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Akira Kurosawa: 1943 - Sugata Sanshiro - L'ultima sfida

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La sfida si svolge in una brughiera di montagna squassata dal vento.

Il sole sta cedendo a nuvole minacciose: anche la natura sembra volersi adeguare alla tempestosità degli uomini.

Ottenuto il permesso di girare all'aperto invece che in uno studio di produzione, Kurosawa aveva ricercato a lungo un luogo adatto, scegliendo infine l'altopiano di Sengokuhara, ma era inaspettamente capitato in un periodo di mancanza di vento.

La produzione aveva posto la condizione di terminare le riprese entro tre giorni, ma solo sul finire del terzo si levò il vento. Kurosawa e il suo gruppo lavorarono come ossessi per sfruttare l'irripetibile occasione.

La ricerca come scenario dei fenomeni della natura  fu una costante nella produzione successiva di Kurosawa, delizia per gli spettatori e croce per i produttori, che dovettero spesso sopportare la dilatazione dei tempi di lavorazione - la natura ha i suoi tempi - e di conseguenza delle spese di produzione.

E' il maestro Saburo Kodama ad arbitrare l'incontro, cui assiste un testimone per parte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sono di fronte due antagonisti che erano destinati in un modo o nell'altro a doversi affrontare, rappresentanti di due modi diversi di intendere il mondo e l'arte.

Non vi può essere, non vi potrà mai essere spazio per entrambi.

Sugata Sanshiro e Gennosuke Higaki sono l' uno di fronte all'altro nel momento della verità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Higaki è animato da una furia cieca, ha bisogno di sfogare ogni sua frustazione, e la causa di ogni suo male è lì, di fronte a lui.

E' difficile resistergli, certamente la vittoria gli è necessaria, molto più di quanto.possa esserlo per Sugata.

Paradossalmente quello che è stato un punto di arrivo faticosamente conquistato dopo averlo a lungo cercato, si rivela per Sanshiro  un pericoloso punto debole.

Higaki afferra la gola di Sanshiro stringendolo in una morsa, tentando un kubishime (strangolamento)

 

 

 

 

 

 

Sanshiro sta per soccombere, per lasciarsi andare.

L'ultima visione che rimarrebbe nelle sue pupille è quella del cielo tempestoso in cui si svolge il duello.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Improvvisamente, in quel momento, gli torna l'immagine della ninfea che si schiude di fronte a lui in quel gelido mattino, nello stagno del dojo in cui era immerso.

Ritrova di nuovo il satori, l'armonia con l'universo, e con quello la forza di combattere ancora.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sottrattosi alla morsa di Higaki, lo afferra a sua volta e lo proietta a grande distanza.

Il corpo di Higaki scivola giù per la scarpata, mentre lui è annientato, incapace di ogni reazione.

Invano implora di ucciderlo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Oramai tutto è finito.

Sono riuniti nel dojo Shagoro Yano, Saburo Kodama ed il reverendo Osho, visibilmente soddisfatti.

La vita di Sanshiro sembra aver preso la piega da tutti auspicata.

E' solo un lontano ricordo quella notte di tempesta nel cielo e nell'animo di Sanshiro, immerso in quello stagno che vedono fuori della veranda.

Sanshiro non c'è: è in viaggio.

 

 

 

 

 

 

 

Non ne vengono precisate le ragioni, ma intuiamo che si tratta di un viaggio abbastanza lungo, che lo porterà lontano per qualche tempo e darà inizio ad una nuova fase della sua vita.

Lo accompagna per un tratto Sayo.

Sanshiro rimane sulle sue, non sa bene cosa dirle e come.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Viene in suo soccorso un altro provvidenziale piccolo incidente.

O è forse una innocente malizia di Sayo.

Una di quelle malizie di cui fortunatamente ogni donna sa fare buon uso.

Qualcosa le è entrato nell'occhio: potrebbe Sanshiro essere così gentile da aiutarla?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'ultima inquadratura di Kurosawa è dedicata alla buffa piccola locomotiva che porta i due giovani verso il percorso della vita.

Si chiude qui l'opera prima di Akira Kurosawa.

Non sappiamo in realtà come abbia condotto la sua vita Shiro Saigo, il personaggio storico cui si ispira Sanshiro Sugata.

Sappiamo che 4 anni dopo il torneo contro il Totsuka Yoshin ryu, nel 1890, mentre era all'apice della fama e nel pieno delle forze, abbandonò il Kodokan per non farvi più ritorno. Le cause sono ignote, e apparentemente sconosciute allo stesso Jigoro Kano che in quel momento si trovava in viaggio.

Shiro Saigo si spense nel 1922 nella terra di Aizu dove era nato. Jigoro Kano scomparve a bordo della nave che lo riportava in Giappone nel 1938. Tornava dall'avere ottenuto l'inserimento del judo nel programma dei Giochi Olimpici, ma la guerra rimandò al 1964 la realizzazione di questo suo sogno.

Perseguì per tutta la vita lo scopo di realizzare il wako yosaii, il principale obiettivo delle menti più illuminate del Giappone durante l'epoca Meiji: accettare la tecnologia occidentale, ma mantenere integro lo spirito del Giappone.

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