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Akira Kurosawa: 1945 - Tora no ofumu otokotachi - Benkei e Togashi

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Al comando di sei sottoposti un monaco si dirige attraverso la foresta verso il posto di blocco di Ataka, un valico che si trova in mezzo ad aspre montagne; il loro aspetto ed il loro armamento non lasciano alcun margine di dubbio, sono degli yamabushi: dei monaci guerrieri.

La guida è un omino dalla loquela instancabile di cui non sapremo il nome. Lo chiameremo quindi Enoken, come l'attore che lo impersona. Kurosawa creando un affascinante contrasto tra i rudi e taciturni uomini d'arme e questo popolano linguacciuto, lo utilizza allo stesso tempo come voce narrante.

E' la guida, chiacchierando senza interruzione, ad informare lo spettatore che Minamoto no Yoritomo ha lanciato una caccia spietata al fratello Yoshitsune, e che si sospetta che assieme ai suoi fedelissimi,  sette in tutto e travestiti da yamabushi, stia tentando di raggiungere la frontiera.

 

Ce ne sarebbe già abbastanza per decifrare il contesto, ma Enoken toglie ogni dubbio con la sua mimica: non ha ancora finito di parlare che si rende conto, con terrore, che è finito proprio in mezzo a quel gruppetto di disperati, braccati da un intero esercito e che nessuno può aiutare pena la morte immediata.

Perso per perso, Benkei decide di tentare ugualmente la sorte, celando il principe Yoshitsune nelle vesti di un portatore. I commenti di Enoken hanno infatti lasciato il segno: il principe, che qui vediamo di spalle, ha un aspetto troppo diverso dagli altri, troppo aristocratico, per non essere immediatamente notato.

Il vero portatore viene lasciato libero: è ormai inutile, ed in più non dà alcun affidamento: lingua lunga, comprendonio corto, irrimediabilmente fifone,

Anticipando un tema che verrà ripreso e sviluppato poi nei Sette samurai col personaggio di Kikuchiyo, magistralmente interpretato da Toshiro Mifune, e da allora copiato innumerevoli volte, sarà invece proprio quello che sembrava l'elemento meno affidabile a rivelarsi soprendentemente pronto ad aderire ad un ideale, a lanciarsi in una folle avventura in cui non ha nulla da guadagnare e tutto da perdere.

Enoken tormenterà Benkei e tutti quanti per essere riammesso: vuole seguirli fino in fondo, e li seguirà, per ragioni che nemmeno tenta di comprendere tanto gli sembrano imperative.

Il gruppetto dei sette disperati, con il nuovo imprevedibile acquisto, si dirige verso il posto di blocco ove sa di essere atteso in armi. Un coro fuori campo canta la loro epopea:

Pensavano di essere sfuggiti alle fauci del serpente.

Ma camminano ora sulla coda della tigre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Al termine di una lunga marcia attraverso la foresta, Benkei ed il pugno di disperati arrivano ad Ataka no seki: il posto di blocco di Ataka. La radura è circondata da una palizzata, coperta da schermi con il mon (emblema araldico) di Togashi: il sole contornato da otto pianeti, noto soprattutto perché utilizzato anche dalla famiglia Hosokawa.

Una fitta schiera di ashigaru armati di lancia si tiene pronta ad intervenire ad un cenno del comandante: forzare il blocco sarebbe assolutamente impossibile.

Benkei ed i suoi uomini attendono pazientemente in seiza, sul nudo suolo, che arrivi il principe Togashi ad esaminare le loro credenziali.

 

 

 

 

 

Le rovine di Ataka no seki sono ancora oggi meta di numerosi viaggi: vi sono state collocate delle statue in bronzo che rappresentano, da sinistra, Yoshitsune, Benkei e Togashi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Arrriva infine Togashi: a suo fianco l'ufficiale del signore di Kajiwara, con l'incarico di controllare che nulla rimanga intentato per la cattura di Yoshitsune.

Togashi chiede di mostrare le credenziali di viaggio. Benkei non può che ammettere di non averne.

Rivendica però la facoltà dei monaci di viaggiare liberamente ovunque, per compiere la propria missione

E' incaricato di viaggiare oltre confine a raccogliere sottoscrizioni per la ricostruzione di un tempio.

 

 

 

 

 

 

 

 

Nulla da fare: le lance si puntano minacciosamente contro Benkei. Sembra che nessuna possibilità sia rimasta, che tutto sia perduto.

I samurai, disperati, accennano ad estrarre le spade. I due gruppi si fronteggiano minacciosamente.

Ma infine Togashi evita il peggio, invitando Benkei a mostrare almeno la lettera di accredito del suo abate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Impassibile Benkei ordina al portatore di recargli lo zaino. Sbirciando dentro Enoken vede che è pieno di armi, e che il rotolo estratto da Benkei è completamente in bianco: la sua espressione dice tutto.

Sulla tradizione di ogni teatro popolare, Enoken funge l'importantissimo ruolo del suggeritore, rivolto però non agli attori, bensì al pubblico, anticipando emozioni e sensazioni che sarebbero comunque evidenti, ma che è importante che il pubblico colga immediatamente o addirittura preveda, per non rallentare il tempo dell'azione.

 

 

 

 

 

 

 

Benkei, senza mostrare alcun cenno di turbamento, senza alcuna fretta, si accinge a leggere il rotolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non vi è scritto assolutamente nulla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eppure Benkei legge.

Legge con voce stentorea, con declamazione di circostanza, rispettando formalismi e convenzioni, ma soprattutto con tono sdegnato ed irritato, un interminabile appello a sottoscrivere la lista.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Togashi ha sicuramente capito la verità. In realtà non ha nemmeno bisogno di capire, sapeva già tutto fin dall'inizio, da prima ancora che Benkei arrivasse al suo cospetto.

Ma esita.

 

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