Stadi della Coscienza, scritto in cinese classico e poetico in cui analizza gli stadi della mente attraverso gli scritti della letteratura del Confucianesimo Taoismo e Buddismo in dieci stadi, l’ultimo e più alto dei quali è rappresentato dalla filosofia Shingon. L’835 ricorda la data del suo ritiro eterno in meditazione presso il Koya-san.
Poeta, artista, calligrafo, promotore dell’istruzione pubblica, nel 921 riceve l’appellativo onorifico Kobo-Daishi (弘法大師) dall’Imperatore Daigo (60esimo).
Tra i riconoscimenti attribuiti a Kukai sembra rientri anche la diffusione del sillabario KANA (hiragana), che vide le prime codifiche durante il periodo Nara (710-784/794 circa) oggi usato anche per trascrivere i kanji. Sicuramente Kukai portò con sé, al rientro dalla Cina, gli scritti Siddham e li elaborò pensando che la recita dei sutra fosse più facile con un sistema sillabico. Il sistema attuale dei kana fu ufficializzato agli inizi del 1900 e regolarizzato dopo il 1946.
Kukai, ricordato postumo come detto con l’onorificenza Kobo Daishi, viene rispettato tra i suoi seguaci anche come Odaishi-sama (お大師様, "il grande maestro") per i suoi insegnamenti e per la sua attività di diffusione della conoscenza.
Per chi avesse voglia e tempo di rivedere il pellegrinaggio con riferimento al ruolo di Kukai può leggere un interessante tesi qui.
Dunque, il Zentsu-ji e il Koya-san ma non solo: sembra quasi avesse già in mente di farlo diventare un pellegrinaggio quando anche lui, secondo la tradizione da lui “lanciata”, intraprese la visita di vari templi lungo il percorso. Non penso nell’ordine o senso oggi proposto e non penso neanche li abbia visitati tutti. Sicuramente visitò Zentsu-ji dove è nato, Tairyu-ji e Hotsumisaki-ji perché li menzionò nei suoi scritti. Tutti i templi comunque, sono antecedenti o contemporanei la vita di Kukai, nessuno di essi “postumo”: certo alcuni di questi sono stati distrutti da incendi e poi ricostruiti, oppure ingranditi e arricchiti ma sembra un fatto che già con Kukai si respirava aria di pellegrinaggio e di seguaci.
Visitando i templi egli poneva le basi per dei punti permanenti di ritrovo dei pellegrini aderenti e seguaci del suo insegnamento; parlando e insegnando durante il suo peregrinare per portare il suo messaggio alle genti diventò, consapevolmente o meno, famoso presso la popolazione. Tutto questo aiutò i pellegrini durante il periodo Edo poiché si trovava una scappatoia all’editto tochi kinbaku (土地緊縛) che imponeva restrizioni ai movimenti della gente comune. I pellegrini per potersi spostare dovevano richiedere un permesso in base a questo editto e con l’instaurazione del pellegrinaggio presso i templi si creò un sistema di timbri emessi dal tempio che “certificava” l’avvenuto passaggio della persona riportandoli su un libricino detto nōkyō-chō (納経帳): un sistema ancora oggi esistente per la gioia dei turisti che possono vantare una certificazione della visita.
A parte la leggenda, le origini religiose del pellegrinaggio non sembrano chiare.
Pellegrini e templi vengono menzionati nelle Antologie Konjaku Monogatari-shū e Ryōjin Hishō, racconti e canzoni del passato, entrambe compilate nel periodo Heian (794-1185), probabilmente intorno all’anno 1140. Anche la presenza del poeta Saigyō del periodo Heian è stata registrata in pellegrinaggio nel 1167, così come il predicatore buddista itinerante del periodo Kamakura (1185-1333), Ippen Shōnin.
Sembra sicuro che a quel tempo il percorso degli 88 templi sacri non fosse ancora stato elaborato come un unico circuito ma il pellegrinaggio diventò piuttosto popolare nel periodo Muromachi (1336 - 1573), e fu tra questo periodo e l'inizio del periodo Edo (1603 - 1868) che prese la forma di percorso, che vide a quei tempi la sua popolarità aumentare, anche per merito del monaco Shinnen.
Ciò che sembra chiaro infatti, confermato e documentato, è che il monaco Yūben Shinnen nel 1689 (?) scrisse un libro intitolato Shikoku henro michishirube (Guida al pellegrinaggio di Shikoku), con note dettagliate sugli 88 templi, rimasto famoso fino all’epoca Meiji (1868-1912) e che gli fu attribuito il titolo di padre del pellegrinaggio da Oishi Mitsuzen e di padre della sua popolarizzazione di massa da Hoshino Eiki. La guida di Yūben era innovativa in quanto assegnava numeri ai templi di pellegrinaggio e includeva anche informazioni sui luoghi in cui soggiornare. Il libro è stato ristampato più volte e Il sistema di numerazione di Shinnen rimane più o meno lo stesso oggi, ed è grazie al suo libro che i templi sono ora spesso indicati con un numero, invece che con i loro nomi reali. E parlando di numeri, il numero dei templi è cambiato nel tempo.
Hiromasa Takeda ha scritto nello Yomiuri Shimbun: “Anche il numero dei templi ritenuti sacri nel pellegrinaggio è cambiato. Ad esempio, presso il tempio Daigoji Monjo a Kyoto, dove si trova la raccolta di documenti del periodo Kamakura (1192-1333), si può facilmente verificare come il numero dei templi registrato fosse 33, ma una guida del periodo Edo (1603-1867) diceva: "Ottanta- otto luoghi sacri sono lì oggi per il culto. "Tuttavia, a quanto pare non ci sono documenti che spieghino chiaramente come sia cambiato il numero dei templi.”
Nel corso dei secoli, anche i templi lungo il percorso sono cambiati. Alcuni sono scomparsi, altri si sono spostati e altri sono stati aggiunti. Prima della metà del XIX secolo, alcuni dei siti erano in realtà santuari shintoisti. Ora gli 88 templi e altri venti templi noti come bangai, appartengono a sette buddiste diverse e hanno divinità principali diverse, ma tutti hanno un Daishi-do, una sala che racchiude lo spirito di Kobo Daishi.
La popolarità del pellegrinaggio continuò a crescere nel corso dei secoli e il sacro pellegrinaggio promosso a trekking fu anche sotto i riflettori come una forma di escursionismo, quando la nazione si orientò verso il militarismo durante la seconda metà degli anni '30, e il governo promosse l'esercizio come mezzo per aiutare il pubblico a sviluppare la salute fisica e mentale.
La sua popolarità ebbe una flessione decisa dopo la Seconda guerra mondiale, quando il Giappone subì un enorme colpo economico ma con la ripresa dell'economia negli anni '50 e '60, le infrastrutture lungo il pellegrinaggio furono riparate e migliorate.
Il pellegrinaggio è diventato una delle principali attrazioni turistiche di Shikoku quando il ponte Seto Ohashi, che unisce Shikoku all'isola principale di Honshu, è stato aperto nel 1988.
E come nelle migliori storie, anche in questa storia esiste una leggenda. Leggenda legata a Kūkai e al pellegrinaggio di Shikoku è quella di Emon Saburō (衛門三郎). Un giorno, un monaco errante visitò la casa di Emon, chiedendo cibo. Emon lo allontanò, ma il monaco tornò il giorno successivo. Emon lo salutò gettando nella sua ciotola per l'elemosina dei rifiuti. Il monaco continuò a tornare per otto giorni consecutivi venendo ogni volta cacciato. L'ottavo giorno, Emon malmenò il monaco con un randello, facendo cadere a terra la sua ciotola per l'elemosina che si ruppe in otto pezzi.
Il monaco non ritornò. Nei successivi otto giorni, gli otto figli di Emon morirono uno dopo l'altro. Emon, leggendo in questo una punizione per le sue gesta, si mise in viaggio girando intorno Shikoku alla ricerca del monaco per chiedergli perdono. Emon fece il giro dell'isola venti volte in quattro anni, mancando ogni volta Kūkai per poco poiché era sempre dietro di lui. Emon quindi decise di viaggiare in ordine inverso, aumentando le sue possibilità di incontrare Kukai frontalmente invece di raggiungerlo Sul fianco di una montagna ripida, la salute di Emon iniziò a peggiorare e si fermò.
Apparve Kūkai come per coincidenza celeste e perdonò Emon per i suoi peccati.
Quando Kukai chiese se avesse un ultimo desiderio, Emon rispose di poter rinascere come il Signore della sua provincia, in modo da poter fare del bene alle persone ed espiare i suoi peccati. Kūkai scrisse quindi la parola "Emon Saburo rinato" su un pezzo di pietra e lo mise nel palmo dell'uomo morente.
Emon morì, e la pietra fu seppellita con lui, ma nove mesi dopo, nacque un bambino dalla moglie del Signore di Iyo. Per anni, il pugno del bambino rimase chiuso, fino a quando, convocato un prete per chiedere guarigione il palmo del bambino si aprì e apparve una pietra con le parole "Emon Saburo rinato". Oggi, la tomba di Emon pare si trovi sul sentiero tra il Tempio 11 e il 12, dove morì e Kukai lo seppellì.
La pietra che apparve dal pugno del bambino (anche se la pietra è troppo grande per essere contenuta nella mano di un bambino) si trova nel Tempio 51 e il nome del tempio è chiamato Ishite -ji (石手寺), o tempio della mano di pietra, dove si trova anche una scritta del 1567 che riporta questa storia.
Tra i templi 46 e 47, ci sono otto tumuli funerari, che si dice siano la tomba dei suoi otto figli. Kukai fu certamente colui sul quale questo percorso si è fondato.
Ma il monaco Gyoki Bosatsu (668-749) fu colui che prima di Kukai fu venerato in questi luoghi, addirittura come “santo” buddista. Monaco del periodo Nara, fu colui che fondò, pare, 37 templi del percorso.
Spesso lo si ritrova accanto a Kukai nel Daishido, edificio nel tempio dedicato al fondatore del tempio stesso.
Come Kukai praticò la predica nomade nell’isola di Shikoku e come Kuai si dedicò ad aiutare la gente intorno a lui.
L’imperatore Shomu (724-749) gli affidò l’incarico di supervisore della costruzione del tempio Todai-ji a Nara (fondato nel 738 e inaugurato ufficialmente nel 752) che è il più grande edificio in legno al mondo e ospita la statua di Budda in legno più grande al mondo.
Giusto per non farci mancare nulla: sembra che uno dei primi stranieri a intraprendere il cammino sia stato l'antropologo americano Frederick Starr (1858-1933), professore presso l'Università di Chicago, nel 1921.
Un viaggio spirituale - Il significato del percorso
Kukai, buddismo, pellegrinaggio: senza ombra di dubbio siamo su un piano spirituale e grosso modo è questo l’atteggiamento e lo spirito dei pellegrini e della popolazione che affrontano il percorso e decidono di re uno o più templi o fare l’intero percorso. Percorrere l’Henro, rigorosamente a piedi, è quindi un'esperienza speciale, sicuramente fisicamente impattante ma anche profonda e profondamente religiosa.
Sebbene la parola giapponese standard per pellegrinaggio sia junrei (巡礼), il pellegrinaggio in questione è chiamato henro (遍路) che sembra derivi il suo significato dalla parola hendo (辺土) o "regione remota", poiché Shikoku era lontano dai principali centri e dalla capitale. Anche il nome ha fatto un percorso, temporale e etimologico: essendo le strade e le aree lungo le coste di Shikoku lontane dalla capitale, erano chiamate Henchi (辺地) o un luogo fuori mano. Questo Henchi (辺地) sarebbe passato a Heji (辺 路), Hen (偏) e infine a Henro (遍路) o viaggio verso un luogo sacro, pellegrinaggio appunto. Naturalmente siamo nel campo delle ipotesi ma abbastanza verosimili.
Un pellegrinaggio dunque, un percorso lungo le coste, le città, i monti di Shikoku. Un percorso lungo più di 1200km per raggiungere tutti gli 88 templi, e volendo i 20 Bangai, che compongono “O-Henro”. Non c'è niente di particolarmente straordinario nei templi. Ma 88… Perché 88: casualità o meditata composizione? Alcune teorie dicono che:
- 88 corrisponda al numero di atti malvagi spiegati in una corrente buddista. Visitando ciascuno dei templi, rigorosamente a piedi e in un’unica soluzione, si persegue l’eliminazione ad uno ad uno di questi mali aspirando all’assoluzione e redenzione dei peccati; purificandosi con il raggiungimento dell’88esimo e chiudendo il cerchio tornando al tempio #1 forse si raggiunge anche l’illuminazione.
- 88 sia la somma delle sfortunate età per uomini (42), donne (33) e bambini (13) rendendo necessario al raggiungimento di tali tappe della vita, di pratiche religiose per proteggersi dalla sfortuna.
- il numero ottantotto rappresenta un multiplo di otto, il numero dei grandi siti sacri buddisti in India;
- i tre caratteri usati per scrivere il numero ottantotto, quando combinati, formano il carattere usato per scrivere la parola riso che è notoriamente la base della dieta delle popolazioni dell’est/sud/est asiatico
Naturalmente ci troviamo di fronte ad una lotteria e forse si tratta solo di casualità. Nessuno saprà mai il vero motivo, ma alla fine non importa. Ci sono ottantotto templi. Cento-otto se visiti anche i venti templi bangai.
Ci sono diversi modi per intraprendere il pellegrinaggio e visitare tutti i Fudasho (cioè i templi che rilasciano gli amuleti) ma l'approccio standard è iniziare dal tempio n. 1 e continuare in ordine numerico. Questo si chiama jun-uchi. Si può anche iniziare dal tempio n. 88 e continuare nell'ordine inverso, che è chiamato gyaku-uchi: pare che questo sia più meritorio forse perché i segnali sono posti affinché lo si faccia normalmente e quindi viaggiare in senso inverso richiede più attenzione per non perdersi, o forse perché ripropone il percorso fatto da Emon per incrociare Kukai perché fosse perdonato. Ci sono anche altri approcci come toshi-uchi, che significa visitare tutti gli 88 templi in un viaggio, kugiri-uchi, che significa fare solo una parte dell'intero percorso (ad esempio 10 Kasho-mairi – 10 luoghi di culto), così come ikkoku-mairi, che significa visitare i templi in una particolare prefettura o ancora Midare-uchi ( in “ordine” casuale).
Ciò consente alle persone di scegliere dove e come visitare i templi, a seconda dei loro programmi. L'unica regola, non scritta, ufficiosa e frangibile, è finire dove inizi ma, dopo aver enunciato che ci sono diversi modi d’intraprendere il cammino, questo può sembrare un estremismo; diciamo che è ciò si dovrebbe fare se si decide di circumnavigare l’isola vistando tutti i templi. Se poi notiamo che molti pellegrini che iniziano il pellegrinaggio a piedi non lo finiscono, ci rendiamo conto che non esistono regole. Sebbene il pellegrinaggio a piedi abbia un suo fascino, coloro che non sono in grado di farlo, per motivi di salute o pratici, trovano nel tour in autobus un'alternativa, così come quelli che decidono di farlo in bicicletta, correndo o facendo un tour de force guidando in continuazione e scambiandosi alla guida con un compagno di viaggio.
Così come quelli che lo fanno su commissione per coloro che vogliono solo avere la pergamena finale con tutti i timbri e l’attestazione del completamente del percorso: talmente apprezzate che negli anni passati si verificò un problema di furti di pergamene. Una varietà di soluzioni da confermare ancora una volta il pragmatismo giapponese, se ancora ce ne fosse bisogno. Se poi, e sembra che sia vero, che un giapponese nasca scintoista, sposi un cristiano e muoia buddista, direi che i dubbi sono definitivamente dissolti.
Visitali tutti, per un qualsivoglia motivo, e sarai una persona migliore. O almeno così dice la teoria.
Comunque si decida di affrontare O-Henro, poiché per farlo a piedi si tratta di una vera e propria lotta contro sé stessi, la cosa importante è visitare tutti i templi e chiudere il cerchio tornando al tempio #1 per completare ufficialmente il vostro pellegrinaggio! E se si arriva così lontano, è solo buona educazione tornare sul Monte Koya per ringraziare Kobo Daishi. Naturalmente chi percorre il tragitto secondo la tradizione, quella in senso numerico, non solo affronta un percorso fisico, ma come detto, anche un percorso spirituale. Un percorso buddista, segnato da un prete buddista, secondo i dettami della religione di Buddha, che come tutti sanno dovrebbe portare, attraverso varie mutazioni dell’essere, al Nirvana. E il Nirvana può essere raggiunto a Shikoku.四国 o Shikoku, in termini più comprensibili, letteralmente significa "quattro paesi". Ci si riferisce alle quattro prefetture presenti nell’isola: Tokushima, Koichi, Ehime e Kagawa.
Ma sono anche quattro i percorsi spirituali, o stadi, in senso crescente d’importanza e ciclico come la vita, che il pellegrinaggio dovrebbe far nascere nel pellegrino. Se si intraprende il percorso partendo dal tempio #1 Ryōzen-ji, 霊山寺 nella prefettura di Tokushima e girando l’isola in senso orario visitando tutti i templi in ordine numerico, si toccheranno tutte le prefetture e si raggiungeranno, uno dopo l’altro, gli stadi del percorso buddista per arrivare al Nirvana e cioè:
- Prefettura di Tokushima: il dojo del risveglio 発 心 の 道場 (hatsu kokoro no dojo)
- Prefettura di Kochi: il dojo dell'addestramento ascetico 修行 の 道場 (shugyo no dojo)
- Prefettura di Ehime: il dojo dell'illuminazione 菩提 の 道場 (bodai no dojo)
- Prefettura di Kagawa: il dojo del Nirvana 涅槃 の 道場 (nehan no dojo)
悟故十万空 - comprendi centomila vuoti … o parafrasando ... (con l’illuminazione) appariranno diecimila cieli
Questo credono i buddisti, ma se c’è una cosa sicura in questa storia è che non devi essere buddista per prendere parte al pellegrinaggio e non devi prendere parte a nessuna delle attività religiose ad esso connesse. Alcune persone percorrono il pellegrinaggio semplicemente come una forma di turismo, che è in realtà una parte del pellegrinaggio nel Giappone moderno, soprattutto interpretata dagli stranieri. Tuttavia, è necessario rispettare i luoghi sacri e coloro che percorrono il pellegrinaggio per motivi religiosi. E non solo religiosi ma anche psicologici, introspettivi.
Durante il tempo trascorso a Shikoku, i pellegrini mettono da parte le questioni relative alla famiglia, alla posizione sociale, agli oggetti materiali e ad altri legami mondani per concentrarsi semplicemente sul fare il passo successivo in un viaggio che porta alla scoperta di sé e alla crescita personale.
Non sono più Matsumoto-san, Yoshida-san, Tetsuya-san, Miho-san mentre indossano le vesta tradizionali e fanno risuonare la campana del pellegrino: sono semplicemente O-Henro-san. Mentre fai il pellegrinaggio, la carriera o il titolo sono privi di significato; vivi l'esperienza di lasciare la vita di tutti i giorni e sperare d’iniziare una nuova vita se farai il percorso con cuore puro, mente ricettiva e spirito attento. Il viaggio esterno sul sentiero è un riflesso del pellegrinaggio spirituale interiore attraverso lo spazio sacro, quello tra i templi e le persone.
人生もお遍路も山あり谷あり
Sia nella vita che nel pellegrinaggio dell'Henro ci sono montagne e valli
Mentre fai un passo dopo l’altro, raggiungi un tempio dopo l’altro, mentre nella tua mente e nel tuo cuore vagheggiano pensieri come "salvezza", "guarigione" e "allenamento", mentre fai un passo alla volta verso il prossimo Fudasho, il tempo per contemplare te stesso scorre inesorabile ma ti sembra di essere in sintonia con l‘infinito. In questo viaggio sei più solo che mai e sentiresti solo i tuoi pensieri se non fosse per le macchine e i tuoi passi. Quando cammini da solo, tu sei il tuo peggior nemico e la tua migliore risorsa non per rinunciare e cercare di arrivare alla fine provando a te stesso che fondamentalmente sei una brava persona, o almeno vorresti cercare di esserlo.
Il pellegrinaggio non ha una meta, pur avendo un inizio e una fine; il mezzo è il cammino stesso e il fine è solo il tuo essere migliore. Una crescita spirituale aiutata e accompagnata da una presenza spirituale, quella di Kukai, espressa dalle parole Dōgyō Ninin (同行 二人 - due che viaggiano insieme) scritte sui cappelli di paglia che indossano i viaggiatori. Ma la maggior parte delle volte sei solo nei tuoi pensieri o svuoti la mente.
Il poeta Taneda Santōka (1882-1940) paragonerà la vita stessa all'henro, completando lui stesso per due volte il percorso. Se scegli di accettare questa sfida, diventerai o-henro-san (お遍路さん).
Dunque, un percorso spirituale, aiutato qui come in tutte le religioni in tutto il mondo, da preghiere.
Qui la preghiera che sentirete fino allo sfinimento è il “Sutra del Cuore della Perfezione della Saggezza” o meglio conosciuto semplicemente come il Sutra del Cuore. Qui, in 14 versi, 260 caratteri kanji, viene ripetuta ad perpetuum, come un rosario, la vacuità di tutte le cose fisiche e reali, secondo la filosofia buddista. Ad ogni tempio, passo dopo passo, tempio dopo tempio, un verso alla volta o ogni volta per intero il Sutra del cuore risuona come un metronomo. Se mai hai voluto imparare il Sutra del cuore e la sua cadenza, dopo 88 templi sicuramente lo saprai a memoria!!!
Non è raro, anzi direi normale, vedere bambini che forse non sono ancora alla scuola media, recitarlo con una padronanza insolita, che viaggiano con i loro nonni e che forse hanno completato il percorso più di una volta (anzi direi sicuramente per saperlo così). Talmente presente e permeante che il pellegrinaggio viene anche chiamato il Viaggio del cuore.
Qui lo puoi sentire recitato e qui lo puoi leggere seguendo il filmato.
Per molti agisce come una sorta di purificazione meditativa della mente. Tutto il giorno, dalla mattina alla sera, cammini, cammini, cammini. Perché non solo il percorso in sé ha una difficoltà ma anche sintonizzarsi con il percorso e coniugare voi con lui. Sperando di rimanere sul sentiero.
お疲れ様でした Otsukaresama-deshita (Grazie per il tuo sforzo)
È questo che potreste sentirvi dire, cosa normale in ambito lavorativo ma che qui assume un particolare significato, da un giapponese che apprende del vostro pellegrinaggio. Riassume in poche sillabe la profonda vicinanza e consapevolezza degli abitanti di Shikoku dello sforzo che il pellegrino sta compiendo.
Forse qui come in nessun altro parte del mondo si ritrova una “spontanea riconoscenza a fondo perduto da parte di uno sconosciuto per qualcosa che non lo tange se non per la condivisione di essere nello stesso posto e solo per il fatto che hai volato per migliaia di km per fare un cammino che t’interessa magari solo per il trekking ma che per lui rappresenta una filosofia di vita”. Andando su e giù per le colline e i percorsi segnati ti sembra di non arrivare mai. Dopo solo una settimana potresti sentire la voglia di lasciare e solo di mangiare e dormire al prossimo “pit-stop”.
Invece con un inaspettato aiuto arrivato con un dolce potresti sentirti dire anche: “fa parte del percorso, se non ti senti veramente esausto almeno una volta non puoi raggiungere il Nirvana”. E non solo vecchi e giovani del posto, giapponesi e/o stranieri: i pellegrini ti passano accanto nelle loro tradizionali vesti bianche, salutando con un cenno del capo e rivolgendoti un amichevole がんばって" ganbatte".
E al saluto si deve sempre rispondere, per cortesia soprattutto e se non altro.
静かなる浜に波と鈴の音
Sulla spiaggia tranquilla, il suono delle onde e della campana [del pellegrino]
E quindi quale è il significato spirituale del percorso? Riguarda solo noi stessi o riguarda noi come collettivo? Il percorso è ciò che conta, non solo quello fisico ma anche quello spirituale. Si dice che il completamento dell'intero circuito libererà l'anima dagli 88 desideri malvagi definiti dalla dottrina buddista. Come in tutti i viaggi, non è importante da dove parti: l’importante è il percorso ed arrivare alla fine per essere una persona migliore. E forse per essere una persona migliore dovresti sperimentare il ruolo di pellegrino ma anche quello di spettatore, così come lo sono gli abitanti di Shikoku nel vedere circa 100mila persone l’anno che percorrono le loro strade e i loro sentieri, profondamente radicati e in simbiosi con l’ambiente e la cultura che li permea.
Forse il significato del percorso risiede anche nella pratica O-Settai お接待
O settai è una usanza squisitamente associata al pellegrinaggio, con le radici ben radicate nei secoli passati. Coinvolge la gente del posto per sostenere i pellegrini in visita agli 88 templi, spontaneamente sostenuta e praticata, con convinzione e senza riserve o distinzioni di nazionalità. La pratica della carità, o dell’elemosina, si manifesta in varie forme e modi più disparati: cibo, piccoli doni, un passaggio in macchina, una indicazione, un posto per dormire, una doccia e una cena, seppur frugale, come è usanza da queste parti.
Queste donazioni, che si devono sempre accettare, sono chiamate O-Fuse お布施 e il pellegrino deve rispondere sempre, ringraziando tre volte con un inchino e porgendo un O-Samefuda 納め札 e una benedizione “namu daishi henjo kongo - 南無大師遍照金剛” pronunciata tre volte. Cioè si riceve un dono e in cambio si dona una targhetta votiva e una benedizione: il pellegrino riceve qualcosa per facilitare il suo viaggio, e il donatore riceve una piccola parte dei meriti che il pellegrino accumula durante il suo pellegrinaggio.
Questa pratica, largamente usata durante il periodo Edo (1603-1867), divenne così popolare perché permetteva alle persone comuni di intraprendere il pellegrinaggio sapendo che lungo il cammino avrebbe trovato comprensione, riparo e sostegno, contribuendo molto al sostentamento del pellegrinaggio di Shikoku. Non penso sia esagerato dire che Shikoku è l'unico posto in cui questa tradizione di O-Settai esiste così profondamente. In fondo la gente di Shikoku con questa pratica, sempre espressa in modo cauto e quasi vergognandosi verso l’ospite inatteso, spera di ottenere benefici karmici e che nessuno gli muoia sull’uscio di casa dopo un cotanto sforzo continuo. Gli isolani simpatizzano con i pellegrini ma il significato dell’O-Settai va oltre il religioso e costituisce una parte importante del patrimonio culturale giapponese.
Le offerte non dovrebbero mai essere rifiutate ma accettate con umiltà e rispetto e non vengono mai ricompensate. Si potrebbe dire che il concetto di gentilezza e ospitalità caratteristico del Giappone ha origine da questo comportamento, atti disinteressati con i quali viene trasmesso un sentimento di gratitudine a Kūkai. Infatti, è sempre con l’occhio al pellegrino ma con la mente al grande maestro che tale pratica e forma di riconoscenza viene portata avanti. Aiutando il pellegrino si aiuta Kukai a completare il pellegrinaggio, perché pellegrino e Kukai viaggiano sempre insieme.
Ad ogni modo, anche se la pratica non è più quella di una volta, è bene esserne consapevoli e almeno ricordare questa parola. Se qualcuno ti si avvicina e ti dà qualcosa, dicendo "o settai", significa che dovresti prenderlo. Se rifiuti, toglierai l'opportunità a questa persona di condividere i tuoi buoni punti karma. Poiché non è rispettoso nella cultura giapponese rifiutare doni, presto ti ritroverai lo zaino inondato di doni vari come cibo, bevande od ornamenti tradizionali giapponesi! Il viaggio potrebbe non essere facile, ma sarà pieno di tante esperienze uniche e nuove amicizie e anche se potresti non capire niente di quello che verrà il sorriso sarebbe già sufficiente a lenire la stanchezza e lasciarti ottimi ricordi.
Naturalmente i giapponesi hanno anche una espressione per il pellegrino il cui obiettivo non collima, almeno, con una profonda riflessione di ciò che gli accade intorno, se non con l’intento di migliorare la propria esistenza. Questi vengono chiamati “nise-henro”, un termine denigratorio come dire “falso pellegrino”. Ma dato che “pecunia non olet” e tutti hanno bisogno di mangiare e che il pellegrinaggio è una fonte di guadagno per la gente del posto, anche se si potrebbero rimandare al mittente certe espressioni dato che potrebbe capitarti di usufruire di un tavolo apparecchiato con tè e tazze in un tempio, pretendendo sia O-Settai ma suggerendo per questo una donazione di 100 yen.
L'antica tradizione della beneficenza viene anche insegnata ai bambini. I genitori indicano i pellegrini ai loro figli e dicono loro di porgere caramelle o biscotti, o tè e biscotti o succo e merenda vengono offerti da una scolaresca elementare in servizio sociale al tempio, o da uno studente di scuola media inferiore che alla stazione ti offre una bottiglia di tè acquistata per te da un distributore automatico. Le tradizioni si conservano perché praticate, da oltre 1000 anni.
Un percorso dove e durante il quale si dovrebbe lavorare su sé stessi ma che alla fine, anche se non si acquista consapevolezza e non si conquista il nirvana, si acquisisce lungo la strada il calore umano dei nipponici. Nessuna paura o diffidenza dell’ospite inatteso, ma una generosità e gentilezza costanti che caratterizzano i tratti della catena (la strada) e dei suoi anelli di congiunzione (i templi).
La logistica del percorso
Come abbiamo visto, totale tolleranza delle modalità di compimento del pellegrinaggio: a piedi o in autobus, in bicicletta o in motorino, tutto in una volta o una settimana all'anno, in senso orario o antiorario, dormendo in tenda o in hotel; per alcuni è un rigenerante stacco dalla vita lavorativa e per altri un rito di iniziazione prima dell'ingresso nell'età adulta, per qualcuno diventa una dipendenza o una scelta di vita; insomma, molti modi con molte giustificazioni.
Per completare il pellegrinaggio, è necessario re i templi secondo l'ordine prestabilito, ma non ha importanza da dove si inizi.
il pellegrinaggio in senso numerico inverso è considerato più difficile e secondo alcuni per questo più meritorio ma nessuno ti additerà se segui l’usanza comune. Molti pellegrini iniziano e completano il percorso visitando il Monte Koya, i più volenterosi percorrendo un sentiero di 21 km per arrivare in cima. Non devi sapere molto di Kukai per fare il pellegrinaggio e non devi nemmeno essere buddista; c'è una serie di usanze e rituali ad esso associati, ma ognuno è libero di fare quanto vuole. L’importante è, sempre, essere rispettoso.
Inoltre, non ci sono indumenti prescritti obbligatori da indossare però, naturalmente, la tradizione esiste. E volendo seguire la tradizione il pellegrino dovrebbe essere di tutto punto vestito con i seguenti indumenti:
- Sottile camice bianco o Hakue (白衣)
- Una striscia di stoffa colorata che si indossa intorno al collo o Wagesa (輪袈裟).
- Un cappello a forma conica o Sugegasa (菅笠).
- Un Kongôzue (金剛杖) semplice bastone di legno.
- Una borsa (頭陀袋, zuda-bukuro) contenente foglietti con il nome (納札, osame-fuda), grani di preghiera (数珠, juzu), un libretto (納経帳, nōkyō- chō) per collezionare “francobolli/sigilli” (朱印, shuin) attestanti la visita del tempio, bastoncini d'incenso (線香, senkō) e monete usate come offerte (お賽銭, o- saisen).
Per i più religiosi o ligi all’incarnazione del pellegrino anche un libro di sutra (経本, kyōbon) e Goeika (ご詠歌) ovvero la cantilena tipica di adorazione del Buddha e una campana (持鈴 / Jirei)”
Inoltre, alcuni di loro hanno un Juzu (数珠). È come una piccola collana con molte perle, una specie di rosario, ma viene usata appesa a entrambe le mani quando si adora davanti al tempio
Nôkyô-chô (納経帳) è anche il libro in cui si raccolgono presso l’ufficio visti (納経所, Nôkyôjo ), curati da un prete, il timbro e la firma ad ogni tempio, naturalmente DOPO aver visitato il tempio e pagando 300 yen come commissione.
Un travestimento in piena regola e lo si fa per dare un messaggio: io sono colui che vuole migliorare sulle orme di Kukai e con il vostro aiuto, se vi sarà possibile. Così tradizionalmente vestiti fare amicizia istantaneamente con altri pellegrini e gli abitanti del posto risulta di una facilità estrema e questo può aiutare nell’impresa. Non solo amicizia, ma anche atti di generosità che come detto in precedenza saranno devoluti per la causa.
Ma a parte l’armamentario, che ha un suo perché ci si potrebbe chiedere: perché la casacca è bianca e non quella arancione tipica dei buddisti? Pare che il bianco storicamente fosse l’abito funerario nei tempi passati, specialmente indossato dai pellegrini perché durante una tale viaggio molti sarebbero caduti stremati al suolo morenti e le vesti bianche potevano servire come abiti funerari. Il colore bianco porta anche il significato che tutti i pellegrini sono uguali davanti al Buddha quando si muore. In fondo analizziamo bene: 1200 km circa, sali e scendi da monti e pendii, per centri abitati e campagne e sentieri di montagna, sotto il sole o la pioggia, con vento o neve, su strade asfaltate o spiagge o terreni accidentati. È normale che si muoia un po’. Naturalmente non è un cammino pericoloso ma lungo ed estenuante e seriamente provante per la salute fisica e mentale. Si cammina e si muore (di fatica) ad ogni passo per raggiungere la meta finale che come abbiamo visto è solo uno stadio per una esistenza illuminata.
Filosoficamente parlando si potrebbe dipingere il pellegrino come colui che vestendosi di bianco e avviandosi al pellegrinaggio si prepara alla “morte” mettendola in conto, e si spera solo metaforicamente parlando. Storicamente parlando negli anni ’30 del Novecento diversi pellegrini furono sepolti lungo il percorso, il bastone a fungere da lapide e il quaderno dei timbri a testimonianza della loro fede, una specie di passaporto
E ancora il bastone, con scritto “una strada, due persone” dōgyō ninin 同行 二人 (scritta a presente anche sul cappello), compagni di viaggio nella buona e nella cattiva sorte. Questo bastone sarà il sostegno fisico e spirituale, una rappresentazione materiale di Kukai che fornisce al pellegrino supporto, protezione e guida fisici e spirituali. Un bastone è un oggetto trattato con particolare rispetto e maneggiato con cura, pulito e oggetto di manutenzione continua visto l’usura di cui sarà oggetto. Dopo alcuni pellegrinaggi e migliaia di km il bastone non sarà più utile e funzionale ma lo porterete con voi come se fosse un amuleto, una espressione del supporto necessario durante il viaggio, come se fosse la proverbiale copertina di Linus. Un bastone che è così prezioso per il pellegrino ma percepito così fondamentale anche dagli isolani che sicuramente si farebbero in quattro pur di aiutarvi a ritrovarlo se lo avete smarrito o dimenticato sul bus/treno. Un bastone che diventa parte fondamentale del pellegrinaggio da spingere alcuni pellegrini da inciderci sopra il Sutra del Cuore, prima della partenza, in modo da entrare nello spirito del viaggio ancora prima di partire.
空海と紅葉を愛てる二人旅
Amare Kūkai e i colori autunnali, viaggiando in due
Nota: tutti i templi associati al percorso sono buddisti così come i bangai (templi esterni alla conta di cui parleremo tra poco) ma lungo il percorso si trovano anche templi santuari shintoisti. Grandi e piccoli, così come quelli di legno o di pietra sul lato di sentieri e strade. Questi mini-santuari riflettono le radici shintoiste che adorano la natura, incentrate sui valori della famiglia e sull'agricoltura. Ogni santuario lungo la strada rappresenta una divinità, la cui identità è rappresentata dalla scultura all'interno. Una figura comune è Jizō, protettore dei viaggiatori, delle donne durante il parto e dei bambini. Chi fosse curioso a riguardo può leggerne anche qui o qui.:
Esiste una etichetta, un codice di comportamento che bisogna seguire volendo aderire alla pratica buddista. Essendo alquanto articolata possiamo semplificare dicendo che al momento dell'arrivo in ogni tempio i pellegrini si lavano le mani prima di procedere alla sezione principale del tempio. Dopo aver offerto monete e incenso, viene cantato il Sutra del Cuore (般若 心 経, Hannya Shingyō). Dopo le preghiere il pellegrino procede al santuario dove sarebbe custodito lo spirito di Kobo Daishi (大師 堂, Daishidō). Allo stesso modo vengono offerte monete e di nuovo viene cantato il Sutra del Cuore. Quindi ci si dirige all’uffici timbri per l’ambito premio. Per chi fosse interessato al seguente link (in inglese).
Nota bene: è disapprovato se ti rechi direttamente all'ufficio del tempio senza prima mostrare rispetto al tempio e profonderti almeno in silenziosa contemplazione del luogo sacro.
E ora che sappiamo come ci si arriva, come ci si veste e cosa si deve fare una volta arrivati, vediamo alcuni di questi templi. Non li elencherò tutti e 88 e se siete sempre più curiosi potete leggere qui o qui.
Dunque:
- #1 - Ryōzen-ji (霊山寺), la genesi del percorso, se non si conta Il Koya-san
- #21 - Tairyūji (太龍寺) dove sembra che Saeki Mao abbia raggiunto l'illuminazione in una grotta situata a Muroto. Successivamente, ha cambiato il suo nome in Kukai, che significa "cielo e mare", che riflette la vista che si ha da questa grotta
- #37 - Iwamoto-ji (岩本寺) Ci sono 575 dipinti individuali sul soffitto di questo tempio. Le immagini visualizzate sono scelte attraverso un concorso nazionale e mostrano un'ampia varietà di soggetti, che vanno dai santi buddisti, agli animali leggendari, agli animali domestici e persino a Marilyn Monroe (!!!!)
- # 75 - Zentsū-ji (善通寺) il luogo dove è nato Kukai, fondato dopo il suo ritorno dalla Cina. È uno dei tre principali luoghi sacri associati a Kukai, gli altri sono Koyasan a Wakayama e Toji a Kyoto
- #88 - Ōkubo-ji (大窪寺) penultima del percorso (perché’ si dovrebbe tornare al #1, se non si conta il Koya-san)
Inoltre, si possono visitare dei luoghi significativi del percorso come ad esempio:
- Shasingadake, cima di una scogliera situata sul monte alto 618 metri. Qui si dice che Kukai abbia trascorso 100 giorni in meditazione ascetica per migliorare la sua memoria.
- Mikurodo è la grotta dove il giovane monaco Kukai si è allenato per aumentare la sua capacità di memoria. Riusciva a vedere il cielo e il mare solo dalla grotta. Si dice che mentre cantava continuamente un mantra, avesse avuto la misteriosa esperienza di ingoiare la stella del mattino. A questo punto gli fu data la saggezza per comprendere tutti gli 85.000 testi buddisti.
Pellegrinando e zompettando da un tempio all’altro naturalmente, prima o poi, spesso o saltuariamente, si sentirà il bisogno di dormire. Per problemi di costo, budget, voglia di simbiosi con la natura o perché non si trova altro all’ultimo momento il pellegrino potrebbe scegliere di dormire presso uno degli spazi all’aperto e gratuiti chiamati 野宿o Nojuku. Oppure potrebbe scegliere uno tsuyado, luoghi gratuiti per dormire che fanno parte del complesso del tempio oppure ancora uno zenkonyado, case o spazi che la gente del posto fornisce ai pellegrini gratuitamente o ad un costo molto basso. Naturalmente si tratta di luoghi semplici e spartani, anche se si potrebbe essere fortunati e trovare anche un bagno e futon. E naturalmente tutti I luoghi in cui piantare una tenda lungo il pellegrinaggio sarebbe possibile come stazioni stradali, aree del santuario disabitate, parchi pubblici, terreni del tempio e spiagge. Regola non scritta ma che non è solo tradizione giapponese ma che dovrebbe far parte della buona educazione di ogni campeggiante La regola generale è di lasciare i posti meglio di come li trovi e se ci sono dubbi sulla possibilità o meno di accamparti lì, chiedi indicazioni alla gente del posto.
Tutti e 88 i templi del percorso hanno uno spazio di piccole dimensioni, staccato dalla posizione del tempio al quale è associato, un santuario interno dove si crede siano ospitate le divinità.
Tale spazio è chiamato okunoin 奥の院. Il monte Kōya ha il suo okunoin, il più grande in Giappone, in cui si crede che Kūkai riposi.
Visitarlo, o magari anche dormirci una notte?
L'okunoin non è un prerequisito per completare il pellegrinaggio anche se fortemente consigliato per l’atmosfera che si “respira”, quasi fosse quella che si percepisce nel film La foresta dei Sogni.
Alla fine del percorso, 10 mila cieli si apriranno (forse) e se non hai raggiunto il Nirvana, è auspicabile un minimo miglioramento di considerazione, valutazione e predisposizione alla bontà verso il prossimo.
E solo chi finisce il percorso a piedi diventa o-Henro-san お遍路さん, non semplicemente pellegrino, henro, ma pellegrino con la “O” davanti, a significare uno stato onorifico.
結願のビールのうまし大窪寺
Il pellegrinaggio è finito, la nostra birra è gustosa al tempio Ōkubo-ji
I Venti Siti Sacri di Shikoku - 四国別格二十霊場 o Bangai
Il percorso è lungo, senza dubbio e anche sfidante, 88 templi su 1200 km, ma se sei volenteroso, hai le forze e il tempo, c’è la possibilità di visitarne qualcuno in più.
Naturalmente la stragrande dei pellegrini si ferma agli 88 e neanche tutti. Anche se i siti collaterali sono centinaia, 20 tra questi sono quelli considerati “ufficiali” vicini alla via.
Sono i bangai 番外 ma sono indicati anche come bekkaku 別 格, una parola che può significare “al di fuori del solito”. Alcuni si trovano lungo il cammino, altri si devono andare a trovare perché un po’ distaccati. Proprio come gli 88 templi principali, potrai comunque ricevere un francobollo (nōkyō) ad ogni bangai. Alcuni forniscono anche opzioni di alloggio.
Si possono generalmente suddividere così:
- Tokushima: bangai 1-4
- Kochi: bangai 5
- Ehime: bangai 6-12
- Kagawa: bangai 13-20
La prima pagina di tutti i suoi elenchi di templi è qui. Elencandoli brevemente:
bangai 1 dopo il Tempio 4
bangai 2 dopo il Tempio 12
bangai 3 dopo il Tempio 19
bangai 4 dopo il Tempio 23
bangai 5 dopo il Tempio 36
bangai 6 dopo il Tempio 40
bangai 7 e 8 dopo il tempio 43
bangai 9 dopo il Tempio 47
bangai 10 e 11 dopo il Tempio 59
bangai 12 dopo il Tempio 64
bangai 13 e 14 dopo il Tempio 65
bangai 15 e 16 dopo il Tempio 66
bangai 17 e 18 dopo il Tempio 76
bangai 19 dopo il Tempio 82
bangai 20 dopo il Tempio 88
Shikoku Bekkaku Jureijo (i "venti siti sacri di Shikoku"); 88 + 20 = 108, evocando le "108 afflizioni" della teologia buddista che devono essere superate.
Chi volesse avere una visione panoramica a volo d’aquila del percorso di pellegrinaggio può consultare il seguente link.
黙黙と歩き遍路や雨の中
Silenzioso, il Pellegrino cammina, pioggia
Cultura varia e Bibliografia
https://www.amazon.com/Running-Shikoku-Pilgrimage-Miles-Enlightenment/dp/1884244351
https://www.amazon.co.jp/Shikoku-Japan-Route-Guide-3rd/dp/4829710586/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1411126336&sr=8-1&keywords=shikoku+88
https://bookshop.org/books/ichi-go-ichi-e-the-88-temple-pilgrimage-of-shikoku/9781979718288
https://www.amazon.it/Making-Pilgrimages-Meaning-Practice-Shikoku/dp/0824829077
http://65711.elbe-kirchentag.de/
https://www.thebookmark.it/2020/09/01/gli-88-templi-di-shikoku/
https://www.amazon.it/templi-Shikoku-Giappone-sulle-tracce/dp/8855370022
Oliver Statler, Japanese Pilgrimage (1983)
Craig McLachlan, Tales of a Summer Henro (1997)
Lisa Dempster, Neon Pilgrim (2009)
http://www.shikokuhenrotrail.com/shikoku/pilgrimagebooksGuidebooks.html
Due dei migliori siti per la consultazione del percorso
http://www.shikokuhenrotrail.com/index.html
https://www.seichijunrei-shikokuhenro.jp/?lg=en
Il percorso virtuale
https://www.arcgis.com/apps/MapTour/index.html?appid=8b393a901cc44093b966c9bc7eda234c
Se vuoi un resoconto di un pellegrino straniero guarda qui https://www.walking-henro.net/