Gendai
Kon Ichikawa: 1956 - L'arpa birmana - Il destino del reparto
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Inoue e tutti gli uomini del reparto, rimasti senza alcuna notizia sulla sua sorte, non avevano cessato di ricercarlo e l'incontro sul ponte aveva ridestato le loro speranze.
Con l'aiuto di una vecchietta (Tanie Kitabayashi) che ha libero accesso al campo per vendere ai soldati le sue povere mercanzie, cercano di incontrarlo di nuovo.
La ricerca si concluderà solo alla vigilia del loro ritorno in Giappone.
Il misterioso incontro sul ponte ha trasmesso ai soldati la stessa ansia del loro comandante e non cessano di escogitare nuovi espedienti - più o meno ingegnosi - per attirare il monaco enigmatico che sentono in qualche modo essere Mizushima.
Si danno i turni per cantare ininterrottamente davanti ai reticolati del campo di prigionia, nella speranza che il loro canto lo attiri, o che gli giunga notizia dagli esterefatti birmani di quello loro strana abitudine e venga attirato a vedere di persona.
La vecchia birmana conosce anche la storia del pappagallo che il monaco ha sempre su una spalla: è difficile incontrarlo, inutile farsi illusioni, ma è stata proprio lei qualche tempo prima a darglielo, e ne ha uno gemello.
I soldati danno fondo ai loro scarni averi per comprare il secondo pappagallo, e con pazienza infinita lo addestrano a ripetere queste parole: "Mizushima, torna in Giappone con noi".
Cercheranno poi attraverso la vecchia, che si dimostra persona di buon cuore e non solamente attaccata ai profitti del suo piccolo commercio, di farlo avere al bonzo.
Anche il suono di un'arpa che si sente di tanto in tanto e suona le "loro" canzoni li sorprende e li attira. Ma si rendono conto che è solo un ragazzo di strada birmano, e che la sua mano non è chiaramente quella di Mizushima.
Non possono sapere che quel ragazzo si accompagna spesso a Mizushima e da lui ha appreso quelle melodie.
Eppure ogni tanto quelle note arrivano suonate in modo diverso, e da una mano diversa. Una mano inconfondibile...
Sembra che il mistero non si possa più svelare: viene annunciato quello che tutti attendevano da tempo, il ritorno in patria. E' forse quella la notizia che smuove l'animo di Mizushima? Di sicuro il messaggio dei suoi compagni gli è arrivato.
Infatti una sera, immediatamente prima del giorno fissato per la partenza, arriva anche la notizia che tutti attendevano: il monaco sta in attesa fuori dai reticolati, con entrambi i pappagalli sulle spalle ed accanto l'orfanello con l'arpa; i soldati si precipitano sul posto.
Ma devono arrestarsi davanti ai reticolati, senza poter comunicare col bonzo: anche un fosso li separa. Perché? Nella inquadrature precedenti abbiamo visto che era possibile avvicinarsi fin quasi a toccare il reticolato. Ichikawa rimarca la volontà di Mizushima di spiegare che due barriere li dividono: non solo le drammatiche circostanze, ma anche una sua esplicita volontà, una sua irrevocabile decisione.
Ma a superare ogni barriera ancora una volta è il linguaggio della musica. Mentre i soldati cantano Hanyu no Yado, il ragazzo inizia ad accompagnarli con l'arpa. Il bonzo ascolta in silenzio.
Nemmeno la sua volontà inflessibile può reggere all'infinito.
Commosso, afferra l'arpa ed accompagna il canto dei suoi ex compagni.
Per loro che lo stanno guardando con gli occhi sbarrati, è la conferma che tutti attendevano, è lui Mizushima.
E' assente dal gruppo Inoue, assiste in silenzio da lontano senza mostrare alcuna emozione. Ha già capito ogni cosa, e nel suo cuore ha già dato addio a Mizushima.
La gioia incontenibile dei soldati dura solo un attimo. Mizushima al termine della canzone non depone l'arpa: suona Aogeba totoshi, la canzone dell'addio, saluta inchinandosi silenziosamente, volge le spalle e si allontana.
Il destino del reparto è di tornare in patria, unito come è sempre stato durante la terribile guerra. Il suo è un altro.
La spiegazione del suo gesto arriverà: attraverso la vecchia, Mizushima fa arrivare ad Inoue e ai compagni una lettera e il suo pappagallo, che ha addestrato a ripetere le parole "Non posso tornare in Giappone con voi".
Inoue leggerà la lettera solo a bordo della nave che sta rimpatriando i soldati, per evitare altri tentativi ingenui, e dolorosi per Mizushima, di sottrarlo al suo dovere. Premettendo che per lui la lettura del messaggio è superflua: ha già compreso, già sa.
Alcuni hanno criticato questa scena, giudicandola inutile, mera ripetizione di quanto lo spettatore ha appena visto. Ma non dimentichiamo che nella finzione scenica i soldati ne sono completamente all'oscuro, quindi una spiegazione era resa necessaria dalla trama. Inoltre, siamo proprio sicuri che tutti abbiano immediatamente compreso il messaggio di Mizushima? Che non ci sia bisogno di ripeterlo?